Sperimentazione animale e metodi alternativi

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Si è tenuta ieri 30 ottobre la terza riunione del gruppo di lavoro per la promozione dei metodi alternativi all’impiego di animali per fini scientifici.

Ieri 30 ottobre 2019 si è tenuta la terza riunione del gruppo di lavoro per la promozione dei metodi alternativi all’impiego di animali per fini scientifici presso il Ministero della salute, come da decreto del 07/06/2019 dell’ex Ministro della salute Giulia Grillo.

Con il nuovo Ministro la speranza era quella di un’apertura di questo tavolo ministeriale verso il mondo della ricerca scientifica, le associazioni scientifiche che portano avanti i metodi alternativi, le tante associazioni animaliste che tutelano i diritti degli animali, i portatori d’interesse che dovrebbero e vorrebbero dare il loro contributo su un tema di così grande importanza per la salute umana ed il benessere degli animali; ma niente di tutto questo sta avvenendo.

Il gruppo di lavoro è un gruppo chiuso e segreto, di cui non è dato sapere niente di cosa si discute o quantomeno viene proposto, come era nell’intento del decreto ministeriale. I portatori di interesse non sono stati invitati al gruppo di lavoro e tanto meno informati di quanto accade.

Si domanda anche il Dott. Maurilio Calleri, presidente della LIMAV Italia OdV <<Molti si chiedono: possiamo avere la speranza di una corretta informazione e la trasparenza sull’impiego degli animali nella ricerca scientifica, le finalità ed i risultati ottenuti, come è previsto negli obiettivi del gruppo di lavoro? Se l’intento del Ministero della salute è veramente quello di promuovere la protezione degli animali utilizzati a fini scientifici e l’utilizzo di metodi ricerca senza animali in sostituzione a questi, perché tutto questo deve rimanere segreto?>>.

Già in passato ci si era occupati di questo argomento su Vivicentro “Sperimentazione animale: “Tavolo per i metodi alternativi””.

Il 2 ottobre scorso c’è stata anche una assonante sentenza al tema, la n.40438 della Corte di Cassazione, sez. 5^, Presidente: Sabeone, Estensore: Scordamaglia, la cui massima è stata che “L’uomo ha sempre manifestato verso gli animali, in quanto essere senzienti, un senso di pietà e di protezione, quando non anche di affetto. Da qui l’esistenza, in tutte le epoche storiche, di precetti giuridici, essenzialmente di natura pubblicistica, posti a salvaguardia e a tutela degli animali… fino alle legge 20 luglio 2004, n.189 …configurando a tutela degli animali una apposita serie di delitti in luogo delle precedenti contravvenzioni”.

Il giudizio riguardava la conferma o l’annullamento della condanna in appello di alcuni animalisti, 12 su 13 attivisti intervenuti, che a fine aprile del 2012 avevano sottratto 67 beagle dall’allevamento della Green Hill nella provincia di Brescia. L’allevamento, infatti, destinava gli animali alla sperimentazione e ai laboratori di vivisezione. Nel 2016 la multinazionale americana Marshall, proprietaria di Green Hill, l’allevamento di beagle, vendette la struttura e abbandonò l’Italia. Nel 2016 la Corte di Appello di Brescia confermò il verdetto di primo grado contro tre dipendenti dell’allevamento, originariamente accusati di crudeltà contro gli animali sotto la loro custodia e di uccisione non giustificata di alcuni di questi, accuse tramutatesi in condanne. Ma gli animalisti, intervenuti per sottrarre gli animali, erano sono stati a loro volta condannati in appello per aver “rubato” e non “liberato” gli animali. In primo grado erano stati assolti.

La Cassazione ha annullato il provvedimento con rinvio pur affermando l’astratta configurabilità del delitto di furto avente ad oggetto cani. Non si comprende infatti quale vantaggio abbiano potuto trarne gli attivisti, quale fine diretto e immediato dell’azione, sia pure con l’intento di ottenere per tale via il soddisfacimento di un bisogno ulteriore anche solo di ordine spirituale o morale. Oltretutto non è vi sarebbe prova della premeditazione dell’azione, avutasi durante il corteo. In sostanza nella sentenza di appello manca la spiegazione di quale sarebbe il vantaggio contratto dagli attivisti. Di conseguenza, spiega la Cassazione, se l’utilità perseguita dall’autore del furto deve essere connessa alla cosa oggetto dell’impossessamento e non all’azione in sé, non è comprensibile quale sia se si esclude vi possa essere un dolo nel liberare gli animali che sono stati sottoposti a maltrattamenti. Per questo motivo la Corte ha annullato la sentenza e l’ha rimessa ad una nuova decisione della Corte d’Appello.

Adduso Sebastiano

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