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Vivendi-Mediaset. Una partita che si gioca tra Piazza Affari e la Procura di Milano

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Ormai è una ‘guerra’ che imperversa tra Piazza Affari, la Procura di Milano e Cologno Monzese. Si va avanti con strategie finanziarie finissime, che vengono dall’esperienza di due grandi imprenditori: Vincent Bolloré, che difende il colosso francese Vivendi, e Berlusconi che alza barriere su Mediaset, tutelando nel contempo gli interessi di Premium, piattaforma televisiva commerciale del gruppo.

Nelle ultime settimane è diventata durissima la battaglia tra i due contendenti, la partita è ancora aperta, ma in borsa l’atmosfera è diventata rovente. La sfida si gioca ora anche sul piano legale, ma i francesi non demordono né si lasciano intimorire con cedimenti che facciano pensare ad un’arresa. Ad inizio settimana hanno giocato poi il loro jolly, dichiarando di possedere il 3,01% di azioni Mediaset, ma di mirare ben più in alto in questa scalata sleale, ossia di giungere quanto prima al 20%, diventando il secondo azionista. La Fininvest, che è l’azionista di maggioranza relativa di Mediaset, non ci sta proprio per nulla, e ha messo insieme altri titoli e diritti di voto, arrivando vicino al 40%, che sarebbe il limite al di là del quale è possibile lanciare un’offerta su tutta la società.

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unti Chiave Articolo

Che si trattasse di un autentico braccio di ferro era chiaro, ma la holding Berlusconi non intende aspettare che passino i cingoli dell’arroganza francese sulle sue aziende. La famiglia Berlusconi, tramite Fininvest, detiene il 34% delle azioni.
E intanto, da Cologno Monzese, si trasmettono messaggi che suonano come ‘avvisi’ molto chiari: “E’ bene che Vivendi sappia che la Fininvest non farà un solo passo indietro dalla sua attuale posizione di azionista di riferimento Mediaset.”

Secondo la holding italiana, la questione è diventata piuttosto truffaldina, ed è decisa a tutelarsi “con ogni mezzo e in tutte le sedi, visto che dall’altra parte, con l’inganno, si fa scempio delle leggi del mercato.”
Tutela dall’invasione dei francesi, definita ‘scalata ostile’ (ossia contraria alla volontà dell’azionista che detiene la maggioranza relativa, dunque la Fininvest, dunque i Berlusconi). C’è tanta diffidenza nei confronti dei francesi e le ragioni ci sono: qualora riuscissero a spuntarla loro, arrivando all’obiettivo del 20%, potrebbero intrecciare accordi con altri azionisti, e magari rovesciare la stanza dei bottoni a Mediaset, la quale, come già si è detto, è controllata da Casa Berlusconi tramite la Fininvest. In definitiva, i veri obiettivi del gruppo Vivendi (anche azionista di riferimento di Telecom Italia), potrebbero essere proprio questi, e l’aria di bufera a Cologno Monzese è così pienamente giustificata.

In questi momenti, anche coloro che non nutrono grandi simpatie per l’ex premier, difenderebbero l’orgoglio italiano contro la smania di sopraffazione dei francesi. Di certo, per ora, c’è il fatto che il titolo Mediaset, con le performance dell’ultima settimana, ha pienamente recuperato il valore che aveva prima che esplodessero le vicende sull’acquisto di Premium. Ieri il titolo è letteralmente schizzato nelle contrattazioni, la giornata in borsa si è chiusa con un volo che ha raggiunto un +31,8%. Non si tratta di risultati fini a se stessi, dato che hanno determinato anche la rivalutazione del patrimonio Fininvest.

L’accordo strategico sull’acquisto di Premium si era concluso la primavera scorsa (8 aprile), tra il gruppo Vivendi e Mediaset; il contratto di acquisto prevedeva uno scambio paritario tra le due capogruppo, del valore di 3,5%. I primi contrasti sono arrivati alcuni mesi dopo, ed è stato da allora un conflitto in parte in sordina in parte dichiarato, fatto di ostilità, di botta e risposta, con seguito di minacce.
Verso la fine di luglio, esattamente il 25, Vivendi ha inviato la lettera ufficiale a Mediaset nella quale dichiarava di non essere più interessata a Premium, nonostante il contratto vincolante che aveva firmato. In sostanza, il finanziere, lo considera alla stregua di carta straccia. E a questo punto saltano anche i nervi di Casa Berlusconi e di Confalonieri. Quest’ultimo, riunendo lo staff delle redazioni di Mediaset, ha reso noto che il conflitto potrebbe essere lungo e difficile, ma bisogna farcela, visto che il ‘cannibalismo’ delle società francesi è noto.

E così si esprime in merito Marina Berlusconi, che guida la holding:

“Il gruppo francese sapeva bene cosa stava tramando fin dall’inizio nei confronti di Mediaset, ma solo in data odierna è venuto allo scoperto rivelando i veri intenti. La violazione del contratto non è frutto di equivoci, è stata ordita per ottenere precisi risultati. Il contratto è stato la naturale conclusione di lunghe trattative, e si è contravvenuto al vincolo per ragioni che vanno ben oltre, con mosse strategiche volte a fare cadere in modo artificioso il valore del titolo Mediaset in borsa, per trarne vantaggio e lanciare una scalata ostile.
Non disdegnando di mostrare, quale paravento, l’intento di portare avanti un business plan, che con scelte indegne, Vivendi aveva già calpestato a partire dal mese di luglio.”

Dunque, secondo il management del biscione, i francesi giocavano sporco fin dall’inizio. Questo spiega le ragioni per cui, attraverso il contenzioso che inevitabilmente si è aperto, intendessero proprio fare crollare il titolo, come poi effettivamente è avvenuto.
L’ex cavaliere, si sa, è piuttosto orgoglioso per natura, e non sembra abbia intenzione di lasciarsi mettere i piedi sopra dai francesi, che già con il canale televisivo privato ‘La Cinq’ (che aveva fondato in Francia nel 1986), era stato ostacolato in tutti i modi, anche con pesantissime penali, e trattato perfino da ‘bottegaio italiano’ da Jaques Chirac.

Qualora l’operazione acquisto di Premium andasse a monte, secondo Fininvest, i danni sarebbero di circa un miliardo e mezzo di euro. Intanto, ad agosto, tramite azione legale, la holding aveva chiesto al gruppo francese 50 mln di euro per ogni mese di ritardo nell’acquisto della pay TV, a partire da luglio scorso. La partita si giocherà ancora in borsa e tra le aule della Procura di Milano, alla quale la Fininvest si è rivolta per fermare il finanziere bretone Vincent Bolloré, prima che sia troppo tardi.

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