Affiliato al clan D’Alessandro muore suicida in carcere
Vincenzo Guerriero, l’uomo di 39 anni originario di Castellammare di Stabia e affiliato al clan della camorra dei D’Alessandro, si è suicidato nel carcere di Benevento. L’uomo stava scontando l’ergastolo per aver ucciso, come mandante, Pietro Scelzo la sera del 18 novembre 2006.
Il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, in merito all’accaduto ha dichiarato: “Il detenuto, ristretto nella articolazione di osservazione mentale, si è rinchiuso nel bagno e si è legato alle inferriate con il cordoncino di una tuta all’insaputa di un altro compagno di detenzione presente nella cella. A nulla sono valsi i soccorsi prestati dal personale di polizia penitenziaria e dal sanitario, che ha riscontrato il decesso dello sventurato”.
Il Ministero della Giustizia pare essere indifferente all’accaduto, e a ciò che sta avvenendo nelle carceri, in quanto quello di Guerriero è stato il quarto suicidio avvenuto in pochi giorni: altri detenuti si sono ammazzati, in un arco brevissimo di tempo, a Roma Regina Coeli, Terni, Milano San Vittore ed ora anche a Benevento. E due poliziotti penitenziari si sono tolti la vita, a distanza di poche settimane, a Padova e a Tolmezzo.
Questi sono i drammi umani che vivono le carceri, ma il Ministero della Giustizia e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria pensano ad altro. Pensano a mortificare le professionalità acquisite dal personale di Polizia Penitenziaria, pensano al sesso in cella, pensano ad allargare la vigilanza dinamica che vuol dire dare le carceri in mano ai penitenziari a tutto discapito della sicurezza.
E pensano ad aumentare dell’80% lo stipendio dei detenuti che lavorano senza pensare che la Polizia Penitenziaria ha un contratto di lavoro scaduto da 10 anni, donne e uomini che vivono i drammi del carcere in prima linea mentre Ministero della Giustizia e DAP pensano a come dare il colpo finale alla sicurezza tra le sbarre.
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