ei piccoli borghi d’Italia, cinquemila paesini sparsi sul territorio, vivono ancora dieci milioni di persone ma lo spopolamento è una minaccia. Per salvare questi borghi è stata approvata una legge che incoraggia un cambiamento attivo: dal Piemonte alla Sardegna, la cultura e il turismo possono essere una risposta.
Sono la cassaforte dei tesori italiani. Dove si mantengono ancora vive le tradizioni più antiche, dove si tramandano le storie e i dialetti e dove si coltivano e si valorizzano quasi tutti i prodotti tipici. Nei cinquemila paesi più piccoli delle nostre regioni ci vivono ancora in 10 milioni, ma la tentazione della fuga è sempre più forte. Perché i disagi quotidiani e la carenza di assistenza e infrastrutture finiscono per rendere la vita molto più difficile. E allora c’è bisogno di un grande piano per fermare lo spopolamento e ridurre il gap dei servizi tra chi abita in città e chi ancora resiste in periferia. Per salvare i piccoli borghi ora c’è una legge: votata all’unanimità alla Camera e approvata subito anche al Senato. La gestazione del testo, in realtà, non è stata semplice, perché da quando è stato scritto dal presidente della Commissione ambiente, Ermete Realacci, sono già passati tre anni. Il piano per scongiurare la morte dei paesi più piccoli (cioè del 70 per cento dei Comuni italiani) prevede un finanziamento di 100 milioni che potranno essere sfruttati per la messa in sicurezza delle strade, l’estenzione della rete della banda larga, la tutela dell’ambiente, il potenziamento dei servizi scolastici, la sistemazione delle scuole, l’acquisizione di edifici in abbandono, la promozione dei prodotti agricoli locali o la creazione di strutture turistiche, itinerari e piste ciclabili. «Le risorse a disposizione dovrebbero essere aumentate, è vero, ma questa legge è già un grande passo in avanti – dice Marco Bussone, vice presidente dell’Unione dei Comuni montani -. Bisogna osservare i contenuti della legge e la possibilità di integrare una serie di progetti che possono davvero offrire una nuova speranza ai piccoli centri italiani. Le risorse certo sono importanti, ma altrettanto lo sono le buone idee. Tra i progetti più importanti ci sono quelli sull’innovazione tecnologica». Ma dalle periferie arriva un’altra richiesta: la defiscalizzazione per chi avvia nuove attività economiche nei piccoli centri.
Piemonte – Il miracolo di Ostana: più residenti grazie alla cultura
Alla fine della guerra, e negli anni del boom economico, ad Ostana erano rimasti in cinque. Esattamente cinque. La popolazione era stata decimata nelle battaglie e quelli che non erano stati spediti al fronte avevano preferito emigrare. Da questo piccolo borgo di montagna, nel cuore della provincia di Cuneo, per trovare un lavoro nelle fabbriche di Torino. Da quarant’anni non nascevano bambini, ma dopo gli ultimi tre nati, da queste parti si può davvero gridare al miracolo. Gli abitanti sono diventati 50 e a vivacizzare la vita (e l’economia) di questo centro di montagna sono giunti molti turisti. «Abbiamo un agriturismo, un ristorante, un albergo diffuso, un negozio e ora una ragazza ha avviato un progetto per la coltivazione di ortaggi e piante officinali – dice con soddisfazione Giacomo Lombardo, sindaco di Ostana da 23 anni -. Per ridare vivacità al nostro paese abbiamo puntato sul turismo. Turismo ambientale e culturale. La nostra scommessa sta dando buoni frutti». A Ostana ogni domenica si riversano centinaia di escursionisti e per gli imprenditori della zona è sempre festa. «Questi progetti funzionano e la prova è che l’età media della popolazione supera di poco i 30 anni – aggiunge il sindaco -. Ma ci sarebbe bisogno di potenziare le infrastrutture. Internet qui arriva con lentezza, se nevica o se c’è troppo vento restiamo senza energia elettrica».
Sardegna – Tutte le case trasformate in ristoranti per turisti
L’idea è quella di ospitare tanti turisti senza costruire né un albergo né un ristorante. Per tutti quelli che arrivano a Nughedu Santa Vittoria, piccolo paese della provincia di Oristano, c’è posto nelle case del centro. Le famiglie aprono le porte e questa diventa di per sé un’attrazione. L’idea di andare a pranzo dalle massaie, e scoprire le antiche ricette, ha già incuriosito tanti stranieri, che infatti hanno scelto di fermarsi qui, sulle rive de lago Omodeo. «Per il momento 15 famiglie aderiscono al nostro progetto – dice il giovane sindaco Francesco Mura – Il nostro sogno è quello di un turismo morbido che si adatta al territorio e alla vita del paese». Per ora Nughedu Santa Vittoria è diventato un grande ristorante, ma la prossima tappa è quella di offrire ai turisti anche un letto, ospitando i vacanzieri tra le case. «L’obiettivo è fermare lo spopolamento – dice il sindaco – Se creiamo qui posti di lavoro che dureranno nel tempo i giovani non saranno costretti a fuggire». Ma le idee sono anche altre e per questo il paese del Barigadu ha ospitato un campus universitario per progettare nuove strategie contro la fuga dai piccoli paesi. «Gli ambiti possibili sono quattro – spiega il coordinatore Matteo Lecis Cocco Ortu -. L’agricoltura, il riuso del patrimonio architettonico, le cooperative di comunità e il turismo diffuso».
Toscana – Le donne pastore rilanciano l’economi
Hanno iniziato con poche pecore, ma con il latte, la carne e la lana hanno messo in moto una grande filiera economica. Che abbraccia almeno due settori: quello agricolo, certo, ma anche quello turistico. Le “donne pastore” di Zeri sono diventate il motore del rilancio di questa zona della Toscana. Zeri è davvero il paese che non c’è, perché un Comune con questo nome sulla cartina non si trova. Il municipio ha competenza sulle case sparse su le tre vallate che confinano con l’Emilia: Adelano, Coloretta Patigno e Rossano. Le venti donne pastore, ogni giorno, si spostano da una parte all’altra. Ognuna ha una sua azienda e tutte insieme hanno formato un consorzio che valorizza i prodotti e organizza eventi che hanno sempre il solito obiettivo di promuovere il territorio. Cinzia Angiolini fa l’assessore comunale ed è stata una delle prime ad aver creduto nel progetto. «Siamo state contagiose e intorno all’allevamento di una razza particolare di pecore si è creata una filiera. Intanto abbiamo salvato la pecora Zerasca che era in via di estinzione e poi abbiamo sostenuto la nascita di tante altre attività. Nelle valli, dove abitiamo in 1200, ci sono 56 aziende agricole. In più, tutt’intorno sono sorti alcuni agriturismi, imprese che lavorano la lana e altre che producono dolci, ma anche una macelleria e quattro caseifici». La fuga da queste valli l’hanno fermata le donne pastore.
Molise – Nelle vecchie abitazioni nasce il centro vacanze per gli anziani
L’idea non è certo quella di trasformare il paese in una gigantesca casa di riposo. Tutto il contrario, semmai: Riccia, borgo arroccato sulle colline del Molise, lavora per diventare destinazione ideale per il turismo della terza età. Vacanza tranquilla, alla scoperta dell’ambiente e delle tradizioni, ma non un dormitorio. Ed ecco la mossa giusta: il centro anziani diffuso. Quello che il sindaco Micaela Fanella preferisce chiamare «albergo diffuso». Rispetto alle esperienze già fatte in diverse regioni italiani qui c’è qualche differenza. Se non altro perché la clientela ideale, che ha già dimostrato di gradire, è specifica: gli anziani. «Quella fetta di vacanzieri che hanno più tempo libero e anche una certa disponibilità economica – spiega il primo cittadino -. Chi fugge dalle città e che non è interessato a trascorrere le ferie nelle località rinomate e caotiche, chi non ama stare al mare, può venire da noi». Per questo progetto, il Comune di Riccia ha acquisito e restaurato 5 vecchie case e sta recuperando un vecchio convento. L’iniziativa funziona e nel mercato turistico la proposta riscuote un certo successo. «Anche noi facciamo i conti con lo spopolamento – sottolinea il sindaco -. Ma per fermarlo non c’è bisogno di un’industria, semmai di un piano per valorizzare le nostre risorse».
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