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Castellammare di Stabia

15 anni di Euro, una storia che viene da lontano

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La divisa europea ha compiuto il 1° gennaio di quest’anno 15 anni, un traguardo segnato da entusiasmi ed arrese, perplessità e ostilità, quando non avversione. Manifestazioni di pensiero in linea con i movimenti politici che hanno preso il sopravvento negli ultimi dieci anni, con un impeto sempre più forte proprio negli stati facenti parte dell’Unione europea. Certamente la brexit non da dato impulso agli ideali di unità e integrazione, ha portato semmai alla luce l’inquietudine che serpeggia tra i movimenti populisti, che col passare degli anni, hanno assunto una connotazione nazionalistica tendente alla devianza, a concezione estreme, xenofobe.

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Tutto questo non va al servizio degli obiettivi che hanno portato, passo dopo passo i paesi membri (quelli aderenti all’Eurozona), alla scelta di condividere la stessa moneta, obiettivo importante nell’ambito degli ideali sostenuti all’origine dai padri fondatori dell’Europa unita.
L’Euro oggi è la moneta condivisa nei 19 paesi dell’area euro, gli altri nove non l’hanno adottata, e tra questi ultimi, la Gran Bretagna si appresta a rompere i trattati siglati a partire dal 1° gennaio del 1973, anno in cui entrò a fare parte della Comunità europea. L’accettazione dell’adesione fu considerata allora un’impresa importante per il Regno Unito, l’uomo che si aggiudicò il merito nella storia fu Edward Heath, un conservatore.
La storia della divisa europea parte da lontano, per tanti anni è stato un lento e silenzioso procedere, una strada disseminata di ostacoli di ogni genere, superati grazie alla pertinacia e determinazione dei paesi membri, decisi a rendere più salda l’Unione europea attraverso una politica economica e monetaria comune.
Si comincia a parlare di politica monetaria comune nel giugno del 1988, attraverso il Consiglio europeo, che espresse l’intento di giungere alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria (UEM), e affidò ad un comitato il compito di elaborare il programma con i fini da perseguire, sotto la supervisione del Presidente della Commissione europea, che allora era Jaques Delors. Tale comitato era formato dai governatori delle banche centrali dei paesi membri della Comunità europea, ed alti esponenti del mondo dell’economia e della finanza. A lavori conclusi, il comitato redasse un documento, che fu chiamato “Rapporto Delors”, ed aveva il fine di realizzare in tre fasi l’Unione economica e monetaria.
La prima fase iniziava a gennaio del 1990 e doveva terminare a gennaio del 1994- Si prefiggeva di raggiungere obiettivi fondamentali: la completa libertà di circolazione dei capitali, il rafforzamento della cooperazione fra le banche centrali, il libero utilizzo dell’ECU (Unità di conto europea, che sarà poi sostituita dall’euro), miglioramento della convergenza economica.
La seconda fase va dal ’94 al ’99, e perseguiva altri obiettivi importantissimi per la politica monetaria comune: la creazione dell’Istituto monetario europeo (IME), il divieto di finanziamento del settore pubblico da parte delle banche centrali, maggiore coordinamento delle politiche monetarie, rafforzamento della convergenza economica, e infine la progressiva realizzazione dell’indipendenza delle banche centrali nazionali, da completarsi al più tardi entro la data di istituzione del Sistema europeo di banche centrali.
La terza fase partiva dal 1999, e fissava altri punti cardine in questo delicato e complesso processo d’integrazione economica e monetaria: fissazione irrevocabile dei tassi di conversione, introduzione dell’euro, conduzione della politica monetaria unica da parte del Sistema europeo di banche centrali, entrata in vigore dei nuovi Accordi europei di cambio, entrata in vigore del Patto di stabilità e crescita. Accordo sottoscritto dai paesi membri interessati nel 1997, col fine di mantenere stabili i criteri di adesione all’Unione economica e monetaria, ovvero l’Eurozona, affinché si rafforzasse il percorso d’integrazione monetaria già avviato nel 1992, con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht.
E’ stato a Madrid, nel 1995, che il Consiglio europeo ha deciso di denominare ‘Euro’ la nuova moneta comune. Anche sul nome tante sono state le considerazioni, doveva risultare semplice e chiaro per tutti gli idiomi, anche per quel che attiene alla pronuncia, tenendo conto dei diversi alfabeti. ‘Euro’ poi parlava già di Europa, il che non era da sottovalutare, considerato che la nuova moneta, con gli scambi, sarebbe finita in ogni angolo di mondo. (Furono i Fenici a chiamare l’Europa ‘Ereb’, ovvero Occidente).
Al nome era necessario attribuire un simbolo, che fosse altrettanto chiaro ed emblematico, che riflettesse l’origine, e rimandasse al vecchio continente. Anche questo passaggio è stato frutto di confronti: fra trenta proposte ne furono scelte 10, le quali, attraverso un sondaggio di opinione, diventarono due e infine si optò per il simbolo grafico ispirato alla lettera epsilon dell’alfabeto greco, dal quale ha avuto origine la civiltà europea. La lettera ‘E’ è semplicemente l’iniziale del toponimo Europa, mentre le due linee orizzontali che la attraversano, rappresentano la stabilità della valuta. E come EUR è registrata presso l’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO).
La moneta comune nei paesi dell’area euro, è entrata in circolo a partire dal 1° gennaio del 2002, ma c’è oltre un decennio di organizzazione per portare a termine tale processo. E’ stato proprio il trattato di Maastricht a conferire alla Banca Centrale Europea il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote nei paesi che avevano scelto la moneta comune, tuttavia il diritto di emissione è condiviso con le banche centrali nazionali. Nella fattispecie, poiché la BCE non è coinvolta in operazioni di cassa, sono le banche centrali nazionali a immetterle in circolazione, oltre ad avere l’onere di custodire le banconote. Inoltre, deve essere registrato nel bilancio della BCE e delle BCN, il valore dei biglietti in euro circolanti, in corrispondenza di uno schema di ripartizione già regolato. La regolamentazione e le competenze sulle monete in euro, spetta ai governi nazionali, con la supervisione della Commissione europea. I governi dei paesi di area euro, sono emittenti legali delle monete metalliche, e sono pertanto responsabili del disegno e delle peculiarità tecniche, oltre che del conio. La BCE svolge funzioni di vigilanza e ha il compito di approvare il volume di conio delle monete, oltre ad esprimere una valutazione sulla qualità.
Nel 1994, l’IME, o Istituto monetario europeo (l’Istituzione monetaria che ha preceduto la BCE), ha stabilito i tagli delle banconote in euro. In seguito, dopo attente valutazioni, fu deciso d’includere la banconota di 500 Euro.
Nell’incontro che si tenne a Madrid nel 1995, si decise anche la data in cui la nuova divisa sarebbe entrata in circolazione, si stabilì un periodo che andasse dal gennaio 1999 a gennaio del 2002, e infine si optò per la seconda soluzione, dando così modo a tutti i paesi aderenti, di assolvere agli adempimenti previsti dalla normativa comune in termini di politica monetaria. Il Consiglio europeo decise inoltre che la doppia circolazione di moneta non sarebbe andata oltre i sei mesi, ma alla fine il periodo fu ridotto, anche per via dei costi che avrebbero subito le banche e gli esercizi commerciali, inoltre si mirava a rendere più agevole il lavoro di adeguamento dei distributori automatici.
La doppia circolazione sarebbe durata dunque due mesi, dopo di che, le banche avrebbero continuato a cambiare in euro le valute nazionali, che cessavano tuttavia, da allora in avanti, di avere corso legale. Già a partire dal 1994, l’IME (Istituto monetario europeo), si impegnò tramite il proprio gruppo di lavoro, a trovare delle soluzioni adeguate per il tema sulle banconote, ossia il disegno della serie di biglietti in euro. Fu un processo di ricerca lungo, che coinvolse anche esperti esterni alle istituzioni europee, ossia esperti di storia, arte, psicologia, design e disegno di banconote. Si richiedeva un tema che alludesse all’unità, che riunisse in un unicum simbolico i sette tagli di banconote che erano stati previsti, il cui tema, quello espresso nel modo migliore, riunisse in sé tutti i criteri affini alla moneta comune. C’era l’esigenza di rendere veloce e agevole la riconoscibilità delle banconote in euro, non solo nei paesi aderenti e in Europa, ma dovunque. La cartina dell’Europa era una delle caratteristiche irrinunciabili che doveva essere impressa in tutti i tagli delle banconote.
La carta utilizzata per la stampa proviene dai cascami di cotone dell’industria tessile, è particolarmente resistente in quanto è stata considerata l’usura derivante dai tanti passaggi di mano, e pertanto la qualità della materia prima deve essere altissima. Grande attenzione ha richiesto anche la filigrana adottata, due sono i tipi, riconoscibili anche dai non esperti. Il primo evidenzia l’immagine tridimensionale in chiaroscuro, che è poi il motivo principale, il secondo indica invece il valore nominale, le cifre si possono visionare in controluce. Il processo relativo alla filigrana ha richiesto metodi di perfezionamento derivanti da sistemi informatici computerizzati, legati alla progettazione e fabbricazione.
Per quel che riguarda i disegni, si partì dal presupposto dell’imparzialità più assoluta, pertanto si scartò l’ipotesi dei personaggi troppo rappresentativi. Una giuria, appositamente istituita, concordò sull’importanza d’imprimere un aspetto inequivocabilmente europeo alle banconote. Tanti furono gli ostacoli di carattere tecnico per la stampa delle banconote, si doveva procedere con materiali simili in tutti i paesi, affinché i risultati di stampa non presentassero differenze evidenti. La prima stampe dei prototipi fu avviata nel 1997, importantissimi nella valutazione erano i caratteri visivi. Gli strumenti di produzione, come le lastre da stampa, dovevano essere perfette, affinché le immagini delle banconote corrispondessero ai criteri di alta qualità. E tanti furono anche gli studi per garantire la sicurezza in termini di prevenzione per la contraffazione e falsificazione.
Un grande aiuto in questo versante è venuto da strumenti ad alta tecnologia, i cosiddetti rilevatori di banconote false, in grado di riconoscere con alti margini di sicurezza, quelle non legali.
Si tenne anche conto dei non vedenti, che in Europa sono oltre 7 milioni, furono contattati i rappresentanti di questa categoria speciale di cittadini europei, e con loro si concordarono gli accorgimenti tecnici in grado di rendere la moneta fruibile, con i caratteri speciali idonei a individuare i vari tagli.
Un lungo viaggio quello della valuta europea, durato 15 anni, che attesta i risultati della moneta unica circolante in zona euro. L’euro si è presentata come moneta forte, solida, ha subito le insidie della crisi economica che si è scatenata nel 2007, eppure, malgrado la scossa e i contraccolpi in termini finanziari, c’è stata una buona tenuta. La politica monetaria della BCE, volta negli ultimi anni, a riportare su valori accettabili il tasso d’inflazione, ha esercitato la sua influenza, anche se siamo ancora lontani dai target ideali.
L’economia europea, secondo i dati degli ultimi trimestri, dimostra di essere in crescita, anche il tasso di disoccupazione rientra in margini più accettabili, ma l’euro si avvicina pericolosamente alla parità col dollaro. Il biglietto verde ha accelerato parecchio alla fine del 2016, e non sembra avere intenzione di arretrare. Mentre l’euro perde terreno sul dollaro, accade il contrario con la sterlina, divisa che sembrava una roccaforte inespugnabile in Europa. Ad ottobre scorso, all’International Currency Exchange, in uno dei sei aeroporti di Londra, sono stati offerti 97 centesimi di euro per una sterlina. Un cambio che non sorprende, visti gli effetti della Brexit. Nel volgere di un anno, i timori dei mercati hanno avuto riflessi pesanti sui cambi, e la sterlina ha perso un quinto del suo valore, dal giorno del referendum il 15% della valutazione. Bisogna tuttavia precisare che i cambiavalute offrono in genere prezzi meno vantaggiosi rispetto ai cambi ufficiali delle divise. Ma resta comunque un segno importante che mette in rilievo una tendenza.
L’euro in Italia è più odiato che amato, ma del resto, un leale confronto di prezzi tra le due valute (con la lira), lascia veramente perplessi, se si considera l’aumento vertiginoso dei prezzi in 15 anni di moneta unica. Eppure, in un mondo sempre proiettato sulle trasformazioni e il progresso, pensare di tornare indietro sembra utopia, un azzardo perfino pericoloso, dati i rischi. E così quest’avventura che ci ha portato in un’altra dimensione, che ci ha fatto misurare con i fili tesi della globalizzazione, ha un suo senso nel terzo millennio.
Certamente ci sono aspetti che richiedono interventi e riforme, ma riprendere la via dell’autonomia significherebbe essere anacronistici nei confronti della storia, innescare un processo che riporterebbe l’Europa degli stati sovrani verso pericolosi nazionalismi e instabilità geopolitica. Com’è sempre stato, alla fine sarà la libera autodeterminazione dei popoli a decidere il destino futuro dell’Europa, con il semplice esercizio del diritto di voto, nello spazio esiguo d’una cabina elettorale, porto franco della democrazia.

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