Ponte sullo Stretto di Messina. I Presidenti di Sicilia e Calabria lo vogliono. Il Ministro alle Infrastrutture dice prima altre opere.
La diatriba per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina si trascina da decenni. Spesso prevalgono, da un lato e dall’altro posizioni a prescindere, di carattere ideologico, propagandistico, di appartenenza politica, anacronistiche se non pure infelici (come quelle di certi esponenti politici siciliani e calabresi che scrivevano del “ponte delle due cosche”, assimilando rispettivamente la costa calabrese reggina e quella siciliana messinese, alla ndrangeta e a cosa-nostra, così implicitamente oltraggiando tutti i calabresi e siciliani, nonché appalesando che lo Stato e le sue Istituzioni, Magistratura e Forze dell’Ordine in prima fila, sarebbero impotenti per fare fronte agli appetiti della criminalità organizzata nel caso si realizzasse quest’opera). Si inasprisca invece la “spazzacorrotti” e il 41bis.
Invece le domande principali da porre, con risposte chiare da pretendere, sarebbero: 1) innanzitutto se ci sono realmente i soldi per realizzare quest’opera (in quanto i “picciuli” ad averli sulla bocca siamo bravi tutti specialmente in Italia (e in Sicilia); 2) inoltre se sussistono le condizioni tecniche per costruire il Ponte e ovviamente con tutti i forzosi rispetti per l’ambiente; 3) infine se contestualmente saranno adeguati gli obsoleti sistemi viari e ferroviari nell’Isola. Di solito però anche su questi argomenti scoppia una veemente solfa delle fazioni politiche di chi contro o a favore.
A proposito di soldi, scriveva la Corte dei Conti a novembre 2017 “E’ opportuno “un ulteriore intervento del legislatore per giungere ad una più celere liquidazione” della società Stretto di Messina spa “dal momento che la mancata estinzione determina un rilevante onere finanziario per il mantenimento in vita della concessionaria, che la legge indicava in un anno … non risultano nemmeno ancora intraprese iniziative … procedere ad un ulteriore abbattimento dei costi societari … risulta ancora rilevante, essendosi attestata, per il 2016, sopra il milione e mezzo”.
La società Stretto di Messina spa è infatti in liquidazione, come anche si legge sul sito dell’Anas “Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 aprile 2013 (apri documento PDF ) la Società Stretto di Messina S.p.A. è stata posta in liquidazione ai sensi dell’art. 34 decies del DL 18/10/2012 n. 179 (convertito con modificazioni dalla L. 17/12/2012 n. 221) ed è stato nominato Commissario Liquidatore il Prof. Vincenzo Fortunato, entrato in carica il 14 maggio 2013. Sono conseguentemente cessati dalle rispettive cariche tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione. La Società Stretto di Messina fu costituita nel 1981 in attuazione della legge n. 1158/1971 per progettare, realizzare e gestire il collegamento stabile tra la Sicilia e il Continente. La Stretto di Messina S.p.A. in liquidazione è soggetta all’attività di direzione e coordinamento di ANAS S.p.A., che a partire dal 1° ottobre 2007 controlla la Società con una partecipazione al capitale sociale dell’81,848%”.
Non solo, a gennaio 2016, la società Stretto di Messina S.p.A., controllata dall’Anas, ha chiesto al Ministero delle Infrastrutture un indennizzo di 325 milioni di euro (più eventuale risarcimento). Il motivo come all’epoca scriveva la stessa società è “Il pregiudizio scaturente dalla mancata realizzazione dell’opera, indotta dal venir meno della convenzione di concessione”. La richiesta di indennizzo, guarda caso, fu presentata al ministero delle Infrastrutture, sottolinea la Corte dei Conti, ancor prima della messa in liquidazione della società Stretto di Messina. E da allora non c’è stato verso di farle cambiare idea. A quanto pare, anzi, non ci hanno nemmeno provato. Scrivono i giudici contabili “Non risultano iniziative intraprese dal ministero, oltre quelle di resistenza in sede giudiziaria, al fine di superare il contrasto con la concessionaria. Nell’adunanza del 24 novembre 2016 la posizione conflittuale delle parti si è confermata ancora una volta».
Intanto l’8 luglio 2020 si dovrebbe tenere l’udienza del Tar Lazio sul contenzioso promosso da Eurolink, il raggruppamento di contractors guidato da Salini Impregilo, contro la caducazione (perdita di efficacia degli atti giuridici) del contratto per realizzare il maxi-ponte tra Calabria e Sicilia. La caducazione del contratto era stata decisa per legge dal governo Monti nel 2012 e comunicata ufficialmente ai contraenti il 2 marzo 2013 dalla societa’ Stretto di MESSINA Spa.
Sempre il Governo Monti (sostenuto all’epoca da destra e sinistra), con il ddl stabilità, convertito in legge il 17 dicembre 2012, aveva anche già accantonato la somma di 300 milioni “per fare fronte agli oneri derivanti dalla mancata realizzazione di interventi per i quali sussistano titoli giuridici perfezionati alla data di entrata in vigore della presente legge (in particolare si tratta delle penalità contrattuali per la mancata realizzazione del Ponte sullo Stretto)”. Il Consorzio Eurolink e Parsons vincitore delle gare d’appalto internazionali per la realizzazione dell’opera, avevano avviato un’azione risarcitoria per l’importo complessivo di 790 milioni (più interessi e rivalutazione). Oggi si parla di cifre ben oltre il miliardo di euro ove il consorzio vincesse il giudizio. Nel caso di condanna, pagheranno come sempre e come al solito i buoi-contribuenti italiani.
Qualche altra informazione prima di passare alle recenti dichiarazioni delle due Regioni, Sicilia e Calabria e del Governo.
Il Governo precedente di centrosinistra, con il Decreto Legge 91 del 20 giugno 2017 (cosiddetto Decreto Sud), convertito in legge il 3 agosto, aveva introdotto le ZES (Zone economiche speciali) da individuare, nel Mezzogiorno, in zone collegate ad una area portuale, destinatarie di importanti benefici fiscali e semplificazioni amministrative. L’introduzione delle ZES è uno strumento innovativo che può contribuire a rafforzare la prospettiva del Mezzogiorno quale piattaforma logistica per l’intera industria italiana, in virtù della crescente presenza cinese nel Mediterraneo e dell’aumento delle rotte asiatiche attraverso il canale di Suez. Sostengono coloro che sono a favore del Ponte sullo Stretto, che senza le necessarie infrastrutture di collegamento tra la Sicilia ed il resto d’Italia, il Corridoio “Berlino-Palermo”, Ponte incluso, per intenderci, lascerà l’Isola inesorabilmente tagliata fuori. In Sicilia di certo, tranne per il milione di isolani lavorativamente sicuri e pagati anche in modo indiretto nel sistema pubblico-politico statale, regionale e comunale con annessi e connessi, lo sviluppo e lavoro (non solo sussidiario, assistenziale o pubblico) sono assolutamente la priorità indispensabile, anche per non continuare ad essere ‘sotto scarpa’ dell’annoso clientelare sistema politico nonché della parallela mafia.
Nell’ottobre 2005, con il progetto di “campata unica”, durante il Governo Berlusconi, l’Associazione Temporanea di Imprese Eurolink S.C.p.A., capeggiata da Impregilo, vinse la gara d’appalto come contraente generale per la costruzione del ponte con un’offerta di 3,88 miliardi di euro per realizzarlo. Il 23 dicembre 2009 sarebbe stata la data ufficiale di inizio dei lavori per la costruzione del Ponte. Il primo cantiere riguardava la deviazione della linea ferroviaria tirrenica in corrispondenza di Cannitello, a Villa San Giovanni, spostamento necessario per la costruzione della torre del ponte, del lato Calabria. Questo primo lavoro ha avuto un valore di circa 26 milioni di euro e rappresentava, inoltre, la prima fase del più ampio progetto di spostamento a monte della linea ferroviaria Battipaglia-Reggio Calabria. I lavori, affidati ad Eurolink riguardavano nella prima fase le attività preliminari relative all’autorizzazione per l’occupazione delle aree, alle attività di bonifica da ordigni bellici, alla messa in sicurezza e disboscamento dell’area di cantiere. I lavori durarono tre anni, ma tutto si è fermato con il subentro del Governo Monti il cui Ministro dell’Ambiente Corrado Clini (tecnico, dirigente pubblico italiano) disse “Non esiste l’intenzione di riaprire le procedure per il Ponte sullo stretto di Messina” e contemporaneamente il medesimo Governo Monti, coincidenza vuole, stanziò i soldi per pagare le varie penali.
Però una parte di soldi per il Ponte erano già stati stanziati (ma sarebbe più esatto dire per il collegamento superveloce Reggio-Messina-Catania-Palermo). E una volta interrotto il programma di costruzione, invece che essere utilizzati per le infrastrutture nell’Isola quali strade, ferrovie, porti, svincoli, fognature, ecc. come declamato e assicurato da tutti i trasversali esponenti di Governo e del Palamento, sarebbero stati al contrario dirottati nella Penisola “… 1 miliardo e 300 milioni già stanziati, approvati e accantonati dal Cipe) furono utilizzati: 300 milioni dal ministero Tremonti (vicepresidente di Forza Italia) nel 2009 per finanziare la perdita dell’ICI. 1 miliardo il governo Monti lo utilizzò nel gennaio 2012 per la 3^ Tav dei Giovi Genova Milano Rotterdam. Ma di questi nel luglio 2013 il governo Letta (noto esponente PD) ne destinò 500 milioni per i progetti della tav Napoli Bari … ”.
Il Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci ha dichiarato ieri in merito al Ponte sullo Stretto di Messina “Periodicamente si torna a parlare del Ponte sullo Stretto, sul quale tutti conoscono la mia posizione: sono da sempre favorevole e non ho mai cambiato opinione. Mi fa sorridere chi dice che prima del Ponte si debba pensare ad altro: è solo l’eterna scusa per non fare mai niente. I siciliani sanno che l’unica volta in cui si è stati a un passo dall’avvio dell’opera è stato per impulso del governo di Silvio Berlusconi e la nostra coalizione non ha mai cambiato opinione, come ha ricordato oggi Matteo Salvini. Se assieme al ministro Dario Franceschini – pagina ufficiale e al senatore Matteo Renzi si registrerà una nuova posizione da parte del governo di Giuseppe Conte, sarò felice di mettermi a disposizione, assieme al mio governo. Ma non servono comunicati stampa, ci vogliono norme e atti formali, a partire dalla conversione del decreto legge oggi all’esame del parlamento. Vogliamo fare un passo avanti? Modello Genova e commissario nazionale per il Ponte. Altrimenti saranno solo chiacchiere dall’amaro sapore elettorale. Nel frattempo aspettiamo che da cinque anni si apra il ben più ridotto viadotto Himera, sull’autostrada Palermo-Catania”.
Il Presidente della Regione Calabria Jole Santelli ha detto riguardo al Ponte “Sto seguendo con grande attenzione il dibattito nazionale sulla eventuale realizzazione del PontesulloStretto. La mia posizione non è mai cambiata nel corso degli anni: sono favorevole alla costruzione di una straordinaria infrastruttura pubblica, che – oltre a dimostrare al mondo le grandi capacità progettuali e ingegneristiche del nostro Paese e a collegare, finalmente in modo efficiente, la Calabria e la Sicilia – avrebbe il merito di ridare fiato all’economia nazionale in un momento di grave crisi e di creare migliaia di nuovi posti di lavoro. La domanda che tutti dobbiamo porci non è se realizzare o meno il Ponte sullo Stretto, ma questa: se non ora, quando?”.
Il Viceministro delle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri ha dichiarato al riguardo “Oggi tornare a parlare di ponte sullo stretto di Messina, con decine di milioni di euro già stanziati per opere infrastrutturali immediatamente cantierabili ma impantanati nei meandri della burocrazia, rischia di diventare l’ennesima burla per il Meridione e per l’Italia intera. In questo momento preferisco concentrarmi sulle cose che possono dare immediate risposte al Paese. Non voglio farmi distrarre da discorsi che, se pur affascinanti, soprattutto in questo momento storico, rischiano di sembrare utopistici o, nella peggiore delle ipotesi, delle prese in giro. Il Mezzogiorno ha il primato per le infrastrutture piu’ obsolete – prosegue il viceministro -, pensiamo subito a mettere in sicurezza i ponti, le gallerie, le strade esistenti e a realizzare le opere gia’ finanziate ma bloccate dalla farraginosa burocrazia. Stiamo parlando di oltre 100 miliardi di euro da poter spendere immediatamente. Sblocchiamo questi soldi, rimettiamo in moto l’Italia e poi, prometto, iniziero’ a discutere anch’io del ponte sullo Stretto“.
Le dichiarazioni di Musumeci sono state replicate dal capogruppo del M5S all’Ars, Giorgio Pasqua“È facile attribuire i ritardi allo Stato per coprire le proprie inefficienze. Vuole essere il commissario di 10 mega opere? Qui tutte le opere vanno commissariate perché in quanto a strade siamo messi veramente male. Ci sono 250 milioni nel patto per il Sud, 150 circa negli accordi di programma quadro tra la Regione e le province, perché non interviene su queste opere? Ci sono quasi 200 opere da realizzare e Musumeci che fa? Perde tempo a polemizzare con lo Stato. Il M5S, con il viceministro Cancelleri, ha dato un’accelerata su parecchi fronti, mentre la Regione è tristemente ferma al palo. Il viadotto Himera? Siamo i primi a dire che è una vergogna . Ma è innegabile che da quando Giancarlo Cancelleri è viceministro alle Infrastrutture, su questo versante c’è stata un’accelerata enorme, e la prossima inaugurazione del viadotto, promessa da Cancelleri per il 31 luglio , il giorno dell’apertura della trazzera 5stelle, ne è la plastica dimostrazione. Cosa ha fatto Musumeci per consolidare la frana sottostante al viadotto, che ha causato il crollo del ponte? Nulla. Di chi sarebbe la responsabilità se, Dio non voglia, dovesse accadere un nuovo crollo?. Nulla è stato fatto anche per rimuovere la frana di Letoianni che da 5 anni è li, senza che nessuno muovesse un dito, e questo nonostante il Ministero abbia dato l’ok al progetto e fornito il 40 milioni di euro per rimuoverla. Ci sono interventi da fare per 16 miliardi di euro tra Anas ed Rfi e il M5S si sta battendo con Cancelleri affinché i poteri commissariali per snellire la burocrazia e velocizzare le opere, come avvenuto per ponte Morandi di Genova, si applichino anche in Sicilia. Parliamo di opere come la linea ferroviaria che da Messina scende a Catania fino a Palermo, la tratta che da Palermo va a Trapani, vergognosamente chiusa da anni per colpa della Regione, strade importanti come la Ragusa Catania o come tutti gli interventi sulla A19, quelli sula Caltanissetta-Agrigento e sulla Palermo-Agrigento, dove i cantieri sono sempre andati avanti grazie allo Stato. Musumeci anziché lamentarsi operi, i siciliani vogliono fatti non polemiche”.
Di opinione simile è anche il segretario del Pd in Sicilia Anthony Barbagallo “Dal suo insediamento ad oggi, il presidente Musumeci parlando di strade siciliane ha detto tutto ed il contrario di tutto, annunciano in pompa magna gli interventi varati dal ministero per le Infrastrutture nel tentativo di farli passare come sue iniziative, fino ad attaccare il governo nazionale e l’Anas nel tentativo di nascondere i propri errori. Musumeci ha chiesto al governo nazionale di poter nominare un commissario per interventi straordinari su alcune strade provinciali, peccato che non abbia mai fornito l’elenco delle strade senza il quale non si può procedere al perfezionamento dell’incarico. Il risultato è che le strade sono ancora nelle stesse condizioni, e finanziamenti per milioni di euro sono ancora bloccati. Il PD chiederà al ministero per le Infrastrutture e Trasporti di scrivere direttamente alle ex-Province per avere l’elenco degli interventi necessari. Invece di continuare a cercare altri colpevoli. Musumeci dovrebbe prendere atto della sua incapacità politica e amministrativa”.
Sulla disputa in corso tra l’Anas (che ha tacciato gli attacchi regionali come fandonie) e la Regione Siciliana che ha recentemente dato mandato ad un pool di avvocati per avviare una richiesta di risarcimento danni contro l’Anas, risponde l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone “C’è poco da commentare, leggendo la replica banale e patetica dell’Anas che si rifugia in una sfilza di numeri e di ‘impegni’ già sentita in numerosissime altre occasioni. L’azienda di Stato cita persino interventi come Ambelia e il Giro d’Italia, dal valore irrisorio, dimenticando la mole di investimenti da oltre due miliardi di euro che, da quando siamo al governo della Regione, è rimasta solo sulla carta e non è stata mai riversata in cantieri e lavoro. Il governo Musumeci va avanti nella sua iniziativa a difesa della dignità e delle legittime aspettative dei siciliani. Ci vediamo in tribunale”.
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