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L’italia che trema: dal Belice all’Aquila, dall’Irpinia all’Emilia, dal Lazio all’Abruzzo

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Roma Dal Belice all’Aquila, dall’Irpinia all’Emilia, fino alla scossa di oggi sull’appennino tra Lazio e Abruzzo. E’ una lunga scia di eventi drammatici la storia dei terremoti in Italia, paese a elevato rischio sismico. Questi i principali terremoti che hanno colpito l’Italia negli ultimi 50 anni.

15 gennaio 1968 – Belice, Sicilia occidentale 6,1 Richter – Causo’ gravi danni in diversi paesi del trapanese e dell’agrigentino, tra cui ricordiamo Gibellina, Salaparuta, Poggioreale, Salemi, Partanna, Montevago, Santa Margherita di Belice e Menfi, molto colpite dal sisma, con numerosi crolli e danni gravi.

6 maggio 1976- Friuli, 6,4 Ritcher – Si registro’ una serie di scosse inoltrate fino al mese di settembre, con vastissimi danni in tutto il Friuli, terremoto avvertito in tutto il Centro-Nord Italia, Slovenia, Austria. Si tratta del terremoto piu’ forte del secolo per l’Italia Settentrionale.

15 aprile 1978 – Golfo di Patti (Provincia di Messina) 6,1 Richter – Si registro’ alle ore 23,33, provocando ingenti danni (crollano piu’ di 70 edifici[senza fonte]) e feriti a Patti e nei comuni limitrofi. Qualche crollo anche nei comuni della riviera ionica messinese. Molte persone colte da malore. Nessun morto

19 settembre 1979Valnerina, 5,9 Richter – Il sisma provoco’ gravi danni a Norcia, Cascia e le aree limitrofe danneggiando i monumenti e provocando alcuni morti e decine di feriti.

23 novembre 1980- Irpinia e Basilicata, 6,9 Richter – Dopo la Seconda guerra mondiale, il piu’ terribile terremoto in Italia, con una durata della scossa eccezionale: 90 secondi. Furono devastate diverse zone tra la Campania e la Basilicata, con danni ingentissimi, soprattutto nell’area dell’Irpinia. Vennero distrutti numerosi paesi. A Napoli, nel quartiere di Poggioreale, crolla un palazzo di diversi piani, provocando 52 morti. Danni ingenti nelle province di Avellino, Salerno, Benevento, Matera e Potenza. 8.000 i feriti e 250.000 senzatetto.

Il rumore del terremoto fu registrato durante una trasmissione radiofonica di radio Alfa di Avellino.  nella seguente registrazione si sentono  i boati del terremoto. Registrazione audio del terremoto mp3

13 dicembre 1990 – Sicilia sud-orientale 5,1 Richter – Gravi danni ad Augusta e Carlentini, molti danni nell’area del Val di Noto. Centinaia di feriti e 15.000 senzatetto.

26 settembre-ottobre 1997 Umbria e Marche: furono coinvolte le zone di Colfiorito, Verchiano, Foligno, Sellano, Nocera Umbra, Assisi, Serravalle di Chienti, Camerino. Distrutte numerose frazioni del comune di Foligno ed altri centri, gravi danni alle citta’, soprattutto alle bellezze artistiche. Ad Assisi crolla una vela della volta Basilica superiore di San Francesco. Lo sciame sismico inizio’ nella primavera’ del 1997. La terra tremo’ a lungo, per piu’ di un anno. I terremoti di magnitudo maggiore a 5 furono: il 26 settembre di 5.8 alle ore 2:33 dove due coniugi anziani morirono sotto le macerie della propria casa, la stessa mattina alle ore 11:42 ci fu una nuova scossa ancora piu’ forte di quella notturna (6,1 Richter) dove rimasero uccise altre 9 persone, di cui 4 tecnici che ispezionavano l’interno della Basilica di San Francesco, il 3 ottobre di magnitudo 5, il 7 ottobre di magnitudo 5.3, il 12 ottobre di magnitudo 5.1, il 14 ottobre di magnitudo 5.5, il 26 marzo 1998 di magnitudo 5.4. Si contarono 11 vittime, 100 feriti, 32.000 sfollati e oltre 80.000 case danneggiate. Colpita la zona del Pollino con epicentro localizzato fra i comuni di e Castelluccio Inferiore, Castelluccio Superiore e Lauria. Un morto a Maratea in cui un uomo fu travolto da una frana innescata dal sisma mentre si trovava all’interno della propria auto. Notevoli danni strutturali si sono verificati soprattutto a Castelluccio Superiore ed Inferiore.

6 aprile 2009 L’Aquila – Fu registrato in tutta la sua violenza alle 3,32 della domenica tra il 5 ed il 6 aprile. Le scosse, come quelle che seguirono nei giorni successivi vennero percepite in tutto il centro-Sud. Furono precedute da scosse di minore intensite anche in Friuli e nel forlinese. Gravissimi i danni a L’Aquila, con il centro storio distrutto completamente, con migliaia di case distrutte nel capoluogo e nei comuni limitrofi.

20 maggio 2015 – L’epicentro e’ a Finale Emilia (Modena) e’ stato avvertito in tutto il Centro-Nord. Colpisce in particolare la Pianura Padana e l’Emilia Romagna: e’ l’evento piu’ forte dall’inizio del nuovo secolo.

vivicentro.it/redazione Lazio/ AGI

Effetti delle politiche pubbliche sulla vita reale oltre il Pil

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Non basta il Pil per misurare gli effetti delle politiche pubbliche su povertà, diritti delle donne, salute, innovazione e occupazione. C’è da predisporre un adeguato sistema di valutazione che oggi non abbiamo. Gli strumenti legislativi per svilupparlo esistono, se c’è la volontà di investire nella ricerca.

Come fare i conti con il benessere equo e sostenibile* (Davide Ciferri e Enrico Giovannini)

L’introduzione di indicatori di benessere equo e sostenibile nella definizione delle linee programmatiche del governo segnala l’ambizione di considerare grandezze che vadano oltre il Pil anche nella fase di disegno delle politiche. Sfide metodologiche che necessitano di investimenti in ricerca.

Una svolta nella valutazione delle politiche per lo sviluppo sostenibile?

Nonostante le tante buone pratiche internazionali, l’Italia non si è ancora dotata di un robusto sistema di valutazione delle politiche pubbliche – prima e dopo la loro attuazione – soprattutto con riferimento a grandezze rilevanti per il benessere dei cittadini, quali ad esempio quelle relative agli aspetti sociali e ambientali. Raramente, le leggi che contengono “riforme di sistema” prevedono a priori la predisposizione di meccanismi trasparenti di valutazione, condizione questa essenziale per rendere a posteriori il processo pienamente efficace. Questo stato di cose sta, finalmente, per cambiare, grazie a due novità legislative di grande portata, almeno in teoria. La prima deriva dall’approvazione, a dicembre 2015, della legge 221 (cosiddetto “Collegato ambientale” predisposto dal governo Letta nella legge di stabilità per il 2014). La legge prevede la costituzione del “Comitato per il capitale naturale” con il compito di redigere annualmente, a febbraio, un rapporto sullo stato del capitale naturale del paese, con informazioni e dati ambientali espressi in unità fisiche e monetarie, da presentare al governo per fornire scenari rilevanti per la predisposizione dei documenti di programmazione economico-finanziaria. Il rapporto deve contenere valutazioni ex ante ed ex post degli effetti delle politiche pubbliche sul capitale naturale e sui servizi ecosistemici.  La stessa legge obbliga il governo all’elaborazione della Strategia italiana di sviluppo sostenibile, al fine di delineare gli interventi volti al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Onu 2030, sottoscritti dall’Italia, insieme ai governi di altri 193 paesi. Con l’approvazione dell’Agenda 2030, la comunità internazionale ha espresso, in maniera più evidente rispetto al passato, un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Il programma prevede l’impegno a raggiungere entro il 2030 diciassette obiettivi (Sdgs) – tra cui la lotta alla povertà, i diritti delle donne, la salute, l’innovazione e l’occupazione, l’eliminazione delle disuguaglianze, le tematiche ambientali – articolati in 169 target (per ulteriori informazioni consultare il sito Asvis). Lo stato di ciascun paese rispetto ai target verrà monitorato annualmente utilizzando circa 240 indicatori, alcuni dei quali ancora da sviluppare. Si tratta di una significativa “operazione trasparenza”, che estende a tutti i paesi, compresi quelli sviluppati, l’approccio adottato per quelli in via di sviluppo nell’ambito del programma Onu del 2000, orientato al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio. La seconda novità legislativa riguarda, nell’ambito della riforma della legge di bilancio (approvata in via definitiva dal Senato il 28 luglio), l’elaborazione di un allegato al Documento di economia e finanza dedicato agli indicatori di “Benessere equo e sostenibile” (Bes), sviluppati negli anni scorsi dall’Istat e dal Cnel. Nell’allegato dovranno essere riportati l’andamento degli indicatori nell’ultimo triennio e le previsioni di evoluzione nel periodo di riferimento “sulla base delle misure previste per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica e dei contenuti dello schema del Programma nazionale di riforma”. La legge dispone anche la predisposizione di una relazione da presentare al parlamento entro il 15 febbraio di ogni anno, nella quale sono valutati gli andamenti degli indicatori Bes alla luce degli effetti attesi della legge di bilancio.

Dalla teoria alla pratica: serve un investimento in ricerca non trascurabile

Com’è facile intuire, le modifiche approvate rappresentano un’evoluzione sostanziale nei documenti di programmazione economico-finanziaria e soprattutto determinano un cambio di passo nelle finalità di utilizzo degli indicatori di benessere, realizzando quanto originariamente indicato al momento dell’avvio del rapporto Bes. D’altra parte, come sottolineato nelle audizioni dell’Istat e dell’Upb, non è semplice utilizzare tali indicatori per definire le scelte politiche perché non sono disponibili con la stessa tempestività di quelli economico-finanziari e soprattutto mancano strumenti di previsione adeguati a valutare l’impatto delle politiche sulle dimensione del Bes. Per colmare le discrepanze sarebbe quindi necessario un significativo investimento in ricerca, sia statistica sia modellistica, parallelamente a un forte impegno istituzionale da parte dell’Istat, del ministero dell’Economia e degli altri dicasteri competenti. Le difficoltà metodologiche non possono rappresentare né un limite, anche in ragione delle competenze specifiche acquisite su queste tematiche dal nostro sistema statistico e di ricerca, né un pretesto per non dotare finalmente l’Italia di un sistema di valutazione delle politiche sulla sostenibilità socio-economico-ambientale e del benessere dei cittadini. Al contrario, l’attuazione dei dettati normativi citati porrebbe l’Italia nel gruppo dei paesi all’avanguardia in questo campo.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autore e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza.

DAVIDE CIFERRI  Economista presso l’Ufficio Studi di Cassa depositi e prestiti, insegna econometria alla John Cabot University e collabora con la Luiss e l’Università di Roma Tor Vergata. È membro del segretariato dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). È Affiliated Researcher presso il Centre for Empirical Finance della Brunel University di Londra. Ha prestato servizio nello staff del ministro Enrico Giovannini al ministero del Lavoro e delle politiche sociali (governo Letta). Dottore di ricerca in Economia Monetaria e Finanziaria all’Università di Roma Tor Vergata.

ENRICO GIOVANNINI  giovannini è stato ministro del Lavoro e delle Politiche sociali dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014. È stato Presidente dell’ISTAT dal 2009 al 2013. Dal gennaio 2001 è stato Chief statistician dell’OCSE e direttore della Direzione statistica, che si occupa dello sviluppo e coordinamento delle attività statistiche dell’Organizzazione. In questa posizione, è stato responsabile della vasta produzione statistica dell’OCSE e ha rappresentato l’Organizzazione in tutti i maggiori comitati statistici internazionali (ONU, Commissione Europea, etc.), contribuendo allo sviluppo della statistica a livello mondiale. Dal novembre 2002 è anche professore straordinario di statistica economica all’Universita’ di Roma “Tor Vergata”.

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Come fare i conti con il benessere equo e sostenibile* (Davide Ciferri e Enrico Giovannini)

Amatrice ed Accumoli distrutte, il precedente del 1639

Roma Non e’ la prima volta purtroppo che Amatrice ed Accumoli, inerpicate sull’appennino tra Lazio e Abruzzo e accomunate da una faglia ad altissima pericolosita’ sismica, vengono sconvolte da un violento terremoto. L’episodio piu’ grave avvenne il 7 ottobre del 1639, quando un sisma di magnitudo 6.2 distrusse entrambi gli abitati. Del drammatico evento ci rimane la viva descrizione contenuta nella “Nuoua, e vera relatione del terribile, e spauentoso terremoto successo nella citta della Matrice, e suo stato, con patimento ancora di Accumulo, e luoghi circonuicini, sotto li 7. del presente mese di Ottobre 1639. Con la morte compassioneuole di molte persone, la perdita di bestiami d’ogni sorte, e con tutto il danno seguito fino al corrente giorno”, di Carlo Tiberij Romano.

“Alcuni fuggono – riferiva il testimone oculare – altri si rifuggiano nella Chiesa di S.Domenico presso l’esercito del S.S. Rosario per invocare la protezione della Beta Vergine”. I Signori Alessandro Orsini e consorte, principi di Amatrice, furono costretti a lasciare il loro palazzo e fuggire nella loro villa di campagna della Santa Iusta. Il relatore stima i danni in 400.000 scudi dell’epoca. Molti furono i morti sepolti sotto le rovine, il relatore comunque ne cita ufficialmente 35.. La scossa piu’ forte duro’ un quarto d’ora. I danni per le varie frazioni sono elencati nel seguente modo: “Campo Tosto rovinato in parte, S.Martino tutto, Collalto mal tenuto, Pinaca parte, Filetta e Svevocaia tutte, L’abbazia di S. Lorenzo sotto il Vescovado di Ascoli quasi tutta (salvi tutti i frati sottolinea il relatore), Padarga in parte, Cantone Villa solo una casa in piedi, Corva distrutta, Forcella tutta, Capriccio buona parte, Leila poco”. Altri forti terremoti nella zona furono registrati nel 1646 e nel 1703, in concomitanza con il primo, grande terremoto dell’Aquila.

Per vivicentro.it, dal Lazio: Maria Dauria ed Emilio D’Averio – aggiornamento dal posto e da agenzie (agg. AGI)

Da Ventotene nuovo progetto europeo?

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Un progetto europeo che coniughi concretezza e sogno – evocato da Renzi a Ventotene – è arduo da realizzare. Prima o poi, infatti, riemergono gli interessi nazionali, cioè, per Italia e Francia, la richiesta di flessibilità di bilancio. Che potrebbe arrivare, ma solo con la prosecuzione delle riforme e con il rallentamento dell’economia.

Con i postumi della Brexit ancora da smaltire, il triumvirato europeo si è riunito a Ventotene per tracciare il futuro di un’Unione assediata dall’euroscetticismo. Ripartire da sicurezza comune ed economia. Spazio alla flessibilità, ma nel rispetto delle regole europee. I tre casi possibili.

L’Europa e l’Italia dopo Ventotene (Francesco Daveri)

L’Europa non finisce con la Brexit ma…

Ha detto bene il premier Matteo Renzi: l’Europa non finisce con la Brexit. Ma c’è poco da fare: il messaggio politico di continuità che i tre leader di Francia, Germania e Italia hanno provato ad offrire al vertice di Ventotene fatica a tradursi in un progetto europeo capace di mettere insieme – sempre per usare le espressioni del premier italiano – concretezza e sogno.
La Brexit – per così dire – libera l’Europa da un partner propenso a firmare trattati à la carte (come avvenne ad esempio con la clausola di opting out garantita al Regno Unito con la nascita dell’euro). Secondo alcuni, la Brexit potrà accrescere le probabilità dell’adozione di una politica di difesa comune. Dopotutto, nel 2003 il britannico Blair si schierò con Bush per la guerra in Iraq mentre tedeschi e francesi vi si opponevano (qualche americano più patriottico di altri allora pensò addirittura di punire il pacifismo francese mettendo al bando le patatine, le French fries). Ma una politica di difesa comune – di per sé oggi un obiettivo desiderabile ma lontano per i ventisette paesi rimanenti nella Ue – non basta. Il crescente consenso degli euroscettici impone alla Ue del futuro di imparare a rispondere in fretta e in modo tangibile a poche e chiare esigenze dei cittadini europei, la prima delle quali è oggi la sicurezza interna ed esterna di fronte al terrorismo. E per garantirla non servono i documenti ufficiali nel politichese di Bruxelles mentre diventa urgente predisporre strumenti comuni di intelligence, approntare una guardia costiera europea e – in prospettiva – un diritto di asilo che valga per tutti i membri dell’Unione. Per costruire, come ha detto Renzi, “una comunità europea della sicurezza”. Sicurezza che i singoli stati nazionali da soli non possono più garantire, neanche quelli che vogliono alzare muri e chiudersi come fortezze.

La flessibilità possibile senza scardinare le regole comuni

Fissati gli obiettivi comuni, gli interessi nazionali però resistono, in particolare quando si parla di economia. Sempre a Ventotene, mentre depositava un mazzo di fiori sulla tomba di Altiero Spinelli, il presidente francese Hollande ha avvertito che, contro l’euroscetticismo dilagante, Bruxelles deve tutelare le economie nazionali. Al che, la signora Merkel ha ricordato al presidente francese e soprattutto al premier italiano che il patto di stabilità contiene ampi margini di flessibilità. Come dire che l’applicazione di regole europee comuni non può essere minata dalla sistematica applicazione di eccezioni creative. E che quindi – come noto – la flessibilità, a differenza dei diamanti, non è per sempre. E così d’improvviso, intorno alla tomba di Spinelli, sono scomparsi i padri costituenti dell’Europa del futuro. Sono rimasti invece i leader politici dei due grandi paesi europei che nel secondo trimestre 2016 hanno fatto registrare una crescita zero con deficit e debiti pubblici non in linea con le regole europee. E che ora si trovano alle prese con la cancelliera di un paese che cresce da anni senza infrangere il dogma auto-imposto di un persistente equilibrio nei conti pubblici e che, a sua volta, non vuole barattare il rispetto delle regole comuni con accordi separati, sia pure con gli altri due paesi più importanti dell’Europa.
In definitiva, la flessibilità consentita dalle regole europee per l’Italia implica che l’obiettivo dell’1,8 per cento per il deficit 2017 (concordato con la Commissione europea nello scorso maggio) potrà subire uno sforamento – come già avvenuto con gli obiettivi fissati per il 2014 e il 2015 – in tre casi. Il primo è quello di cui hanno parlato a cena Renzi, Hollande e la signora Merkel: il possibile scorporo di voci di spesa e investimenti pubblici dal computo del deficit. Un’estensione del finora impalpabile piano Juncker a nuove aree di applicazione (all’Italia preme la cultura, alla Francia l’Erasmus esteso agli apprendisti; a tutti – pare – la digitalizzazione). La seconda ragione di flessibilità è quella che potrebbe derivare da un ulteriore peggioramento della congiuntura nella seconda metà dell’anno. Infine (certo non in ordine di importanza) come terza ragione ci sarebbe poi quella voce che non può mancare nel mantra della politica europea: la prosecuzione – qualsiasi sia l’esito del referendum costituzionale del prossimo autunno – nell’attuazione delle riforme. L’Italia di Renzi può schierare riforme fatte (quella costituzionale, il Jobs Act e la cosiddetta “Buona scuola”), da completare (quelle su pubblica amministrazione e sulla giustizia civile) e ancora da fare (quella sulla tassazione dei redditi familiari e sul riordino del sistema delle detrazioni e deduzioni). Tutti provvedimenti potenzialmente buoni per l’Europa e volti a modernizzare un’economia ingessata da troppo tempo. Quelli attuati hanno però finora fallito l’obiettivo ultimo: quello di ravvivare l’eternamente anemica crescita dell’economia italiana.

FRANCESCO DAVERIdaveriFrancesco Daveri è professore ordinario di Politica economica presso l’Università Cattolica (sede di Piacenza), dove insegna i corsi di Scenari Macroeconomici, International Finance, Economia Internazionale ed Economia Monetaria. La sua ricerca riguarda la relazione tra le riforme economiche, l’adozione delle nuove tecnologie e l’andamento della produttività aziendale e settoriale in Italia, Europa e Stati Uniti. Su questi temi ha svolto anche attività di consulenza per la Banca Mondiale, la Commissione Europea e il Ministero dell’Economia. Fa parte del Consiglio di reggenza della Banca d’Italia (sede di Bologna) e del Comitato di Sostenibilità di Eurizon Capital. Scrive articoli di com

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A Cressa gli ultimi ombrellai

A Cressa, paesino dell’Alto Novarese, sono ancora all’opera due veri mastri ombrellai. Nel loro laboratorio fanno tutto a mano, dall’assemblaggio iniziale alla rifinitura dei particolari. Per un ombrello semplice ci vuole circa un’ora di lavoro e il costo parte da 35 euro.

Il paese dove vivono gli ultimi mastri ombrellai BEATRICE ARCHESSO
Nel Novarese un laboratorio che fa ancora tutto a mano
CRESSA (NOVARA) – Mary Poppins qui avrebbe difficoltà a scegliere l’ombrello giusto: colorato di foulard o in pizzo, impreziosito con i manici più originali o coordinato col cappello. A Cressa, paesino dell’Alto Novarese, sono ancora all’opera due veri mastri ombrellai. Si tratta di un mestiere pressoché sparito, schiacciato dalla concorrenza a basso costo. Ma quelli che arrivano dall’estero sono ombrelli prodotti in serie, tutti uguali. A Cressa invece si lavora ancora a mano, dall’assemblaggio iniziale alla rifinitura dei particolari.

Il laboratorio è al piano terra di una villetta defilata in via dei Partigiani. Nessuna indicazione, l’atelier è d’altri tempi. Colette Della Vedova, 54 anni, l’«ombrellaia», realizza pezzi unici a mano e solo con stoffe italiane. L’aiuta Giovanni Girelli, 78 anni e uno spirito da ragazzino. Lui assembla il «ragno», la struttura interna (generalmente in ferro, ma può essere anche di legno) che lei riveste d’arte.

Giovanni e Colette si sono ritagliati mondi in stanze diverse. Lui opera tra manici di ogni tipo – rivestiti di pelle, sughero, plastica, stoffa, castagno, bambù e dalle forme più varie – e tra bulloni e «balene» (le bacchette che formano il ragno). Una volta montato lo scheletro – servono circa 15 minuti – si passa nella stanza di Colette, che immersa tra bobine d’ogni colore e macchine da cucire manipola le stoffe. Per un ombrello semplice ci vuole circa un’ora di lavoro e il costo parte da 35 euro, ma si arriva anche a cento con materiali pregiati ed elaborazioni artistiche. È tutto made in Italy, le stoffe arrivano dalla Tessitura di Borgomanero e dalla Mariani di Seregno.

Qui rivive l’atmosfera di «Les Parapluies de Cherbourg» con Catherine Deneuve. Gli ombrelli possono avere come aste anche bastoni da passeggio e quindi impugnature di ogni tipo: incurvate, a pomello, di ferro e via in infinite soluzioni. «Realizziamo il prodotto da zero – racconta Della Vedova -, dunque possiamo utilizzare qualsiasi tessuto, anche di abbigliamento. Ci sono modelli creati con foulard di un metro quadro, oppure facciamo stampare fantasie su stoffe neutre. C’è chi ci porta la sua stoffa e noi non diciamo di no, facciamo un ombrello su misura».

«Sono tutti figli unici di madre vedova – Girelli definisce con amore i suoi ombrelli -, pezzi introvabili. Ad esempio la differenza con i cinesi si nota sulla punta: i nostri sono rifiniti».

L’attività di ombrellai in via dei Partigiani è iniziata 32 anni fa e da Cressa sono passati anche marchi come Moschino e Paul&Shark. Il legame dell’Alto Piemonte con gli ombrelli è evidente soprattutto a Gignese, in provincia di Verbania: nel 1939 aprì il Museo del parasole, realtà quasi unica, col tempo ricompresa nell’Ecomuseo del Lago d’Orta e del Mottarone. Sono esposti oltre mille pezzi fra ombrelli, parasole e impugnature. All’interno si trova anche la storia degli ombrellai del Vergante e del Mottarone, artigiani itineranti dell’Ottocento dotati di un gergo segreto (il «Tarùsc») per trasmettere i trucchi del mestiere ad amici e parenti, senza essere compresi dai concorrenti. Insomma, una forma di dazio d’altri tempi.

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Erdogan cambia la guerra in Siria

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Una pattuglia dell’esercito turco lungo la zona di confine vicino a Jarabulus, cittadina di 20mila abitanti in territorio siriano e ultimo in mano all’Isis

Dalla corsa a Raqqa alla sfida per Jarabulus, una cittadina di ventimila abitanti alla frontiera tra Turchia e Siria. I turchi, infatti, vogliono cacciare l’Isis dal villaggio prima dell’arrivo dei guerriglieri curdi dello Ypg, appoggiati dagli americani. Lo scopo è impedire la riunificazione del territorio del Kurdistan.

Ribelli e artiglieria contro i curdi. Erdogan cambia la guerra in Siria GIORDANO STABILE*

I turchi vogliono cacciare l’Isis dal villaggio di Jarabulus prima dell’arrivo dei guerriglieri Ypg sostenuti dagli americani

Dalla corsa a Raqqa siamo passati, più modestamente, alla corsa verso Jarabulus. Questa volta fra turchi e curdi. Il posto di frontiera fra Turchia e Siria, una cittadina di ventimila abitanti prima della guerra, non è la roccaforte dell’Isis. Ma ha assunto un’importanza strategica. È l’ultimo in mano allo Stato islamico e ci resterà per poco. Lo vogliono i curdi della Syrian democratic forces, appoggiati dall’aviazione americana. È il naturale sviluppo della vittoria a Manbij, trenta chilometri più a Sud, per tagliare completamente le vie di rifornimento degli islamisti dalla Turchia alla Siria. Ma su Jarabulus puntano anche i ribelli sostenuti da Ankara. Sono oltre 1500 uomini della Divisione 13 del Free syrian army, che sono stati spostati dalla provincia siriana di Idlib al territorio turco, a ridosso del confine.

La Divisione 13 fa parte dei ribelli moderati ma ha una storia più controversa rispetto alle forze curde, che finora sono state la migliore e più affidabile fanteria della coalizione anti-Isis a guida Usa. Nella provincia di Idlib gli insorti hanno spesso combattuto a fianco di Al-Qaeda anche se in marzo hanno rotto i rapporti e si sono scontrati con gli islamisti. La Turchia ha però precisato che è disposta ad accogliere «ogni aiuto» per «liberare Jarabulus dall’Isis». Che tradotto significa: impedire che ci entrino i curdi. La corsa è cominciata subito dopo la liberazione di Manbij, dieci giorni fa. I curdi hanno formato un Consiglio militare di Jarabulus e si sono portati a solo 2 km a Est della città e a 15 km a Sud. L’arrivo dei ribelli della Divisione 13 ha innervosito i curdi.

Il consiglio militare di Jarabulus ha accusato la Turchia di «azioni aggressive», di voler usare nell’operazione «ribelli simili ad Al-Qaeda, gli stessi che festeggiavano la decapitazione di un bambino ad Aleppo». E Salih Muslim, co-presidente del Democratic Union Party (Pyd, braccio politico dei guerriglieri curdi dello Ypg) ha alluso a un possibile «accordo sotto banco» di Ankara con l’Isis per farsi cedere il controllo della città. Alle accuse dei curdi ha replicato il comandante della Divisione 13, Abu Hammoud: «Prenderemo Jarabulus e sventeremo il complotto dello Ypg per creare un Kurdistan siriano e dividere la Siria».

L’attacco turco a Jarabulus è imminente. L’artiglieria turca ha martellato ieri le postazioni dell’Isis ai margini della città. Gli islamisti hanno replicato con colpiti di mortaio contro la città turca dall’altra parte del confine, Karkamis. Ma i potenti cannoni da 155 mm, con trenta km di gittata, sono stati puntati anche più a Sud, sulle postazioni a Nord di Manbij, da dove i curdi stanno preparando l’assalto da Sud. «L’esercito turco ci sta bombardando» ha confermato Shervan Darvish, portavoce del Consiglio militare di Manbij.

Le vittorie dei curdi hanno coalizzato i loro nemici. Ankara e Damasco, complice anche il fallito golpe che ha riavvicinato Turchia e Russia, si parlano di nuovo. Secondo il quotidiano libanese «As-Safir», nella capitale siriana è giunto due giorni fa uno dei vice del capo dell’Intelligence turca, Hakan Fidan. Sul tavolo un possibile accordo sulla guerra civile e la questione curda. I guerriglieri dello Ypg sono diventati, nel Nord-Est del Paese, da alleati a nemici di Al Assad. La battaglia per il controllo di Hasakah, la più importante città curdo-siriana, ha subito ieri una pausa. I russi hanno mediato un cessate-il-fuoco. Il timore di Mosca è che i raid dell’aviazione siriana portino a uno scontro con i jet americani a sostegno dei curdi. Un incidente che farebbe saltare tutta la strategia russa in Siria.

* INVIATO A BEIRUT

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Regia Ue per il rimpatrio dei migranti

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Dopo il vertice di Ventotene, Roma, Parigi e Berlino lavorano a un piano per il rimpatrio dei migranti: si fa strada l’ipotesi di una cabina di regia europea. Ma resta ancora da sciogliere il nodo su chi deciderà e guiderà le operazioni.

Migranti, il piano: cabina di regia Ue per i rimpatri e accordi sul modello-Turchia FRANCESCO GRIGNETTI
Ipotesi Frontex per gestire il ritorno a casa di chi non ha diritto all’asilo. Ma resta il nodo su chi deciderà. E riparte la macchina della redistribuzione
ROMA – La partita politica e diplomatica è cominciata, ma è indubbio che il vertice di Ventotene potrebbe segnare un momento di svolta nelle politiche dell’immigrazione. Con Francia e Germania, l’Italia condivide l’opinione che l’Europa potrebbe e dovrebbe fare molto di più sul versante dei rimpatri. Il ritorno a casa di chi viene espulso perché non ha diritto all’asilo umanitario, ad esempio, e che a tutt’oggi una responsabilità delle singole nazioni, domani potrebbe essere affidato interamente all’agenzia europea Frontex. Renzi a cena ha introdotto il tema. Merkel e Hollande erano pure d’accordo ma non si è trovato affatto una linea comune per stabilire se sia il caso davvero di affidare i rimpatri a Frontex e, soprattutto, su chi debba comandare: la Commissione oppure il Consiglio, cioè gli Stati nazionali? Si parla in alternativa di una cabina di regia per organizzare e pagare i voli di rimpatrio verso i paesi africani.

I RIMPATRI EUROPEI  

Fonti dell’unione confermano che esiste già l’idea di una cabina di regia europea in cui avrebbero un ruolo forte i Paesi di destinazione più importanti sulla rotta Mediterranea e quelli con i legami più consolidati nei Paesi di origine vedi Italia, Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna, Olanda, Belgio. La Germania, e la cancelliera Merkel ha fatto cenno nella conferenza stampa sulla portaerei all’esperienza dei partenariati portati avanti dagli europei con questi paesi africani, ha chiesto di avere un ruolo di guida su Niger e Mali e la Commissione «non si è mai opposta – spiegano le stesse fonti – purché vi fosse un mandato negoziale condiviso». Il passaggio delle politiche sull’immigrazione da una dimensione nazionale a una comunitaria, a questo punto ha dunque l’appoggio esplicito della Germania. La prospettiva italo-tedesca è di estendere all’Africa il modello-Turchia, che ha accettato di ospitare i profughi siriani in cambio di molti soldi della Ue, ma anche di una certa percentuale di persone che l’Europa dovrà accogliere.

MODELLO TURCHIA

E magari qualcuno, sentendo parlare della Turchia di Erdogan, storcerà il naso. Però è quello il modello giusto, secondo la Merkel, che al riguardo è stata esplicita: «Da soli, senza la Turchia, non possiamo battere gli scafisti». Ovviamente, come con la Turchia, dovrebbe essere l’Europa a pagare le spese per chi in Africa accoglierà decine se non centinaia di migliaia di persone in fuga, ma così si potrà anche organizzare in loco lo screening tra chi è un migrante per ragioni economiche e chi è un profugo che fugge da guerre e persecuzioni. Non è un caso, dunque, se ieri, il giorno dopo Ventotene, la Commissione europea ha fatto sapere di avere accolto con favore l’iniziativa del vertice. I temi di cui il capo del governo italiano ha discusso con il presidente francese e la cancelliera tedesca «sono da tempo in cima all’agenda della Commissione – ha ricordato un portavoce dell’esecutivo comunitario -. Il presidente Juncker ha puntato molto sulla crescita. Sull’immigrazione, le quote non sono altro che il tentativo di tradurre in atto il principio di solidarietà».

AL VIA LA RIPARTIZIONE  

Immigrazione significa anche ricollocazione tra ai Ventisei degli immigrati giunti finora in Italia e Grecia. C’era un bel piano che prevedeva la redistribuzione di 160 mila profughi tra quelli che si trovano in Grecia e Italia. Dovevano partire in 6 mila al mese, ma è stato un clamoroso flop. È molto incoraggiante, allora, l’annuncio del ministro tedesco dell’Interno Thomas de Maiziere, che ha annunciato l’accoglimento di «alcune centinaia di profughi ogni mese dall’Italia». Un segno di buona volontà che serve a mettere in mora chi assolutamente rifiuta il principio delle quote e che fa sperare il nostro Angelino Alfano: «Se parte bene con la Germania – dice – noi riteniamo che finirà bene anche con gli altri Paesi Ue. Nel 2015 la Germania si è fatta carico di un milione di profughi. Quindi, se oltre a quelli già presi, la Germania si prende anche una parte dei nostri, vuol dire che anche gli altri Paesi europei lo potranno fare». I francesi sono a loro volta convinti che l’Europa debba andare al di là del Mediterraneo con seri progetti per lo sviluppo. «Desideriamo che nei confronti dell’Africa – ha detto il presidente Hollande nella conferenza stampa di lunedì – l’Ue sia più presente. I nostri Paesi devono dare l’esempio attraverso meccanismi di finanziamento, soprattutto nei confronti del Paesi del Sahel che sono maggiormente toccati dall’emigrazione».

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vivicentro/Regia Ue per il rimpatrio dei migranti
lastampa/Migranti, il piano: cabina di regia Ue per i rimpatri e accordi sul modello-Turchia FRANCESCO GRIGNETTI

Povera Italia: ancora immagini di devastazioni e morti

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Terremoto Amatrice , Rieti
Giuseppe Vollono
Giuseppe Vollono

Nella mia mente è ancora vivo il terremoto dell’80 con epicentro in Irpinia. Avevo quasi 10 anni e non potrò mai dimenticare l’odore che si liberò prima e durante il sisma. Quella sorte di “melodia” della morte che si era generata grazie alle onde sismiche. Poi le urla della gente, la devastazione della città, i feriti, gli sfollati, noi accampati in auto mentre le auto delle forze dell’ordine circolavano per la città per impedire atti di sciacallaggio. Da bambino ho vissuto la cosa un po’ come un gioco perché ci accampammo con l’auto nei pressi del palazzo di zio Ciccio e zia Ninuccia, il primo fratello di mio padre. Lì c’era uno spazio enorme di terra incolta e noi bambini prendemmo la legna per fare un falò mentre gli adulti salirono nei loro appartamenti per prendere carne o altro cibo da condividere con tutti. Ma al tempo stesso mi sentivo stranito. Ero in auto a dormire e non a casa mia. Poi si sentivano le sirene dei vigili del fuoco, delle ambulanze… altre scosse di assestamento. Terribile. A questi miei connazionali sfortunati posso solo dire di essere loro vicino con la mente e con il cuore.

Giuseppe Vollono

Domani Rog a Castel Volturno per le visite mediche

In arrivo il nuovo centrocampista

C’è aria di rivoluzione a Napoli, a centrocampo sono pronti due colpo: il primo è Amadou Diawara che arriverà dal Bologna, e ha già svolto le visite mediche nella clinica Pineta Grande di Castel Volturno e domani mattina è atteso, come riporta La Repubblica, anche il croato della Dinamo Zagabria Marko Rog: “con i due nuovi centrocampisti, se non subentreranno contrattempi in extremis, la linea mediana del Napoli sarà finalmente al completo: attrezzata molto bene per competere sul doppio fronte del campionato e della Champions”.

Addio Gabbiadini, Sarri è tra i più dispiaciuti

La partenza di Gabbiadini è molto probabile

Con la partenza possibile di Manolo Gabbiadini, il Napoli perderà un attaccante talentuoso che non si è integrato negli schemi tattici di Sarri. La Repubblica rierisce che è tra i più dispiaciuti perchè “s’è sforzato in ogni maniera per rendere compatibile l’attaccante lombardo con il 4-3-3, l’abito tattico che indossano gli azzurri“. Ma dopo Pescara-Napoli, in cui Gabbiadini non ha certo brillato nella sua prova offerta in campo, Sarri e De Laurentiis “si sono però dovuti arrendere a una amara verità: constatando l’inutilità dei tentativi fatti durante gli ultimi due mesi”.

L’Italia è nella morsa degli incendi: Roma, San Remo, Napoli

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L’Italia è nella morsa degli incendi. A Roma nelle ultime 48 ore ne sono stati segnalati almeno 30. Evacuati un convento, una struttura per anziani e diverse abitazioni. A Sanremo gli incendi devastano la collina: persone intossicate e allarme per dei dispersi, che si trovavano all’interno di un’auto avvolta dalle fiamme. Fiamme anche a Napoli.

Fiamme e paura, Roma brucia. Evacuati ospizi, conventi e case ANTONIO PITONI

In serata il forte vento spinge il fuoco fino al Lungotevere. Non esclusa l’origine dolo

ROMA – Non sarà il grande incendio di Roma appiccato dalla folle mano di Nerone. Né la minacciosa, ma innocua, metafora di Cecco Angiolieri: «S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo». Sta di fatto, però, che la Capitale è tornata a bruciare. Con una serie impressionante di roghi che hanno costretto Vigili del fuoco, Protezione civile e Corpo forestale agli straordinari. Solo nelle ultime 48 ore, del resto, l’escalation è stata da allarme rosso.
Colonna di fumo su Monte Mario: incendio di origine dolosa a Roma

Tutto è iniziato lunedì pomeriggio, quando le fiamme sono divampate tra le sterpaglie della Muratella, alla Magliana. Bilancio: una cinquantina di vetture ridotte a carcasse all’interno di un autodemolitore e la linea ferroviaria che collega Roma a Fiumicino bloccata. Un’emergenza che ha richiesto l’intervento di dieci squadre, otto automezzi e un elicottero dei Vigili del fuoco, cui si sono aggiunti anche quelli della Protezione civile e della Forestale del Lazio. Solo alle prime luci dell’alba, dopo che le fiamme avevano lambito il vicino canile comunale minacciando anche strutture sanitarie ed esercizi commerciali della zona, l’emergenza è rientrata. Preambolo della lunga serie di 14 allarmi registrati tutti nella giornata di ieri. «La peggiore dell’anno a causa del forte vento che trasforma spesso piccoli focolai in grandi incendi», spiega il vice questore aggiunto Marco Mei del comando regionale del Corpo forestale del Lazio. Che si è protratta fino a notte inoltrata, quando l’ultimo incendio sul Lungotevere di Pietro Papa, in zona Ostiense-San Paolo, è divampato su una delle sponde del fiume. Da Civitavecchia a Ladispoli, da Nettuno a Castel Fusano. Dalla Salaria ad Ostia Antica. Da Monte Mario al parco del Pineto, nel cuore di Roma. Dove il rogo, divampato dalla solita sterpaglia, ha reso necessario l’evacuazione precauzionale di una struttura per anziani, di un istituto religioso con 64 suore e di alcune abitazioni private. Le fiamme si sono propagate, in giornata, fino in prossimità del Policlinico Gemelli e della sede dell’Aise, i servizi segreti esteri, di Forte Braschi. Una situazione che ha richiesto l’impiego di due Canadair, un Ch47 dell’Esercito, 3 elicotteri della Regione Lazio, dei Vigili del fuoco e della Forestale.

Emergenza incendio anche tra i boschi del Monte Gennaro, nella provincia capitolina. Mentre per un altro allarme scattato in prossimità dei binari sulla linea Roma-Grosseto, il traffico ferroviario tra Maccarese-Fregene e Ladispoli-Cerveteri è stato temporaneamente sospeso. Così come, ulteriori difficoltà alla circolazione stradale si sono riscontrate sulla Roma-Fiumicino, all’altezza dell’innesto con il Grande raccordo anulare, a causa di un incendio domato senza grosse difficoltà. Altro incendio «importante» ha colpito la zona del Corviale, in via del Ponte Pisano. Insomma, giorni difficili di un annus horribilis che stanno stringendo la capitale nella morsa delle fiamme. «Dall’inizio dell’anno, in tutto il Lazio, gli incendi sono stati quasi 300 e hanno interessato circa mille ettari di boschi – prosegue Mei -. Nella provincia di Roma, invece, se ne sono sviluppati circa 70, che hanno interessato un’area complessiva di 300 ettari dei quali circa 50 di superficie boschiva». Numeri che danno la misura dell’allerta. «La differenza rispetto agli ultimi due-tre anni è che nel 2016 il fenomeno si è manifestato con maggiore recrudescenza in tutta la provincia di Roma», sottolinea il vice questore aggiunto della Forestale. I roghi degli ultimi giorni hanno interessato soprattutto aree cosiddette di interfaccia, ossia ai limiti delle fasce urbane, e di sterpaglia. In questi casi, se necessario, i mezzi aerei, dai Canadair agli elicotteri della Forestale e della Protezione civile, intervengono sotto il coordinamento dei Vigili del fuoco. «Aree boschive a parte il nostro intervento è richiesto soprattutto quando, negli incendi di interfaccia, ci sono situazioni di particolare pericolo – sottolinea Mei -. Come ad esempio in presenza di rifiuti abbandonati o, come accaduto alla Muratella, quando le fiamme minacciano strutture particolari: nel caso della Magliana un canile». E le cause? «I nostri nuclei investigativi sono al lavoro e le indagini sono in corso – conclude il dirigente della Forestale -. Non si può ancora dire se gli incendi delle ultime ore siano dolosi, ma molto spesso sono determinati dall’incuria dell’uomo».

Notte di paura anche a Sanremo, gli incendi devastano la collina

Incendio colline San RemoSanremo assediata dal fuoco. Fiamme alte decine di metri. Famiglie evacuate, persone intossicate. Allarme per dei dispersi, pare all’interno di un’auto inghiottita da un denso fumo nero. Sono ore di angoscia quelle che vive da ieri sera la città del Festival. L’incendio si è sviluppato sulle alture poco dopo le 21,30, tra le zone residenziali e la macchia mediterranea (pini marittimi, lecci, conifere). In una manciata di minuti il rogo ha interessato un’ampia area, un fronte lungo oltre un chilometro, favorito dalla vegetazione secca per il caldo e da un vento proveniente dal mare.

L’emergenza ha visto la mobilitazione di tutte le squadre dei Vigili del fuoco della provincia di Imperia, del Corpo Forestale dello Stato e di decine e decine di volontari della Protezione civili provenienti da tutti i centri del Ponente Ligure. Impossibile, a causa del buio, utilizzare Canadair ed elicotteri (che potranno essere mobilitati solo alle prime luci dell’alba di oggi). I carabinieri intorno alle 22 erano alla ricerca di un’auto che secondo alcuni testimoni potrebbe essere rimasta bloccata dall’incendio, lungo la vecchia strada militare che collega le frazioni Coldirodi e San Romolo. Un barriera di sicurezza è stata estesa dalle forze dell’ordine per impedire incidenti e per tenere anche alla larga gli sciacalli che potrebbero depredare le abitazioni evacuate. Il Comune si è allertato per ospitare in centri di accoglienza gli sfollati: una casa di riposo e se vi fosse necessità in qualche camera d’albergo ancora disponibile nonostante il periodo estivo. La Forestale, anche a fronte della presenza di alcune piste tagliafuoco nella zona, ha attivato la strategia del «controfuoco» per circondare le aree dove il rogo si è rivelato più violento e, soprattutto, veloce.

L’orario in cui è divampato l’incendio fa sospettare gli investigatori che dietro al rogo possa esserci la mano di un piromane.

Roghi nel napoletano, due intossicati

Tra zone colpite collina Camaldoli e Frattamaggiore

Roghi in bosco a NapoliNAPOLI – Incendi in diversi e numerosi punti di Napoli e provincia. Il fronti che sta maggiormente impegnando i vigili del fuoco è in una zona tra i comuni di Frattamaggiore e Casoria, in località Volta Carrozza. Le fiamme hanno lambito alcune abitazioni e due persone sono rimaste intossicate e trasferite all’ospedale San Giovanni di Dio. Accertamenti sono in corso per stabilire se la natura dell’incendio possa essere doloso.

    Interventi dei Vigili del fuoco anche sulla collina dei Camaldoli, a Napoli, e ad Ercolano e nella zona del Vesuvio, in particolare Boscoreale e Boscotrecase. Ed è anche la provincia di Salerno ad essere colpita: in particolare in Costiera amalfitana.

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Zaza-Napoli, nelle prossime 48 ore si può chiudere

Il Napoli è ancora a caccia di un attaccante

Simone Zaza è ai saluti con la Juventus e Tuttosport scrive: “Nelle prossime 48 ore potrebbe chiudersi uno dei più avvincenti tormentoni dell’estate. Cristiano Giuntoli ha raggiunto a Torino Simone e il suo entourage, il braccio operativo di Aurelio De Laurentiis ha proposto all’attaccante un’offerta molto più che intrigante”. Lo stesso Sarri stima molto l’attaccante juventino e “lo ha indicato alla dirigenza come rinforzo in caso di addio di Manolo Gabbiadini” con quest’ultimo che finirebbe all’Everton in Premier League.

Dall’Inghilterra ne sono sicuri, “È già del Napoli…”

Queste le voci che arrivano dall’Inghilterra sul difensore

Eliaquim Mangala è sempre più vicino, accelerazione dell’affare nelle ultime ore. da semplice idea di mercato a possibile nuovo innesto. Lo danno già per fatto i colleghi inglesi del The Times, per i quali il Napoli avrebbe già un accordo con il Manchester City per il prestito del giocatore.

di Andrea Bosco

Szczesny: la responsabilità è di noi che siamo in campo. Sono deluso (VIDEO)

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Szczesny nel post partita: Sono deluso, non si può giocare così. La responsabilità è nostra

Roma- Abbiamo ascoltato Szczesny in mixed zone al termine di Roma Porto, la gara di ritorno di playoff di Champion League dove la Roma, perdendo per 3 a 0, termina la sua avventura in Champion.

Ecco le sue dichiarazioni.

“Pensavo che fossimo pronti per una partita così importante… sono deluso, non si può giocare una partita così importante con 2 espulsioni”.

 Alla domanda “Di chi è la responsabilità di questa pesante sconfitta?”, il portiere giallorosso risponde: “La responsabilità per me è dei giocatori, noi che siamo in campo siamo uomini e dobbiamo essere in grado di prenderci tutta la responsabilità di quanto è accaduto (…) Essendo dei professionisti dobbiamo essere bravi a mantenere alta la testa, a gestire le delusioni ed essere bravi ad andare avanti. Dobbiamo rialzarci e guardare avanti ricordandoci che non è niente perso: abbiamo ancora tutta una stagione, dobbiamo continuare a lavorare”.

Maria D’Auria

Terremoto: colpita Amatrice, feriti e crolli, strade di accesso bloccate. L’appello del Sindaco

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Terremoto: colpito il comune di Amatrice. L’appello del Sindaco: “Ci sono persone sotto le macerie, aiutateci”

Tra i Comuni più colpiti dalla scossa di terremoto avvenuta stanotte intorno alle 3.35, c’è Amatrice, il Comune laziale di circa 2.600 abitanti in provincia di Rieti.

L’appello in diretta su Rainews 24 del Sindaco di Amatrice: Abbiamo bisogno di liberare le vie d’accesso per arrivare al paese, sono tutte bloccate dai crolli causati dal terremoto. Ci sono persone sotto le macerie, siamo senza luce, abbiamo bisogno di aiuto. Tutte le persone riversatesi in strada le ho fatte accampare presso l’impianto sportivo per ragioni di sicurezza, aiutateci a liberare le vie di accesso per poter intervenire!” .

Sono in arrivo i mezzi speciali e i mezzi di soccorso per Amatrice mentre l’Ansa diffonde la notizia di 2 vittime ad Arquata del Tronto, un altro Comune fortemente colpito dal sisma.

Dopo un’ora esatta dal primo sisma, alle 4.30, è stata registrata una seconda scossa di terremoto di magnitud0 5.4. Le scosse sono state sentite nel Lazio, in Abruzzo e in Molise data l’intensità piuttosto imponente della scossa sismica.

Maria D’Auria

Terremoto intorno alle 3.35, epicentro in provincia di Rieti, avvertito anche nella Capitale

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Terremoto con epicentro in provincia di Rieti, sui Monti reatini, scosse avvertite anche nella Capitale

Roma- Intorno alle 3.35 di questa notte è stata avvertita una lunga scossa di terremoto di magnitudo 6.0 con epicentro in provincia di Rieti. Molte famiglie sono state svegliate dal movimento ondulatorio di pavimenti e pareti. Gli abitanti di Norcia, la zona maggiormente interessata dalla scossa, si sono riversati nelle strade. Si parla di piccoli crolli ma  non si conoscono ancora i danni effettivi.

Allertata la Protezione Civile, in questi minuti si è riunito il Comitato Operativo per coordinare gli interventi, mentre alcune scosse di assestamento sono state avvertite anche nella Capitale dove molte famiglie si sono svegliate nel cuore della notte spaventate dal tremolìo degli appartamenti che ricordavano il terremoto dell’Aquila. Intanto è subito partito il tam-tam sui social.

Maria D’Auria

Barano, Savio: ” Ci attende un anno impegnativo “

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Savio Barano

Trenta gol nello scorso campionato. E la voglia di stupire ancora non l’ha abbandonato affatto nel corso dei mesi estivi. Pasquale Savio, attaccante del Barano Calcio, non firmerebbe affatto per “fermarsi” a quota 15 centri nella stagione 2016 – 17. “Nel calcio – afferma Savio – mai mettere firme, anche perché non sai mai cosa ti ritrovi davanti la domenica successiva. Senza alcun dubbio garantisco il mio impegno: il resto viene tutto da se”. Voglia di fare bene e di condurre il Barano a prestigiosi traguardi, senza però dimenticare le difficoltà del nuovo campionato: “Sicuramente affronteremo una categoria diversa. Le difficoltà e le problematiche saranno maggiori, senza alcun dubbio ci attende un anno più duro rispetto alla scorsa annata. Le differenze tra Promozione ed Eccellenza? E’ un discorso di qualità. Troveremo avversari molto più attrezzati, anche sul piano fisico. E sarà necessario un impegno maggiore”.  A guidare per mano il Barano nel campionato di Eccellenza ci sarà Pasquale Savio. L’attaccante bianconero in carriera ha ricoperto, con ottimi risultati, un gran numero di ruoli. Ed adesso, sembra aver trovato la sua collocazione in campo al centro dell’attacco, ruolo che lo ha visto timbrare per ben 30 volte il tabellino dei marcatori nello scorso campionato: “Fino a quando – conclude Savio – appenderò gli scarpini al chiodo giocherò nella posizione di prima punta. Poi, ovviamente, se il mister mi chiederà in una partita di giocare esterno o sostituire il centrocampista o il difensore, sarò a sua disposizione. Però ripeto: fino al termine della mia carriera giocherò nel ruolo di prima punta”.

ESCLUSIVA – Juve Stabia, il giovane Donnarumma vicino alla cessione: gli ultimi sviluppi

Questo quanto raccolto dalla redazione di Vivicentro.it

Prima l’esperienza al Napoli, poi il ritorno alla Juve Stabia insieme a Procida e Luise, finito quest’ultimo al Torino, Gennaro Donnarumma, difensore centrale classe 1998, è vicino alla cessione, ma ricostruiamo i fatti. Secondo quanto raccolto in esclusiva dalla redazione di ViViCentro.it da fonti vicine al calciatore, Donnarumma poteva essere aggregato alla prima squadra di Gaetano Fontana, ma per motivi extra calcistici si è preferito non confermare questa scelta. Il ragazzo, poi, è stato convocato per preparazione della Berretti di Domenico Panico, ma non si è presentato il giorno del raduno e per questo è finito fuori rosa: una scelta, la sua, da condannare nel rispetto dell’intero settore giovanile e dei suoi compagni. La cessione è ormai imminente e il difensore centrale dovrebbe finire con la Casertana, prima squadra, in Lega Pro: giovedì il giorno buono per la fumata bianca.

a cura di Ciro Novellino

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Dal 15 settembre Bonus Cultura di 500 euro per i 18enni

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Acquistare libri, ingressi ai musei, alle fiere ed ai concerti, anche online Si potrà fare dal prossimo 15 settembre, data in cui prende il via il “bonus cultura” per i ragazzi che nel 2016 sono diventati o diventeranno maggiorenni, utilizzabile attraverso l’applicazione “18app”.

A chi spetta e come funziona

La misura prevista nella legge di stabilità, ha subito diverse modifiche, visto che inizialmente si era pensato di destinare questo “borsellino elettronico” solo agli italiani, mentre, successivamente il voucher è stato esteso agli stranieri residenti in Italia.

Beneficiari saranno, quindi, circa 574.600 giovani, italiani e stranieri residenti in Italia con regolare permesso di soggiorno.

Circa 290 milioni di euro, invece, l’ammontare delle risorse che potranno essere usate per l’acquisto in campo culturale di testi (non solo scolastici), ingressi a musei, aree archeologiche, cinema, teatri, mostre, concerti, fiere, parchi naturali ed eventi.

Farlo sarà possibile grazie ad una applicazione per cellulari “18app” che consente sia lo shopping tradizionale sia quello online. Dal punto di vista tecnico l’app è stata realizzata e gestita dalla Sogei, mentre l’Agid (l’Agenzia per l’Italia digitale) ha impostato il progetto e seguito l’architettura dell’applicazione che rientra nei piani digitali dell’esecutivo.

Per accedere al bonus, l‘interessato deve registrarsi in uno dei cinque identity provider (Poste, Aruba, Tim, Infocert e Sielte) per ottenere lo “spid”(il sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale) e le credenziali d’accesso ai servizi online della pubblica amministrazione e a molti servizi privati.

Scaricata l’apposita app sul proprio smartphone, tablet (sia Apple che Android) o computer, dopo aver effettuato il login con lo spid fornito, si accrediterà inserendo i dati personali, residenza, cellulare e e-mail e riceverà automaticamente un tesoretto da 500 euro, da utilizzare entro il 31 dicembre 2017 presso tutti gli esercenti accreditati presenti sul sito.

Sulla piattaforma digitale esiste anche un elenco di tutti gli esercizi commerciali, negozi, biblioteche, cinema, teatri tramite i quali i giovani potranno scegliere cosa acquistare.

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vivicentro/Dal 15 settembre Bonus Cultura di 500 euro per i 18enni: a chi spetta e come funziona
StudioCataldi/Bonus cultura: Dal 15 settembre arrivano i 500 euro per i 18enni (Gabriella Lax)

ROMA-PORTO 0-3 (Felipe 9′, Layùn 73′, Corona 75′). I giallorossi affondano

90′ Non c’è tempo per il recupero. La gara si chiude qui, con una pesante sconfitta per Spalletti che, ci auguriamo, non abbia condizionamenti sulle prossime gare di campionato.

82′ Ultima sostituzione per Spalletti, entra Gerson al posto di Perotti nella Roma

81′ Nainggolan ci prova con una sassata da lontano e sfiora l’incrocio dei pali

75′ 3-0 Porto. I lusitani ormai giocano sul velluto, l’autore della marcatura questa volta è Corona. Lo stadio si ammutolisce.

73′ Raddoppio Porto! Layùn segna il 2-0 su errore di Szczesny che si fa sorprendere fuori dai pali sulla ripartenza dei portoghesi

70′ Punizione per la Roma, la palla rimbalza su Nainggolan che però non prende bene le misure e la manda al lato del primo palo, dove non c’pnessuno e la palla si perde sul fondo

66′ Iturbe conquista una punizione sulla trequarti avversaria, Nainggolan sfiora il gol di testa ma la palla va fuori di poco

65′ Eace andrè Silva (ammonito durante la sostituzione ed entra Adrian Lopez

60′ Dzeko lascia il campo. Al suo posto entra Iturbe

59′ Perotti va vicino al pareggio su cross di Peres

58′ Ammonizione per Oliveira, subentrato ad inizio ripresa ad Otàvio

55′ Otàvio sfiora il gol tirando a botta sicura

50′ Altro cartellino rosso inspiegabile contro la Roma. Palmieri viene mandato sotto la doccia per un intervento sulla caviglia di un avversario

48′ Termina il primo parziale di gioco con il risultato di 0-1

47′ Herrera sfiora il gol del 2-0. Tira a botta sicura dal limite dell’area e la palla sfiora il secondo palo e si perde sul fondo

47′ Dzeko su una buonissima palla aerea crossata da Nainggolan arriva in netto ritardo di testa, mangiandosi un altro gol

46′ Esce Maxi Pereira ed entra Layùn tra le fila portoghesi

45′ Intervento duro su Strootman, punizione per la Roma a centrocampo

42′ Emerson si impadronisce subito della fascia mancina, scende e tenta il tiro che va di poco fuori

40′ Spalletti corre ai ripari: Paredes lascia il posto ad Emerson e Jesus scala tra i centrali di difesa

39′ La Roma resta in 10 uomini. De Rossi interviene duro su un avversario e Marciniak estrae ingiustificatamente il rosso diretto.

36′ Miracolo di Casillas su Salah. Dzeko davanti alla porta dà la sponda per l’egiziano che colpisce al volo ma trova l’opposizione dell’estremo difensore ex Real, davvero monumentale in questa circostanza

34′ André Silva deve essere medicato, il gioco si interrompe per permetterne le cure

33′ Calcio d’angolo per la Roma

30′ Ammonito Otàvio per intervento falloso su Perotti

29′ La Roma non si perde d’animo e continua a spingere con il gladiatore Nainggolan che distribuisce una quantità impressionante di palloni in attacco ma la Roma non riesce a segnare

27′ Sgambata di Salah che da centrocampo serve Dzeko alla perfezione. Il bosniaco, però, tira indietro la gamba per evitare il tacle del difensore avversario e sciupa una buonissima occasione

24′ Il Porto ottiene punizione da posizione interessante. Sulla palla va Telles ma Szczesny si fa trovare pronto

22′ Salah ottiene calcio d’angolo dopo una buona manovra corale. Batte Paredes ma è un nulla di fatto per gli uomini di Spalletti

19′ Dzeko subisce fallo da Marcano, è punizione per i giallorossi. Batte Nainggolan, il pallone si infrange sulla barriera ed è angolo.

16′ Salah quasi davanti alla porta si fa anticipare da Casillas su un passaggio filtrante. L’estremo difensore interviene con i piedi al di fuori dell’area di rigore.

14′ Nainggolan da buona posizione recepisce di testa e indirizza verso la rete, la palla sorvola di poco la traversa

13′ Nainggolan viene atterrato da Herrera. Ammonizione per il giocatore del Porto e punizione per la Roma

12′ Nainggolan si improvvisa terzino e si inventa un passsaggio filtrante per Dzeko che però arriva in ritardo

10′ Reazione immadiata della Roma ma Dzeko spreca in area un buon pallone

9′ Felipe gela l’Olimpico. Dopo il gol del match di andata, il giocatore del Porto trocva di nuovo la rete. Su punizione per il club lusitano, Felipe si alza e colpisce di testa scavalcando Szczesny. È gol! 1-0 per il Porto.

6′ fase di confusione a centrocampo, la Roma perde facilmente il pallone. Fllo di Peres su Otàvio

4′ Juan sbaglia un passaggio a centrocampo ed un avversario si impossessa del pallone in zona di pericolo. Rimedia Manolas con un retropassaggio in scivolata per Szczesny

1′ Nainggolan tenta la botta dalla trequarti ma trova la respinta di Casillas ed è calcio d’angolo

Roma-Porto – La Roma ed il Porto hanno twittato le formazioni ufficiali per la gara di stasera tramite i propri account ufficiali sul popolare social network:

ROMA:
Szczesny; JuanJesus, De Rossi, Manolas, Bruno Peres; Paredes, Strootman; Perotti, Nainggolan, Salah; Dzeko
All. Luciano Spalletti

Porto:
Casillas; Telles, Marcano, Felipe, Maxi Pereira; Danilo, Herrera; Corona, Otàvio, André André; André SilvaAll. Nuno Espìrito Santo

Arbitro: Marciniak

                                                            Claudia Demenica