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In Sicilia cresce la disoccupazione e l’Isola continua a spegnersi come una candela

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La Sicilia pare condannata a morte socio-economica. Chiudono le imprese e aumentano i disoccupati. I dati parlano di regressione.

In Sicilia cresce la disoccupazione e l’Isola continua a spegnersi come una candela

È quanto emerge dal Documento di Economia e Finanza Regionale 2018/2020. Nel primo trimestre 2019 cinquantamila posti in meno rispetto alla media dello scorso anno.

Composto di tre parti, il Def è il documento in cui il governo regionale anticipa i contenuti della sua programmazione finanziaria per l’anno successivo e va approvato entro il 30 giugno di ogni anno. Nel documento il governo annunzia quali sono quindi le politiche che intende attuare nel 2020. Per questo oltre ad alcune riforme già approvate da Palazzo dei Normanni come quella sulla semplificazione amministrativa, pesca e il diritto allo studio, Palazzo d’Orleans punta sui ddl da poco approvati dalla giunta regionale come quella sui consorzi di bonifica e quello sull’urbanistica. All’ordine del giorno dell’esecutivo regionale inoltre c’è la riorganizzazione di alcuni enti regionali.

Dal documento si appaleserebbe sempre più un’Isola disumanamente condannata negli anni, dalla trasversale politica europea, nazionale e regionale, a doversi spegnere per generale inedia.

Il primo trimestre del 2019, al contrario dell’andamento nella Penisola, ha visto nell’Isola il numero più basso di occupati da quando sono state avviate le serie storiche dell’Istat nel 1996. Nel 2017 gli occupati in Sicilia erano un milione e 367mila, nel 2018 c’è stato un calo di 40mila unità. I siciliani con più di 15 anni e un lavoro sono un milione 312mila, 38mila in meno rispetto al dato consolidato dell’ultimo trimestre 2018 e 51mila in meno rispetto alla media dell’anno scorso.

Nel primo trimestre del 2019 le imprese attive hanno avuto un leggero calo (0,1 per cento) nel settore dell’agricoltura ove sono operose 79mila aziende. Nel settore dell’industria le imprese attive sono state 29mila, con una diminuzione dello 0,8 per cento delle aziende. Stesso calo è quello sperimentato nel settore delle costruzioni dove sono operose 41mila aziende. Unico dato positivo quello sui servizi con una variazione positiva dello 0,1 per cento. In quest’ultimo settore le imprese attive sono 216mila euro.

Il tasso di occupazione generale, così, si attesta al 31,7 per cento. Un dato su cui pesa la fortissima disoccupazione giovanile: se i disoccupati con più di 15 anni sono infatti il 22,3 per cento, la percentuale cresce man mano che l’età diminuisce. Si passa così dal 10,1 per cento dei nati fra il 1955 e il 1964 al 15 di chi invece è venuto al mondo fra il 1965 e il 1974, fino al 19,4 per cento dei nati fra il 1975 e il 1984 e alle percentuali elevatissime degli under 35 (33,4 per cento) e degli under 25 (addirittura il 53,6 per cento).

“Di fatto — esplicita l’economista Vincenzo Provenzano, professore associato di Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche dell’Università di Palermoc’è una generazione tagliata fuori dal mercato del lavoro, quella che ha cercato un’occupazione dopo la crisi del 2008. Una crescita della disoccupazione al diminuire dell’età c’è sempre stata, ma non con queste proporzioni”.

La causa deve essere ricercata probabilmente nelle caratteristiche specifiche della crisi siciliana “Negli ultimi anni — osserva ancora Vincenzo Provenzanola gran parte dei posti di lavoro persi è venuta meno nell’industria in senso stretto e nelle costruzioni. Questi sono i settori che tradizionalmente assorbono le fasce di lavoratori più anziane. Per questo la gig economy, cioè i lavoretti come le consegne a domicilio, assorbe molte persone espulse dal mercato dell’occupazione ‘tradizionale'”.

L’altro fenomeno allarmante è la disoccupazione femminile “Gli indici relativi alla disoccupazione giovanile, con il tasso relativo alla classe d’età 15-29 anni — ammette la Regione — sono tornati a crescere in Sicilia nel 2018 (45,2 per cento) rispetto all’anno precedente (44,8 per cento), manifestando un valore massimo nella componente femminile (48,2 per cento)“. Non che il divario sia meno grande se si allarga l’analisi a tutte le fasce di età le disoccupate con più di 15 anni sono il 25,5 per cento, mentre gli omologhi di sesso maschile sono appena il 20,3. Un gap cui si aggiunge un forte divario retributivo se infatti in Sicilia lo stipendio medio di un lavoratore dipendente è di 1.162 euro netti, per una donna a parità di condizioni il salario si aggira invece intorno ai 950.

Alto anche il tasso di disoccupazione per i laureati, il 12 per cento degli under 35 ha un titolo ma non il posto di lavoro.

“Il problema — aggiunge il professore Provenzano — è poi vedere anche di quali lavori parliamo, se si tratta cioè di lavori ben retribuiti. A ridosso della laurea capita spesso che i giovani vengano inquadrati con uno stage o con un tirocinio, con retribuzioni non all’altezza. Per onestà intellettuale bisogna dire però che i laureati guadagnano di più dei loro coetanei e trovano lavoro molto più facilmente”.

Su tale ultimo aspetto, da queste pagine, ascoltata e persino vissuta indirettamente l’esperienza di alcuni giovani laureati, non sembra ci sia questo guadagno e neanche che si trovi lavoro più facilmente rispetto a chi non è laureato. Il lavoro manca !

La conseguente emigrazione ha inoltre svuotato la Sicilia di artigiani, laureati e migliaia di giovani partiti in cerca di opportunità al nord Italia e all’estero. Di ciò abbiamo scritto anche in precedenza “Sicilia, l’Isola si spopola di giovani che fuggono dalle infauste conseguenze della trasversale rancida politica e istituzioni”.

“Secondo gli ultimi dati dello Svimez – si legge ulteriormente nel Def (Documento di Economia e Finanza) della Giunta regionale siciliana – dal 2002 al 2017, il Mezzogiorno ha perduto più di 600 mila giovani e la Sicilia non meno di 200 mila”.

Una ‘devastazione del capitale umano’sono le parole del documentoche si può fermare realizzando significativi interventi infrastrutturali (MA QUANDO ?) così favorendo lo sviluppo delle imprese, attraendo investimenti e stimolando la nascita di startup”.

L’opinione.

Mentre a Bruxelles, Roma e Palermo, se la raccontano trasversalmente da anni insieme ai rispettivi codazzi e menestrelli, la Sicilia decede anno dopo anno, giorno dopo giorno, nel generale silenzio politico-istituzionale-burocratico-culturale-mediatico. Sarà casuale ?

A

dduso Sebastiano

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