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Juve Stabia, Fabio Caserta: nessuno dimentichi ciò che è stato

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1 gennaio 2012 – 4 agosto 2020. Finisce dopo otto anni ed otto mesi la storia, solo professionale, tra la Juve Stabia e Fabio Caserta. Dopo la dolorosa ed immediata retrocessione in Serie C il club gialloblu ha deciso di sollevare dall’incarico il tecnico del miracolo sportivo del 2019, divenuto poi incubo poco più di un anno dopo, e con lui il direttore sportivo Ciro Polito.

Qualcuno avrebbe preferito che l’esonero fosse arrivato prima della fine del campionato, sperando in un’inversione della rotta stabiese; altri hanno reso le difese del tecnico, rilevando che con l’organico a sua disposizione ha fatto il massimo. Questo articolo non rappresenta nè vuole essere l’accusa o la difesa nei confronti di Fabio Caserta, quanto semplicemente il giusto saluto ad una persona, prima ancora che calciatore e poi allenatore, che a Castellammare ha scritto alcune tra le pagine più importanti della sua storia e della storia della Juve Stabia.

Arrivato agli inizi del 2012 nel complesso affare che portò Riccardo Cazzola all’Atalanta, Fabio Caserta ha da subito avuto un rapporto ad alto tasso di emozioni con l’ambiente stabiese. Immediato l’esordio con il Livorno, griffato con la rete del momentaneo vantaggio; poi piccoli problemi fisici dovuti ad una condizione non ideale ma con l’apice del gol che regalava a marzo il pareggio in extremis nel derby con la Nocerina (che pure aveva cercato il calciatore in sede di mercato), condannando i rivali alla retrocessione. Pareva che quella rete fosse il preludio ai saluti tra l’allora numero 16 e le Vespe; il nuovo programma di Braglia prevedeva una squadra giovane, e non includeva nei suoi schemi l’ex nerazzurro. Eppure il destino aveva in serbo altri programmi.

La Juve Stabia al suo secondo anno di cadetteria gira male, non trova la retta via, tanto da spingere Braglia a rilanciare Caserta: per lui fulmineo rientro in campo, col numero 16 nel frattempo diventato 10, e fascia da capitano. Da quel momento in poi il centrocampista calabrese diventerà il faro attorno cui ruoterà tutta la squadra, illuminata dai gol e dalle giocate del suo leader. Nemmeno le lusinghe del Pescara del suo maestro Marino, l’estate successiva, riusciranno a rompere l’amore tra Fabio e i colori gialloblu, rafforzato nel periodo più brutto della sua vita, la morte del fratello Raffaele. Un momento drammatico, in cui tutta la città si stringe al suo capitano.

Dopo la cocente delusione della retrocessione, e le apparizioni intermittenti nella squadra guidata da Pancaro, il passaggio sulla panchina, prima come collaboratore di Ciullo e Zavettieri, e poi come vice di Fontana e Carboni. Un apprendistato lungo ma con lo sguardo sempre orientato a quel seggiolino da primo allenatore, meta finale di un viaggio cui Caserta arriva il 15 luglio 2017, con la nomina ad allenatore della Juve Stabia. Quarto posto al primo anno da allenatore e radici del capolavoro che sarebbe germogliato la stagione successiva.

La seconda Juve Stabia guidata da Fabio Caserta, nel 2018/19, è un carro armato. Vince di rabbia e grinta, prima ancora che tecnicamente, contro tutti. Solo due sconfitte, una a campionato già vinto, nella stagione stabiese, in cui l’apice della gioia è la vittoria con la Vibonese del 20 aprile 2019 che consegna la Serie B alle Vespe.

Più che positivo fino a marzo il ritorno in Serie B della Juve Stabia, persasi soltanto nel caos post covid. Una gestione errata in cui Caserta ha le sue colpe, che si affiancano però alle responsabilità di tanti altri addetti ai lavori del club, dal direttore sportivo, alla presidenza, allo staff atletico, come anche dei calciatori. Questa, come detto, non è la ricerca del colpevole né la ripartizione delle responsabilità, quanto un semplice invito a non dimenticare quanto fatto da Fabio Caserta insieme alla Juve Stabia.

Avversari, probabilmente, lo saremo prima o poi ma nemici mai. Buona fortuna Fabio.

Foto: Gargiulo – SS Juve Stabia

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