Un anno fa la corsa disperata in auto verso la vita. Un viaggio senza freni quello di Pino Daniele che tragicamente l’ha visto morire a soli 60 anni per un arresto cardiaco. Un pilastro della musica e del mondo partenopeo, un ambasciatore di Napoli nel mondo. La notizia della sua morte fece, in pochi minuti, il giro dei social. Molti gli increduli che però hanno dovuto fare poi i conti con la realtà. Un triste risveglio quello della mattina seguente per i suoi fans che appresero la notizia. Per giorni si è parlato e tutt’ora se ne parla delle sue immense opere in musica che hanno celebrato il suo talento incondizionato.
span style="font-size: 11pt; font-family: Calibri;">La sua tecnica strumentale e compositiva è stata influenzata dalla musica rock, dal jazz di Louis Armstrong, dal chitarrista George Benson e soprattutto dal genere blues. La sua passione per i più svariati generi musicali ha dato origine a un nuovo stile da lui stesso denominato “tarumbò”. Per indicare la mescolanza di tarantella e blues, assunti come simbolo delle rispettive culture di appartenenza.
Un uomo che non aveva mai ostentato la sua celebrità, che se ne andava a passeggio per le strade di campagna vicine alla sua abitazione in Maremma. Questo era Pino Daniele. Semplicità ed umiltà hanno contraddistinto il cantautore napoletano, oltre alle sue capacità musicali. Un esempio da seguire per i nuovi musicisti che si presentano al pubblico. Pino Daniele viveva la sua vita in modo normale e veniva trattato come tale.
Ora non c’è più fisicamente ma continua a vivere nella sua musica, nelle sue composizioni, nei ricordi di chi lo ha amato e lo ama, di chi, ancora oggi, ascoltando le sue melodie, gli scende una lacrima, perché se ne è andato presto, troppo presto.
A Pino Daniele (Luciano Somma)
Emilio D’Averio
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