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Ebrei romani: il Gran Mufti di Gerusalemme collaborò con Hitler nella Shoah

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Per gli ebrei romani “è inaccettabile” l’invito a gruppi palestinesi quando proprio il Gran Mufti di Gerusalemme collaborò con Hitler nella Shoah per cui, alla manifestazione dell’Anpi prevista per il 25 aprile prima la Comunità ebraica e poi il Pd annunciano che non parteciperanno.

Il gran Mufti alleato di Hitler contro gli ebrei

Il 25 aprile è la data scelta dall’Italia repubblicana per celebrare la fine dell’occupazione nazifascista e la riconquista delle libertà politiche e civili. Naturale che a festeggiare la ricorrenza siano in primo luogo le associazioni partigiane, seppur ormai trasformate, col passare degli anni, in associazioni politico-culturali. Meno naturale che i dirigenti dell’Anpi ritengano doveroso invitare alle celebrazioni nazionali militanti della resistenza palestinese. Succede ormai da qualche anno: e ogni volta i cortei organizzati per festeggiare la liberazione dal nazismo sono diventati occasione per violente, anche se sparute, contestazioni rivolte contro le rappresentanze delle comunità israelitiche, in particolare contro i pochi superstiti della Brigata ebraica che combatterono sul fronte italiano dopo essere sfuggiti avventurosamente alla morte nei lager. Questa volta, le comunità israelitiche hanno deciso di non partecipare al corteo ufficiale e di manifestare per conto proprio. A loro si sono associati – e questa è una novità – i vertici del Partito democratico.

Difficile dar loro torto. Ognuno è libero di scegliere la resistenza che preferisce, o di esaltare i movimenti di liberazione nazionale nati dalle lotte contro il colonialismo, senza troppo badare alle loro credenziali democratiche. Ma associare i combattenti palestinesi alle celebrazioni ufficiali per la sconfitta del nazifascismo significa commettere un clamoroso errore storico oltre che un atto politicamente inopportuno.

È noto, infatti che negli Anni 30 del Novecento, nella sua (legittima) lotta per l’indipendenza, il nazionalismo arabo cercò e ottenne sostegno nell’Italia fascista. E che il gran Mufti di Gerusalemme Amin al-Husseini, una delle più alte autorità dell’Islam sunnita, fu alleato e amico di Hitler e lo incoraggiò, per quanto era in suo potere, a perseguire sino in fondo il programma di sterminio del popolo ebraico. Non si vede allora che senso abbia invitare gli eredi del nazionalismo arabo a celebrare insieme la sconfitta del nazifascismo, che fu in fondo anche la loro sconfitta. E farlo proprio in un momento in cui piccoli e grandi fuochi di antisemitismo tornano ad accendersi anche in Europa.

vivicentro.it/cultura
vivicentro/Ebrei romani: il Gran Mufti di Gerusalemme collaborò con Hitler nella Shoah
lastampa/Il gran Mufti alleato di Hitler contro gli ebrei GIOVANNI SABBATUCCI

Jorginho: “Secondo posto obbiettivo fondamentale per noi. Vincere a Napoli è speciale, sarebbe un sogno”

Il centrocampista azzurro Jorginho ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli, emittente ufficiale della società partenopea:

“Il lavoro in mezzo al campo non lo fa Jorginho da solo ma è merito di tutta la squadra e di quelli che si smarcano e vogliono il pallone. Secondo posto? Ci crediamo tantissimo, siamo concentrati per raggiungere l’ obbiettivo. E’ stata una grande soddisfazione per me ricevere i ringraziamenti da Dries dopo il gol contro l’Udinese. Come ho detto prima, è tutto un lavoro di squadra che abbiamo fatto insieme. Stiamo lavorando bene, riuscendo anche a divertire e divertirci. In questo modo arrivano i risultati e diventa tutto più semplice”.

Sul Sassuolo:Non sarà una partita semplice, è una squadra che sta bene e può mettere in difficoltà chiunque. Anche giocare alle 12.30 è particolare, dobbiamo mettere tutto in campo e vincere”.

Sulla Champions League: “Sicuramente vogliamo rigiocarla, ma dobbiamo passare da Sassuolo per centrare l’ obbiettivo. Dobbiamo pensare solo a vincere la prossima gara. Sto bene ma sono certo che devo crescere e migliorare ancora. Ho solo 25 anni e si può migliorare sempre, lavoro ogni giorno per crescere”.

Sulla Nazionale: “Ogni giocatore lavora per giocare in Nazionale, vediamo quello che succederà ma ora penso al Napoli”.

Vuoi restare a Napoli per vincere ?Vincere a Napoli non è come farlo da altre parti. Vincere qui è speciale ed è un sogno anche per noi. Stiamo lavorando per il futuro, vediamo quello che succederà. Sto lavorando anche per migliorare in zona gol, spero di superare questo limite. Mi trovo bene sia con Allan che con Zielinski, sono giocatori molto diversi. Il primo mi da una mano nella fase difensiva, ma Piotr è bravo in fase di palleggio”.

Sul rapporto con la città: “La amo tantissimo, questa città la porterò sempre con me. Chi viene a Napoli non la può mai dimenticare. E’ una città che ti dà tante soddisfazioni, tu rappresenti la sua gente in campo. Il mio compito è quello di dare equilibrio alla squadra e cerco di eseguirlo. Le partite contro la Juve ci hanno dato consapevolezza dei nostri mezzi, dobbiamo continuare così”.

Il 25 aprile della discordia

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La manifestazione dell’Anpi prevista per il 25 aprile spacca la città di Roma. Prima la Comunità ebraica e poi il Pd annunciano che non parteciperanno. Per gli ebrei romani “è inaccettabile” l’invito a gruppi palestinesi quando proprio il Gran Mufti di Gerusalemme collaborò con Hitler nella Shoah.

Comunità ebraica contro l’Anpi. E anche il Pd diserta il 25 Aprile

Gli ebrei romani: “Non sfileremo accanto alle bandiere palestinesi. Siamo stati invitati al corteo come comunità straniera, inaccettabile”

ROMA – Un’assenza che stavolta, per i toni usati, ha il peso di uno strappo storico. Anche quest’anno deportati, Comunità e la brigata ebraica non sfileranno al corteo del 25 Aprile. Tensioni e malumori con l’Anpi si erano registrati già nelle celebrazioni degli ultimi due anni, ma stavolta la Comunità afferma a chiare lettere che l’Anpi «non rappresenta più i veri partigiani». All’origine del dissidio, la partecipazione alla manifestazione di militanti filo palestinesi (che in passato hanno contestato lo striscione della brigata ebraica). A questa ferita, si aggiunge poi la frattura tra Anpi e Pd che per il secondo anno consecutivo diserterà la festa.

La presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, è categorica: «Non si può cancellare la storia e far sfilare gli eredi del Gran Mufti di Gerusalemme, che si alleò con Hitler, con le proprie bandiere. Per non parlare delle ripetute aggressioni, avvenute negli anni passati, ai danni dei rappresentanti della Brigata Ebraica». Netta la sua presa di distanza dall’Associazione nazionale partigiani italiani: «L’Anpi che paragona la Comunità Ebraica di Roma a una comunità straniera è fuori dalla storia e non rappresenta più i veri partigiani. Oggi c’è bisogno di celebrare la giornata del 25 Aprile senza faziosità e senza ambiguità».

Ma chi rappresenta le vittime dell’Olocausto non vuole comunque mancare a un appuntamento così importante come la ricorrenza della Liberazione e ha quindi messo in programma un’iniziativa alternativa. «Ci ritroveremo alle 10.30 in via Balbo, di fronte all’allora sede della Brigata ebraica – prosegue Dureghello – per tornare a celebrare la liberazione d’Italia dal nazifascismo da parte delle forze partigiane e dei Paesi alleati».

Il Pd a sua volta invierà dei rappresentanti nei luoghi simbolo della Resistenza come via Tasso e le Fosse Ardeatine, ma anche all’incontro programmato dalla Comunità ebraica. Per il resto, il commissario Pd di Roma, Matteo Orfini, è molto critico: «Purtroppo ancora una volta a Roma il corteo dell’Anpi è diventato elemento di divisione quando dovrebbe essere invece l’occasione di unire la città intorno ai valori della Resistenza e dell’antifascismo. Per questo, come già l’anno passato, non parteciperemo».

Al paradosso dell’antagonismo tra Comunità ebraica e Anpi si aggiunge poi il boicottaggio del M5S, che ieri ha rallentato il cammino per l’approvazione alla Camera della legge per assegnare la Medaglia d’Oro al valor militare proprio alla Brigata ebraica. I grillini hanno ostacolato la proposta del Pd e di Ap con un emendamento che chiedeva la contemporanea assegnazione dell’onorificenza al Battaglione Maori dell’esercito inglese. Dopo le insistenze degli altri gruppi e l’impegno a una futura proposta di legge che premi anche i combattenti Maori i pentastellati hanno ritirato l’emendamento. La proposta di legge sarà approvata oggi in sede referente.

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lastampa/Comunità ebraica contro l’Anpi. E anche il Pd diserta il 25 Aprile GRAZIA LONGO

Oltre 7 milioni di poveri: lo certifica l’ISTAT

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Per l’Istat in Italia ci sono 7,2 milioni di poveri che detto in altri termini vuol dire l’11,9% della popolazione in gravi difficoltà economiche o ancora che 11 famiglie su 100 sono vittime del disagio. A soffrire sono molti over 65 ma anche oltre 1 milione e 250 mila minorenni.

In Italia 7,2 milioni di poveri

Secondo l’Istat l’11,9 per cento della popolazione è in gravi difficoltà economiche. Nel 2016 in sofferenza l’11,1% degli over-65 e 1 milione e 250 mila minorenni

In Italia sono oltre 7,2 milioni le persone che vivono in famiglie in gravi difficoltà economiche. Un livello, dice l’Istat, pari all’11,9%, che nel 2016 è rimasto «sostanzialmente stabile» rispetto all’anno prima.

Ecco cosa fa la differenza: non potersi permettere spese impreviste di 800 euro, una settimana di vacanze, un pasto proteico ogni due giorni, l’acquisto di un’auto, un riscaldamento adeguato o avere arretrati per mutuo o bollette.

Gli over-65 registrano un peggioramento sul 2015: la percentuale di chi è in seria difficoltà passa dall’8,4% all’11,1%.I minorenni in situazioni problematiche sono 1 milione e 250 mila.

TORINO, PERSO IL LAVORO RESTA SOLO LA CARITAS  

È stata Lucia ad avere il coraggio di andare a chiedere aiuto al Centro di ascolto della Caritas, in una delle periferie nuove, nate dove prima c’erano le fabbriche. Lucia, 43 anni, e il marito Giovanni, 40, abitano poco lontano con il figlio, al primo anno di università: vivono in un alloggio di due stanze e cucina di cui stanno pagando il mutuo. E questo è uno dei problemi.

La loro è una storia comune, alla Caritas torinese, dallo scoppio della crisi. «Gente che se la cavava bene, a cui, senza essere ricca, non mancava niente», dice il direttore Pierluigi Dovis. L’inizio della discesa nessuno riesce a immaginarlo. Colpe? Lavorare in due aziende dello stesso settore di indotto in crisi. «Lui è un tecnico, era responsabile di un reparto di produzione. Due anni fa ha cominciato a vedersi ridurre i giorni di lavoro “compensati” dalla cassa integrazione, finché è rimasto a casa: delocalizzazione. E lì sono incominciati i problemi in famiglia. Perché lei lavorava e lui no, e quindi sensi di colpa devastanti, impressione di essere inutile, mantenuto. La moglie lo ha sostenuto in tutti i modi», ricorda il direttore della Caritas. «Per mesi lo ha invitato ad avere fiducia. Poi è toccato a lei. L’impresa nella quale lavorava ha dovuto cedere un ramo d’azienda: in venti giorni è si ritrovata a casa. Con il sussidio di disoccupazione, certo. Ma il reddito della famiglia si era dimezzato».

È stato a quel punto che il figlio ha cercato di alleviare le preoccupazioni dei genitori cercandosi un lavoretto. «Lo ha trovato come operaio tuttofare in un’impresa edile, in nero, nel fine settimana. Così – spiega Dovis – è andata avanti per un paio di mesi, con qualche centinaio di euro di aiuto alla famiglia, finché un giorno il ragazzo è caduto da un’impalcatura. Di denunciare non se n’è parlato perché sono state subito minacce. Per fortuna recupererà completamente, ma è stato in ospedale a lungo e ora deve fare molta fisioterapia. Madre e padre sono caduti in depressione, ma non possono curarsi perché devono prima di tutto pensare al figlio. Che comunque, per ragioni economiche, non potrà continuare l’università». La ragione che ha spinto Lucia a superare la vergogna e a rivolgersi alla Caritas è stato il sollecito della banca dopo tre rate di mutuo non pagato. «Ma quando mi hanno incontrato – dice Dovis – la richiesta più accorata è stata un’altra: essere aiutati a non scoppiare come famiglia». Un rischio reale. L’aggravante della povertà.

VIGEVANO, ADDIO RICCHEZZA NELL’EX ELDORADO DELLE SCARPE  

Negli Anni Sessanta c’erano 1000 aziende che producevano 30 milioni di scarpe l’anno. Oggi sono 15 e non arrivano a 800 addetti. Se la crisi morde, nel settore calzaturiero di Vigevano addirittura sbrana. «Nell’ultimo anno ho lasciato a casa 8 dipendenti. Siamo rimasti in 20. Non ci dormo la notte per capire come fare ad andare avanti», racconta Carlo Dal Monte, piccolo imprenditore del settore, in proprio da nemmeno 20 anni. I peggiori 20 anni di questo distretto dove solo nel 1962 Giorgio Bocca sul Giorno scriveva: «Fare soldi, per fare soldi, per fare soldi: se esistono altre prospettive, chiedo scusa, non le ho viste».

Più di 50 anni dopo le prospettive sono cambiate di brutto. Prima sono arrivati i cinesi, bassi costi e bassa qualità. Poi ci si è messa la crisi, basso tutto. Secondo Banca Intesa il trend è negativo anche nelle esportazioni: -8,1% nel quarto trimestre, -4,3% su base annua. «Io non posso competere con i cinesi ma i grandi marchi per cui lavoriamo ci stanno strangolando. Negli ultimi 7 anni è aumentato tutto meno il costo di lavorazione. Sento tanto i politici parlare di made in Italy. Ma lo Stato che conosco io è quello che mi ha fatto versare 17 mila euro di contributi per i 20 dipendenti rimasti».

I sopravvissuti negli anni si sono dovuti riconvertire. Le linee con un proprio marchio sono quasi sparite. Si lavora per le grandi «griffe» che dettano legge. Anche chi sta meno peggio degli altri, perché ha saputo posizionarsi bene con i grandi marchi, non dorme sonni tranquilli. Massimo Martinoli guida l’azienda di famiglia che fa scarpe da 70 anni. Oggi ha 60 dipendenti, 20 anni fa erano 80: «Negli Anni 70 per andare avanti puntammo sulla eccellenza. Negli Anni 90 ci aprimmo ai grandi marchi del lusso. Oggi fanno fatica anche loro. Penso all’e-commerce ma sono sicuro che ci sarà una nuova trasformazione del settore». Gianni Ardemagni che segue il settore per la Cisl usa toni da funerale: «Vanno avanti solo le aziende più strutturate o un sottobosco di piccoli artigiani che lavorano conto terzi. Ma Vigevano da anni non è più un distretto vincente». Sarebbe bastato poco per tutelare il distretto. Da 15 anni i calzaturieri si battono per il riconoscimento del made in Italy a livello europeo. Massimo Martinoli assicura che è una battaglia soli contro tutti: «I Paesi del Nord che sono grandi importatori non lo vogliono. I nostri politici sono assenti».

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lastampa/In Italia 7,2 milioni di poveri MARIA TERESA MARTINENGO, FABIO POLETTI

La convergenza tra il Movimento Cinque Stelle e la Chiesa

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Marcello Sorgi, analizza la scena politica che vede affiorare un’inedita intesa tra il Movimento Cinque Stelle e la Chiesa sui temi del contrasto alla povertà e del reddito di cittadinanza e, evidenziando che l’obiettivo di Grillo sono i voti dei moderati, spiega che “sono almeno due anni che la convergenza si è realizzata”.

Quel dialogo tra M5S e vescovi

C’è stata un’epoca – ormai superata – in cui i giornali di partito, o legati a determinate aree culturali o religiose, anticipavano svolte politiche rilevanti. Altri tempi. Ma come va interpretata l’intervista a Beppe Grillo, annunciata ieri con grande evidenza in prima pagina da «Avvenire», quotidiano della Conferenza episcopale italiana, e uscita insieme a un’altra intervista al «Corriere della Sera», in cui il direttore dello stesso giornale dei vescovi, Marco Tarquinio, dice che «su tre quarti dei grandi temi (dal lavoro alla lotta alla povertà), cattolici e 5 Stelle hanno la stessa sensibilità»?

Con una dichiarazione all’agenzia ufficiale «Sir», in serata, Tarquinio stesso ha cercato di ridimensionare il caso che stava per nascere, spiegando che l’intervista a Grillo era solo un’iniziativa giornalistica e le sue affermazioni a titolo personale.

Qualche risentimento nella Curia, sommessamente, può esserci stato, data la coincidenza con la lunga attesa del cambio dei vertici dell’assemblea vescovile e le cautele che la accompagnano.

Eppure, assodato che non siamo di fronte a una repentina svolta pro-5 Stelle delle Gerarchie, e neppure di Papa Francesco (che ha avuto, proprio in coincidenza della Via Crucis alla vigilia di Pasqua, un breve colloquio riservato con la sindaca di Roma Virginia Raggi, mentre Luigi Di Maio, domenica, era a Piazza San Pietro), la domanda rimane. Al di qua e al di là del Portone di bronzo di San Pietro, si sta muovendo qualcosa tra Grillo e i grillini, le eminenze cardinalizie, e più in giù, i parroci e i fedeli che di qui a poco saranno chiamati alle urne come tutti gli elettori?

Forse la risposta giusta è che se qualcosa è accaduto – una forma di attenzione, se non proprio un esplicito avvicinamento – non è avvenuto solo negli ultimi giorni. Sono almeno due anni, e forse più, se vogliamo risalire alle elezioni siciliane del 2012, quelle della traversata a nuoto dello Stretto di Messina da parte di Grillo, pochi mesi prima della vittoria alle politiche del 2013, che nel largo perimetro del mondo cattolico di base è in corso una sorta di annusamento, ciò che ha fatto dire a un vescovo siciliano «questi qui stanno venendo a mangiare nel nostro campo»: sulla legalità (alla quale Roberta Lombardi e una parte dei 5 stelle romani avrebbero voluto dedicare una parte del Giubileo), sulla lotta alla corruzione e alle mafie, sul reddito di cittadinanza e più in generale sulle azioni di contrasto della povertà, la convergenza s’è ormai realizzata. Il vecchio Movimento 5 Stelle, che trattava la Chiesa di Benedetto XVI come una parte dell’establishment teso a puntellare il sistema delle ingiustizie, ha cambiato pelle e ha scoperto (tra proteste iniziali della base sul web) Papa Francesco come alleato. I «tre quarti di sensibilità comune» di cui parlava Tarquinio si riferiscono a questi temi e che una parte del cattolicesimo di base e di quello che una volta, con la Dc, si chiamava «collateralismo», voti o abbia simpatia per i 5 Stelle non è un mistero. Già a luglio 2015, all’uscita dell’enciclica «Laudato si’», dedicata ai temi dell’ambiente, materia su cui affondano le radici un po’ catastrofiste del Movimento, i parlamentari stellati ostentavano il loro interesse e citavano a memoria le parole del Papa. Con qualche approssimazione non sempre rispettosa, tipo: «Beppe l’ha sempre detto che Francesco dev’essere iscritto al blog».

Di qui a dire che i vescovi italiani, lontani da rapporti preferenziali diretti con la politica italiana almeno dalla fine del partitone cattolico democristiano, adesso siano pronti a cavalcare la tigre di Grillo, ce ne corre. E non perché non siano in grado di schierarsi (in passato, ad esempio, quando mollarono Prodi e scelsero Berlusconi, salvo poi restare delusi, lo fecero capire chiaramente), ma perché quel tanto di ambiguità, che ancora contrassegna il grillismo, pesa eccome. Un anno fa, quando i senatori stellati decisero all’ultimo momento di scaricare il Pd e non votare la legge sulle unioni civili, lo fecero sulla base del rifiuto della scorciatoia regolamentare voluta da Renzi per approvare in fretta il testo, e non su una ragionata affermazione di valori: che una parte del loro elettorato avrebbe capito, ma un’altra avrebbe rifiutato. Grillo stesso, nell’intervista ad «Avvenire», si rifiuta di prendere posizione su temi sensibili come l’eutanasia e le manipolazioni genetiche.

Al dunque, si può dire che l’attenzione della Chiesa per i 5 Stelle, magari è motivata dalla delusione per Renzi (primo leader cattolico a tornare alla guida del governo dopo un lungo periodo), per le politiche da lui portate avanti o per le promesse mancate in materia di vita, famiglia, scuola, povertà. Ma è anche trattenuta da quel quarto di argomenti che mancano, da parte di Grillo e dei suoi, sugli stessi punti.

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Mirante sulla Juve Stabia: “Il mio amore…”

Mirante sulla Juve Stabia: “Il mio amore…”

Ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, il portiere del Bologna Antonio Mirante ha parlato del suo amore per la Juve Stabia: “Sono un uomo del sud in tutto. Amo Castellammare e la Juve Stabia. Anche se devo sempre regalare troppe maglie. A Castellammare di Stabia è sbocciato pure Gigio Donnarumma. Veniamo dalla stessa scuola calcio, il “Club Napoli”. Ci ha cresciuti Ernesto Ferrara, un maestro. Gli inizi? Arrivai alla Juve a 16 anni. Giocavo nel Sorrento in Interregionale e mi spostavo con la Circumvesuviana. Ne hanno fatti di sacrifici i miei e soldi ne avevamo pochi. Papà operaio, mamma casalinga, tre figli. Alla Juve capii che la mia strada era quella del calcio, ma soffrii a lungo”.

Football Leader 2017, Inzaghi è l”allenatore dell’anno, Chiesa il ‘Leader Under 21’

Football Leader 2017, Inzaghi è l”allenatore dell’anno, Chiesa il ‘Leader Under 21’

Si va ampliando il parterre de roi di Football Leader 2017, il premio dell’AIAC (Associazione Italiana Allenatori Calcio) organizzato dalla DGS Sport&Cultura, con altri due prestigiosi premiati.
L’allenatore della SS Lazio Simone Inzaghi ha vinto il premio “Football Leader-Allenatore dell’anno” con la seguente motivazione:
Per aver guidato con personalità e intelligenza la Lazio, conferendole una precisa identità tattica, un gioco vincente e uno spirito di gruppo encomiabile. Simone Inzaghi si è rivelato quest’anno un autentico Leader delle panchine”.

Federico Chiesa, talento della Fiorentina, si è invece aggiudicato il riconoscimento “Football Leader Under 21” con questa motivazione: “Per aver mostrato talento e leadership in campo e fuori per capacità tecniche e per spiccata personalità. Chiesa, al debutto in massima serie, ha mostrato con carisma e classe le due doti, entrando immediatamente nel cuore dei tifosi e degli appassionati di calcio, conquistando con merito il proscenio della Nazionale Under 21”.

Simone Inzaghi e Federico Chiesa saranno presenti alla cerimonia di premiazione di Football Leader 2017 in programma il 6 giugno a Napoli, nello splendido proscenio di Castel dell’Ovo.

Ad assegnare i riconoscimenti a Simone Inzaghi e a Federico Chiesa sono state le giurie speciali di Football Leader 2017, ovvero gli allenatori iscritti all’AIAC che hanno espresso i voti a Coverciano e la commissione composta da prestigiose firme del giornalismo sportivo italiano. Tutti i dettagli sul sito www.football-leader.it.


Widmer nel mirino, Napoli disposto a cedere Zapata all’Udinese

Widmer nel mirino, Napoli disposto a cedere Zapata all’Udinese

In occasione dello scontro diretto di sabato, i dirigenti del Napoli hanno avuto dei nuovi contatti con quelli dell’Udinese per alzare concretamente l’offerta per il terzino Widmer, offrendo anche la disponibilita’ a cedere Zapata, come scrive Il Mattino. Sul taccuino di Giuntoli ci sono anche altri tre giocatori dell’Udinese: il portiere Meret (protagonista della Spal) e i classe ’96 Fofana e Jankto. Va prestata molta attenzione anche alla pista Andrea Conti: il procuratore guarda con favore al Napoli ma sa che l’Atalanta ha in mente una valutazione molto alta, almeno 20 milioni per il terzino.

Roma, attenta al Pescara degli ex! E la squadra di Zeman non ha mai battuto i giallorossi in A…

NOTIZIE AS ROMA – Non solo Zeman tra gli ex di questa sfida, che si giocherà lunedì 24 aplrile alle 20.45 all’Adriatico. Sono ben 5 i giocatori che militano attualmente nel club abruzzese e che sono cresciuti nel vivaio giallorosso: Valerio Verre, Gianluca Caprari, Alessandro Crescenzi, Simone Pepe e Cesare Bovo. Pepe è l’ex di più vecchia data: nella stagione 200/2001 passò dalla Roma Under 19 al Lecco per poi, nel corso degli anni, arrivare fino alla Juventus dove ha subito un brutto infortunio che ne ha ridimensionato la carriera. Bovo passò alla Roma dal Lecce nella stagione 2005/2006 ed in quella successiva fu venduto al Palermo. Tutti più “recenti” gli altri ex: il terzino sinistro Crescenzi è stato spesso utilizzato come merce di scambio dalla società giallorossa, fino ad arrivare nel 2015 a Pescara, dove sta trovando una certa continuità di rendimento. Nel 2009, fu proporio Spalletti, tra l’altro, a farlo esordire in Serie A (lo riporta Il Tempo). Stessa sorte per Verre e Caprari, il quale era ben visto da Luis Enrique ma fu poi mandato a farsi le ossa nelle serie minori  ed in questa stagione ha messo a segno ben 8 reti: un bottino niente male.
Due vittorie e due pareggi tra Roma e Pescara nelle ultime 4 sfide tra queste due squadre nella massima serie: mai una vittoria per i biancazzurri. Difficile che l’impresa riesca proprio ora: il club abruzzese ha incassato 72 gol totali in questo 2016/2017, ben 45 più della Roma (dato tratto da LaRoma24.it) ma si tratta di una statistica che potrebbe avere il suo peso.

Claudia Demenica

Lotito spara una cifra alta, l’affare Keita si è bloccato

Lotito spara una cifra alta, l’affare Keita si è bloccato

Il Napoli, nonostante i rinnovi più vicini di Insigne e Mertens, si guarda intorno. Nel mirino di Giuntoli e del suo scout ci sono Castillejo del Villarreal e soprattutto Deulofeu: il destino del milanista e’ nella mani del Barcellona (oltre che dell’Everton) ma il ds azzurro attende sornione l’evoluzione della situazione. Come riporta l’edizione odierna de Il Mattino, piace Keita della Lazio ma Lotito ha fatto una valutazione molto alta del suo gioiellino e il tutto si è arenato.

Rinnovo Mertens, c’è distanza sulla clausola: possibile incontro con Kat

Rinnovo Mertens, c’è distanza sulla clausola: possibile incontro con Kat

Le distanze diminuiscono ancora, anche se la strada che porta al rinnovo di Mertens con il Napoli è ancora lunga per il divario di cinque milioni di euro tra le due parti, ovvero l’entita’ della clausola rescissoria che sarebbe utilizzabile solo a partire dall’estate del 2018: i legali belgi la vorrebbero di 18 milioni, i dirigenti azzurri di almeno 23 milioni.

Come rivela Il Mattino: “Nel giro delle ultime ventiquattro ore, in ogni caso, sono stati fatti dei concreti passi in avanti. A sbloccare la situazione e’ stato di sicuro l’incontro di sabato al San Paolo tra De Laurentiis e Francis Stijn. Un faccia a faccia di almeno una trentina di minuti: De Laurentiis e’ stato chiaro nel ribadire la sua volonta’ di non cedere Mertens questa estate. Anche senza rinnovo, il giocatore restera’ nella rosa. Kat vuole lasciare la citta’ e il presidente ha chiesto di poter incontrare, al ritorno in Italia la signora Mertens. Alla finestra, a seguire l’evolversi della trattativa, ci siano Inter, Roma e un bel po’ di pretendenti, ed e’ possibile che abbiano avanzato anche qualche offerta al giocatore”.

Approvato il biotestamento: il malato può abbandonare le cure

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La Camera dei Deputati approva l’emendamento chiave nel disegno di legge sul Biotestamento: in futuro il malato potrà decidere liberamente di interrompere le cure ma …… l’Italia ricasca nella trappola della “Obiezione di coscienza” che è stata inserita anche in questa nuova legge come lo fu, a suo tempo, per quella sull’aborto, e ben si sa a cosa ha portato: ad oggi si è dovuto ricorrere ad indire concorsi specifici per Medici NON obiettori. Comunque e a prescindere, siamo anche di fronte all’ennesimo venir meno dell’uguaglianza tra i cittadini sancita anche dalla Costituzione all’Art. 3. Perché i Medici posso Obiettare mentre, ad esempio, Poliziotti, Carabinieri, Soldati in genere NON possono avanzare l’obiezione di Coscienza nel compimento del loro “mestiere”? Eppure anch’essi possono trovarsi nella condizione di dover uccidere un essere umano.  IDEM poi per alcuni lavoratori: perché alcuni possono obiettare al lavoro festivo mentre altri, in condizioni di lavoro anche ben più dure (ad esempio in acciaieria ad altoforni e convertitori o cocheria ecc ecc) non possono obiettare? Ma questo è ancora altro!

Biotestamento, il malato potrà interrompere il trattamento

Approvato l’emendamento chiave del ddl. Ma c’è l’obiezione di coscienza

ROMA – Il cuore della proposta di legge sul testamento biologico resiste grazie all’insolito asse di maggioranza costituito da Pd e Movimento 5 stelle e supera il primo ostacolo a Montecitorio.

LEGGI ANCHE – La convergenza tra il Movimento Cinque Stelle e la Chiesa è in essere da due anni

Approvati ieri i primi due articoli del provvedimento che disciplina la fase terminale del malato. Le modifiche più importanti, nel corso della discussione in Aula sono state apportate al primo articolo, considerato il perno centrale della proposta di legge che, nelle intenzioni, restituisce al malato la possibilità di disporre secondo le proprie intenzioni del suo fine-vita. Secondo le modifiche apportate durante la discussione di ieri in Aula, oltre a disciplinare il consenso informato, il primo articolo prevede ora che il paziente possa rifiutare l’idratazione e la nutrizione artificiali, equiparandoli a normali trattamenti sanitari. Non un abbandono del malato alla morte, quanto piuttosto un accompagnamento a una conclusione serena dell’esistenza senza dolore (grazie al diritto alle cure palliative). Nel riconoscimento del fine-vita del paziente, si introduce la cosiddetta «sedazione palliativa profonda, in associazione con la terapia del dolore». Si intende evitare, poi, un accanimento terapeutico nei confronti del malato: nessuna «ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure», ma piena libertà di scelta al paziente, anche prima della malattia.

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Nel caso in cui il malato non sia cosciente, o sia minorenne, il secondo articolo approvato ieri prevede che un tutore legale o i parenti più stretti del paziente possano prendere una decisione al suo posto. Il medico, ovviamente, è esonerato da ogni responsabilità rispetto alla scelta di non sottoporsi a terapie. Il testo gli riconosce, grazie a un emendamento passato ieri tra le polemiche, il diritto a una sorta di obiezione di coscienza e, quindi, la possibilità di rifiutarsi di ottemperare alle richieste del malato. L’obiezione di coscienza non è espressamente prevista dalla legge sul biotestamento, ma di fatto il testo la introduce, dando la possibilità al medico di rifiutarsi di interrompere le cure e, comunque, di poter fare delle valutazioni cliniche preventive. L’inserimento di questo emendamento, fortemente voluto dai centristi di Angelino Alfano, ha messo a dura prova la tenuta dell’intesa tra i Dem e i Cinque stelle. «Siamo stanchi dei continui contentini che il Pd fa ai suoi alleati di governo – mette in guardia Silvia Giordano, M5S -. A questo punto potremmo votare contro sul terzo articolo della legge, che rimanda proprio a questa obiezione di coscienza camuffata prevista dal primo articolo».

Sedata poi sul nascere un’altra polemica nata dalle obiezioni etico religiose poste alla legge sul biotestamento in questi giorni. L’associazione che riunisce gli ospedali cattolici aveva annunciato che si sarebbe rifiutata di accettare pazienti che avessero già firmato un testamento biologico con l’interruzione delle terapie. Nel testo, però, non viene riconosciuto nessun distinguo o trattamento particolare alle strutture sanitarie private convenzionate. E anzi, è stato bocciato l’emendamento centrista che mirava a consentire loro «di poter essere esonerate da applicazioni non rispondenti alla carta dei valori su cui fondano i propri servizi».

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lastampa/Biotestamento, il malato potrà interrompere il trattamento FEDERICO CAPURSO

Juve Stabia, tanti auguri al presidente del settore giovanile Andrea De Lucia

Juve Stabia, tanti auguri al presidente del settore giovanile Andrea De Lucia

Oggi è un giorno di festa per il settore giovanile della Juve Stabia. Tutte le componenti abbracciano il presidente Andrea De Lucia che festeggia il suo compleanno. Dal direttore Alberico Turi, al responsabile Saby Mainolfi, e tutte le componenti dello staff dirigenziale e delle squadre fanno i migliori auguri al presidente, che sia una giornata ricca di amore.

La redazione di Vivicentro.it, nelle figure di Ciro Novellino e Mario Vollono, vogliono unirsi agli auguri al presidente Andre De Lucia.

a cura di Ciro Novellino

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Oggi in Cattedrale l’ultimo saluto a Don Bartolo, l’amato sacerdote di Castellammare di Stabia

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Don Bartolo
Don Bartolo

Oggi verrà dato l’ultimo saluto a Don Bartolo Del Gaudio, l’amato sacerdote di Castellammare di Stabia che, dopo una lunga malattia, si è spento ieri all’età di 85 anni.
I funerali verranno celebrati dall’arcivescovo Alfano, alle ore 15:30 presso la Cattedrale della città.

Teologo, dedito alle attività di volontariato sia in Africa che sullo stesso territorio stabiese, è stato un simbolo della parrocchia di Sant’Antonio di Padova, un punto di riferimento per i tanti giovani cresciuti ascoltando le sue omelie, sempre molto chiare e dirette.

Negli ultimi anni, l’arcivescovo Alfano gli aveva affidato il ruolo di presidente dell’OIERMO (OPERA PER L’ISTRUZIONE E L’EDUCAZIONE RELIGIOSA E MORALE DELLA GIOVENTÙ), associazione Onlus molto impegnata nel sociale, nata a Castellammare di Stabia con sede in Via Annunziatella.

Una vita spesa nel bene per il bene quella di Don Bartolo. Rimarrà impresso nei cuori dei tanti fedeli che hanno trovato in lui sempre una parola di conforto, un abbraccio di un padre spirituale comprensivo e umano.

Rinnovo Insigne, entro lunedì l’ufficialità: sarà un vero evento mediatico

Rinnovo Insigne, entro lunedì l’ufficialità: sarà un vero evento mediatico

Come riporta La Gazzetta dello Sport entro lunedì dovrebbe arrivare l’ufficialità del rinnovo di Lorenzo Insigne: “Aurelio De Laurentiis e Lorenzo Insigne metteranno nero su bianco il rinnovo di contratto dell’attaccante del Napoli in una conferenza stampa che il club azzurro sta organizzando proprio in queste ore. Appuntamento a Castel Volturno sabato o, al massimo, lunedì per una cerimonia che sancirà l’accordo trovato la scorsa settimana tra le parti. Insigne si legherà al Napoli fino al 2022, guadagnerà cinque milioni a stagione e lascerà alla società di De Laurentiis i diritti di immagine. Un matrimonio attesissimo dai tifosi e che dunque verrà ufficializzato in pubblico rendendo l’evento il più mediatico possibile. Ecco perché si sta valutando se sovrapporre la conferenza per il rinnovo di Insigne a quella di presentazione da parte di Sarri del match contro il Sassuolo (al momento sembra questa la decisione) o posticipare quello che può essere definito l’«Insigne day» a lunedì, dopo la sfida del Mapei Stadium”.

ESCLUSIVA- Fulvio Pea: “La Juve Stabia ha il potenziale per vincere i play-off. Sarà determinante lo spirito di squadra”

L’intervento dell’ex allenatore della Juve Stabia, Fulvio Pea al Pungiglione Stabiese

Intesa tra il Movimento Cinque Stelle e la Chiesa

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La scena politica vede affiorare un’inedita intesa tra il Movimento Cinque Stelle e la Chiesa sui temi del contrasto alla povertà e del reddito di cittadinanza. L’obiettivo di Grillo sono i voti dei moderati e, come spiega Marcello Sorgi, “sono almeno due anni che la convergenza si è realizzata”.

Nasce il TeoGrillismo, così il M5S chiede alla Chiesa i voti dei moderati

Il feeling con i cattolici è su povertà e reddito di cittadinanza

ROMA – La nascita del TeoGrillismo è annunciato da due interviste parallele. La prima la concede Beppe Grillo ad Avvenire, il quotidiano dei vescovi. La seconda, Marco Tarquinio, che di Avvenire è il direttore, al Corriere della Sera. Grillo, nel suo linguaggio a metà tra Osho e Napoleone, dice che il problema planetario è «il dopo sbornia dei cittadini sbattuti sul piatto del business mondiale come manodopera per uscire dalla Grande Crisi». Tarquinio dice: «Se guardiamo ai grandi temi, nei trequarti dei casi abbiamo la stessa sensibilità». Non è vero. Ma ci sono due nodi di fondo che sono prioritari per i TeoGril e per la Chiesa: la povertà e il lavoro. Su questo terreno, incomprensibilmente sottovalutato dal resto della politica, il messaggio è lo stesso: diseredati, non abbiate paura, noi siamo qui a proteggervi. Come? La Chiesa con la preghiera e finalmente con i preti di strada. I 5 Stelle con la promessa del reddito di cittadinanza. Ma la soluzione prospettata importa relativamente. Quello che conta è un sentimento diffuso di rabbia e frustrazione che i Cinque Stelle, e in modo del tutto diverso Papa Francesco, intercettano e gli altri no.

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A Torino, prima della campagna elettorale, Monsignor Nosiglia, vescovo della città, spiegò a Chiara Appendino l’importanza delle periferie. Appendino costruì la sua corsa al Municipio sulle difficoltà degli emarginati. Da quel momento l’idea del futuro del Vescovo e della Sindaca si è divaricata fino a diventare inconciliabile, dalle scuole paritarie alle coppie gay. E allora che cosa unisce la Chiesa cattolica alla chiesa messianica immaginata da Gianroberto Casaleggio? Chi è che ha più bisogno dell’altro? E come è possibile che la strada che porta a Gaia, un universo che odia i massoni, la finanza e la croce, sia la stessa che porta al Paradiso?

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A prima vista il lancio sincronizzato delle due interviste è l’endorsement della Cei a favore dei 5 Stelle, in realtà è l’ennesimo tentativo dei 5 Stelle di parlare ai moderati. Non solo ai cattolici, ma a quel mondo di centro che detesta il movimentismo complottista e rissoso incarnato dai Vaffaday. Essendo la Chiesa un sistema inerziale rispetto a chi governa, o potrebbe governare, non stupisce la crescente anche se controversa attenzione verso il nuovo che avanza. Ma il TeoGrillismo a quale necessità risponde? All’idea del vero partito nazione, capace di contenere nella sua pancia tutto e niente grazie al più affascinante specchietto per le allodole dell’era contemporanea, la parola «post-ideologico». Non stiamo né di qua né di là, stiamo con il popolo che soffre. E lo facciamo con affetto. Non significa nulla, però funziona.

I dettagli aiutano a capire. L’intervista di Grillo è stata rilasciata la settimana scorsa prima delle dichiarazioni del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio contro il lavoro domenicale e a favore delle famiglie. E prima della presenza dello stesso Di Maio alla messa di Pasqua in San Pietro. Strategia che suscita qualche sorriso. Grillo, fingendo di non essere più fiero delle sue oscenità da caserma, nelle foto su Avvenire sembra il Pensatore di Rodin. La giacca, la cravatta, lo sguardo serio, lontano, tre dita a proteggere la bocca. Niente a che vedere col pazzo sudato da palcoscenico. Un uomo pacato. Istituzionale. Che non sceglie come bersaglio «il bugiardo Renzi», ma il Nembo Kid degli agnelli, Silvio Berlusconi. I sondaggi segnalano la crescita dell’ex Cavaliere e Grillo lo prende a spallate. Lo considerava politicamente morto, è spaventato dal suo ritorno in vita.

Così arriva la sterzata TeoGril. Il comico genovese è più un uomo di temperamento testardo che di volontà risoluta, però ha fiuto, è malleabile, una sagoma di pongo capace di adattarsi a mille forme, un milionario che blandisce i poveri. Un modello che in giro per il pianeta funziona, che non ha bisogno di spiegare le contraddizioni di chi ammicca a Francesco e al francescanesimo, ma vuole fuori dal paese gli immigrati, attacca i romeni, sogna il ritorno dei nazionalismi, invoca il sovranismo, appoggia il testamento biologico, l’eutanasia, la canna libera e irride la liturgia vaticana imboccando la propria classe dirigente con grilli essiccati dispensati come ostie. Grillo e i TeoGril non credono nella Chiesa, spesso la detestano, ma oggi ne hanno bisogno, perché come diceva Longanesi, l’Italia è l’unico paese al mondo dove tutti vogliono fare la rivoluzione a braccetto con i carabinieri.

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lastampa/Nasce il TeoGrillismo, così il M5S chiede alla Chiesa i voti dei moderati ANDREA MALAGUTI

I sospetti sulla nuova pirateria dalla Libia

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Gianni Riotta parla dei “sospetti sulla nuova pirateria” e aggiunge che “il piano per salvare i dannati del mare deve essere condiviso perché nessuno può illudersi di risolvere da solo una migrazione epocale”.

I sospetti sulla nuova pirateria

Il leggendario diplomatico inglese Brian Urquhart, già sottosegretario alle Nazioni Unite, ammoniva i giovani reporter: «Voi cercate nelle crisi internazionali buone o cattive soluzioni, mentre spesso si fatica giusto perché tra cattiva e pessima soluzione non prevalga, infine, la tragica». L’amaro realismo di Urquhart torna in mente davanti alla biblica migrazione che, da decenni ormai per crisi economica, guerre, cambio del clima, muove generazioni di africani verso l’Europa. L’idea, popolare tra ingenui e demagoghi, che esista una magica bacchetta, «Accoglieteli a braccia aperte!» o «Risbatteteli in mare!», è assurda, gli emigranti partiranno ancora per anni e occorre una serie costante di misure, geopolitiche, umanitarie, sociali, economiche, culturali, militari perché, limitando le sofferenze, non si cada in guerre aperte e genocidi.

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I numeri sono noti, e feroci, il mare delle nostre vacanze ha visto affogare nel 2016 oltre 5000 esseri umani, 170.000 si sono messi in viaggio dalla Libia all’Italia e il 2017 non sarà diverso. Servono riforme pazienti, lo sviluppo in Africa, tecnologie, la riduzione dei pingui dazi Ue che soffocano l’agricoltura subsahariana, contrasto a guerre e dittature avide.

E servono interventi immediati, un Frontex, la prima linea di intervento europeo con 250 milioni di budget e centinaia di addetti, più flessibile, una politica Ue scevra da dispute di valico (l’Austria minaccia ancora di chiudere il Brennero) e più cosciente di un sostegno non ipocrita all’Italia. Ciascuno deve fare il proprio dovere, invadersi a vicenda il campo diffonde caos, non ragione. Bene fa Papa Francesco a ripetere l’appello evangelico alla carità, ma un governo ha – purtroppo – l’obbligo di agire secondo «a Cesare quel che è di Cesare», e chi aprisse i confini spensierato, verrebbe travolto dalla popolazione infuriata. Le misure del premier Gentiloni e del ministro Minniti ricordano che anche la sicurezza è diritto civile e temere di perderlo genera odio. Polizia, Marina, Guardia costiera devono assicurare che l’ancestrale «legge del mare» salvi i naufraghi, ma non possono, sole, fronteggiare l’emergenza politica. Le organizzazioni umanitarie, ong, devono per sussidiarietà, intervenire laddove il pubblico non arriva, aggiungendo tenerezza e calore come sanno bene fare.

Illudersi di risolvere, ciascuno da sé, una migrazione epocale, seminerà zizzania, confusione, ulteriori dolori agli sfortunati, aizzando reazioni populiste prima, razziste poi. Frontex, come documentato dal «Financial Times» già da mesi, teme che ong, di fama o meno celebri ed efficienti, stiano concorrendo con una campagna «fai da te» di intervento sulle barcacce dei trafficanti libici ad aggravare il problema. Il racket spingerebbe in mare i disperati, puntando sul soccorso dei volontari, e ci sono accuse – contestate – di fondi esagerati, chiamate al cellulare non limpide, poca trasparenza. Una delle migliori organizzazioni, la storica «Save The Children», ha respinto gli addebiti tramite la dirigente Aurelie Ponthieu, altri gruppi sembrano ancora intenti alla campagna «fai da te» che Frontex, magistratura italiana e fonti Onu ritengono «non utile» perché non contrasta il racket, non affonda i barconi, non controlla infiltrazioni possibili di malavita e terrorismo, in alcuni casi pare istruisca gli immigrati a non collaborare con le autorità.

Salvare vite umane è precetto comune a fede, etica civile, legge. Ma questa non è stagione da Cavalieri Solitari, la tragedia in corso è troppo grande perché ci si possa arrogare di risolverla in proprio. Serve, oggi, un passo di ragione da parte di tutti, con il coordinamento chiaro di governi, militari, ong e organizzazioni umanitarie, che attribuisca, di intesa comune, a ciascuno un ruolo preciso. È la soluzione più razionale, più seria ed efficace, quella che salverà più vite. L’alternativa, «la pirateria a fin di bene», darà un effimero brivido di eroismo, ma intralciando – sia pur a fin di bene – i soccorsi nel Mediterraneo e diffondendo, boomerang velenoso, rancore e risentimento contro i dannati del mare.

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Una regia dietro gli sbarchi record di migranti

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Gli sbarchi record di migranti degli ultimi giorni hanno una regia precisa. A sostenerlo è il governo italiano che teme un piano della criminalità libica per indebolire il primo ministro Sarraj e i suoi alleati a Roma. In questo contesto anche le navi umanitarie delle Organizzazioni non governative finiscono nel mirino. Gianni Riotta parla dei “sospetti sulla nuova pirateria” e aggiunge che “il piano per salvare i dannati del mare deve essere condiviso perché nessuno può illudersi di risolvere da solo una migrazione epocale”.

Il governo: sbarchi record non casuali: “Una regia guida i migranti in mare”

Dall’inizio dell’anno soccorsi in 37mila, anche i team umanitari nel mirino. Save the Children: le organizzazioni più grandi hanno conti trasparenti

ROMA – L’impennata di sbarchi nei giorni di Pasqua ha avuto l’effetto di un’onda tellurica nelle stanze del governo. Non è normale che dai porticcioli libici partano 8500 migranti in poche ore. Un pullulare di barconi tutt’insieme ha preso il mare ed è andato incontro alle navi umanitarie. Un concatenarsi di eventi che ha messo in ginocchio il sistema di accoglienza dell’Italia e nelle stanze del governo ha generato il sospetto che questa escalation non sia stata casuale. «Un’azione logistica fuori dal comune, quasi di stampo militare», dice chi è a conoscenza del dossier. Un’azione sicuramente concertata. E ora è caccia ai registi.

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È più che un sospetto. È una certezza consolidatasi con l’affinarsi delle indagini: gli investigatori italiani hanno ricostruito la rotta dei gommoni, i porti di partenza, gli orari, i punti di incontro con le navi umanitarie, e si sono convinti che la Pasqua del 2017 abbia segnato un punto di svolta. Dietro le partenze si pensa che quantomeno ci sia la grande criminalità organizzata della Libia, ma non solo. Si guarda alle connection politiche in loco. Potrebbe essere scattata un’operazione per minare definitivamente il ruolo del premier Sarraj, che si era impegnato con l’Italia a far qualcosa contro gli scafisti. Ma non si perde di vista il secondo protagonista di questa vicenda: le navi delle Ong. Chi sono i veri finanziatori, da dove giungono le loro navi, quali inconfessabili accordi potrebbero avere alcune organizzazioni. Intelligence, polizia e militari sono stati tutti mobilitati, ciascuno per la propria parte, a trovare le risposte.

 

Anche Matteo Renzi si è arrabbiato e ha dato voce ai retropensieri del governo: «Noi siamo accoglienti e salviamo vite umane, ma non possiamo essere presi in giro da nessuno, né in Europa, né da Ong che non rispettano le regole».

Renzi cita espressamente il «lavoro straordinario» del ministro Marco Minniti e l’indagine conoscitiva della Commissione parlamentare guidata da Nicola Latorre. «Si sta gettando una luce sulla vicenda».

Migranti - rotte

Dalle audizioni che si tengono al Senato emerge come negli ultimi mesi le navi umanitarie abbiano surclassato le flotte ufficiali. Sistemandosi al limite delle acque territoriali libiche ed esercitando una «ricerca attiva», l’internazionale della solidarietà francese, tedesca e spagnola fa il pieno di migranti e poi, appellandosi alla legge del mare, li consegna nei porti italiani. Secondo lo stesso Renzi, «c’è un problema europeo, che prima o poi verrà fuori. Non è possibile che l’Europa abbia 20 navi che prendono e portano solo in Sicilia».

Anche la procura di Catania indaga su questo aspetto. E il tema riemerge di continuo nelle audizioni del Senato. Ieri finalmente qualcuno ha riconosciuto: «Quando girano così tanti soldi, non si può escludere qualche affare sporco». Era il commento di Valerio Neri, direttore generale di Save the Children in Italia, una Ong storica che si appresta a festeggiare i suoi 100 anni di storia e che il procuratore Carmelo Zuccaro considera «al di sopra di ogni sospetto». Neri però circoscrive l’area del sospetto: «Escludo categoricamente che qualcosa possa macchiare il profilo delle Ong più grandi, più strutturate, più storiche. Conosco le loro procedure interne e so che sono inattaccabili».

Di certe associazioni più piccole si sa che affrontano spese pazzesche e sono evasive sulle entrate. Più di un senatore cita il caso di Moas, una Ong con base a Malta fondata nel 2014 dal filantropo statunitense Chris Catrambone e da sua moglie Regina, che dispone di una nave di 40 metri, il Phoenix, battente bandiera del Belize, e di un aereo con cui pattuglia il mare. L’anno scorso utilizzava anche due droni per il cui nolo pagava 400 mila euro al mese. Moas dichiara di aver salvato 33 mila migranti.

Monta la polemica anche del centrodestra. Laura Ravetto, di Forza Italia, presidente del Comitato Schengen,sostiene che soltanto il 50% delle segnalazioni che ricevono le Ong arriva dalla nostra Guardia Costiera. «È una situazione delicata perché, se fosse vera, stiamo creando dei corridoi umanitari privati in mare».

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Juve Stabia-Fidelis Andria arbitra Fabio Schirru di Nichelino

Sono due i precedenti del fischietto piemontese con le vespe

Per la diciassettesima giornata di ritorno del campionato di Lega Pro girone C che si disputerà domenica 23 aprile alle ore 14 e 30 allo stadio “Romeo Menti” di Castellammare è stato designato Fabio SCHIRRU della sezione di Nichelino a dirigere la gara tra Juve Stabia e Fidelis Andria.

Schirru, nato a Torino il 15 aprile 1985, è al suo terzo campionato in Lega Pro, due sono i precedenti con le vespe, ecco quali:

– 2015 / 2016 – Campionato Nazionale di Lega Pro girone ‘ C ‘

– 13 marzo 2016 – 9° giornata di ritorno: CATANIA – JUVE STABIA 1 – 1 nel primo tempo ci fu il vantaggio degli etnei con l’ex Bombagi e pari delle vespe dopo dieci minuti con Abou DIOP.

– 2016 / 2017 – Campionato Nazionale di Lega Pro girone ‘ C ‘

– 3 dicembre 2016 – 16° giornata d’an1data: JUVE STABIA – VIRTUS FRANCAVILLA 1 – 0 gol vittoria per i gialloblù di Alessandro MASTALLI a dieci dalla fine.

L’assistente numero uno sarà: Claudio CANTIANI della sezione di Venosa;

l’assistente numero due Santo BURGI della sezione di Matera.

Giovanni MATRONE