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E-45 (Orte-Ravenna) : la strada più lenta

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on tutte le strade italiane superano l’esame dei vacanzieri. E i problemi non riguardano solo il Sud Italia. Mattia Feltri ci racconta l’emergenza sulla superstrada E-45 (Orte-Ravenna): 280 chilometri di buche e rattoppi nonostante i continui investimenti pubblici. Percorrerla è un incubo.

Tra cantieri e deviazioni, il viaggio senza fine sulla strada peggiore MATTIA FELTRI

La Orte-Ravenna è l’altra Salerno-Reggio: 280 chilometri di buche e rattoppi. Con iniezioni continue di fondi pubblici

ROMA – Nel deserto e sotto il sole di ferragosto il panorama dell’oblio è abitato da muletti, asfaltatrici, cumuli di sabbia, coni stradali. Abbandonati come è giusto in un giorno di riposo collettivo, e impeccabili nel rendere l’idea.

A memoria di cronista – che da un decennio percorre la Orte-Ravenna, indicata sui cartelli stradali come E45 – non c’è stato un solo viaggio che non fosse vivacizzato da un cantiere, un restringimento o cambio di carreggiata, una deviazione lungo i saliscendi appenninici delle strade provinciali, dove si lascia un’altra mezzora e un altro po’ di pazienza. O, più probabilmente, da tutti questi inconvenienti insieme, tranne lunedì quando la deviazione è stata risparmiata all’automobilista, se non vogliamo mettere nel conto una di poche centinaia di metri nella discesa verso Sansepolcro – da Cesena verso Perugia. Siccome la vicenda ha dell’umoristico, questa superstrada a quattro corsie con l’ambizione e il destino di autostrada (poi vedremo perché) è stata ribattezzata la nuova Salerno-Reggio Calabria, cioè un tratto su cui ogni governo della Prima e della Seconda Repubblica ha speso solenni promesse e cospicui capitali, ha inscenato festose inaugurazioni, ha finanziato l’itinerante officina a cielo aperto in cui ormai si è trasformata.

Pochi conoscono la storia della E45. In teoria – in una delle tante e tronfie teorie comunitarie – è parte di una più complessiva E45, cioè dell’«asse viario» che collega Karesuvanto in Finlandia con Gela in Sicilia transitando per Svezia, Danimarca, Germania e Austria. Così, a occhio, sconsiglieremmo di affrontare l’intero tracciato perché già viene l’ansia quando si vede il cartello di Orte diretti a Cesena e viceversa. Lunedì i cantieri aperti erano una mezza dozzina, all’incirca, poiché è anche difficile distinguere dove finisca uno e cominci l’altro, tutti concentrati nell’ampio tratto tosco-romagnolo, in cui d’inverno, per i rilievi e la neve, sono obbligatorie le catene.

Le corsie sono più strette del solito, i restringimenti di carreggiata impongono di procedere rasente ai camion la cui linea di direzione è un’ipotesi; infatti l’ulteriore caratteristica della E45 sono le buche, di dimensioni e qualità che la traforata Roma si sogna: compaiono all’improvviso dietro una curva, ogni qualche centinaio di metri, crateri lunari in cui la macchina imbizzarrisce e le sospensioni crocchiano. Se qualcuno credesse che stiamo facendo mitologia, sappia che lo scorso ottobre, all’altezza di Bivio Montegelli, quindici auto nello spazio di un’ora hanno rotto una gomma nella medesima buca. E sappiano che fra le decine di comitati di cittadini variamente ostili alla superstrada ce n’è pure uno di camionisti che lamenta guasti a profusione (un paio di Tir sono drammaticamente volati giù da un viadotto, per distrazione o stanchezza del guidatore).

Quanto sia costato questo giocattolo è un mistero perché i rattoppi si spostano avanti e indietro di qualche chilometro e da una carreggiata all’altra senza sosta, da decenni. L’Anas dice di avere destinato un miliardo e seicento milioni per il prossimo quinquennio in manutenzione ordinaria e straordinaria. Non ci sono nemmeno statistiche ufficiali sugli incidenti, ma basta andare su Google e digitare “E45” e “morti” per avere un’idea della carneficina. Sulla questione viene in aiuto un’inchiesta giudiziaria che associa le procure di Forlì e Arezzo secondo la quale la strada si rompe appena aggiustata perché in molti casi sono stati utilizzati «materiali inadatti» e «tecniche inadatte». Dirigenti Anas sono indagati per attentato alla sicurezza dei trasporti: fra il 2010 e il 2014 a causa delle condizioni dell’asfalto sono stati calcolati 153 danneggiamenti alle auto, 48 soltanto nel tratto di quindici chilometri scarsi fra Cesena Nord e San Carlo, dove gli incidenti sono stati diciannove, più di uno al chilometro.

Naturalmente ci si augura che non ci fosse dolo e vengano tutti assolti. Ma una giustificazione dovrà comunque arrivare. Oltretutto Anas spiegherà, come sempre, e come è comprensibile, che i vertici dell’azienda sono cambiati da poco, e che è in corso un impegnativo progetto chiamato #bastabuche – con l’hashtag – e i cantieri di oggi sono parte del progetto; sebbene non consoli che i cantieri di ieri fossero parte di un progetto precedente. L’unico tipo di difesa viene dalle connessioni on line: su Facebook c’è la pagina Vergogna E45 su cui gli utenti ci si scambiano informazioni per il viaggio: «Uscita obbligatoria a Gubbio e rientro a Montone»; «Il tratto San Piero-Quarto in direzione Cesena è chiuso»; «Da Pieve Nord a Sansepolcro Sud 3 cantieri e 3 restringimenti di corsia». Così funziona questa via progettata nel 1963, nata vecchia, inizialmente a tre corsie con quella centrale per il sorpasso in entrambe le direzioni, inaugurata nel 1997 dal ministro Antonio Di Pietro, quando di nuovi c’erano soltanto gli ultimi tratti e gli altri erano già entrati nel turn over della manutenzione, e che forse evolverà in autostrada, con pedaggi e stazioni di rifornimento meno anarchiche (a ferragosto la metà erano chiuse). Si stima che il costo di partenza, con prolungamento fino a Civitavecchia e Mestre, sarebbe di dieci miliardi. Prima, però, bisogna che i cantieri siano chiusi e la E45 scorra come una rotabile scandinava. Non sembra un rischio imminente.

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