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Napoli, medico muore di tubercolosi: scatta la psicosi da contagio

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Allarme a Napoli per un caso di tubercolosi: una dottoressa che prestava servizio nell’ospedale San Paolo è deceduta a causa di un’infezione da TBC. La notizia è stata riferita dal direttore generale della Asl Napoli 1 Centro, Mario Forlenza e confermata anche dal consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli, che fa parte della Commissione sanità.
La dottoressa, che è deceduta all’ospedale Cotugno, da quanto emerso. si sarebbe ammalata circa un anno fa di un’altra patologia. A fine agosto sarebbe stata colpita da tubercolosi addominale, “una forma che non dà luogo a contagio anche se è molto più grave e mortale“, ha affermato il consigliere Borrelli. Proprio l’esponente dei Verdi ha tranquillizzato la popolazione: “Non c’è alcuna emergenza e nessun rischio di contagio di tubercolosi all’ospedale San Paolo“, ha affermato Borrelli in una nota dopo aver parlato con il direttore sanitario del nosocomio di Fuorigrotta, Vito Rago. Il direttore generale del San Paolo all’agenzia Ansa ha detto di aver istituito una commissione d’indagine “per la verifica del caso”. Sono in corso accertamenti inoltre su un possibile secondo caso di tubercolosi, sempre al San Paolo: ad ammalarsi sarebbe stato un altro medico della struttura.
E nonostante il rischio contagio sia stato smentito, è scattata la psicosi.
Il caso accaduto a Napoli, ha fatto sapere Susanna Esposito, Presidente dell’Associazione mondiale per le malattie infettive e i disordini immunologici (WAidid) ed ordinario di Pediatria all’Università degli Studi di Perugia, “dimostra il fatto che la tubercolosi sia ancora presente nel nostro Paese, e che richieda una diagnosi precoce e un’appropriata terapia“. La tubercolosi, infatti, può essere curata ma va evitato che possa restare “latente” in un paziente, perché scoprirla troppo tardi può portare alla morte. “E’ importante che tutti i medici siano informati su quelli che sono i sintomi della Tbc, indipendentemente da quelle che siano le loro specialità“, ha spiegato ancora la Esposito, “che identifichino precocemente i pazienti con i sintomi della malattia e li sottopongano ad adeguate misure di isolamento e di terapia, oltre ad effettuare su se stessi e sui propri contatti le adeguate misure di screening per identificare l’infezione tubercolare latente“.

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