I Presidenti delle Unioni dei Comuni Jonici e Sindaci, respingono l’approvato piano sanitario regionale che vuole chiudere Pte e Guardie mediche.
(È lunghetto seppure oltremodo sintetizzato, ma se non si riepiloga, almeno la questione recente che è già di suo anche complessa, si può non comprendere di cosa si parli
).
Ci si era già occupati l’anno passato in un articolo dall’eloquente titolo “9 Novembre 2018 Sicilia, la Regione vuole riorganizzare il 118” e si annunciava che si volevano eliminare i medici a bordo delle autombulanze. In quell’articolo nella “opinione” si evidenziarono alcune domande e recente giurisprudenza: “Cosa succede se chi chiama il 118 non riesce, perché in preda al panico o solo perché non riesce a focalizzare il problema, a dare le giuste indicazioni sulla gravità del paziente? Quali sono i concreti presupposti perché venga inviato sul posto un mezzo di trasporto di primo soccorso privo di medico a bordo invece di uno medicalizzato? Un’ambulanza senza medico a bordo rappresenta sicuramente un rischio per i pazienti: E se l’operatore del 118 dovesse sottovalutare l’emergenza, rischia conseguenze e responsabilità? Il personale infermieristico può sostituirsi alla professione medica? Riguardo a queste due ultime domande si ritengono eloquenti le sentenze di Cassazione n. 40036/2016 del 27.09.2016 (“Responsabile l’operatore del 118 che sottovaluta la situazione di urgenza lamentata dal malato e tarda nell’invio dell’ambulanza”) e n. 2060 del 18.01.2012 (“La guardia medica chiamata d’urgenza dal paziente deve obbligatoriamente essere presente sull’ambulanza)“.
Intanto all’inizio del 2019 è stata approvata la “Nuova rete ospedaliera in Sicilia” che per un verso voleva potenziare i Pronto soccorso (senza però prevedere la necessaria formazione di medici specializzati per pronto soccorso) così riducendo i Pte (Presidi territoriali di emergenza, con medico a bordo) per trasformare le autombulanze in non medicalizzate (senza medici a bordo ma surrogati da infermieri).
In piena estate, nella prima decade di agosto 2019, su sollecito del Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci (centrodestra) arriva un piano straordinario al fine di reperire il personale medico per il Sistema di emergenza sanitario regionale. Il programma prevede il coinvolgimento anche di medici in pensione, neolaureati non specializzati e i convenzionati. Il piano promosso dall’assessore Razza aveva ottenuto il via libera dalle Giunta Musumeci, il quale ultimo comunicava: Le singole Aziende ed enti del Servizio sanitario regionale pubblicheranno un avviso di disponibilità rivolto al personale in pensione in possesso di specializzazione per operare nei Pronto soccorso e nell’Area dell’emergenza-urgenza. Spazio anche ai neo laureati per i quali nelle more di eventuali specifici provvedimenti normativi nazionali, l’assessorato regionale attuerà misure formative di carattere straordinario, nonché l’attivazione di percorsi di tirocinio nelle forme del training on the job nell’ambito dell’emergenza urgenza. Fondamentale sarà il contributo del Cefpas (un Ente regionale che esiste dagli anni ’80 la cui sede è a Caltanissetta e che si occupa della formazione permanente e per l’aggiornamento del personale del servizio sanitario) che si occuperà di coordinare i percorsi formativi e di training, rapportandosi con le Aziende e gli enti del Sistema sanitario regionale, per l’omogenea e conforme assegnazione dei tirocinanti presso ciascuna struttura. Il Cefpas emanerà un avviso per l’accesso al corso di formazione per l’idoneità allo svolgimento delle attività mediche di emergenza territoriale, prevedendo un’apposita “quota” di partecipanti riferibile a specializzandi per un numero non inferiore a 200 posti. Le Aziende sanitarie e ospedaliere dovranno quindi attivare delle convenzioni con il Cefpas. Il Piano prevedeva anche l’impiego dei medici non dipendenti presso le Aziende del Ssr (Servizio Sanitario Regionale) da destinare nei Pronto soccorso dei presidi ospedalieri. Gli incarichi nelle sedi di Pronto soccorso potranno essere conferiti anche a quei medici titolari a tempo indeterminato di continuità assistenziale e in possesso dell’attestato di idoneità in emergenza sanitaria territoriale.
Quel piano prevedeva anche: Visite anche nelle strutture private, ambulatori aperti nei week-end e in caso di necessità nelle ore serali. Ma, soprattutto, totale trasparenza nella gestione dei tempi di prenotazione. E fra le misure più innovative e significative emerge la centralizzazione dell’agenda delle strutture pubbliche e private, che garantirebbe così la totale visibilità dell’offerta erogata in un determinato territorio. In pratica, mediante un Cup provinciale (Centro unico di prenotazione) – che gestirà le scadenze – verranno messe in sinergia tutte le realtà che operano in quell’ambito territoriale. L’utente dovrà fare riferimento solo a quel Centro unico per prenotare la prestazione. A differenza del passato, quindi, potrà accadere che un servizio possa essere erogato da aziende pubbliche o da strutture accreditate, senza però l’aggravio di ulteriori costi aggiuntivi a carico dei pazienti.
“In questo modo – sottolineava il Presidente della Regione Nello Musumeci – mettiamo il cittadino al centro del sistema sanitario. La Sicilia è tra le prime Regione d’Italia ad avere dato concreta attuazione agli indirizzi contenuti nel Piano nazionale delle liste d’attesa, sottoscritto nel febbraio scorso in Conferenza Stato-Regioni. Un’altra pedina per migliorare il sistema sanitario regionale. Il percorso è ancora lungo, ma siamo convinti di essere sulla buona strada”.
Inoltre le Asp e le Aziende ospedaliere, per la prima volta, dovevano provvedere alla definizione e all’applicazione dei cosiddetti “percorsi di tutela”, cioè a quei sistemi di accesso alternativi alle prestazioni specialistiche, per i quali potrà essere attivata una specifica procedura che permetterà ai pazienti la possibilità di effettuare la prestazione in intramoenia o presso una struttura privata accreditata entro i tempi stabiliti dalla normativa. Proprio per garantire il rispetto dei tempi di attesa, il Piano regionale pensato allora dall’assessore Razza dava la possibilità alle Asp e alle Aziende ospedaliere di potersi avvalere di prestazioni aggiuntive da erogare in regime libero professionale. Le visite sarebbero state sostenute economicamente dall’Azienda, riservando al cittadino solo un’eventuale partecipazione al costo della prestazione. Inoltre, il Piano ipotizza di aumentare, per almeno l’80 per cento della loro capacità produttiva, l’utilizzo delle grandi apparecchiature di diagnostica per immagini. Per contenere, o abbassare, ulteriormente i periodi di attesa prevista l’apertura nel fine settimana degli ambulatori degli ospedali che, in caso di necessità, potranno essere operativi anche nelle ore serali. Il Piano regionale era stato accompagnato da un crono programma e da una checklist per la verifica dell’attuazione e favorirne la piena applicazione. Come sottoscritto per altri ambiti, anche l’osservanza degli adempimenti prescritti dal Piano regionale rientrava tra gli obiettivi dei nuovi direttori generali validi per il riconoscimento dell’indennità di risultato, prevedendo fino alla decadenza dall’incarico.
Insomma, teoricamente sembrava che per il cittadino si aprissero tempi migliori nel rapporto con la sanità siciliana. Ma come sempre e incomprensibilmente in Italia e specialmente in Sicilia, tra i proclami e, per carità, gli intenti, rispetto alla realtà, qualcosa non ha collimato.
Infatti notoriamente nei Pronto Soccorso della Sicilia mancano ancora i medici e anche gli infermieri. Negli ospedali pubblici della nostra Isola mancano i posti letto. Il personale medico e infermieristico siciliano è sottoposto a turni stressanti, spesso al limite della sindrome di Burnout (sindrome da esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e derealizzazione personale, che può manifestarsi con implicazioni relazionali molto accentuate, insomma un tipo di stress lavorativo).
Una sera la collega Santa Sarta, che tra l’altro ha purtroppo una patologia seria, ne ha fatto le spese dei problemi nei Pronto Soccorsi siciliani, rimanendo in attesa e con dolori al torace, su una sedia di ferro dalle 21 di sera fino alle 6 della mattina prima di essere visitata.
In tutto questo si è innestata anche la chiusura dei Pte e l’accorpamento delle Guardie mediche. Tralasciamo altri casi, altrimenti ci vuole un libro e così veniamo al tema.
Nel mese di ottobre, al la Pte di Santa Teresa di Riva (ME), il presidio territoriale dove ha sede anche il 118, intorno alle 23 si era recato insieme alla moglie l’ex vigile urbano Paolo Pagano poiché aveva de dolori al petto. Ma il presidio chiude dalle 20 e l’ambulanza del 118 era fuori per un altro intervento. Neel frattempo è stata chiamata un’autombulanza da Letoianni, un paese della medesima Riviera vicino Taormina ma che per raggiungere Santa Teresa deve risalire e ridiscendere i tornanti di Capo Sant’Alessio e affrontare le strettoie del traffico veicolare nella costipata Strada Statale 114. In questo lasso di tempo l’ex vigile si è accasciato a terra davanti alla moglie colpito da infarto. Il fatto ha destato molto dispiacere nella cittadinanza, in quanto il Pagano era molto conosciuto e allo stesso tempo tanta indignazione.
Lo stesso sindaco di Santa Teresa di Riva, Danilo Lo Giudice che è anche deputato regionale di centrodestra, dopo il doveroso ricordo dell’ex agente di polizia municipale ha aggiunto che “una riflessione più approfondita meriterebbe la necessità che il presidio d’emergenza sia aperto 24 ore al giorno, non costringendo così i medici dopo le 20 a dover intervenire solo a seguito della chiamata al 118, che passa dalla centrale. La salute dei cittadini non può subire logiche da spending review ed è impensabile che dopo le 20 una persona che si rechi al presidio di emergenza, pur trovandosi dietro la porta, debba chiamare il 118 per farsi aprire ed essere soccorso”.
È pertanto stata avviata una raccolta firme per chiedere alle Autorità regionali sanitarie di tenere aperto il Presidio territoriale di emergenza 24 ore su 24. L’iniziativa era stata ufficialmente avviata dal Vicesindaco di Santa Teresa di Riva e assessore alla Sanità, Gianmarco Lombardo “Credo che questa sia una battaglia di tutti, senza colore politico, una battaglia che credo valga la pena combattere. L’abbiamo già fatta due anni fa quando c’era il rischio che il Pte venisse smantellato e l’abbiamo parzialmente vinta. Adesso speriamo di vincere anche questa”.
Senonché, come ormai purtroppo un preoccupante classico in Italia e specialmente in Sicilia “la coperta” risultata “corta”, sicché l’Asp di Messina, presumibilmente a seguito di interessamenti politici e sulla scorta della normativa, aveva disposto di abolire la Guardia medica all’Asl del limitrofo paese di Sant’Alessio Siculo per spostarla al Pte di Santa Teresa di Riva, in maniera da garantire a quest’ultimo un’apertura diurna e notturna. Così anche superando quanto disposto dalla riorganizzazione del Sistema della rete emergenza-urgenza in Sicilia, che classificava ad impatto medio il Pte di Santa Teresa di Riva (ovverosia con accessi annui inferiori ai 6.000 passaggi ma con il primo ospedale a una distanza maggiore di 20 minuti), per cui sarebbe stato chiuso entro il 30 giugno 2020 ma con il mantenimento di una postazione 118 cosiddetta “avanzata” per la quale la Regione aveva evidenziato, come nella maggior parte dei Comuni dove si prevede la rifunzionalizzazione dei Pte, un presidio di continuità assistenziale. S. Teresa tuttavia presentava il problema che la guardia medica da diversi anni è stata trasferita a Sant’Alessio. Con il ritorno di quest’ultima a S. Teresa si colmava dunque la lacuna della chiusura dalle 20 in pio.
Ma ciò ha sollevato la protesta degli abitanti di Sant’Alessio e della rispettiva Amministrazione comunale con il Sindaco Giovanni Foti in testa. Di conseguenza, presumibili nuove interlocuzioni, telefonate, interessamenti ecc. e l’Aspa ha revocato oggi la disposizione del 7 novembre sul trasferimento della Guardia medica da S. Alessio a S. Teresa, motivandola con il fatto che “la sede di S. Alessio è stata adeguata alle norme di sicurezza relative al personale medico e considerato che i locali del Pte/118 di S. Teresa non consentono l’adeguamento con i nuovi parametri” e pertanto ogni cosa è rimasta come prima.
A questo punto il Presidente dell’Unione dei Comuni Jonici e Peloritani nonché sindaco di Antillo Davide Paratore, ha invitato anche gli altri cinque Presidenti di altrettanti Unioni di Comuni del comprensorio Jonico Messinese, dalla Valle dell’Alcantara al confine con la provincia di Catania fino a Scaletta Zanclea al confine con il territorio jonico del Comune di Messina, nonché i 30 Sindaci dei vari Comuni dell’intera area jonica messinese, per un incontro che si è tenuto il 13 novembre nell’Aula consiliare di Sant’Alessio Siculo, poiché nel mese di febbraio “la Regione Siciliana ha stabilito di chiudere, tra dicembre 2019 e giugno 2020, nove presidi territoriali di emergenza in provincia di Messina senza contare in particolare che verrà ridimensionato anche il numero dei medici in servizio sulle ambulanze del 118, in particolare in quelle di Taormina, Giardini, Letojanni, Santa Teresa di Riva e Scaletta Zanclea. Come facilmente si può comprendere i Pte e Postazione Ambulanza Medicalizzata rappresentano da sempre un punto di riferimento imprescindibile per gli utenti, garantendo la massima celerità nel raggiungere i luoghi dove insorge la richiesta di soccorso provvedendo, in caso di necessità, al susseguente trasferimento in ospedale. Si tratta certamente di provvedimenti che impattano in maniera pesante provocando gravi ripercussioni sulla vita dei cittadini dei nostri comuni e, pertanto su tale tematica occorre assumere una decisa e univoca presa di posizione dei nostri Enti a tutela degli interessi dei cittadini che ci pregiamo di rappresentare”.
Le parole tra virgolette fanno parte di una lettera congiuntamente inviata dai sei Presidenti dell’Unione dei Comuni della Riviera Jonica Messinese al Direttore Generale dell’Asp di Messina Paolo La Paglia, al Direttore Sanitario Domenico Sindoni e all’Assessore regionale alla Salute Ruggero Razza.
L’obiettivo, continua la nota, è quello di “assumere tutte le iniziative ed i provvedimenti più opportuni, avanzando le nostre istanze innanzi a tutti gli organi competenti, provinciali e regionali, al fine di tutelare e garantire il diritto alla salute dei nostri concittadini, diritto fondamentale solennemente sancito dall’art. 32 della nostra Costituzione”.
Nell’incontro del 13, nell’Aula consiliare del Comune di Sant’Alessio Siculo, presenti i sindaci o loro delegati dei 30 comuni, seppure si riconosce che l’Asp di Messina ha operato in rispetto delle leggi vigenti, c’è stata una univoca disapprovazione alle disposizioni del’Asp Medesima che dal 2 dicembre impongono ai medici dei Pte e delle ambulanze 118 di rispettare il limite delle 38 ore settimanali (162 o 168 mensili), con 12 ore di riposo ogni fine turno, decisione che lascerà anche fino a 10 giorni al mese i mezzi solo con autista e soccorritore. Insomma tutti concordi che il settore dell’emergenza-urgenza territoriale non va ridimensionato ma anzi potenziato, per garantire ai cittadini il diritto alla salute ed evitare gravi conseguenze per i tagli di servizi o personale. Gli amministratori locali hanno sottoscritto un documento in cui si chiede al direttore generale dell’Asp Paolo La Paglia e all’assessore regionale alla Salute Ruggeri Razza di fare marcia indietro e rivedere la decisione.
L’opinione.
Come sempre, specialmente in questa Riviera Jonica Messinese, i locali politici arrivano (uso un detto catanese riferito ad una vicenda di furto avvenuta nel settembre del 1889-1891 in danno del simulacro della Patrona della città, e che però riporto in italiano) “Dopo che a Sant’Agata l’hanno rubata le hanno fatto le porte di ferro”.
I Presidenti delle Unione dei Comuni, unitamente ai Sindaci locali, in una situazione del genere, ma come altre analoghe, avrebbero già da tempo dovuto chiamare alle “armi civili” i propri concittadini invece di proporre l’ennesima convocazione e raccontarsi sempre le analoghe lamentele (sintomatico di una società in sfaldamento). I “geniali” governanti, parlamentari e burocrati della Regione Siciliana hanno redatto un piano sanitario senza neanche tenere conto delle condizioni di viabilità da terzo mondo che contraddistingue in genere la Sicilia e particolarmente le nostre zone della Riviera ed Entroterra Jonica messinese. Sicché non disporre di adeguati Pte e Guardie mediche dislocate in più punti del territorio e h24, può fare la differenza tra la vita e la morte prima di raggiungere un nosocomio.
Non avere un medico su un’autombulanza che debba soccorrere, ad esempio, da centri montani distanti decine di chilometri dal budello litoraneo della SS114 e con strade piene di curve e tornanti (come lo sono notoriamente nell’entroterra jonico messinese), può costituire un grave problema per un eventuale primo intervento nel caso di imprevedibili ritardi su strade che sono state realizzate molti decenni addietro. Inoltre nei fine settimana e specialmente d’estate, la speranza di fare in fretta sulla strada statale costiera 114 è come un terno al lotto.
Ci sarebbe molto altro da aggiungere, come per certa mancanza di medici nei pronto soccorso oppure sui 118. Si dimentica infatti (o si omette) che dovendo operare in notorie condizioni di generale limitata funzionalità strutturale, organizzativa o su strade imprevedibili, un eventuale ritardo o altro che possa causare un danno alla persona soccorsa, può ritorcersi giudiziariamente sul medico se non anche ricevere insulti se non pure aggressioni dai parenti dell’individuo soccorso, come d’altronde è accaduto.
La realtà, purtroppo e ormai in modo cronico, è che i problemi della Sicilia da anni vengono rattoppati in danno dei siciliani. Nell’Isola infatti, le cose e a detta di tutti, funzionano sempre meno e si va peggiorando. Ma questo anche perché, in buona parte della politica siciliana di base, c’è da sempre dissimulata insincerità, opportunismo e indolenza, come anche nella cosiddetta società civile regnano, anzi dominano, pletore di cortigianerie che a loro volta aspettano solo gli avanzi, le molliche e i favoritismi dai forzosi mantenuti nel variegato e raffermo sistema pubblico-politico regionale. I cittadini comuni di contro siamo ridotti, con leggi preordinatamente subdole, a buoi elettorali e fiscali. E nella fattispecie del tema di questo articolo, rischiamo pure di prendere coscienza, ammesso sia possibile, nell’altro “mondo” in mancanza di un’assistenza immediata, com’è accaduto all’ex vigile di Santa Teresa di Riva. Come se ne esce ?
Nell’immagine di copertina il Pte del Comune di Santa Teresa di Riva (ME).
Adduso Sebastiano
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