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23 novembre 1980, il terremoto dell’Irpinia: ‘Fate presto!’

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Il 23 novembre 1980 Sandro Pertini con la famosa frase “Fate Presto” chiede aiuto per l’Irpinia

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ra il 23 novembre 1980 quando una scossa di magnitudo 6.8 della scala Mercalli colpì la Campania e la Basilicata centro-settentrionale.

L’epicentro si verificò tra Teodora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania causando all’incirca 280.000 sfollati, 2.914 morti e 8.848 feriti.

La scia della vibrazione del suolo si estese a molte altre zone della penisola, in tutta l’area centro meridionale, infatti vennero lesionati edifici di Napoli, province campane, del potentino ed in particolare violenta fu la risonanza su un palazzo a Poggioreale in via Stadera causando ulteriori morti.

Nel complesso, dalle analisi fatte successivamente ne risultò che vennero danneggiate le aree di Avellino, Caserta, Napoli , Potenza, Salerno e Benevento.

Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, durante un’edizione straordinaria del Tg2 del 1980 in merito all’evento commentò dicendo che: “Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi”.

In effetti, una delle conseguenze più grandi di questa ingente tragedia è proprio il mancato soccorso dovuto, secondo gli addetti , ad una scarsa prontezza della Protezione Civile ed alle sue umili risorse, inoltre ad una cattiva manutenzione delle infrastrutture.

Contro ogni misura di sicurezza, il Presidente stesso volle recarsi sul posto favorendo la mobilitazione di ulteriori forze volontarie in ausilio per una situazione che aveva lacerato interamente i tessuti urbani.

Non solo dall’Italia arrivò solidarietà,partecipazione e condivisione ma anche dall’estero: Belgio, Stati Uniti, Arabia Saudita, Svizzera, Francia, Jugoslavia lanciarono una campagna di aiuti economici per la riqualificazione del territorio.

Lo sciacallaggio fatto successivamente all’evento portò una enorme speculazione pecuniaria, volta a favorire un  numero maggiori di comuni per la presunta ricostruzione, allo scopo di  accaparrarsi danaro senza evidente bisogno o per affari legati alla politica e camorra.

Infatti, l’evento è annoverato tra quelli più esemplari di speculazione illecita “made in Italy ” su una tragedia . 

Il deterioramento del patrimonio urbano-artistico ebbe come diretta conseguenza anche la perdita di lavoro per molti cittadini, ma l’Irpinia cercò di ripartire facendo leva sull’industria, nonostante le tentazioni di molti di spendere i capitali in circolo per fini diversi.

Di quel piano industriale e il rilancio delle aziende resta ben poco, se non qualche ente che resiste ancora come gli stabilimenti della Ferrero ed altre ancora sono frutto di uno sviluppo sistematico, come la Fiat sita a Melfi. Indro Montanelli , nel suo libro Le stanze commenta la speculazione dicendo che “l’uso di 50-60mila miliardi stanziati per l’Irpinia rimase un porto nelle nebbie […] quel terremoto non aveva trasformato solo una regione d’Italia, ma addirittura una classe politica”. 

In seguito, partirono numerose inchieste volte a chiarificare i meccanismi, come quella di “Mani pulite” denominata “Mani sul terremoto”, attraverso la quale vennero scoperti che i luoghi più semplici, quelli della vita contadina ad esempio, venivano trasformati in ville, piscine e lussi di ogni genere per la casta.

Restano ancora le smagliature nella coscienza di quei visi che nell’intorno di un minuto hanno visto sgretolarsi anni ed anni di edificazioni, quelle della loro vita semplice.

In conclusione, e sempre per dare ricordo, riporto la registrazione audio del sordo rumore del terremoto di allora

con anche, ancora una volta, le parole ed il ricordo dell’amico (poeta e compositore) Luciano Somma che all’epoca era sfollato a Castelvolturno (Caserta) con la famiglia e che, nell’immediato, scrisse i brevi versi che ripropongo oggi, come ogni anno, per non dimenticare anche noi!

Mancava nu mese a Natale
Mancava nu mese a Natale
Filuccio sunnava ‘o presebbio
Assunta penzava ‘a befana
Nannina filava e cantava
attuorno che cujeta ce steve
pareva ‘e sentì già ‘ a nuvena…
 
Sta ggente mo è sola nu cunto
suspesa tra ‘o cielo e na terra
ch’ha avuto cchiù lutte ‘e na guerra
rusarie ‘e ferite arapute
na scossa l’è stata fatale
mancava unu mese a Natale…

APPROFONDIMENTI COLLEGATI: Leggere cliccando QUI

a cura di Annalibera Di Martino

 


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