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Amore e casa per sempre? Non è detto! Ed allora …..

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Il ”per sempre” può anche svanire ed allora forse sarà bene predisporre sin da prima una separazione soft degli affetti ma anche della casa. Come? Ce lo dice uno studio di design di Amsterdam che ha progettato, appunto, la “casa scomponibile” per amori finiti come ci segnala Marina Cristafi nell’articolo che segue:

Divorzio: arriva la casa scomponibile di Marina Crisafi

Progettata in Olanda come risposta al crescente tasso di divorzi, può dividersi in due e ricomporsi all’occorrenza

Una casa per novelli sposi già scomponibile in due in caso di crisi. È questa la risposta che arriva dall’Olanda al crescente tasso di divorzi. Progettato da uno studio di design di Amsterdam, l’immobile è formato da due unità prefabbricate unite tra loro per formare una sola abitazione. Ma non solo, il progetto denominato “Prenuptial housing” è anche predisposto per galleggiare nei noti e pittoreschi canali della città. Così, nell’ipotesi in cui la coppia scoppi e decida di lasciarsi, i due pezzi possono essere agevolmente separati in parti uguali e galleggiare l’uno lontano dall’altro. Sia assemblata che divisa, inoltre, la casa, grazie alla particolare forma geometrica e al materiale di cui è costruita (in fibra di carbonio leggerissima e legno semi trasparente), rimane comunque esteticamente piacevole.

Secondo i suoi creatori, il progetto rappresenta un esempio concreto (oltre che pacifico) di ripartizione dei beni, evitando così le liti che potrebbero sorgere nel momento in cui eventualmente la relazione finisce. E se la coppia ha un ritorno di fiamma? Gli architetti olandesi hanno pensato anche a questo: i due pezzi all’occorrenza possono essere agevolmente rimessi insieme tornando a formare un’unica casa!

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”Sfarfallare” fingendosi divorziati è reato

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Linea dura della Cassazione contro le “impenitenti farfalle” che millantano di essere libere per conquistare altri e nuovi amori ignari del fatto che a casa c’è una famiglia che attende. Ce ne informa l’AAv. Cristafi nell’articolo che segue:

Cassazione: fingersi divorziati è reato Marina Crisafi

Integrato il reato di sostituzione di persona e non la tentata bigamia per l’uomo sposato che si spaccia per scapolo

Linea dura della Cassazione contro lo “sfarfallare” di chi nasconde il proprio stato di famiglia per conquistare persone ignare del fatto che a casa hanno una famiglia.

Una simile condotta per gli Ermellini integra il reato di sostituzione di persona piuttosto che la tentata bigamia. Su questo assunto, infatti, i giudici della quinta sezione penale della Suprema Corte (sentenza n. 34800/2016 depositata ieri), non hanno mostrato nessuna indulgenza nei confronti di un uomo che, per conquistare una nuova fiamma, era andato ben oltre il classico trucco di far sparire la fede, mostrando alla donna anche un finto atto di annullamento del matrimonio certificato dalla Sacra Rota per dimostrarle di essere libero.

La fidanzata ignara insiste allora per trascinarlo all’altare e lui, per evitare scenate ma senza alcuna intenzione di pronunciare un secondo sì, acconsente persino a seguire il corso prematrimoniale. Ma le bugie hanno le gambe corte e la donna, che nel frattempo era in attesa di un figlio dall’uomo, insospettita dai continui rinvii della presentazione dei suoceri e dal fatto che le carte per le nozze tardavano ad arrivare, lo pedina beccandolo mentre usciva dalla casa dove conviveva insieme alla vera moglie e ai figli!

Il bugiardo seriale finisce così davanti ai giudici per tentata bigamia (oltre che per falso in atti pubblici), ma i fatti vengono riqualificati ritenendo configurabile la fattispecie di sostituzione di persona ex art. 494 del codice penale. E sul punto, anche piazza Cavour non ha dubbi, rigettando la tesi difensiva che sosteneva mancasse il vantaggio previsto dalla norma incriminatrice.

Per la S.C., infatti, “il delitto di sostituzione di persona appartiene al novero dei delitti contro la fede pubblica ma ha natura plurioffensiva, in quanto tutela anche gli interessi del soggetto privato nella cui sfera giuridica l’atto (nel caso l’attribuzione del falso stato) sia destinato ad incidere concretamente“. E la nozione di vantaggio, come dimostra l’evoluzione della giurisprudenza, va ben oltre il mero concetto di utilità economica essendo interpretata “in termini piuttosto ampi, ricomprendendo qualunque forma di vantaggio, anche lecito e di natura non patrimoniale”. Così, si è ritenuto, afferma la Corte, citando i vari esempi, integrato il reato nella condotta di chi crea un falso profilo sui social network usando l’identità di un altro soggetto al solo fine di avere più contatti (cfr. Cass. n. 25774/2014), e ancora di colui che si attribuisce un falso nome per corrispondere con soggetti che altrimenti non gli avrebbero concesso la loro amicizia (cfr. Cass. n. 36094/2006).

Per cui, concludono dal Palazzaccio, “non si vede per quale motivo possa essere escluso dalla nozione di vantaggio l’avere instaurato o comunque mantenuto per un apprezzabile lasso di tempo una relazione affettiva e di convivenza”. Il dolo era rintracciabile, dunque, nella menzogna dell’uomo sul suo stato finalizzata a mantenere una relazione affettiva altrimenti impossibile.

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studiocataldi/Cassazione: fingersi divorziati è reato Marina Crisafi

Tonelli, l’infiammazione è quasi cronica e il Napoli lo sapeva…

I dettagli

Il Mattino rivela di un retroscena al momento dell’acquisto del giocatore. L’Empoli ha girato le cartelle cliniche delle visite in Germania (dove c’è un centro specializzato in questo genere di incidenti) al Napoli proprio nei giorni in cui veniva ultimato il trasferimento. Dunque la società era perfettamente a conoscenza dell’infiammazione al tendine rotuleo del ginocchio destro. Il patron azzurro, Aurelio De Laurentiis, però ha voluto lo stesso chiudere l’acquisto del giocatore addirittura prima che finisse il campionato cogliendo di sorpresa anche il suo Ds Giuntoli. Il giocatore rischia fino a due mesi di stop e Sarri può perdere un rincalzo importante in difesa per la fase iniziale del campionato.

Rispunta l’idea Saponara: Giuntoli ci riproverà

I dettagli

Un vecchio pallino di Maurizio Sarri è il trequartista, in particolare di Riccardo Saponara. Lo ha avuto all’Empoli e per Il Mattino, il Napoli starebbe cercando di prenderlo nuovamente. Il direttore sportivo Cristiano Giuntoli sta preparando un nuovo assalto al giocatore in queste ore.

De Laurentiis annuncia il grande colpo: sarà un nome a sorpresa?

I dettagli

De Laurentiis ha detto che risponderà alla cessione di Higuain con un grande colpo, ma non ha specificato in quale ruolo. Secondo La Gazzetta dello Sport, il Napoli cerca un rinforzo per la retroguardia visti i problemi di Tonelli e la Coppa d’Africa che toglierà via Koulibaly e Ghoulam: potrebbe essere il serbo del Torino Nikola Maksimovic che però costa tanto, ma occhio ad eventuali nomi a sorpresa.

Espanyol, il ds Gomez: “Contatti da tempo con David López!”

Le sue parole

David López all’Espanyol? Ne ha parlato il direttore sportivo, Angel Gomez, ad ABC.es: “Non posso confermare, sappiamo come vanno le cose nel calcio: l’altro giorno leggevo che era fatta con il Betis Siviglia, ma non è così. Cinque milioni di euro? Su questo non posso sbilanciarmi, posso dire che con David ci sono contatti da tempo”.

Visite mediche nei prossimi giorni per Rog

I dettagli

Secondo il Mattino, Napoli e Dinamo Zagabria avrebbero trovato definitivamente l’accordo per Marko Rog. Il club croato ha accettato l’offerta di De Laurentiis e nei prossimi giorni il giocatore dovrebbe essere in città per effettuare le visite mediche: circa 13 milioni, mentre la Dinamo ne chiedeva 15. L’accordo è stato trovato a metà strada.

Deutsche Bank: la peggiore d’Europa torna a tremare

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Deutsche Bank – Sede di Francoforte

Due settimane dopo la diffusione dei risultati degli stress test da parte dell’autorità bancaria europea, uno studio dell’istituto economico Zew accende i riflettori su Deutsche Bank. Secondo il report, l’istituto tedesco non sarebbe in grado di reggere un nuovo choc economico e rischierebbe un buco da 19 miliardi di euro.

“Deutsche bank la peggiore nell’Ue” ALESSANDRO ALVIANI

Berlino rifà gli stress test sulle banche. I timori del Financial Times: l’allarme Italia può estendersi nel resto dell’Europa

BERLINO – A meno di due settimane dalla diffusione degli stress test dell’autorità bancaria europea (Eba) tornano ad accendersi in Germania i riflettori sulla base patrimoniale di Deutsche Bank. A riaprire la discussione è uno studio dell’istituto economico Zew secondo il quale, nel caso di una nuova crisi, il primo istituto tedesco non avrebbe capitali propri sufficienti per affrontare le probabili perdite che ne deriverebbero. Nell’ipotesi di un nuovo, pesante shock economico Deutsche Bank si ritroverebbe a fare i conti con un “buco” di capitale di circa 19 miliardi di euro. La strada dell’aumento di capitale si presenterebbe difficilmente percorribile, dal momento che il valore in borsa dell’istituto guidato dal manager britannico John Cryan ammonta a 17 miliardi.

Da Londra arriva un altro allarme, stavolta sulle banche italiane: scrive il quotidiano economico Financial Times (Ft) che la loro debolezza «mette a rischio il resto del sistema finanziario dell’Eurozona, ma questo rischio ne oscura uno più grande, che potrebbe far deragliare futuro politico oltre che economico della zona euro». Il fondo Atlante 2 «ha raccolto con difficoltà 1,7 miliardi di euro», a fronte di «un settore bancario italiano gravato da 360 miliardi di debiti problematici,pari a un quinto del Pil». Il resto d’Europa è in condizioni non dissimili: «Le sofferenze erano oltre il 9% del Pil alla fine del 2014, pari a 1200 miliardi di euro, più del doppio del 2009».

La ragione per cui i numeri si sono deteriorati, scrive l’Ft «in Italia come nel resto della zona euro», è perché sotto al problema dei crediti «se ne nasconde uno più grande: la persistente mancanza di crescita economica», che ha «il potenziale per far deragliare il futuro politico dell’Italia» ma anche quello dell’Europa intera. Tornando allo scenario dell’indagine di Zew Deutsche Bank sarebbe, tra i 51 istituti esaminati – gli stessi dello stress test dell’Eba – quello col gap di capitale più ampio. Seguono Société Générale (13 miliardi), Bnp Paribas (10 miliardi), Unicredit (8,8 miliardi) e Monte dei Paschi (8,5 miliardi). Più staccata, al decimo posto, con un “buco” di 5 miliardi, si piazza Commerzbank.

Deutsche Bank ha respinto le conclusioni dello studio dello Zew. Dai recenti stress test non è emerso «nessun fabbisogno acuto di capitale per Deutsche Bank», ha notato un portavoce, ricordando che l’indagine dell’Eba aveva evidenziato un coefficiente di solidità patrimoniale (Cet1) in caso di scenario avverso del 7,8%, un dato migliore dello stress test del 2014, nonostante criteri più severi rispetto a due anni fa. Lo studio dello Zew, precisa il portavoce, applica alle banche europee gli stessi standard americani sull’indebitamento complessivo, il che non prende in considerazione le differenze strutturali tra i bilanci degli istituti europei e americani. «Per questo i risultati di questa indagine sono estremamente fuorvianti», aggiunge.

Gli autori dello studio – il professor Sascha Steffen dello Zew e dell’università di Mannheim, Viral Acharya della New York University Stern School of Business e Diane Pierret dell’università di Losanna – hanno condotto un proprio stress test, applicando condizioni più severe rispetto a quelle dell’Eba. Nel complesso lo studio attesta un buco di capitale complessivo di 123 miliardi di euro per le 51 banche analizzate. Secondo il professor Steffen «gli Usa hanno tratto le loro conclusioni e preso già nel 2008 ampie misure per la ricapitalizzazione del settore bancario americano; in Europa manca la volontà politica in questo senso».

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“Deutsche bank la peggiore nell’Ue” ALESSANDRO ALVIANI

I rifiuti di Roma e il duello tra donne: botta e risposta tra sindaca e capogruppo Pd

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La capogruppo Pd Michela Di Biase con il presidente dell’Assemblea Capitolina De Vito

Dopo giorni di polemiche sulla questione dei rifiuti a Roma, la sindaca Virginia Raggi è intervenuta in Campidoglio per spiegare il progetto della sua amministrazione e difendere l’assessora Muraro. Dentro e fuori l’aula c’è stato un vivace botta e risposta tra la prima cittadina e la capogruppo del Pd Michela Di Biasi: una sfida a tutto campo anche oltre la politica.

Michela Di Biase contro Virginia Raggi: la sfida al femminile si consuma in Campidoglio FLAVIA AMABILE

Show da quattro soldi come sostiene il pubblico grillino giunto in gran numero per non far mancare il suo appoggio alla prima sindaca M5s? Oppure prove di un futuro grande scontro alle prossime elezioni del sindaco di Roma?

Quello andato in scena ieri mattina nella sala Giulio Cesare del Campidoglio è stato un botta e risposta preparato, cercato e curato nei minimi dettagli da entrambe le protagoniste: Virginia Raggi, sindaca di Roma e Michela Di Biase, capogruppo Pd in Campidoglio e fra cinque anni chissà.

Il primo affondo spetta a Michela Di Biase. È il primo intervento, una mossa voluta per avere il massimo dell’attenzione. Si alza, il busto e il volto rivolti sempre soltanto verso la sindaca, le mani appoggiate al banco quasi per cercare un sostegno. Senza l’ombra di un sorriso fa i complimenti alla sindaca per l’esposizione più «fluida» rispetto ai precedenti interventi, per la capacità di esporre con parole sue. Incassa i rimbrotti del presidente De Vito che le chiede di non divagare, e prosegue con quattro domande sull’assessore Muraro sempre senza staccare gli occhi da Virginia Raggi e chiamandola ripetutamente «sindaco» anche se la sua rivale ha più volte avvertito di preferire la finale in «a». Le domande riguardano il ruolo dell’assessore, i compensi, le altre consulenze e, infine, il contenuto del dossier, quella che Michela Di Biase definisce «la cosa più sfiziosa».

Sono domande note da tempo, Virginia Raggi ha un pacco di fogli con le risposte pronte.

Prima però replica ai complimenti sulla sua maggiore fluidità di parola: «Ringrazio la consigliera per la precisa interrogazione. La rassicuro, ho scritto anche le risposte perché comunque sono lunghe e non avendo una memoria così brillante per ricordare venti pagine di intervento, mi aiuto con degli appunti. Migliorerò, sa, sto imparando a fare la sindaca, sarò sempre più fluida, non tema».

Fine della parentesi, da quel momento in poi l’intervento prosegue con le risposte attese. A differenza della sua rivale politica Virginia Raggi parla guardando l’aula gremita di amici. Appare lo stesso poco a suo agio. Aggiusta di continuo una camicia di seta che ha il difetto di aprirsi un po’ troppo sulla scollatura e tormenta i capelli liscissimi, che starebbero benissimo in ordine senza alcun intervento. Fa confusione con i fogli quando passa da una pagina all’altra, nessuno le ha spiegato che se fossero liberi invece che spillati sarebbe tutto più semplice. Termina troppo spesso con un «Bah» le frasi ad effetto. Ma, come ha ammesso, sta imparando: anche questi dettagli saranno presto superati.

La risposta fila via rinnovando la sua fiducia piena all’assessore Muraro con un linguaggio ancora da avvocato: «Non si può eccepire che non sia competente, forse è diventata troppo scomoda?»

Sfora i cinque minuti previsti dal regolamento. Il presidente De Vito concede una replica a Michela Di Biase. La capogruppo del Pd dichiara tutta la sua insoddisfazione per la risposta della sindaca e conclude con un cavallo di battaglia dem di questi giorni: che cosa avrebbe fatto il M5s se fossero emersi contatti del Pd attuale con Buzzi e Cerroni. Obiezione giusta ma, nella foga, scivola malamente su un congiuntivo. La tribuna grillina esplode in un boato di fischi e urla. La capogruppo Pd aspetta con calma che smettano e ricomincia a parlare. Con tutti i congiuntivi al loro posto.

Il primo round è un pareggio.

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Missioni italiane all’estero: non solo Libia! C’è anche l’Iraq

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8 elicotterti sono quelli impegnati nella missione italiana con base a Erbil nel Kurdistan iracheno. Per proteggerli dal grande caldo che impedirebbe ai velivoli di funzionare al meglio i nostri genieri si sono «inventati» un hangar costruito con pezzi di teloni

Missioni italiane all’estero. I nostri militari non sono impegnati  solo in Libia ma anche in Iraq. Francesco Grignetti è stato a Mosul, Iraq, dove gli elicotteri italiani guidano le azioni di recupero dei piloti alleati colpiti dai jihadisti e ne da notizia con un articolo su la Stampa

  • A Mosul gli elicotteri italiani volano oltre le linee dell’Isis FRANCESCO GRIGNETTI – INVIATO A ERBIL (IRAQ)

Si prepara l’offensiva sulla città, il nostro contingente ha l’incarico di guidare le azioni di recupero dei piloti alleati abbattuti dai miliziani

C’è una nostra missione da combattimento contro l’Isis di cui non s’è ancora parlato abbastanza. È ufficialmente operativa da un mese a Erbil, in Iraq, regione autonoma del Kurdistan. Una missione difficile, pericolosa, di cui i nostri militari sono giustamente molto orgogliosi. In gergo Nato è chiamata «Operazione di personnel recovery», di recupero del personale, ma tra i soldati è più conosciuta con il soprannome di Operazione Guardian Angels.

A Erbil gli italiani schierano 8 elicotteri – quattro da trasporto, quattro da combattimento – con relativi piloti, motoristi, meccanici, più un gruppo di incursori delle forze speciali. La missione, per dirla semplicemente, consiste nel recuperare, se servisse anche combattendo, un pilota alleato che si sia dovuto lanciare con il paracadute oltre le linee di Isis.

Finora non è mai servito. Ma capiterà. Già, perché i «Guardian Angels» italiani, al pari di due altri team statunitensi schierati più a Nord e più a Sud, sono stati predisposti lungo il confine tra Kurdistan e area controllata da Isis in vista della battaglia di Mosul.

La battaglia per la riconquista di Sirte, in Libia, ci racconta molto di quale incubo sia riprendersi le città occupate dai terroristi di Isis. Dappertutto bombe artigianali, cunicoli, cecchini, attacchi suicidi. Incuranti delle loro perdite, e indifferenti alla sorte della popolazione, ogni città si trasforma in una piccola Stalingrado. La battaglia di Mosul, nel cuore dell’Iraq, non sarà diversa, ma prevedibilmente sarà molto più sanguinosa perché Isis ha avuto tre anni di tempo per prepararsi. Ed ecco perché la Coalizione dei 64 Paesi anti-terrorismo a guida statunitense sta prendendo tempo. Per Mosul si prevede un attacco coordinato di peshmerga curdi, reparti scelti dell’esercito iracheno, milizie sciite. L’attacco sarà però preceduto da una lunga campagna aerea. E qui c’entrano gli italiani.

Gli aerei della Coalizione martelleranno per settimane su Mosul prima di mandare all’assalto le truppe irachene. Ma i raid comportano rischi. E gli elicotteristi e incursori che l’Italia ha inviato a Erbil saranno gli «angeli custodi» per i piloti.

Per il team tricolore è una prima volta. Mai prima d’oggi, né in Afghanistan, né in Iraq, né nei Balcani, eravamo stati reputati all’altezza. Stavolta ce l’hanno chiesto, noi abbiamo accettato, il Parlamento ha deliberato con l’ultimo decreto Missioni. Gli elicotteri sono stati trasferiti a pezzi in Iraq e lì rimontati, e dopo un puntiglioso esame in loco, dal mese scorso abbiamo ottenuto il via libera dello stato maggiore Usa.

I nostri «Guardian Angels», che a turno dormono accanto ai velivoli, garantiscono di essere pronti a decollare nel giro di un’ora, giorno o notte, e di poter volare in profondità nel territorio ostile. E qui c’è stato il primo problema tecnico non indifferente, risolto grazie all’italica arte di arrangiarsi. Un elicottero, infatti, per motivi di aerodinamica, va in crisi se la temperatura al suolo supera i 50 gradi. E in Iraq, d’estate, succede spesso. Così gli italiani, tutti assieme, dai piloti ai mitraglieri, si sono rimboccati le maniche e assemblando pezzi di tendone hanno creato dal nulla un paio di hangar dove proteggere almeno gli elicotteri Mangusta dal solleone.

Secondo problema risolto, la visione d’insieme. Gli americani sono abituati a seguire il volo degli elicotteri dalla sala operativa attraverso i loro satelliti. Gli italiani hanno trovato un’ingegnosa soluzione con una app per Ipad: il risultato è lo stesso, il costo non è comparabile. Ora gli americani vorrebbero comprare il nostro software.

Infine le procedure. Una missione di «personnel recupery» è quanto di più complesso e serrato si possa immaginare. Il pilota che sia costretto a lanciarsi con il paracadute attiva l’Sos. La centrale operativa sposta immediatamente sul punto un aereo-radar di tipo Awacs che è in grado di «vedere» quanto accade a terra. Decollano intanto aerei particolarmente potenti, detti «cannoniere volanti», che dovranno spazzare l’area dove si trova il pilota se si avvicinassero automezzi nemici – le cannoniere volanti oggi partirebbero dalla base di Incirlick, in Turchia, domani chissà – e i droni per una protezione più ravvicinata.

È chiaramente una corsa contro il tempo. Più si tarda ad arrivare, più il pilota rischia la cattura. Gli elicotteri in questo meccanismo sono i mezzi più lenti e i più esposti al fuoco nemico. È previsto che arrivino per ultimi nell’area dove c’è la persona da prelevare. Con droni e cannoniere viene creat un anello di fuoco, teoricamente insuperabile. E a questo punto tocca ai Guardian Angels: atterrano, recuperano il pilota, ripartono per le linee amiche. Se va bene, senza sparare. Se va male, abbattendo tutto quello che si muove.

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A Mosul gli elicotteri italiani volano oltre le linee dell’Isis FRANCESCO GRIGNETTI – INVIATO A ERBIL (IRAQ)

Sportiello bloccato da Rafael e Sepe: le ultime

Situazione Sportiello

Sportiello bloccato dalla presenza di Sepe e Rafael. Secondo quanto riporta il Corriere dello Sport, la condicio sine qua non affinché il portiere arrivi al Napoli è l’addio di uno dei due portieri attualmente a disposizione di Sarri. Giuntoli avrebbe già parlato con l’Atalanta e l’agente Giuseppe Riso, ma l’affare potrebbe naufragare se non si chiudesse a breve giro di posta.

Truppe speciali italiane in Libia. Riconquistata Sirte

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L’effetto della presenza di truppe speciali occidentali – americane e italiane – sul terreno inizia a farsi sentire: le truppe libiche hanno preso il controllo del quartier generale dei jihadisti nella roccaforte Sirte. Ne da notizia la Stampa con un articolo di Semprini da New York:

Espugnato il quartier generale: a Sirte l’Isis in fuga verso il mare FRANCESCO SEMPRINI

Le milizie di Misurata entrano in città sostenute da corpi d’élite stranieri e raid americani. Jihadisti ed ex gheddafiani asserragliati sulla costa protetti da cecchini e batterie di missili

NEW YORK – Si sgretola giorno dopo giorno l’ultimo bastione di resistenza dello Stato islamico a Sirte, feudo delle bandiere nere dell’Isis da circa un anno. L’offensiva terra-aria, con l’ausilio di truppe speciali occidentali, ha dato una spallata all’Isis facendo perdere loro il Centro congressi Ouagadougou, considerato la grande cabina di regia dei terroristi. Secondo Reda Issa, portavoce delle forze di terra fedeli al Governo di accordo nazionale di Tripoli, gli jihadisti avrebbero trovato però nuovo riparo in tre aree residenziali della città e in un complesso di ville a ridosso del mare che rientrano in quelle che tecnicamente sono chiamate «Area 1» e «Area 2», una superficie che si estende per oltre un chilometro. Sul numero degli irriducibili rimasti non ci sono indicazioni, ma sembra che ci siano molti ex gheddafiani e che abbiano preparato la manovra di copertura già da tempo.

Alla caduta di Ouagadougou si è arrivati dopo una manovra a tenaglia portata avanti dalle milizie di Misurata dopo aver occupato il campus dell’Università, a sud di Ouagadougou, e il «Ibn Sina Hospital» a nord. Si tratta di un passo in avanti per le forze anti-Isis, ma che non si traduce nella vittoria definitiva: «L’annuncio della liberazione di Sirte sarà fatto solo quando l’intera città sarà liberata», avverte Issa. Anche perché a difesa dell’ultimo manipolo di jihadisti potrebbe esserci un tappeto di ordigni rudimentali, cecchini e le ultime batterie missilistiche collocate in punti strategici. La spallata tuttavia è stata possibile grazie ai bombardamenti aerei «chirurgici» delle forze Usa nell’ambito della missione «Operation Odyssey Lightning», giunti su richiesta specifica del capo del governo sostenuto dalla comunità internazionale, Fayez al-Sarraj. Sono 29 i raid compiuti dal 1 agosto a cui si uniscono le attività delle forze speciali inviate da diversi Paesi. Ci sono anche gli italiani, o meglio già erano presenti da prima, una quindicina in supporto ai servizi di intelligence. Secondo fonti informate il numero sarebbe cresciuto in maniera marginale e unirebbero al supporto degli 007 anche quello di addestramento mirato alle attività di bonifica da mine e contro-cecchinaggio. «Due aspetti su cui le nostre forze sono altamente preparate come si vede dai corsi tenuti in Iraq a sostegno dei Peshmerga», spiegano fonti militari.

A questo si uniscono la fornitura dei visori, importantissimi per il confronto notturno e in zone «non illuminate», e dell’attrezzatura di protezione, come i giubbotti anti-schegge e antiproiettile. C’è infine un’ultima attività cruciale che è l’evacuazione dei feriti con la messa in sicurezza e il trasporto in strutture ospedaliere, azione in linea con l’impegno del governo italiano nell’assicurare assistenza medica generale. L’attivazione delle forze speciali è stata possibile senza passaggio parlamentare grazie alla facoltà conferita al premier Matteo Renzi da un provvedimento ad hoc varato a inizio anno.

La variegata platea delle forze speciali vede ovviamente gli americani, la cui presenza era stata anticipata da «La Stampa» il 2 agosto, in concomitanza con l’inizio dei raid. L’impegno per loro si spinge alle prime linee con l’illuminazione di obiettivi e il coordinamento tra milizie libiche e forze aeree, oltre che il supporto logistico. Ci sono poi i britannici che hanno compiti simili: fanno da consiglieri ai miliziani e, come i colleghi Usa, si spingono sulle prime linee. Sono stati loro i primi ad arrivare a Sirte. Meno chiaro invece il ruolo dei francesi che pur essendo presenti nella prima ora tra Tripoli e Misurata si stanno sfilando per spingersi a Est, al fianco delle forze del generale Khalid Haftar impegnate contro le forze islamiste tra Bengasi e Derna.

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Diawara anche con Valdifiori, il Napoli ci riprova

Ritorno per Diawara

Ritorno di fiamma per Diawara: il Napoli prova l’affondo finale. Secondo quanto riporta la Gazzetta dello Sport, gli azzurri, per la prima vota in questa sessione di mercato, starebbero valutando l’acquisto del centrocampista anche senza l’addio di Mirko Valdifiori. Diawara(97′), infatti, potrebbe rivelarsi un ottimo profilo per il centrocampo, da utilizzare quando necessario. ADL offre al Bologna 15 milioni di euro, due in meno rispetto all’Aston Villa. Il Napoli, però, può contare sul sì del ragazzo.

Insigne, l’Inter ci prova: è l’alternativa a Gabigol

Rebus Insigne

Clamoroso Inter: si lavora sottotraccia per portare Lorenzo Insigne a Milano. E’ esploso, infatti, il caso relativo all’attaccante nativo di Frattamaggiore. Gli agenti del ragazzo battono cassa, ma Aurelio De Laurentiis non ci sta. Secondo quanto riporta la Gazzetta dello Sport, se non dovesse arrivare Gabigol, i nerazzurri proverebbero l’affondo per il magnifico, valutato da ADL circa 25 milioni di euro.

Insigne, l’agente: “Lorenzo a Milano? Contatti tra Napoli ed Inter”

Ai microfoni di GazzaMercato, è intervenuto uno degli agenti di Lorenzo Insigne, Antonio Ottaviano: “Credo sia normale che possa avere apprezzamenti da parte dell’Inter. Lorenzo è un grande giocatore e piace a molti grandi club. Direttamente noi , però, non siamo stati contattati dai nerazzurri. Magari ne stanno parlando Inter e Napoli all’interno di discorsi più ampi e un calciatore del calibro di Insigne normalmente può catturare l’attenzione dei dirigenti interisti”.

Follia Napoli, offerti 6,8 mln di euro ad Icardi e 70 all’Inter!

Icardi, le ultime

All-IN Napoli: il club partenopeo è infatti disposto a sborsare fino a 70 milioni di euro per convincere l’Inter a vendere Icardi. Al ragazzo, invece, andrà un quinquennale da 6,8 milioni di euro più i diritti di immagine. Adesso palla al giocatore che dovrà dimostrare di voler vestire la maglia azzurra. L’argentino dovrà forzare la mano e chiedere esplicitamente la cessione. Intanto, De Boor, a colloquio con il suo attaccante, ha ribadito la volontà di trattenerlo, ponendolo al centro del progetto tecnico. A riportarlo, la Gazzetta dello Sport.

Istruttori italiani in Libia: da Kurdistan al Tripolitania

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L’Italia ammette di avere forze speciali in Libia. La missione è stata decisa dal premier Renzi con un obiettivo preciso: aiutare le milizie locali contro l’Isis. I nostri uomini le addestrano a sminare e ad evitare i cecchini ma non svolgono missioni di combattimento. E’ quanto emerge dall’articolo di Francesca Schianchi pubblicato oggi su la Stampa. Ed è questa la notizia che commenta Giuseppe Cucchi nel suo editoriale odierno pubblicato su la Stampa e che proponiamo alla vostra attenzione.

Gli sminatori dal Kurdistan alla Tripolitania GIUSEPPE CUCCHI

Non c’è da meravigliarsi se le forze di Misurata hanno stentato a completare la conquista di Sirte, procedendo a rilento nella avanzata malgrado l’appoggio di fuoco fornito loro dalla aeronautica americana. Stanare combattenti decisi a vendere cara la pelle arroccati fra cumuli di macerie è sempre stato particolarmente duro. Nella seconda guerra mondiale per prendere Montecassino presidiata dai paracadutisti tedeschi i bombardamenti non furono sufficienti.

E gli alleati prevalsero soltanto allorché mandarono all’attacco i marocchini del generale Juin, sperimentati soldati di fanteria – Boots on the ground! – che combattevano con il pugnale alla mano. Nel caso di Sirte poi la presenza di numerosi civili nell’area ancora tenuta dall’Isis ha costretto gli americani ad utilizzare una particolare cautela per evitare quanto più possibile i cosiddetti «danni collaterali». L’intervento aereo, così condizionato, ha finito quindi col divenire pressoché inutile, sempre che non si consideri l’impatto psicologico che esso ha certamente avuto su entrambi i contendenti. C’è da tener presente poi come le forze residue dell’Isis fossero composte da personale che ben sapeva di aver perduta la battaglia per la Libia e che si vedeva preclusa ogni via di fuga. In simili condizioni la sua massima aspirazione era rimasta quella di vendere molto cara la pelle prima di cadere sotto il fuoco nemico. Un compito che i combattenti del Califfato hanno svolto sino all’ultimo molto bene, con un efficacissimo e costante ricorso a cecchini, a mine e ad ordigni esplosivi improvvisati, gli Improvised Explosive Devices – Ied in acronimo – della terminologia ufficiale Nato. Per un attimo lo scontro ha persino rischiato di divenire impari, con la prevalenza in numero delle milizie di Misurata abbondantemente compensata dal fatto che esse sembravano avere ormai raggiunto il limite di perdite che i combattenti e l’intera città potevano tollerare. Perché i misuratini riuscissero a questo punto a progredire ulteriormente ed a completare l’operazione iniziata occorreva evidentemente che i loro reparti effettuassero un deciso salto di qualità, tanto nel campo dell’equipaggiamento quanto in quello dell’addestramento. In sostegno ai combattenti di Misurata sono così intervenuti, con funzioni essenzialmente addestrative, contingenti di forze speciali di vari paesi dell’Occidente.

E’ inutile e probabilmente anche dannoso chiedersi ora, anche se Sirte sembra definitivamente caduta, a quali Stati essi appartenessero, ove fossero dislocati e quali fossero i precisi confini della loro azione. Le imprese delle forze speciali si raccontano soltanto dopo, allorché si è sicuri che l’azione è definitivamente conclusa, e non prima o durante, allorché ogni indiscrezione può danneggiare gli uomini sul terreno. E del resto tutti i governi, il nostro compreso, dispongono di norma di strumenti di legge che consentono loro di mantenere segreto per un certo periodo quanto sta accadendo. A questo punto dunque sarà sufficiente sottolineare come sia elevata la capacità delle forze armate italiane di fornire un altissimo livello di addestramento a combattenti stranieri magari valorosi e sperimentati individualmente ma privi di qualsiasi esperienza di azioni di reparto. Inquadrati nell’ambito della Nato abbiamo contribuito a formare le forze armate e la polizia afghane ed ancora rimaniamo con un forte contingente di addestratori in quel martoriato paese. In Mali facciamo parte della forza europea che provvede all’addestramento dei locali reparti. Il nostro fiore all’occhiello rimane in ogni caso in questo momento la missione che manteniamo ad Erbil, in Iraq e che nel tempo ha formato circa la metà dei peshmerga curdi che ora combattono con successo contro l’Isis in quel paese. Soprattutto nel campo delle mine, degli Ied e delle cosiddette «Booby Traps» – le trappole esplosive allestite per «gli ingenui» – la nostra lunga esperienza potrebbe aver avuto modo di rivelarsi particolarmente preziosa. In merito c’è da ricordare come, pur avendo ratificato la Convenzione di Ottawa del 1997 per la messa al bando delle mine antiuomo, l’Italia abbia dovuto costantemente confrontarsi con il problema ogni volta che ha inviato un contingente di pace su un fronte che era stato sino al giorno prima un fronte caldo. Abbiamo così elaborato tecniche e preparato specialisti, sviluppando una competenza che ci è universalmente riconosciuta.

Le Nazioni Unite ci convocarono, insieme ad Usa e Germania, per gestire la Operazione Salaam con cui a Quetta, in Pakistan, dal 1998 al 2000, insegnammo ai profughi afghani alla vigilia del rientro in patria dopo il ritiro russo come muoversi con sicurezza in un paese costellato da residui esplosivi. Nel 2006 poi, al termine della cosiddetta terza guerra israelo-palestinese, fummo noi che ripulimmo dalle decine di migliaia di bombette e piccole mine inesplose tutto il territorio libanese ove dovevano operare le forze Onu. Potremmo dunque essere risultati molto, molto utili nell’aiutare le forze di Misurata, instradandole sulla via del successo. Contribuendo così anche alla affermazione di quel governo Sarraj installato a Tripoli che ancora stenta a consolidarsi come governo unico della Libia ed a cui abbiamo promesso tutto il nostro appoggio per porlo in condizione di colmare rapidamente i gap nei settori fondamentali per il suo successo.

È ancora comunque molto presto per gioire delle notizie positive che iniziano a giungere da Sirte. Imponiamoci quindi una ragionata calma e ricordiamoci magari ancora una volta che è soltanto dopo la sicura conclusione di una azione, non mentre essa è ancora in corso e gli esiti non sono ancora sicuri, che si raccontano le imprese delle forze speciali!

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Guerra segreta di Renzi in Libia: ma non si combatte, si insegna a sminare

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Miliziani fedeli al governo di Tripoli osservano il lancio di un missile contro gli jihadisti asserragliati a Sirte

L’Italia ammette di avere forze speciali in Libia. L’effetto della presenza di truppe speciali occidentali – americane e italiane – sul terreno inizia a farsi sentire: le truppe libiche hanno preso il controllo del quartier generale dei jihadisti nella roccaforte Sirte. Ma il Paese maghrebino non è l’unico fronte che vede impegnati i nostri militari. Francesco Grignetti è stato a Mosul, Iraq, dove gli elicotteri italiani guidano le azioni di recupero dei piloti alleati colpiti dai jihadisti. E’ quanto emerge dall’articolo di Francesca Schianchi pubblicato oggi su la Stampa e che proponiamo alla vostra attenzione.

Istruttori e missioni d’intelligence, la prima guerra segreta di Renzi FRANCESCA SCHIANCHI

Le nostre forze speciali addestrano i miliziani anti-Isis e cercano i terroristi. L’intervento richiesto da Sarraj. E Roma si prepara a riaprire l’ambasciata

Senza clamori e grazie ai nuovi poteri approvati dal Parlamento, il premier Matteo Renzi ha autorizzato per la prima volta una missione di forze speciali in zona di guerra. Lo ha fatto in Libia, come conferma un documento rivelato dall’Huffington Post e ricevuto di recente dal Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. I protagonisti della missione sono uomini del Reggimento «Col Moschin», del gruppo operativo incursori del Comsubin, del gruppo intervento speciale dei carabinieri e incursori dell’aeronautica militare. Sono arrivati sul terreno per affiancare forze speciali americane di stanza a Tripoli e Misurata in missioni di addestramento di milizie locali impegnate a combattere i jihadisti dello Stato Islamico (Isis) di Abu Bakr al-Baghdadi. L’intervento è stato autorizzato da Renzi su esplicita richiesta del governo libico di Fayez Al Sarraj e a confermare il consolidamento dei rapporti bilaterali è arrivata, ieri sera, la decisione del Consiglio dei ministri di compiere un passo importante verso la riapertura della nostra ambasciata a Tripoli nominando alla sua guida Giuseppe Perrone, attuale vicedirettore degli Affari Politici alla Farnesina.

Sono alcune decine i militari italiani partiti con il compito di fare da istruttori alle milizie libiche di Sarraj e delle tribù di Misurata, addestrandole alle operazioni di sminamento e a difendersi dai cecchini dell’Isis, attraverso l’uso di strumenti di precisione come i binocoli termici infrarossi. Perché sono queste – gli ordigni celati nel terreno come la mira dei tiratori – le armi più efficaci nelle mani dei jihadisti dello Stato islamico arroccati nell’area di Sirte: sono ancora 500 rispetto ai 4500 iniziali, e siccome non tutti sono stati uccisi, alle nostre truppe speciali è richiesta anche un’azione di intelligence per monitorarne gli spostamenti e scovarli sul teatro di operazioni libico. In tutto, la pattuglia di italiani è per ora di almeno quaranta unità, con gli istruttori scortati e protetti da altri soldati.

La missione italiana avviene sulla base dei nuovi poteri assegnati al presidente del Consiglio dal decreto sulle missioni all’estero approvato dalle Camere alla fine dell’anno scorso, e più precisamente all’articolo 7 bis votato tanto dalla maggioranza quanto da Forza Italia, M5S, Lega Nord e Fdi (si distinse Si), pensato per consentire al governo velocità di reazione nella risposta alle minacce dei terroristi dopo gli attentati di Parigi. Si tratta di una norma che, per ventiquattro mesi, permette al presidente del Consiglio di autorizzare missioni all’estero di forze speciali – in situazioni di crisi o di emergenza, con pericolo per la nostra sicurezza nazionale o di nostri connazionali all’estero – inserendole sotto la catena di comando dei servizi segreti. Dando quindi loro, per il tempo necessario alla missione, tutte le immunità previste per gli agenti dell’intelligence.

E di farlo dunque informando il Copasir senza dove passare attraverso un voto di Camera e Senato come invece avviene nel caso delle missioni militari sotto l’egida del ministero della Difesa. Il 10 febbraio scorso un decreto della presidenza del Consiglio in cinque articoli è stato approvato, e subito secretato, per definire le modalità di attuazione dei nuovi poteri del premier. È per questo che il governo non parla di «missione di guerra» né di «operazioni di combattimento» in Libia in maniera analoga a quanto fanno i governi alleati di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia che hanno truppe speciali all’opera sotto il comando dei rispettivi servizi di intelligence in più Paesi, in Nord Africa e Medio Oriente.

La presenza di nostre truppe speciali in Libia apre comunque nuove scenari al possibile intervento dell’Italia in zone di crisi al fine di tutelare i propri interessi nazionali, a cominciare dalla sicurezza dei connazionali. Per comprendere l’entità della svolta bisogna tornare al 2012 quando un italiano ed un britannico vennero sequestrati da un gruppo di terroristi islamici in Nigeria e l’Italia, non avendo allora le norme necessarie per inviare truppe speciali all’estero, lasciò l’iniziativa alla Gran Bretagna, le cui teste di cuoio misero a segno un blitz fallimentare che portò alla morte dei entrambi gli ostaggi.

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Olimpiadi Rio 2016: tanto canottaggio e Zublasing, in loro le speranze di medaglia dell’Italia di mercoledì 11 agosto.

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Oggi è la giornata delle occasioni che non ti aspetti con l’Italia del canottaggio che si è presentata alle Olimpiadi di Rio 2016 in forma strepitosa ed oggi, mercoledì 11 agosto, vuole iniziare a raccogliere quanto di buono seminato.

Tre equipaggi in finale, tutti da podio. Il due senza di Giovanni Abagnale e Marco Di Costanzo ha vinto la propria semifinale davanti ad Australia e Francia, facendo segnare il secondo miglior tempo assoluto. Se i neozelandesi Murray-Bond sembrano inarrivabili (anche se non più alieni come prima), per gli altri due gradini del podio ci sono anche gli azzurri.

Ha dominato d’autorità la propria semifinale anche il 4 senza pesi leggeri, letteralmente trasformato con l’innesto di Pietro Ruta. L’imbarcazione italiana si presenta in finale con il miglior crono e può davvero sognare in grande. Sarà una gara punta a punta ed equilibrata, probabilmente decisa per pochi centesimi.

Entrati tra i magnifici sei con il quarto tempo, Francesco Fossi e Romano Battisti, due grandi agonisti, possono giocarsi almeno un bronzo nel doppio senior.

Nel tiro a segno Petra Zublasing deve assolutamente riscattare l’opaca prestazione della carabina 10 metri, quando chiuse addirittura fuori dalle prime 30. Un risultato non all’altezza del talento dell’altoatesina, la quale andrà oggi a caccia di una medaglia nella 3 posizioni, la specialità a lei più congeniale. Chissà che l’oro vinto dal compagno Niccolò Campriani non le dia la carica per emularlo.

Una possibile sorpresa potrebbe giungere dalla canoa slalom. Stefanie Horn ha chiuso in testa le qualifiche, ha talento, ma è molto discontinua e tende spesso a commettere errori. Da 3 anni non le fila tutto liscio: sarà la giornata giusta? Se così fosse, nessun risultato le sarebbe precluso.

In Italia è la Rai che detiene i diritti in esclusiva per la trasmissione delle gare olimpiche: tre i canali che garantiranno una copertura completa degli eventi. 

Rai 2 come canale olimpico di riferimento, dedicato in particolare agli atleti azzurri.
Su Raisport 1 la diretta delle discipline individuali, come atletica, nuoto, tuffi, scherma, pugilato e ginnastica.
Raisport 2, invece, si concentrerà sugli sport di squadra come basket, volley, beach volley, calcio, pallanuoto e rugby.

La copertura quotidiana comincerà alle 14 ora italiana e terminerà intorno alle 5.30 del mattino successivo

vivicentro.it/sport/Olimpiadi Rio 2016   –  Stanislao Barretta/redazione sportiva / federico.militello@oasport.it

Olimpiadi Rio 2016: medagliere alla 5^ giornata, Italia ottava con tre ori

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Olimpiadi Rio 2016: il medagliere aggiornato alla quinta giornata, mercoledì 10 agosto

In Italia è la Rai che detiene i diritti in esclusiva per la trasmissione delle gare olimpiche: tre i canali che garantiranno una copertura completa degli eventi.

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La copertura quotidiana comincerà alle 14 ora italiana e terminerà intorno alle 5.30 del mattino successivo

MEDAGLIERE OLIMPIADI RIO 2016

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PAESE

ORI

ARGENTI

BRONZI

TOTALE

1

 Stati Uniti d’America

11

11

10

32

2

 Rep. Popolare Cinese

10

5

8

23

3

 Giappone

6

1

11

18

4

 Australia

5

2

5

12

5

 Ungheria

5

1

1

7

6

 Federazione Russa

4

7

4

15

7

 Repubblica di Corea

4

2

3

9

8

 Italia

3

6

2

11

9

 Gran Bretagna

3

3

6

12

10

 Francia

2

3

1

6

11

 Kazakistan

2

2

3

7

12

 Thailandia

2

1

1

4

13

 Germania

1

2

1

4

14

 Svezia

1

2

0

3

15

 Paesi Bassi

1

1

2

4

16

 Belgio

1

1

1

3

17

 Brasile

1

1

0

2

 Colombia

1

1

0

2

 Slovenia

1

1

0

2

 Vietnam

1

1

0

2

21

 Cina Taipei

1

0

2

3

22

 Grecia

1

0

1

2

 Spagna

1

0

1

2

 Svizzera

1

0

1

2

25

 Argentina

1

0

0

1

 Kuwait – IOA

1

0

0

1

 Croazia

1

0

0

1

 Kosovo

1

0

0

1

29

 Rep. Pop. Dem. Corea

0

2

2

4

30

 Ucraina

0

2

1

3

31

 Indonesia

0

2

0

2

 Nuova Zelanda

0

2

0

2

 Rep. Sudafricana

0

2

0

2

34

 Canada

0

1

5

6

35

 Georgia

0

1

1

2

36

 Azerbaijan

0

1

0

1

 Danimarca

0

1

0

1

 Filippine

0

1

0

1

 Malaysia

0

1

0

1

 Mongolia

0

1

0

1

 Slovacchia

0

1

0

1

 Turchia

0

1

0

1

43

 Egitto

0

0

2

2

 Uzbekistan

0

0

2

2

45

 Emirati Arabi Uniti

0

0

1

1

 Israele

0

0

1

1

 Kirghizistan

0

0

1

1

 Polonia

0

0

1

1

 Portogallo

0

0

1

1

 Repubblica Ceca

0

0

1

1

 Tunisia

0

0

1

1

giulio.chinappi@oasport.it