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Mainolfi: “Il Sannio è una terra fertile, orgoglioso di aver portato tanti sanniti a Castellammare”

Le sue parole

Il responsabile del settore giovanile della Juve Stabia, Saby Mainolfi è stato raggiunto da il Sannio Quotidiano per parlare del momento del settore stabiese e dei talenti scoperti: 8, infatti, sono i talenti sanniti scoperti e approdati a Castellammare di Stabia. Sono Selvaggio, Fusco, Guerra, Masotta, Pascale, Stallone, Follo e Matarazzo. Altri nove, invece, sono nell’attività di base, compresi due tecnici: Cocchiarella (2005) e Lorenzo Volpe (2006), passando ai dirigenti che oltre al responsabile, si ricordano nelle figure di Mario Zullo e Dario De Vincentis. E’ proprio Mainolfi a dichiarare: “Sono orgoglioso di aver portato a Castellammare una forte presenza sannita. Abbiamo ragazzi interessanti, tecnici e dirigenti capaci che lo stanno dimostrando in questa prima parte di stagione abbinando alla loro grande voglia di sacrificio, anche i risultati. Il Sannio è una terra fertile, ma purtroppo, spesso trascurata e dove regna forte il detto ‘non si è mai profeti in patria’. Sono partito da osservatore e oggi ricopro il ruolo di responsabile, ciò fa capire che nella società regna la meritocrazia. In questa mia esperienza, sto apprendendo molto dal direttore Alberico Turi. Abbiamo, grazie al presidente Andrea De Lucia, la giusta filosofia sportiva, risorsa fondamentale e organizzazione aziendale, che ci permettono di competere con grandi club. Siamo insieme al Napoli, l’unica società professionistica campana a partecipare a tutti i campionati nazionali e regionali: dai Pulcini ai Berretti sono tutti scelti secondo criteri di meritocrazia e forniti di tutto l’occorrente senza oneri per le famiglie. Grazie al continuo monitoraggio, siamo riusciti ad acquistare Dan Berci nazionale rumena classe 1999, proveniente dal Cluji”.

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PILLOLE DI STORIA: IL PATTO D’ACCIAIO (1939) – A TRADIRE FURONO I TEDESCHI!

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Proseguendo nei miei innesti culturali sul filo dei ricordi e della Storia per la rubrica ”PILLOLE DI STORIA”, inserisco oggi questo contributo che ho titolatoIL PATTO D’ACCIAIO (1939) – A TRADIRE FURONO I TEDESCHI!

L’atteggiamento scorretto e diffidente tedesco, specie dopo il crollo del Fascismo, determina lo sganciamento italiano da un’alleanza già troppe volte violata dall’arroganza nazista.

Pacta sunt servanda (gli accordi vanno rispettati): è un principio morale, non solo giuridico. Cardine del diritto internazionale, risale al diritto romano: obbliga gli Stati che firmano un accordo a rispettarlo.

L’osservanza del principio presuppone, ovviamente, una pari dignità e, soprattutto, lealtà reciproca. È, inoltre, fondamentale, che ogni variazione dello status quo debba essere non notificato a cose fatte (perché a ciò possono benissimo provvedere le agenzie di stampa) ma preventivamente rappresentata all’alleato per le eventuali valutazioni alla luce delle mutate condizioni politico-militari. Vale quindi la regola del rebus sic stantibus, cioè la cristallizzazione della situazione all’atto della firma.

Sono i principi che l’arroganza nazista stravolge sistematicamente prima negli accordi di natura politica e poi in quello più importante di natura militare, pur di affermare la sua politica aggressiva ed espansionistica.

Il comportamento e l’atteggiamento tedesco, nell’alleanza con l’Italia, sarà sempre caratterizzato da una riserva mentale evidentemente determinata da un complesso di superiorità che trova in Mussolini uno sconsiderato stato di soggezione che lo induce ad accettare ogni iniziativa anche compromettendo gli stessi interessi nazionali. Prova ne sia l’acquiescenza dimostrata con l’Anschluss (annessione dell’Austria da parte della Germania) nel marzo del 1938: l’Italia si troverà alla frontiera del Brennero anziché uno Stato cuscinetto come l’Austria depotenziata dal Trattato di Versailles, la più forte e temibile Germania. Nella circostanza Mussolini viene meno anche all’impegno preso con i c.d. Protocolli di Roma del marzo 1934 fra Italia, Austria e Ungheria con i quali l’Italia si assume l’onere di garantire l’indipendenza austriaca proprio dalle mire pangermaniche della politica nazista.

Quanto sopra è la necessaria premessa per esaminare, serenamente, quanto avviene fra Italia fascista e Terzo Reich nazista negli anni di alleanza.

La direttrice espansionistica del Terzo Reich è verso l’Europa Orientale perciò, strategicamente, ha bisogno di una copertura a sud. Si rivela quindi indispensabile l’ alleanza con l’Italia, favorita dal fatto che nel fascismo trova un’analoga volontà di infrangere l’ordine stabilito, a conclusione della prima guerra mondiale, dal Trattato di Pace di Versailles del 1919. D’altronde il fascismo nasce con lo slogan della Vittoria mutilata e trova nel Terzo Reich, umiliato da Versailles, l’alleato ideale.

L’iniziativa per un’alleanza, prima politica e poi militare, è tedesca principalmente per superare l’ostacolo rappresentato dai Protocolli di Roma e mettere in difficoltà l’impegno dell’Italia. Hitler riesce ad ammaliare Mussolini avvolgendolo in una specie di tela di ragno prima con la proclamazione dell’Asse Roma-Berlino dell’ ottobre 1936 e poi con il Patto anti-Comintern, in funzione antisovietica, del novembre 1937. In questo clima, nel marzo 1938, Hitler crea le premesse per l’Anschluss che sarà incruento, realizzato, con la solita politica intimidatoria.

Mussolini, già attratto nell’abbraccio mortale del dittatore tedesco in seguito alle sanzioni per l’aggressione all’Etiopia, è avvertito, a cose ormai fatte e subisce. E uno!

La politica estera di Mussolini scivolerà sempre più verso una salda alleanza con la Germania nazista. È il passo per giungere, fatalmente, allo sciagurato Patto d’Acciaio firmato a Berlino il 22 maggio 1939, che lega militarmente l’Italia al Terzo Reich. Il Patto ha un preliminare a Milano dove, il 7 maggio, s’incontrano i Ministri degli Esteri dei due Paesi, Ciano e Von Ribbentrop: le Parti s’impegnano a sostenersi militarmente se aggredite. Purtroppo la clausola non è riprodotta nell’articolo 3 del Patto, la cui stesura è lasciata ingenuamente alla Cancelleria di Berlino, che omette la condizione dell’aggressione adottando una formula più generica ed ambigua: “essere trascinata in complicazioni belliche” senza precisare la responsabilità dell’iniziativa. L’omissione ribalta così, completamente, il senso dell’Accordo. E’ considerata sufficiente l’assicurazione, data a Milano da Von Ribbentrop, che non ci sarebbe stata guerra prima del ‘44/’45 anche in considerazione dell’impreparazione bellica dell’Italia. Il tutto mentre Hitler, col Protocollo Hossbach del novembre 1937, ha già illustrato, alle massime Autorità militari e politiche, le direttrici della politica espansionistica che prevede, in tempi brevi, le guerre di aggressione ad Est. La violazione del Patto d’Acciaio appena firmato è violato il giorno successivo: il 23 maggio Hitler riunisce, in gran segreto, i massimi esponenti politici e militari per predisporre il piano di aggressione alla Polonia. L’Aiutante di Campo di Hitler, ten. col. Schmundt, prende nota della riunione ed il testo, scritto di pugno, sarà poi rinvenuto dagli Alleati alla fine della guerra e citato al Processo intentato dai vincitori a Norimberga contro i massimi esponenti politici e militari nazisti. E due!

Intanto il 24 agosto un altro fatto importante turba – o dovrebbe turbare – la correttezza dei rapporti fra i due Stati: la firma di un Trattato fra il Terzo Reich e la tanto odiata Unione Sovietica. Le due dittature, col pretesto di un Patto di non aggressione, con un Protocollo segreto si spartiscono la Polonia costituendo le basi per la seconda guerra mondiale. Nonostante il primo articolo del Patto d’Acciaio obblighi a preventive consultazioni, Mussolini ne è informato, a cose ormai fatte, solo il giorno 21. Contestualmente è violato anche il Patto Anticomintern del 1937. E tre!

Nella circostanza a nulla vale che Ciano, il 21 agosto, quando viene a sapere che le trattative per l’Accordo nazi-sovietico prevedono solo l’atto formale della firma e la strategia di guerra nazista è ormai evidente, fa rilevare al dittatore-suocero la grave scorrettezza tedesca che, contro ogni intesa e logica politica, stravolge la strategia concordata. Arriva a suggerire, con inusitata veemenza, la denunzia del Patto d’ alleanza militare: ha capito, con notevole anticipo sugli altri, che dei Tedeschi non ci si può fidare! Mussolini si limita ad alcuni timidi passi, solo per tentare una soluzione pacifica del “problema polacco” (a ciò sollecitato anche da Francia e Gran Bretagna). Il Fuhrer, il 1° settembre 1939, ordina, autonomamente, l’attacco alla Polonia: è l’inizio della seconda guerra mondiale! E quattro!

Mussolini, nonostante la scorrettezza tedesca, continua per la strada intrapresa ed ha solo il coraggio di dichiarare, su inusitata pressione del Consiglio dei Ministri, la “non belligeranza”. I travolgenti successi tedeschi lo mettono però in uno stato di permanente angoscia per la preoccupazione di restare escluso dal tavolo dei vincitori: oltre alla Cecoslovacchia già smembrata nel 1938, i Tedeschi occupano la Polonia occidentale (lasciando quella orientale agli allora alleati Sovietici), la Norvegia, la Danimarca, l’Olanda, il Belgio ed il Lussemburgo. Il colpo di grazia sarà l’ attacco alla Francia il 10 maggio 1940. Mussolini è preso dalla smania di entrare in guerra. Così il 10 giugno si decide a dichiararla senza comunicarlo né al Gran Consiglio né al Governo: questa dovrà essere la sua guerra e la vittoria dovrà essere la sua vittoria! Sarà invece solo la sua fine e, purtroppo, con un grave prezzo per l’Italia.

La scorrettezza tedesca avrà altri più gravi aspetti. Solo una volta Mussolini, volendo ripagare Hitler con la stessa moneta, attaccherà la Grecia il 28 ottobre 1940, senza avvertire l’alleato: sarà un disastro. Hitler, da parte sua, persevererà nella politica del fatto compiuto attaccando l’Unione Sovietica, (e cinque!), così come ha già fatto per la Romania (e sei!) e la Iugoslavia (e sette!) anche se Mussolini riteneva che l’area balcanica dovesse rientrare nella sfera d’influenza italiana.

La conduzione della guerra è costellata, da parte tedesca, da mancanze di rispetto e di mortificazioni verso l’alleato. Non basta, a giustificazione, il fatto che le Forze Armate italiane, per i rifornimenti, dipendono, in massima parte (se non esclusivamente), dai Tedeschi. In Russia la nostra Armata non è avvertita del ripiegamento tedesco sul fronte del Don, ponendola nella tragica situazione di una ritirata precipitosa. Non sono infrequenti, nella circostanza, i casi di vera e propria aggressione a Reparti italiani per impossessarsi degli scarsi veicoli allo scopo di accelerare il ripiegamento. Lo stesso avviene in Libia dove il gen. Rommel ignora, di fatto, il Comando italiano pur trovandosi in territorio soggetto alla sovranità italiana. C’è di più: in Sicilia il gen. Hube, comandante delle Forze Tedesche, il 18 luglio 1943 – quindi quando ancora Mussolini non è stato destituito – riceve l’ordine di Hitler di condurre una strategia autonoma per contrastare l’avanzata Alleata, senza alcun contatto col Comando dell’Armata italiana.

Sono questi gli episodi più significativi del rispetto che i Tedeschi hanno per l’ alleato italiano che, secondo alcune menti ottenebrate da un’identità ideologica, non certo mossi da amor patrio, sostengono il dovere di restare al loro fianco fino alle estreme conseguenze per tener fede ad un’alleanza da tempo svuotata dalla realtà.

A costoro dedico alcuni episodi, scarsamente noti, avvenuti nella stessa Sicilia in quel periodo, quando vige ancora l’alleanza. A Mascalucia, Pedara, Castiglione di Sicilia ed a Tremestieri, paesi dell’area etnea, Reparti tedeschi cominciano a manifestare apertamente il metodo della violenza e del massacro contro le popolazioni violando, oltre l’alleanza, la sovranità territoriale italiana. Sono posti in essere gli stessi barbari sistemi già sperimentati in tutti i Paesi occupati. A parte episodi isolati di rapine ed omicidi in danno di inermi cittadini, il fatto più grave si registra il 12 agosto a Castiglione di Sicilia: un Reparto tedesco in ritirata mette a ferro e fuoco il paesino depredando e distruggendo le case e catturando circa 150 persone. All’atto di lasciare il paese, 16 cittadini sono barbaramente uccisi per rappresaglia. Le mattanze naziste in Italia hanno, quindi, una data d’inizio non solo mentre siamo ancora alleati ma non si sono ancora concretate trattative per uscire dalla guerra dei due caporali, Hitler e Mussolini.

C’è di più: la prova del tradimento tedesco è nella direttiva di Hitler al suo Stato Maggiore, il 26 luglio, di attuare un Piano, predisposto da tempo, per l’occupazione militare dell’Italia e l’arresto dei vertici politici e militari. Il Piano, col nome di “Alarico”, (dal re visigoto che distrusse Roma nel 410), riguarda l’Italia e la parte della Francia occupata dal nostro Esercito. Un altro, denominato “Costantino”, prevede l’annientamento delle nostre truppe nei Balcani ed in Grecia. E otto!

L’incarico del Piano Alarico è affidato al gen. Student, comandante delle truppe paracadutiste, che il 31 luglio s’incontra a Frascati con i massimi esponenti militari e delle “SS” in Italia per la messa a punto dei dettagli. Per intanto, viene inviata in Italia, la 2^ Divisione Paracadutisti che prende posizione a sud di Roma. Hitler sarà dissuaso dal gen. Von Rintelen, Addetto militare in Italia, che avrà il coraggio di esporgli, personalmente, gli effetti negativi che potrebbe avere un’azione di forza contro l’alleato. I due Piani saranno successivamente unificati con la denominazione “Asse”, che sarà attuato l’8 settembre, alla proclamazione dell’armistizio da parte italiana.

Intanto il gen. Student e il Cap. delle “SS” Otto Skorzeny sono incaricati anche di individuare la prigione del Duce con lo scopo di liberarlo e restaurare il Regime, chiara interferenza nei fatti interni di un Paese sovrano ed evidente violazione della sovranità nazionale. E nove!

Intanto, dal 27 luglio, entrano in Italia, senza preavviso, varie Unità tedesche, vale a dire quei rinforzi negati solo sette giorni prima nel Convegno c.d. di Feltre (svoltosi, per la realtà storica, alla periferia di Belluno). Viene così violata la sovranità nazionale. E dieci!

L’esito negativo degli incontri bilaterali del 6 agosto a Tarvisio e del 15 successivo a Bologna, determinano il Governo Badoglio, piuttosto titubante, a prendere la decisione definitiva dell’uscita unilaterale dalla guerra. I Tedeschi, ormai, hanno un atteggiamento diffidente ed arrogante e dispongono in Italia le truppe in posizioni strategiche di loro esclusivo interesse non, certo, per difendere il territorio nazionale, già mutilato. Inoltre, alcuni movimenti degli uomini del gen. Student, hanno creato allarmismo e sospetti. Per precauzione il luogo di detenzione di Mussolini, il 28 agosto, verrà spostato da La Maddalena all’area del Gran Sasso dopo che un ricognitore tedesco ha sorvolato la casa in cui era ospitato.

Le prime trattative del Governo Badoglio con gli Alleati, per un armistizio separato, inizieranno solo il 19 agosto con l’incontro, a Lisbona, del gen. Castellano con gli emissari militari Alleati. Le iniziative tedesche per inserirsi negli affari interni italiani, come si è visto, sono antecedenti. Documenti recenti hanno poi dimostrato, che già il 17 luglio, il Sottosegretario agli Esteri Bastianini, con l’assenso di Mussolini, s’incontra col Card. Maglione, Segretario di Stato Vaticano, per tentare un sondaggio con gli Alleati. Il banchiere romano Fummi, con l’obiettivo di raggiungere Londra, si reca anche a Lisbona con un passaporto diplomatico vaticano, dove, però, sarà sorpreso dagli avvenimenti del 25 luglio rinunziando a portare a termine la missione affidatagli. Quindi, tutto l’onore sbandierato a Salò, va, quanto meno, rivisto alla luce delle nuove risultanze. Salvo che al concetto di alleanza non si voglia dare, da parte fascista, il significato di subordinazione.

È sulla base di queste considerazioni, sull’atteggiamento e le iniziative dei Tedeschi soprattutto dopo il 25 luglio che va rivista la legittimità del concetto di alleanza.

Con la caduta di Mussolini Hitler ritiene di aver perduto l’interlocutore garante del Patto perciò ordina di adoperarsi per la sua liberazione e ripristinare il fascismo.

D’altronde, va evidenziato, il preambolo del Patto d’Acciaio fonda esplicitamente l’Accordo non fra i due Stati ma fra le due rivoluzioni, fascista e nazionalsocialista.

Occorre quindi chiedersi se si possa contestare ad un Governo, minacciato da un’aggressione, di attuare una sua autodifesa e se si debba sentire ancora legato da un impegno di fedeltà verso chi attenta, concretamente, alla sua sovranità, con un programma già predisposto di cattura dei suoi vertici politici e militari. Una cosa è certa: il Governo Badoglio non si pone subito l’obiettivo dell’uscita unilaterale dalla guerra. Ha dapprima cercato, inutilmente, di ricevere un tangibile aiuto dall’alleato per la difesa del proprio territorio. Appare invece chiaro il disegno strategico tedesco che tende solo a procrastinare l’avvicinarsi degli Alleati al proprio territorio, incurante degli interessi italiani.

Subentra quindi, per il Governo italiano, l’esigenza di invocare lo stato di necessità costituito dal grave pericolo che minaccia l’esistenza dello Stato, la sua integrità territoriale e la sua indipendenza. È questo principio, valido nel diritto pattizio internazionale, che può essere invocato nella rescissione unilaterale del Patto. Va poi considerato che è dovere istituzionale non lasciare distruggere completamente il Paese, in una situazione senza speranza, come farà la Germania nazista. Chi ha la responsabilità delle sorti del proprio Paese, non ha certo il diritto di spingere tutta una Nazione al suicidio, col pretesto che l’onore esige il diabolico perseverare nell’errore commesso da un individuo o da tutta una classe dirigente.

Ma al di là di giustificazioni giuridiche, vanno considerate anche motivazioni morali: la guerra di Hitler è notoriamente una guerra di aggressione, di violazione di diritti umani e naturali, di sottomissione di altri popoli considerati di livello inferiore, per cui l’abbandono si ammanta anche di considerazioni etiche. Non è nella natura civile e morale del popolo italiano condividere disegni politici criminali. Sul comportamento da tenere nei confronti del “tiranno”, si occuperà, nel 1967 l’Enciclica “Populorum progressio” di Papa Paolo VI: “non può essere considerato tradimento l’azione, anche segreta, per fermare chi danneggia il suo e gli altri popoli”.

La stessa direttiva del Governo Badoglio alle Forze Armate di “reagire solo se attaccati” dimostra solo la volontà italiana di un’uscita unilaterale dalla guerra e non, come sostenuto comunemente, di un cambio di campo.

Torniamo al principio latino “Pacta sunt servanda”, citato all’inizio. Esso è ampiamente illustrato da Ulpiano nel capitolo “De pactis” del Digesto. In esso è espresso un altro concetto fondamentale del quale occorre tener conto, secondo cui il “Patto non è valido se va contro le leggi, le costituzioni ed i buoni costumi,”. È, quindi, anche alla luce di questi principi, risalenti al diritto romano, che va letta l’intera vicenda di un’alleanza innaturale: già la violazione dei buoni costumi, cui accenna Ulpiano, riferita alla politica nazista, sarebbe stata valido motivo perché fosse automatica una dissociazione.

L’uscita unilaterale dell’Italia dalla guerra fu, quindi, determinata anche da motivazioni giuridiche e morali, ampiamente riconosciute dal diritto internazionale.

In definitiva, non fu l’Italia a tradire ma il Terzo Reich!

Giuseppe Vollono

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(prima edizione, agosto 2004, sul mensile “Noi Polizia”)

Banche: Unimpresa, 70% sofferenze legate a grandi prestiti non rimborsati

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Il rapporto dell’associazione sui 200,1 miliardi di prestiti non ripagati. Ad appena il 2,63% dei clienti (33.234 soggetti, sia imprese sia famiglie, su un totale di 1.262.966 clienti problematici) è riconducibile il 70% delle sofferenze bancarie (140,4 miliardi); 24 miliardi di sofferenze sono a carico di soli 571 soggetti, lo 0,05% del totale; sul 97% dei clienti (più di 1,2 milioni di soggetti), che hanno prestiti da 250 euro a 500.000 euro, pesa solo il 29% delle sofferenze (59,7 miliardi)

Le sofferenze delle banche sono legate ai grandi prestiti non rimborsati: il 70% dei finanziamenti non ripagati da famiglie e imprese si riferisce, infatti, a crediti superiori a 500.000 euro. Sul totale delle sofferenze pari a 200,1 miliardi di euro, 140,4 miliardi sono relativi a finanziamenti oltre il mezzo milione di euro erogati ad appena 33.234 soggetti, il 2,63% dei clienti “problematici” degli istituti; 24 miliardi di sofferenze sono a carico di soli 571 soggetti, lo 0,05% del totale. Lo rileva il rapporto del Centro studi di Unimpresa “Sofferenze bancarie divise per dimensione dei prestiti” secondo il quale sul 97% dei clienti (più di 1 milione di soggetti), che hanno prestiti da 250 euro a 500.000 euro, pesa solo il 29% delle sofferenze (59 miliardi).

Secondo l’analisi dell’associazione, basata su dati della Banca d’Italia aggiornati ad agosto 2016, il 70,16% delle sofferenze delle banche, cioè 140,4 miliardi su 200,1 miliardi complessivi, è relativo a finanziamenti superiori a 500.000 euro. Ad appena il 2,63% dei clienti (33.234 soggetti, sia imprese sia famiglie, su un totale di 1.262.966 clienti problematici) è riconducibile il 70,16% delle sofferenze bancarie (140,4 miliardi). Nel dettaglio, 17,3 miliardi di sofferenze (8,69%) si riferiscono a finanziamenti da 500.000 euro a 1 milione, erogati a 26.454 soggetti (2,09%); 28,6 miliardi (14,34%) si riferiscono a prestiti da 1 milione fino a 2,5 milioni, concessi a 19.863 clienti (1,57%); 24,4 miliardi (12,23%) sono relativi a crediti da 2,5 milioni a 5 milioni, erogati a 7.572 clienti (0,60%); 45,8 miliardi (22,91%) si riferisce a finanziamenti da 5 milioni a 25 milioni, concessi a 5.228 soggetti (0,41%); 24,04 miliardi (12,01%) è legato a prestiti superiori a 25 milioni erogati a 571 clienti (0,05%).

Meno di un terzo delle sofferenze (29,84%), cioè 59,7 miliardi, è invece legato a finanziamenti di importo minore che vanno da 250 euro a 500.000 euro, concessi a una platea molto vasta di clienti ora in difficoltà, pari a 1.229.732 soggetti (il 97,37% del totale). Nel dettaglio, 5,9 miliardi di sofferenze (2,97%) si riferiscono a finanziamenti da 250 euro a 30.000 euro erogati a 775.445 clienti (61,40%); 7,5 miliardi (3,77%) sono relativi a prestiti da 30.000 euro a 75.000 euro concessi a 159.092 soggetti (12,60%); 9,3 miliardi (4,66%) sono relativi a crediti da 75.000 euro a 125.000 euro erogati a 96.782 clienti (7,66%); 20,7 miliardi (10,35%) si riferiscono a finanziamenti da 125.000 euro a 250.000 euro concessi a 122.780 soggetti (9,72%); 16,1 miliardi (8,08%) sono legati a crediti da 250.000 euro a 500.000 euro erogati a 49.179 clienti (3,89%).

 

Hamsik raggiunge Higuain in Europa ed è ad un passo da Vojak

Hamsik raggiunge Higuain in Europa ed è ad un passo da Vojak

Secondo Il Mattino, Hamsik è arrivato a quota 102 reti in maglia azzurra (ad una da Vojak a 103) e a quota 15 in Europa (raggiunto Gonzalo Higuain). Stagione vissuta su alti livelli da parte del capitano slovacco, non a caso Sarri l’ha fatto partire dall’inizio sempre, solo una volta è rimasto in panchina.

Con Diawara in campo il Napoli è più reattivo

Con Diawara in campo il Napoli è più reattivo

La Gazzetta dello Sport ha apprezzato molto l’ingresso in campo di Amadou Diawara al posto di Jorginho nel match di ieri alla Vodafone Arena contro il Besiktas: “Sarri torna a casa con la tasca piena di conferme. Positive e negative. Per dirne una, Diawara: con lui in campo il Napoli è più reattivo, più sicuro, più ordinato. Jorginho ci ha messo un po’ di tempo per trovare le misure e quando le ha trovate si è limitato al compitino”.

Il Napoli potrebbe essere qualificato agli ottavi di Champions già al prossimo turno: le combinazioni

Il Napoli potrebbe essere qualificato agli ottavi di Champions già al prossimo turno: le combinazioni

La Gazzetta dello Sport pubblica tutte le combinazioni possibile che potrebbero dare al Napoli l’accesso agli ottavi di finale: “Gli azzurri hanno la possibilità di qualificarsi agli ottavi di Champions con un turno di anticipo se il 23 novembre batteranno la Dinamo Kiev in casa e contemporaneamente il Benfica supererà il Besiktas a Istanbul. In questo caso Napoli e Benfica qualificate con 10 punti e Besiktas in Europa League. Con il Napoli a 10 in caso di pari fra le rivali, a Lisbona agli azzurri basterebbe non perdere, passando anche da sconfitta se il Besiktas non vincesse a Kiev. Infine se i turchi battessero il Benfica, in Portogallo il Napoli potrebbe perdere anche con un gol di scarto e passare per gli scontri diretti”.

Le voci di chi è sopravvissuto al terremoto: temono di essere dimenticati

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La Stampa ha raccolto le voci di chi è sopravvissuto al terremoto: temono di essere dimenticati e non vogliono «vivere come fantasmi». La Croce Rossa lancia l’allarme per i più piccoli: serve assistenza. Soffrono i più piccoli e soffrono gli adulti.

Il dovere di ascoltare i loro cuori

L’importante è che ascolti. C’è anche una sedia, per te, pure se sei un giornalista, oggi eccezionalmente non sei uno scocciatore: siedi e ascolta. «Ho bisogno di parlare», diceva due giorni fa Gabriela, che a 69 anni aveva scoperto il mare, lì al camping Holiday di Porto Sant’Elpidio, sua destinazione di sfollata. «Parlo e mi calmo un poco», aveva detto. Venga qui, ascolti, avevano detto gli abitanti di Pieve Torina, i pochi rimasti, mentre il loro sindaco discuteva su che fare col presidente della Marche, Luca Ceriscioli; avevano allargato il cerchio e aperto un posto per il cronista.

Devi ascoltare anche se non puoi fare niente. «Avrei bisogno di soldi», aveva detto una signora, una vecchia curva con lampi d’intelligenza, seduta nel cortile dell’hotel Velus di Civitanova Marche: era scappata di casa con cinquanta euro in tasca perché pensava di tornare presto, e poi i cinquanta euro sono finiti alla svelta.

«Le posso dare qualcosa, signora? E’ solo un prestito». «No, ma che dice? No, ho bisogno di soldi ma non da lei, non mi dia niente, quando la rivedo? Ascolti, mi ascolti un po’: ho bisogno che mi facciano tornare in casa perché i miei soldi sono lì: ascolti bene, e scriva».

Ascolta: uno ha bisogno di biancheria intima, uno ha bisogno di sapere se la scuola dei figli sarà organizzata in campeggio o al paese, uno ha bisogno di un’auto per tornare dalle sue pecore, uno ha bisogno di salire al paese perché ha due prosciutti e vuole portarli in albergo per offrire l’antipasto, uno ha bisogno di andare a Rieti dove vivono i figli che per la paura dormono in macchina, uno ha bisogno di cibo per il cane, uno ha bisogno di sistemare le bollette perché sono in scadenza e non le ha pagate, uno ha bisogno di un supermercato per comprare il dentifricio, uno ha bisogno che qualcuno parli con la madre e la tranquillizzi un po’, uno ha bisogno di stringere una mano e di dire grazie, «grazie di essersi fermato un po’ con noi».

C’è anche chi non ha bisogno di niente, di essere lasciato in pace. Poi non c’è soltanto il bisogno, c’è anche il desiderio. Per fortuna gli italiani lo sanno quanto è fondamentale il superfluo. Arrivano i giocattoli per i bambini, i fumetti, le carte da gioco, le saponette, i profumi, le donne in macchina ad accompagnare questa gente dove deve essere accompagnata. A Civitanova, in una settimana, gli sfollati sono stati ospitati in tre ristoranti diversi, per un pescetto alla griglia, una pizza, qui tutti insieme, quel che si può. Certo, all’inizio è facile, c’è tutto lo slancio del cuore, e poi alla lunga ci si distrae e si dimentica. Ma ecco che cosa serve: esserci, ascoltare, portare i pasticcini, le parole incrociate, i figli perché giochino coi figli degli altri. Oggi, e poi domani, e sarà necessario soprattutto la settimana prossima e il prossimo mese e finché durerà. Questa è gente che è stata costretta ad abbandonare tutto, e adesso ha paura di essere abbandonata. Basta sedersi e ascoltare, è già più di un po’.

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vivicentro/Le voci di chi è sopravvissuto al terremoto: temono di essere dimenticati
lastampa/Il dovere di ascoltare i loro cuori MATTIA FELTRI

Voto per la Casa Bianca: Polvere di stelle (e strisce)

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A una settimana dal voto per la Casa Bianca, Donald Trump mette a segno un sorpasso da brivido nei confronti di Hillary Clinton. Oramai i due rivali sono in parità statistica. Sull’onda dei sondaggi sempre più favorevoli al tycoon, i repubblicani si ricompattano e attaccano l’ex Segretario di Stato: «La vita con i Clinton – dice Paul Ryan, presidente della Camera dei Rappresentanti, riferendosi alla vicenda delle email – è uno scandalo dopo l’altro, un’indagine dopo l’altra, dunque votiamo Trump»: è questo l’argomento oggetto del commento di Gramellini di oggi:

Polvere di stelle (e strisce)

Tra una settimana a quest’ora conosceremo il nome del nuovo presidente degli Stati Uniti. Ma già adesso sappiamo che qualunque altro candidato repubblicano al posto di Trump avrebbe battuto la Clinton a mani basse, così come qualunque altro candidato democratico al posto di Hillary avrebbe stracciato l’uomo la cui capigliatura riesce a infrangere la legge di gravità. Mai nella storia la più importante passerella planetaria della democrazia aveva visto sfilare due modelli così deboli. Invisi a una parte dei loro stessi elettori, che li voteranno solo per non fare prevalere l’avversario. E oberati da una folla di scheletri nell’armadio che inseguiranno il vincitore per l’intera durata del suo mandato, presumibilmente unico, obbligandolo a passare una buona parte del suo tempo a difendersi dai pasticci compiuti prima di entrare in carica, come se non bastassero quelli che potrebbe combinare dopo, specie il dilettante allo sbaraglio Trump.

Come abbia fatto la democrazia americana a incartarsi fino al punto di selezionare due campioni del genere è questione che lascio volentieri agli esperti di cose americane. Dal mio strapuntino di osservazione mi limito a constatare senza orgoglio alcuno che, dopo essere stati noi a copiarli in tutto – dai jeans al lavoro precario -, per la prima volta sono loro a copiare noi, mettendosi in Casa (Bianca) un capo dell’esecutivo ricattabile dagli scandali del proprio passato, quale per vent’anni è stato Berlusconi.

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lastampa/Polvere di stelle (e strisce) MASSIMO GRAMELLINI

Bisogna ringraziare Hamsik che evita un’altra beffa

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Bisogna ringraziare Hamsik che evita un’altra beffa

La Gazzetta dello Sport commenta così il pareggio del Napoli a Istanbul contro il Besiktas: “Corto, accuorto, per dirla alla napoletana, e poi reattivo. Il Napoli s’attiene al diktat di Maurizio Sarri, piace senza entusiasmare ed esce indenne dalla bolgia dell’Arena. Lo fa ringraziando l’uomo che in questa prima parte di stagione è stato più criticato che apprezzato: Hamsik. Vagava nell’aria fredda proveniente dal mare un forte presentimento di beffa. Ma come? Pepe Reina disoccupato per oltre 60 minuti, poi un gomito inopportuno regala il rigore a Quaresma e succede quel che non doveva succedere. La beffa è rimasta nell’aria soltanto quattro minuti, il tempo di un’azione avviata da Diawara, di una palla non agganciata da Mertens ma da Marek sì, che la afferra, s’accentra e si ricorda di quel che è capace di fare, anche se col sinistro: interno potente e a giro quasi all’incrocio, dove il buon Fabricio non può certo arrivare. Beffa scongiurata, primo posto mantenuto nel girone, ma col Benfica addosso. Dunque questo pari salutare in terra turca non risolve del tutto la faccenda Champions, perché c’è da andare a Lisbona. Ma una vittoria con la Dinamo in casa alla prossima potrebbe significare qualificazione anticipata”.

Su Russia Today propaganda russa, offensiva anti-Renzi

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Sabato scorso, il giorno della manifestazione per il Sì al referendum in piazza del Popolo, Russia Today, il network in lingua inglese finanziato dal governo russo, ha diffuso una versione completamente opposta della realtà: parlava di cittadini riuniti per protestare contro il governo Renzi. Bugie e propaganda si diffondono nel web italiano, andando a volte a coincidere e sovrapporsi con messaggi di origine grillina.

La propaganda russa all’offensiva anti-Renzi. E il web grillino rilancia

Londra e Berlino: gli hacker di Mosca sono un pericolo per l’Europa

Sabato scorso, il giorno della manifestazione per il Sì al referendum in piazza del Popolo, RT, Russia Today, il potente network in lingua inglese finanziato dal governo russo, 2500 dipendenti, uno degli strumenti più virali del sistema di propaganda pro Putin nei Paesi occidentali, ha raccontato così la notizia: «Migliaia di cittadini hanno protestato per le strade di Roma contro il primo ministro italiano Matteo Renzi, che ha lanciato un referendum sulla riforma costituzionale, che si terrà il 4 dicembre. La gente ha paura che le riforme, mirate a smantellare il Senato, porteranno più potere nelle mani del presidente del Consiglio». Titolo della diretta Facebook: «Proteste in Italia contro il premier italiano». Piccolo particolare: quel giorno c’era stata davvero una manifestazione, ma a favore del sì. Diffondendo una versione completamente opposta della realtà, la diretta della web tv russa ha raggiunto un milione e mezzo di contatti diretti; senza contare la sua viralizzazione. Non si è trattato della prima intrusione nel dibattito politico italiano; per questo, canali diplomatici italiani hanno sollevato il caso e protestato nei giorni scorsi con il Cremlino.

Bugie e propaganda, ovunque prodotte, si irradiano molto bene nell’ambiente web italiano, dominato dai siti dell’universo filo Cinque stelle. Molti account Twitter e Facebook pro M5S, oppure pagine Facebook con migliaia di amici, rilanciano infatti RT, o Ruptly, l’agenzia video del network russo, agenzia che ha sede a Berlino, o bufale anche peggiori, perché meno smaccate all’apparenza. Le bufale poi si propagano dentro un’architettura propizia. Il network russo ha adesso corretto il titolo e sono inaccessibili alcuni degli ultimi articoli postati sull’Italia, ma ne possediamo ovviamente gli screenshot. Tante altre volte la propaganda è più sottile, mixa alcuni elementi (pochi) di verità, e una maggioranza di menzogna. Il 22 ottobre, per dire, RT ha enfatizzato a dismisura una manifestazione dei sindacati di base contro il Jobs Act, raccontando di un’«Italia in rivolta». Quando Renzi ha subìto una contestazione a Napoli, la cosa era stata descritta come «scene da guerra civile». Un’esagerazione grottesca, ma attraente, magari, per i più giovani, o per chi non esce da un ecosistema web.

Il red web, il web di Putin, preoccupa ormai molto diversi governi europei: ieri il capo del MI5, il servizio segreto interno britannico, Andrew Parker, ha dichiarato al «Guardian»: «La Russia sta portando avanti una politica estera con modi sempre più aggressivi», che prevedono il ricorso «alla propaganda, allo spionaggio, a sovvertire l’ordine costituito, e ai cyber-attacchi». Sempre ieri il ministro degli Interni tedesco, Thomas de Maizière, subito demonizzato e bastonato da account chiave filo-grillini, ha denunciato a Sky «gli attacchi su Internet specialmente di provenienza dalla Russia: sono organizzati a livello statale, attacchi alle istituzioni tedesche. Dobbiamo proteggerci, ma è un problema che dovremo superare con la collaborazione dei nostri partner europei». De Maizière denuncia che non si tratta solo di persone, «si tratta anche di algoritmi, macchine che moltiplicano all’ennesima potenza la loro influenza sulla Germania per poter dar ragione a una particolare posizione della Russia sui social tedeschi».

La connessione culturale tra propaganda russa e filo M5S si mostra per varie vie. Siti, non governativi come RT ma decisamente filorussi, come Sputnik Italia, ne sono un esempio. L’ultimo caso: a caldo, dopo il terremoto, un articolo (non un commento) intitolato «Italia, il governo che vive in un altro paese» si introduceva così: «è difficile indovinare dove Renzi e i suoi allegri ministri trovino l’ottimismo da dispensare con ampi sorrisi a ogni incontro pubblico dedicato al Sì al referendum». Sputnik viene ripreso da Tze Tze, principale sito della galassia Casaleggio, che celebra Putin, e dove viaggia molto anche RT; ma anche da siti anonimizzati, assai più opachi. O da un numero delimitato di account Twitter o Facebook, alcuni dei quali configurano a volte gravi ipotesi di reato, su cui torneremo.

L’affinità tra queste due propagande non pare casuale. Né indagata a monte, nell’ingegneria. Né a valle, nelle ideologie: Manlio Di Stefano, deputato M5S già ospite del congresso del partito di Putin, per commentare la loro politica estera sulla Brexit parla a RT. Beppe Grillo nell’aprile 2015, per la prima intervista in cui spiega la tesi del «colpo di stato intelligente» («in Italia è in atto un colpo di Stato intelligente, che consiste nel causare una divisione in Parlamento, infiltrarsi al governo e piazzare un leader forte che andrà a prendere i pieni poteri») sceglie RT. È quella, peraltro, la descrizione della riforma costituzionale che si legge su RT. Solo pochi giorni fa Pietro Dettori, braccio destro di Davide Casaleggio, responsabile dell’Associazione Rousseau (intestataria del blog delle stelle) ha twittato un articolo su Putin dal sito silenziefalsità.it («Putin presenta Satan 2, il missile in grado di incenerire il Texas») che esordiva così: «Sarà la volta buona che le teste calde di Washington e dintorni si raffreddano? Non è molto meglio rischiare un mondo multipolare e rinunciare a qualcosa del proprio potere anziché correre il rischio di perderlo tutto e incenerire il mondo intero?». Per ora, si sta incenerendo la verità.

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lastampa/La propaganda russa all’offensiva anti-Renzi. E il web grillino rilancia JACOPO IACOBONI

‘Sembra che la palla gli scoppi tra i piedi’, la Gazzetta critica Gabbiadini

‘Sembra che la palla gli scoppi tra i piedi’, la Gazzetta critica Gabbiadini

Senza Milik, il Napoli fa fatica a fare gol e la Gazzetta dello Sport scrive su Gabbiadini: “Insigne non va in gol da quasi 7 mesi e Gabbiadini non riesce a ritrovarsi: sembra che la palla gli scoppi tra i piedi, ma c’è anche da dire che né il tecnico né la squadra riescono a dargli una mano. Non può essere diventato di colpo un brocco, giova ricordare che era una delle più belle promesse per l’attacco azzurro. In questo quadro, il ritorno di Hamsik è un toccasana”.

Il Napoli ha speso per altri settori dimenticandosi l’attaccante

Il Napoli ha speso per altri settori dimenticandosi l’attaccante

La Repubblica punta il dito contro le scelte di mercato fatte da Aurelio De Laurentiis sul mercato: “Ma agli azzurri è mancata ancora una volta la forza d’urto specialmente in attacco: dove il rientro tra i titolari del deludente Gabbiadini non è bastato per dare solidità al reparto. Iniziano a presentare il conto le scelte fatte nel mercato estivo, in cui il club di De Laurentiis ha dato la priorità ad altre esigenze: dimenticandosi di investire almeno una parte dei 90 milioni della cessione di Higuain per acquistare un centravanti. Non lo era nemmeno il polacco Milik, che in Nazionale fa da spalla a Lewandowski e comunque ce la stava mettendo tutta per tappare la falla, fino al grave infortunio che lo ha tolto dai giochi”.

Turi a Il Pungiglione: “Dalle sconfitte si possono trarre benefici per continuare a fare bene”

In esclusiva le dichiarazioni di Alberico Turi

Nel corso della trasmissione di ViViRadioWeb, Il Pungiglione Stabiese, abbiamo ascoltato il Direttore del settore giovanile della Juve Stabia, Alberico Turi.

Ecco direttore, una settimana un po’ amara per il settore giovanile in termini di risultati pur consapevole che il progetto sta andando avanti alacremente. La Beretti riposava mentre gli Under 17 gli Under 15 sono incappati in due sconfitte che pur non cambiando le sorti di classifica possono comunque far male al morale dei ragazzi: No io non sono molto preoccupato vedo l’altra faccia della medaglia e da queste battute di arresto a volte comunque si possono trarre benefici, diventano un monito per i ragazzi per farli ritornare con i piedi per terra e quindi farli ragionare in un modo concreto e di applicazione al lavoro durante la settimana. Questo lo dicevo tempo fa anche quanto ci esaltavano per le prestazioni della Berretti: da questa sera tutti con i piedi per terra. La settimana scorsa qualche parola di elogio dopo il doppio pareggio contro la Casertana, ha fatto sì che i ragazzi si sentissero un po’ coccolati, adesso è giusto un attimino risvegliarsi dopo questa “doccia fredda”. Nel settore giovanile anche una battuta d’arresto può dare quella spinta per poi ripartire nuovamente a mille.

Gli Allievi Regionali invece hanno vinto e fa da clamore la vittoria per 8-1 contro l’Airola: Se prima i ragazzi non dovevano demoralizzarsi adesso non devono esaltarsi. Questa è una categoria che noi facciamo con i sotto età con i 2000 come crediamo sia giusto che sia, quindi senza nulla togliere all’ Airola con la presunzione di essere superiori abbiamo vinto con una realtà modesta. I ragazzi iniziano ad assimilare dei concetti ma ecco non vorrei che adesso iniziassero ad esaltarsi troppo. Per quanto riguarda i Giovanissimi regionali sono soddisfatto di questi ragazzi, la squadra sta venendo su alla grande: ero presente e vorrei congratularmi con l’amico Cervone per la sua grande ospitalità. Non è da tutti offrire una simile accoglienza a tutto il nostro staff e pertanto colgo l’occasione per un ringraziamento da parte della Juve Stabia. Per quanto riguarda la partita abbiamo giocato come nostro solito fare pensando al gioco perché poi i risultati vengono fa se. Per l’attività di base non va sottovalutata la vittoria contro la Millennium di Salerno contro una squadra che dà molta importanza al settore giovanile e adesso si iniziano anche a vedere i risultati del lavoro intrapreso da qualche anno con i ragazzi che stanno raggiungendo un livello ottimale.

Cosa provi quando senti i ringraziamenti da parte di Nunzio Di Somma, il quale ti ringrazia per la possibilità del corso di allenatore a Coverciano: Il corso a Coverciano è merito suo e delle tue capacità, e del punteggio accumulato negli anni e forse è venuto alla Juve Stabia solo per pura casualità. Ha tanti anni di esperienza che gli consentono di partecipare a questo corso, lo ringrazio perché allo stesso tempo è venuto a far parte della famiglia Juve Stabia.

L’inchiesta di Messina, qual’é la tua posizione?

Per me nel calcio regna la meritocrazia e queste scorrettezze se ci sono state meritano di essere punite, visto che si parla di furbate che giocano sulla pelle di ragazzi, non siamo certamente noi proposti ad indagare ma ci sono delle denunce che fanno pensare a questo. Il mio auspicio è che la Federazione possa intervenire in modo drastico, dispiace parlare con questi termini, successe anche l’anno scorso ad Avellino e pertanto è un fenomeno in espansione in tutta Italia.

Considerando la crisi che investe il calcio italiano, uno dei modi è di puntare sul settore giovanile e nel suo piccolo la Juve Stabia sta attuando questo percorso:

Dipende sempre dal budget finanziario che le società mettono a disposizione per il settore giovanile. Se vuoi costruire qualcosa di importante devi pur investire nel settore e ciò significa che le società devono credere fortemente nei progetti e mettere a disposizione i soldi necessari allo sviluppo.

In Italia qual’è il modello da seguire?

È certamente la Roma di Bruno Conti, guardandoci intorno si può notare che tantissimi ragazzi si forgiano dal settore giovanile della Roma. Questo perché la fiducia che la società negli anni ha posto nel settore viene ripagata con un lavoro che nel tempo ha dato i suoi frutti, vedi Florenzi, Totti, e tanti altri ragazzi che oggi calcano i campi di serie A. La dimostrazione che possono contare su strutture all’avanguardia, una rete di scouting eccellente, ottimi rapporti con le società, tutto questo ha permesso alla Roma fino a qualche anno fa di contratualizzare ragazzi e darli in prestito a svariate società, vedi il caso Florenzi che ha un po’ fatto le fortune del Crotone, ricomprato poi dalla stessa Roma.

In chiusura un tuo parere sul primo posto in classifica da parte della Juve Stabia prima squadra:

I risultati non vengono mai a caso, c’è il buon lavoro dello staff tecnico della Juve Stabia e in primiss della proprietà, siamo tutti contenti, ne giova tutto il movimento calcistico stabiese. Va dato merito a Manniello, a Fontana, a Logiudice e a tutti quelli che hanno dato vita a questa nuova avventura e come tutti gli stabiesi spero che si arrivi fino in fondo. Non penso che ci siano stabiesi che facciano il tifo contro la Juve Stabia, quindi secondo me questo è un dato certo.

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Uno sciame di 1100 scosse ha deformato il suolo per centotrenta km quadrati

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Centotrenta km quadrati: è la zona deformata dall’ultimo sisma in Italia Centrale, provocato dalla rottura di una faglia che ha fatto sprofondare il suolo – nell’area di Castelluccio di Norcia – di 70  centimetri. Una zona in cui, dal 30 ottobre, si sussegue uno sciame sismico ininterrotto: sono già oltre 1100 le scosse.

Uno sciame di 1100 scosse che deforma anche il suolo

I dati satellitari svelano le caratteristiche del dramma nel Centro Italia Un’area di 130 km quadrati colpita da un effetto domino imprevedibile

Centotrenta km quadrati: è la zona deformata dall’ultimo sisma, provocato dalla rottura di una faglia, che ha fatto sprofondare il suolo – nell’area di Castelluccio di Norcia – di 70 centimetri. Una zona in cui, dal 30 ottobre, si sussegue uno sciame sismico ininterrotto: sono già oltre 1100 le scosse registrate.

A rivelare questo drammatico quadro sono i geologi del Cnr e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, utilizzando i dati satellitari elaborati con l’Asi. Secondo Riccardo Lanari, direttore dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Cnr, «si tratta di risultati attendibili, che saranno migliorati dai dati che acquisiremo dal satellite Alos2». Come accaduto in occasione del terremoto di Amatrice, quando fu osservato uno scivolamento del monte Vettore di 10 centimetri, anche stavolta il sisma ha prodotto una serie di fenomeni geologici, tra cedimenti e frane. Nel frattempo le scosse tra Marche, Umbria e Lazio proseguono.

Ieri la più forte, di magnitudo pari a 4.7, è stata registrata alle 8,56 in provincia di Macerata: epicentro tra i Comuni di Acquacanina, Fiastra e Bolognola. «Il terremoto si è spostato da Amatrice verso Nord, nell’area di Visso e Ussita, e da questi luoghi verso Norcia, dove il sisma di Amatrice si era arrestato – chiosa Paolo Messina, specialista del Cnr -. Non possiamo prevedere quando e come tale sequenza andrà a scemare. Altri terremoti potrebbero registrarsi in aree adiacenti a quelle colpite in questi mesi».

 

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Emergenza bambini per il sisma

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Emergenza bambini nelle zone investite dal sisma. Ve ne sono almeno tremila che necessitano aiuti e la Croce Rossa lancia l’allarme: serve assistenza. Soffrono i più piccoli e soffrono gli adulti. La Stampa ha raccolto le voci di chi è sopravvissuto al terremoto: temono di essere dimenticati e non vogliono «vivere come fantasmi».

Le voci del terremoto

Le storie di chi ha perso tutto ma trova la forza di andare avanti. “Non vogliamo vivere come fantasmi, aiutateci a ricominciare”

C’è chi ha perso casa. Chi il lavoro. Chi gli amici. E devono ricominciare da zero. Ancora una volta, a distanza di pochi mesi. Qualcuno è fuggito: troppa la paura dell’Appennino che non smette di tremare. Nello trascorre le notti in una roulotte di seconda mano comprata su Internet. Rodolfo aspetta le tende e rifiuta le sistemazioni in albergo: «Perché noi non siamo mica in ferie», dice.

Da Amatrice a Norcia, tutti chiedono la stessa cosa: non vogliamo vivere come fantasmi, ridateci la speranza di ricominciare. Ecco le storie dei terremoti.

 

Roberto – Senza un tetto. Siamo come cani randagi  

Abbiamo bisogno di tutto ma soprattutto di una vita che torni alla normalità. Ecco, quello che chiediamo è un pizzico di normalità. Un concetto semplice ma per noi psicologicamente importantissimo. E per questo abbiamo bisogno di una casa per tenere insieme la famiglia. Senza un tetto, infatti, siamo solo dei cani randagi. Poi verrà il lavoro, ma senza un luogo dove stare non è vita. Questa è la nostra priorità. Una necessità che viene prima di qualsiasi altra cosa. Almeno per chi come me e la mia famiglia ha perduto la propria casa dopo il 24 agosto. E con l’abitazione tutti gli sforzi e i sacrifici di una vita per stare in quella casa. Dai primi giorni dell’emergenza sono passati più di due mesi. Purtroppo ora si ricomincia da capo. Anche le ipotesi iniziali e i primi rilievi sono da cestinare. È tutto da rifare. Verrebbe da pensare che due mesi sono stati gettati quasi al vento. Forse se subito ci avessero dato dei container o delle casette dove alloggiare oggi la situazione sarebbe meno pesante. Non so se esista un piano B per Amatrice, ma così è deleterio restare.

Luciano – Ho tre figli, si meritano un’altra scuola

In soli due mesi di Amatrice restano solo ricordi. Immagini straordinarie ma senza alcuna prospettiva, alcun futuro. Tutto è fermo a due date: 24 agosto e 30 ottobre. Tutti, chi più chi meno, hanno perduto qualcosa. Molti, soprattutto, ad Amatrice anche la vita. Ai più fortunati, a quelli che ce l’hanno fatta, a molti che non hanno perduto affetti, ora spetterà il compito di dare una prospettiva ai figli, alle nuove generazioni. Io di bimbi ne ho tre. L’ultimo, la sera del 24 agosto, era nato da appena dieci giorni. Gli altri vanno già a scuola. È a loro che si deve rivolgere l’attenzione dei più grandi e delle istituzioni.

Dovremmo chiederci, ad esempio, se la scelta di tenere le scuole ad Amatrice sia stata la soluzione giusta. È giusto tenere qui i bambini? Cosa fanno quando escono da scuola? Non era più naturale trasferirli in una scuola a San Benedetto creando intorno a loro una comunità di amici e di interessi? Io credo di sì. E credo che le istituzioni debbano fare una riflessione. Meglio fuori, infatti, che restare qui a respirare le polveri d’amianto.

Costantino – Strade chiuse. Sono prigioniero delle macerie  

Amatrice in questo momento ha tantissimi problemi, uno più grave dell’altro. Non c’è praticamente più nulla. E abbiamo bisogno di tutto. Di servizi, centri di assistenza, di accoglienza.

Ma la priorità, a mio avviso, rimane comunque la viabilità. Credo che il primo problema da risolvere sia proprio quello della circolazione delle auto. Amatrice è rimasta ferma intorno alla sue macerie ed è come prigioniera.

Dalla frazione di San Giorgio, dove vivo, non riesco nemmeno ad arrivare in nessun modo in centro. E come me tanti altri cittadini. E anche tutti quei mezzi e quei servizi che sono indispensabili, non solo per il trasporto delle merci ma anche per l’assistenza dopo il terribile terremoto.

La situazione è davvero drammatica e rende ancora più emergenziale una situazione che dire precaria è poco.

Rodolfo – Andare in hotel? Niente vacanza, c’è da sgobbare  

Da tre giorni dormo nella palestra comunale con mia moglie. Ci sono pochi bagni e tante brandine, ma almeno è sicura. La mia casa, secondo me, non è mica tanto lesionata. Ma lo diranno i tecnici, ovvio. Nel frattempo dormiamo fuori perché mia moglie è terrorizzata.

Andarcene sulla costa in un hotel a spese dello Stato? Neanche per sogno. In albergo ci si va a luglio e agosto, quando ci sono le ferie. Ora è tempo di andare al mare? Qui dobbiamo pensare a tenerci il lavoro e a ricominciare subito. Per fortuna, dove lavoro io, una rivendita all’ingrosso di cibi e bevande, a Norcia, il titolare è combattivo. Mi ha già telefonato: domani si torna a lavorare. Mi ha detto che è un macello, i pilastri del capannone sono di acciaio e hanno tenuto, ma le pareti di cemento sono cadute e hanno tritato la roba e i nostri furgoni. E vabbé, toglieremo le macerie e ripartiremo. Noi riforniamo tanti clienti della zona; se non lavoriamo noi, qui non mangia nessuno.

Nello – In roulotte con il mio gatto e il cane Victor  

Ho una ditta di movimento terra e un bar alle porte di Cascia. Il terremoto ha risparmiato niente. Casa mia era in cemento armato ed è sicuramente da abbattere. Ho visto lesioni in due pilastri, lesioni diagonali, molto brutte. Penso che non ci sia niente da fare. Nella nostra strada, che corre lungo il fosso di Cuccaro, evidentemente si sono scaricate le onde sismiche. Non c’è una casa di cemento armato che s’è salvata. Eppure erano state costruite bene, negli anni Settanta; c’era mio padre a seguire i lavori e lui era del mestiere. Non hanno risparmiato sul ferro o sul cemento.

Da domenica dormo con i miei genitori nel container-ufficio che avevo in cantiere. Sono andato con lo scavatore grosso, l’ho imbragato e me lo sono portato davanti casa. Ho fatto tutto da me; qui passano tanti soccorritori ma non si ferma mai nessuno. Si vede che hanno altre priorità…

Tramite Internet mi sono comprato per 1000 euro una roulotte usata che mi pare in buono stato, e domani me la vado a prendere. Poi si vedrà che fa il governo. Ma di andarmene via non se ne parla. Che faccio: mollo l’attività e scappo? E poi c’ho un gatto e un sanbernardo, Victor, che sono scossi. A chi li lascio?».

Giovanni – Io volontario e terremotato: un doppio choc  

Dal 2006 vivo nel paesino di Visso, in passato ho dato una mano in mille emergenze diverse. Stavolta, per la prima volta, sono un volontario che aiuta gli altri, ma anche un danneggiato. Accumulo due stress, non è una situazione semplice.

Mi occupo dei problemi di tutti, cerco di risolverli, ma so anche di essere nelle loro stesse condizioni. Tutte le strutture di Visso sono inagibili, tutti siamo rimasti senza casa.

Adesso vivo con la mia compagna e la sua famiglia nella struttura messa a disposizione dalla Croce rossa, dove diamo una mano agli abitanti che sono rimasti per occuparsi dei loro animali (anche se sono una minoranza) e dove assistiamo anche chi fa la spola tra il mare e il paese ogni giorno.

Sono qui al servizio di tutti e qui resterò. È a Visso che voglio tornare ad abitare quando l’emergenza sarà finita.

Diego – Ho perso il lavoro ancora prima di iniziare. Adesso aspetto che riapra il prosciuttificio  

Avevo finalmente trovato un lavoro, ma non ho mai cominciato. Lunedì doveva essere il mio primo giorno, mi avevano assunto in un prosciuttificio di Norcia. Poi è arrivata la scossa di domenica mattina, alle 7.40, e la mia vita è cambiata in un minuto.

Il prosciuttificio è andato completamente all’aria. Mi ha telefonato il titolare e mi ha detto che per il momento non sa neppure lui che cosa succederà. Mi ha detto di aspettare notizie.

E adesso bisogna far fronte a un danno non solo per l’azienda ma anche per l’intera economia di Norcia. Dicono tanto del turismo religioso e sarà anche vero. Ma sono i prosciutti che noi vendiamo in tutto il mondo a far vivere le famiglie di qui.

E con il lavoro, come tanti, ho perso anche la casa. Da poco vivevo in quelle popolari: completamente distrutte, non hanno retto proprio. Adesso sono tornato a vivere a casa di mia madre. Lesionata anche quella, ma non distrutta.

Così ieri attraverso un sito internet abbiamo comprato una roulotte, che ci hanno già consegnato. Sono stati davvero onesti. L’abbiamo fatta mettere nel nostro giardino, così almeno ieri notte non abbiamo dovuto dormire in macchina. Da domani si vedrà. Una cosa è certa: io da qui non me ne vado. Aspetto che riapra il prosciuttificio. Speriamo…

Marina – Ora vogliono toglierci pure i pompieri  

Ormai sentiamo anche la più piccola delle scosse. Io e la mia famiglia ad agosto abbiamo perso la casa. E con l’abitazione anche la nostra attività commerciale. Ora abbiamo perduto anche un’altra casa che ci era stata messa a disposizione da chi ne aveva una in più. Siamo ormai senza niente. Ma soprattutto siamo senza prospettive per il futuro. Un futuro dove ormai l’unica cosa che conta è la vita. Per questa ragione, la prima preoccupazione è la sicurezza. Per noi e per i nostri figli.

L’ultima scossa, infatti, pare aver creato problemi di sicurezza anche nei centri che ospitano i soccorritori. C’è chi avanza l’ipotesi di spostare per ragioni di sicurezza anche i Vigili del fuoco a Cittareale, ma noi non possiamo restare senza di loro. È indispensabile che si trovi un’altra soluzione.

In queste condizioni chi ci aiuta se anche i pompieri vanno via? È vero Amatrice e Cittareale distano soltanto venti chilometri. Una distanza certamente superabile, ma in condizioni normali. Qui, però, non ci sono strade. Ma soprattutto non ci sono più condizioni normali.

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lastampa/Le voci del terremoto – SERVIZI A CURA DEGLI INVIATI FLAVIA AMABILE, FRANCESCO GRIGNETTI E PAOLO FESTUCCIA

Garibaldi a Ischia. Al Torrione un Abate foriano, suo primo biografo.

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Padre Giuseppe da Forio, al secolo Erasmo Di Lustro, francescano dei Minori Osservanti, tracciò un brillante panegirico dell’Eroe dei due Mondi.
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Padre Giuseppe da Forio, al secolo Erasmo Di Lustro, biografo di Giuseppe Garibaldi.

La storia dell’isola d’Ischia s’incrocia con quella dell’intera Italia. Ne è silente testimone il Torrione di Forio che dall’alto della sua mole sfida sornione i secoli e i terremoti. All’interno del Museo Civico Giovanni Maltese, lo scrigno che custodisce i segreti del Torrione, si apre, svelando ai sempre più frequenti visitatori, spaccati di epoche più o meno recenti. Com’è già abbastanza noto, testimoniato anche dallo storico foriano Giuseppe D’Ascia e dalla vasca tuttora presente presso un antico hotel casamicciolese, Giuseppe Garibaldi frequentò l’isola verde per curare la ferita riportata all’Aspromonte.

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Il Generale Giuseppe Garibaldi

«Sotto la direzione ed il disegno dell’architetto Gaetano Fazzini, venia dal signor Manzi costruito un elegante e spazioso stabilimento di Bagni Termo-Minerali, approfittando di due vene di acque trovate scavando due pozzi, le quali fatte analizzare dal Professore Raffaele Cappa, furono trovate medicamentose e non dissimili alle altre vene dell’antico Stabilimento di Gurgitello. Questo stabilimento Balneare è posto di fianco al suo palazzo ad uso di Albergo, quasi di fronte all’antico fonte dell’acqua dell’Occhio. La costruzione di questo Stabilimento di bagni è di stile greco. Un peristilio di ordine greco dà accesso alle sale dello stabilimento decorate alla pompeiana. Decentissimi camerini con vaschette di marmi bianchi, corridoi coverti, cortili adiacenti, atrii spaziosi e comodi, abbelliti da colonnati, ristorati da verzieri, circondano i bagni – sul cui vano di entrata havvi una iscrizione che tralasceremo. In uno di questi gabinetti da bagno il Generale Giuseppe Garibaldi per varii giorni nel mese di giugno 1864 si servì per curare la sua ferita al piede colle acque di Casamicciola, e nell’annesso Albergo prese stanza, quando arrivò in questo Comune, nelle ore vespertine del 19 giugno detto anno: nel quale albergo dimorò circa 8 giorni». 

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La vasca nella quale si curò Garibaldi, presso un noto hotel isolano

Meno nota è la biografia del Generale Garibaldi che scrisse Padre Giuseppe da Forio, abate dei frati francescani m.o. e edita dallo Stabilimento Tipografico Perrotta di Napoli nel 1862. Nei volumi pubblicati anche in successive edizioni fino alla terza, aggiornate fino al famoso “Obbedisco” di Bezzecca, il prelato traccia una visione del Nizzardo con l’entusiasmo e la consapevolezza di trovarsi a recensire un grande personaggio che aveva scritto la Storia d’Italia. Intriso d’ideali libertari e grato all’eroe per aver realizzato ciò cui gran parte degli italiani aspirava, l’Unità di un popolo, P. Giuseppe mette in risalto la semplicità del personaggio, rimarcandone la provenienza popolare. Garibaldi, nato a Nizza il 22 luglio del 1807 da famiglia di marinai e divenuto lui stesso provetto comandante, abbracciò la fede del Risorgimento che l’avrebbe portato ad essere uno dei principali artefici dell’Unità d’Italia. Erasmo Di Lustro, (nome di battesimo di P. Giuseppe) ne fu fiero fautore in un ambiente ostile, quello del regno di Ferdinando II e della Curia, al tempo schierata per gran parte con la monarchia napoletana. Con la sua illuminante e dotta predicazione, eseguita principalmente nella chiesa di Santa Maria La Nova a Napoli, ma anche nel circondario delle diocesi limitrofe, preparò le masse ignoranti al nuovo avanzante e ai modelli cristiani della nuova Italia. Il Generale Garibaldi, durante il periodo in cui fu Dittatore di Napoli, ebbe modo di apprezzarne la costruttiva dialettica e ascoltandolo il 20 settembre 1860 lo chiamò ”Primo oratore d’Italia dei tempi nuovi” e confidò ai suoi amici: «Questo monaco ha contribuito all’unità d’Italia con la sua parola, quanto io ho contribuito con la mia spada». Ma lo schierarsi apertamente a favore dei Savoia e di Garibaldi non ripagò il frate francescano, anzi fu avversato dalle gerarchie ecclesiastiche che lo perseguitarono in tutti i modi, limitandogli le predicazioni che rappresentavano per l’Abate Giuseppe l’unica fonte di sostentamento. A causa delle sue idee filo unitarie, fu costretto ad abbandonare l’ordine dei Minori Osservanti e riuscì ad ottenere, grazie a potenti intercessioni, l’iscrizione al clero secolare. Con tale carica evitò l’indigenza e pian piano riuscì ad aprire una scuola privata a Napoli dal 1862 al 1867. Amareggiato e avvilito ma non domo fece ritorno nel suo paese natale: Forio. Qui una nutrita schiera di allievi seppe apprezzare i suoi ideali libertari e la sua elevata cultura e dialettica. La biografia di Giuseppe Garibaldi non fu il suo unico testo scritto. Di Erasmo si ricordano la traduzione delle poesie di Percy Bysshe Shelley e vari altri scritti tra cui una Guida alle lezioni di eloquenza (Tipografia Luigi Banzoli, 1846, Napoli) e una monografia tecnica Spese di Culto. Numerose copie delle prediche eseguite in occasione di onoranze funebri, nozze o eventi particolari, d’insigni personaggi dell’epoca, sono custodite nelle varie chiese delle principali città italiane. Celebri sono l’elogio di Camillo Benso Conte di Cavour, il festeggiamento delle nozze di Maria Pia di Savoia e l’omaggio a Sigismondo Thalberg. Uno degli allievi dell’Abate fu Giovanni Maltese che apprese, oltre all’innata dialettica che Padre Giuseppe condivideva, anche con l’aiuto del libro di Basilio Puoti “l’Arte di scrivere in prosa” edito dalla Stamperia del Vaglio a Napoli nel 1848, le regole fondamentali della metrica. Con questi insegnamenti Giovanni cominciò a scrivere i suoi endecasillabi di “Cerrenne” e i sonetti di “N’crocchie” e per ripagarlo lo immortalò in un dipinto a carbonella tuttora custodito nel Museo Civico del Torrione di Forio. In occasione dei funerali del prelato, nel mese di gennaio del 1898, l’insigne letterato e giornalista foriano Luigi Patalano, che ne era stato intimo amico ed erede culturale, pronunciando il discorso commemorativo ripercorse i momenti significativi della vita dell’abate francescano e disse tra l’altro: «… P.  Giuseppe da Forio fu senza dubbio uno dei più grandi oratori sacri d’Italia ai suoi tempi, tra il 1845 e il 1860. I Borboni, che spesso lo vollero nelle loro private cappelle, lo ebbero carissimo malgrado le amare verità che spesso loro diceva. Ma in quei tempi in cui tutto poteva ottenersi dal regio favore P. Giuseppe da Forio, nulla volendo e nulla chiedendo, poteva permettersi di  richiamare il Sovrano ad una migliore comprensione ed osservanza dei suoi doveri. P Giuseppe da Forio, il “fulmine di eloquenza”, come lo definiva Il Fanfulla, (quotidiano italiano dell’800), trascinando il popolo con il fascino onnipotente del suo eloquio contribuì a propagandare il principio della necessaria unificazione come condizione imprescindibile della grandezza e della libertà della nostra Patria …».

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La lapide in commemorazione di P. Giuseppe da Forio.

Il Centro Ricerche Storiche D’Ambra, https://www.ricerchedambra.altervista.org/garibaldibicentenario.htm  da sempre dedito alla fruizione, raccolta documentaria e storiografica delle varie vicende che nel corso dei secoli hanno interessato l’Europa, è diretto dall’Avv. Nino D’Ambra, Presidente, tra l’altro, dell’Officina della Memoria l’organismo nato per la tutela e la propagazione delle radici del popolo di Forio. L’esimio ricercatore e autore, tra altre opere, di un compendio sulla vita dell’Eroe dei due Mondi, Giuseppe Garibaldi, le cui copie sono distribuite in tutte le Ambasciate italiane nel mondo, ha mandato recentemente in stampa il suo ultimo lavoro: Padre Giuseppe da Forio Francescano Garibaldino, da cui sono stati tratti alcuni stralci e notizie storiche. Nel 1922, quando già si respirava il totalitarismo imminente, i suoi concittadini vollero rendere omaggio, con l’apposizione di una lapide presso la sua ultima dimora, all’ingresso del centro storico, ad imperitura memoria di questo campione della libertà.

Del gruppo di promotori facevano parte, oltre al già citato Luigi Patalano, il Dott. Giuseppe Amalfitano, Vitantonio Matarese e  il padre e uno zio dell’Avv. Nino D’Ambra, Domenico e Giovanni. Tutti i visitatori del Museo Civico Giovanni Maltese, al Torrione di Forio www.iltorrioneforio.it,  possono beneficiare di queste e altre notizie inerenti al patrimonio culturale di Forio.

Luigi Castaldi

Allan: “Abbiamo fatto una buona prestazione, adesso testa alla Lazio”

Allan ai microfoni di Premium Sport

Al termine di Besiktas-Napoli, è intervenuto Allan, il quale ha dichiarato: “Siamo un po’ rammaricati per il pari, era importante vincere ma usciamo a testa alta perché abbiamo fatto una buona prestazione. Le critiche dipende da chi arrivano, non dobbiamo sentire nessuno da fuori. Abbiamo sbagliato due partite, ma possiamo migliorare ancora tanto. Benfica e Besiktas sono due squadre buone, ora però dobbiamo pensare al campionato ed alla sfida di sabato. Ci siamo parlati dopo le sconfitte, abbiamo tutti messo la testa per ritrovarci. Questo è il nostro cammino, noi siamo una squadra che gioca alta. Stare bassi non è il nostro gioco. Forse si era perso un po’ di spirito di sacrificio ma adesso lo stiamo ritrovando”.

Panucci: “Insigne grande calciatore. In fase di non possesso potrebbe fare di più”

Christian Panucci, ex difensore, ha commentato la prestazione di Lorenzo Insigne negli studi di Premium Sport:

“Insigne è un talento straordinario, quando ha lo spazio riesce a costruire sempre grandi giocate. In fase di non possesso potrebbe sicuramente fare meglio. In questo momento non è al top, ma sta comunque facendo meglio rispetto ad inizio stagione.
Diawara? Un ragazzo che mi piace molto, avrà certamente un grande futuro”.

Inler: “Buon punto sia per noi che per loro, i ragazzi sono fratelli per me”

Inler ai microfoni di Premium Sport

Ai microfoni di Premium Sport, è intervenuto Inler, centrocampista del Napoli, il quale ha dichiarato: “Sapevo della forma del Napoli perché li ho sempre seguiti. Mi piace il loro gioco, ma oggi volevamo chiudere i conti. Mi aspettavo una loro reazione, dopo la sconfitta con la Juventus. Saluto sempre la mia ex squadra, i ragazzi sono come dei fratelli per me. Hamsik? Abbiamo caratteristiche simili, soprattutto per quanto riguarda i tiri da fuori. Appena l’ho visto calciare ho pensato che ci avrebbe fatto male. E’ un grande calciatore, e un grande capitano. Con Mertens e Gabbiadini, il Napoli ha cambiato qualcosa. Questo è un punto che può fare a bene sia a noi che a loro.”

Cesari: “Rigore giusto, Maksimovic è stato ingenuo”

Graziano Cesari, ex arbitro ed attuale opinionista Mediaset, ha commentato l’ episodio del rigore:

“Maksimovic è stato molto ingenuo, non si affronta in questo modo l’ avversario in area di rigore. Intervento scomposto e rigore giusto, l’ arbitro ha fatto bene. Ha sbagliato, invece, a non sanzionare con il giallo Aboubakar che ha simulato nell’ area azzurra”.