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Rai – Reina ha chiesto il rinnovo con ingaggio maggiorato: possibile club alle spalle

Ciro Venerato, giornalista Rai esperto di calciomercato, è intervenuto ai microfoni di Radio Crc nel corso di ‘Si Gonfia la Rete’. Ecco quanto evidenziato:

“Reina? La situazione è la seguente: il calciatore non solo ha chiesto il rinnovo fino al 2020, ma vuole anche un adeguamento del contratto . La risposta di De Laurentiis è stata negativa, il Napoli però punta a trattenerlo fino al 2018. La richiesta dello spagnolo a cifre maggiori può essere dettata da un club che è alle spalle del giocatore. Il Napoli sospetta che dietro ci sia il Newcastle e per questo non intende svincolarlo. La sua valutazione si aggira intorno ai 5 milioni di euro”.

Osasuna, il presidente: “Attendiamo l’offerta ufficiale del Napoli per Berenguer”

Alex Berenguer resta uno dei primi obbiettivi del mercato azzurro. Luis Sabalza, presidente dell’ Osasuna, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli. Ecco quanto si legge sul profilo Twitter dell’emittente:

“In attesa dell’offerta ufficiale del Napoli per Berenguer”.

La legge elettorale inquina clima Festa della Repubblica al Quirinale

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Un clima di tensione segna la festa della Repubblica al Quirinale, anticipo delle celebrazioni che si terranno nella giornata di oggi.  Per Stefano Stefanini “questo 2 giugno deve servire all’Italia per ritrovare identità e fiducia”.

Un 2 giugno per ritrovare fiducia

Oggi sventolano i tricolori e le bande suonano l’Inno di Mameli. Non scrolliamo le spalle. Lasciamo da parte gli eccessi di retorica. Non è nazionalismo; è ricerca d’identità. Ne abbiamo più che mai bisogno. Per essere parte integrante di un mondo globale, per difenderlo dalle minacce al clima e alla sicurezza, per collaborare e competere ad armi pari fra molti amici e qualche avversario, l’Italia deve credere in se stessa. Il 2 giugno non è altro che questo.

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E’ illusorio pensare di sostituire l’identità nazionale con un’artificiale identità europea. Nessun altro lo fa. Non i tedeschi, non gli irlandesi, non i greci. Per essere buoni europei bisogna innanzitutto essere buoni italiani.

In Italia il tricolore spunta solo oggi e in altre rare occasioni, come i raduni degli alpini, le Olimpiadi o la Coppa del Mondo. In Francia, uno sbandierare rosso-bianco-blu circondava la vittoria di Emmanuel Macron – candidato europeista; negli Stati Uniti qualsiasi evento è tutto stelle e strisce.

La nostra ritrosia riflette una sotterranea mancanza di fiducia. Ci indebolisce.

La fiducia proietta nel futuro, ma nasce dal passato e vive nel presente. La incrinano, in Italia, memoria corta e sottovalutazione delle capacità del Paese d’affrontare le vacche magre che dal 2008 affliggono l’intero scenario internazionale ed europeo. Eppure solo da noi ci si ostina a parlare di «crisi» mentre si avvertono i sintomi di una pur fragile ripresa, testimoniata dalla Relazione del Governatore di Bankitalia. Il resto dell’Europa ha girato pagina.

L’Italia è in prima linea e a testa alta nelle tre principali sfide di questi ultimi anni: economia, terrorismo e immigrazione. Con un faticoso colpo di reni, Roma si è sottratta alla spirale di un indebitamento insostenibile che avrebbe travolto l’Eurozona; la Grecia può essere tenuta a galla, l’Italia no. La medicina del governo Monti ha curato una febbre da cavallo lasciando il paziente debilitato ma più sano di prima. Dopo i sacrifici, si affaccia finalmente la crescita. Timida per ora, ma credibile se continueremo a rimboccarci le maniche come Ignazio Visco ha invitato a fare.

Vuoi per bravura dei nostri servizi, vuoi per capacità di tenere a bada la radicalizzazione estremista, vuoi per fortuna, l’Italia non si è scontrata direttamente col terrorismo che ha insanguinato mezza Europa. Resta nell’occhio del ciclone. La pista libica dell’attentato di Manchester dimostra quanto vicina sia la minaccia. Ci siamo pertanto impegnati nel tentativo di rimettere la Libia sulla carreggiata di una statualità responsabile. Ultimi ad abbandonare Tripoli nel 2015, primi a riaprire l’ambasciata nel 2016. I rischi, non indifferenti, sono ripagati dall’influenza sul processo politico guadagnata. Ci viene riconosciuta a Washington, al Cairo, a Bruxelles e a Mosca. Non ci sottraiamo alla responsabilità malgrado la semi-latitanza dell’Ue.

Il capitolo immigrazione è aperto e tutt’altro che soddisfacente: il rubinetto balcanico è chiuso, quello africano aperto a manetta, l’aiuto europeo (o internazionale, dopo il G7) minimo. L’Italia cerca di arginarlo a monte, aiutando la Libia a riprendere controllo delle frontiere e con una politica di riammissione nei Paesi di provenienza. Intanto lo tratta con umanità, generosità e spirito d’integrazione. E’ gestione, non soluzione – non esiste un «diritto ad emigrare» e i flussi vanno controllati e disciplinati. Ma è un comportamento di cui andare fieri.

Una serie di Presidenti della Repubblica, governi, maggioranze parlamentari ha tenuto ferma la barra in circostanze non facili. Certo molto resta da fare; non è il momento di compiacimenti. Ma la fiducia dovrebbe venire anche dal passato, recente e lontano. L’America chiama «grande generazione» quella che guidò e costruì la nazione dopo le ferite inflitte dalla Seconda Guerra mondiale. L’Italia, che risalì una china ben più ardua, l’ha seppellita sotto le macerie della «Prima Repubblica», facendo di un miracolo una macchia. La memoria dovrebbe essere più lungimirante. L’Italia del dopoguerra, della democrazia, della crescita e della vittoriosa sopravvivenza agli anni di piombo merita ben altra fiducia.

Abbiamo trovato il coraggio d’imprese straordinarie in momenti difficili. Le ferite della dittatura fascista, del conflitto mondiale e della guerra civile, erano a malapena rimarginate quando, nel 1954, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, spalleggiati da Walter Bonatti e Amir Mahdi, scalarono il K2. Edmund Hillary e Tenzig Norgay avevano appena piantato l’Union Jack sull’Everest. Un anno dopo, il tricolore sventolava sulla vetta seconda solo in altezza, alpinisticamente ben più dura. La stessa bandiera oggi sventola nelle piazze e nelle strade italiane per restituirci la stessa fiducia.

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lastampa/Un 2 giugno per ritrovare fiducia STEFANO STEFANINI

Legge elettorale: un clima di tensione segna anche la festa della Repubblica al Quirinale

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L’approvazione del testo sul nuovo sistema di voto, dopo le tensioni dei giorni scorsi e le liste bloccate che creano malumori anche tra i Cinque Stelle e nel Pd, non appare per nulla scontata ed un clima di tensione segna anche la festa della Repubblica al Quirinale.

La festa del grande gelo. Nei giardini del Quirinale vacilla il patto sul voto

Alla celebrazione del 2 giugno tiene banco la legge elettorale. Il leader Pd: se si sfila il M5s salta tutto. Gentiloni defilato

ROMA – Con i Cinque stelle siamo partiti bene, ma non sono così convinto che tengano». È tardo pomeriggio, l’orchestra suona la musica del “Padrino” in sottofondo al chiacchiericcio degli ospiti. Vicino ai gazebo bianchi sulla sinistra del giardino, Matteo Renzi in gessato grigio stringe mani, scatta selfie, scherza con i sindaci del terremoto. Arrivato al tradizionale ricevimento del Quirinale per la festa della Repubblica per la prima volta non più come premier, ma solo come segretario Pd, con qualche interlocutore racconta sinceramente come la vede, in questa giornata che sembra rimettere tutto in discussione. Sembrava fatta fino a poche ore prima: una miracolosa intesa sulla legge elettorale capace di mettere d’accordo Pd, Forza Italia e M5s sul sistema tedesco, mettendo all’angolo Alfano e la sua Alternativa Popolare. Poi, ieri, le prime crepe, i primi mugugni dall’interno dei Cinque stelle che suonano come un campanello d’allarme. La paura che tutto salti che attraversa il Palazzo e anche qui, in questo gran ballo dei potenti, rimbalza da un capannello all’altro. «Se si sfilano i Cinque stelle, salta l’accordo», confida il leader Pd.

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Dall’altra parte del giardino, loro, i pentastellati, chiacchierano in un tavolo rotondo. Per la prima volta è venuto Luigi Di Maio, accompagnato dalla fidanzata Silvia Virgulti, ma c’è anche Roberto Fico, che proprio ieri ha ammonito «l’accordo non è scontato» scatenando timori e nervosismi. «C’è ancora il lavoro di commissione, abbiamo presentato i nostri emendamenti, ma non c’è da parte nostra un ultimatum», cerca di rassicurare Di Maio. «Noi reggiamo, anche perché per il sistema tedesco hanno votato il 95 per cento dei nostri, bisogna vedere se regge la maggioranza…». Lì dove le tensioni sono platealmente deflagrate. «Renzi è stato una delusione umana e politica: dovrà spiegare lui agli italiani perché non facciamo la legge di stabilità. E noi che abbiamo fatto la scissione per fargli fare il governo…», è furibonda la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, mentre dalla grande terrazza che si affaccia sul cupolone di San Pietro si staglia la figura di Angelino Alfano. Cammina verso i giardini, si guarda un attimo intorno. Individua laggiù la sagoma di Renzi, lo osserva da lontano, si guarda bene dall’incontrarlo. «Tra noi c’è sempre stato un rapporto leale, quasi affettuoso, non capisco questo attacco personale… O forse sì: mercoledì, il giorno in cui mi ha definito “il ministro di tutto”, avevo fatto un post su Facebook in cui lo attaccavo. È passato praticamente inosservato, ma tra i pochi che l’hanno letto c’era lui», racconta. Il deputato Pizzolante ha rivelato come già a febbraio l’ex premier chiese ai centristi di far cadere il governo Gentiloni: «Io sono un avvocato: quello che ha detto Pizzolante in tribunale si configura come fatto notorio. Non ha svelato chissà quale segreto: basta leggere i giornali di quei giorni», conferma tutto.

Il premier Gentiloni presente con la moglie Emanuela resta defilato, lontano dai giornalisti. A Renzi riserva però un abbraccio caloroso che sembra voler certificare una perdurante armonia, poi si appartano per un breve colloquio. Si forma una fila lunghissima per omaggiare il padrone di casa, il presidente Mattarella. Tra i tavoli, in cui si spizzica finger food, l’argomento resta la tenuta dell’accordo. «Io spero proprio che regga», sorride il riservatissimo Gianni Letta. Ma tra alcuni eminenti giuristi ci si interroga già anche sulla costituzionalità della legge che nascerà, se i collegi non rischieranno di essere una roulette russa a rischio bocciatura della Consulta.

«Vedrete che i Cinque stelle faranno saltare l’accordo: ho studiato la loro tecnica, è sempre la stessa – si preoccupa il sottosegretario renziano Gennaro Migliore – Prima dicono di sì, poi appena vedono qualche incrinatura nel fronte degli altri si sfilano». Accompagnata dal fratello Emanuele – «il boschino», come lo saluta Renzi – arriva la sottosegretaria Maria Elena Boschi. «I cinque stelle rischiano di non reggere questa legge ma non dal punto di vista del merito – perché a loro va benissimo – ma del metodo. L’idea di fare un accordo con noi e Forza Italia per alcuni di loro è ancora difficile da accettare. Tanto più ora che pare che ci siano magistrati che si stanno avvicinando a loro, e forse non vedono di buon occhio un accordo con Berlusconi… Molto dipenderà anche da come voi giornalisti descriverete questo accordo», è insolitamente loquace, «ma io per ora resto ottimista». Anche perché, considera Renzi, se saltasse la legge e si votasse col Consultellum, per i grillini sarebbe peggio: «Questa legge serve al M5s, se salta loro vanno in difficoltà perché si vota con la soglia all’8 per cento e le preferenze. Per noi non è un problema, noi le preferenze le gestiamo, ma loro?». E forse anche Di Maio ci riflette, visto che a uno dei tanti che vanno a presentarsi e salutarlo, si lascia sfuggire un sicuro «la prossima legislatura è a settembre».

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lastampa/La festa del grande gelo. Nei giardini del Quirinale vacilla il patto sul voto FRANCESCA SCHIANCHI

Legge elettorale: le liste bloccate creano malumori tra i Cinque Stelle e nel Pd

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Dopo le tensioni dei giorni scorsi, vacilla anche l’accordo sul nuovo sistema di voto: le liste bloccate creano malumori tra i Cinque Stelle e nel Pd. L’approvazione del testo non appare per nulla scontata.

Anche nel Pd tanti dubbi sul voto. Renzi contestato sulle liste bloccate

Paura tra i deputati: 100 posti in meno e gli iscritti non decideranno i nomi

ROMA – «Ma se non abbiamo tempo di fare la campagna elettorale come si fa a tenere le parlamentarie? Suvvia…». Lo sbuffo di un toscanaccio ben inserito nella partita del voto conferma quanto i renziani vanno dicendo sulle famose primarie di collegio inaugurate nel 2013 da Bersani per tenere testa ai grillini quando era in voga il porcellum. Pratica cui non si sottoposero quelli garantiti dal «listino bloccato» del segretario, tra cui Roberto Speranza, «che non fece le primarie e ora parla di nominati», ricorda caustico David Ermini replicando ad una delle bordate giornaliere dell’ex Pd.

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Non è secondario il fatto che Renzi e compagni oggi non abbiano alcuna intenzione di replicare quella giostra (dicono che le liste saranno fatte dalle Direzioni regionali incrociando le indicazioni da Roma, con il bollo finale della Direzione nazionale): visto che uno dei motivi di malcontento tra i parlamentari in carica è proprio la mancanza di un criterio, che non sia quello della scelta dall’alto, per entrare nel circolo degli ottimati, ovvero nelle liste dei candidati alle politiche.

Una eco di questi malumori è rimbalzata nel gruppo Pd riunito mercoledì sera da Ettore Rosato per benedire l’accordo. «Un clima pessimo», racconta una delle deputate presenti, a testimoniare quanto la prospettiva del voto a settembre non entusiasmi – per usare un eufemismo – peones e graduati di varie correnti. A cominciare da quella dello sfidante di Renzi, il ministro Orlando. Ma compresa l’area che fa capo all’ex premier: dove non manca chi – sotto promessa di anonimato – sibila «stiamo facendo lo stesso errore, la replica del film del 4 dicembre: Matteo solo contro tutti».

Nel salone del gruppo Dem l’altra sera sono rimasti Matteo Richetti, neoportavoce Pd e Roberto Giachetti a difendere l’intesa sul «tedesco», unica possibile, pure se su un sistema che non è certo il prediletto dal Pd. Giachetti con un colpo di teatro ha rinfacciato a Orlando, che non era presente, un’intervista del 2016 in cui il Guardasigilli difendeva il proporzionale (se pure con premietto di maggioranza). Ma la «batteria» di interventi contro quest’intesa che porta dritto alle urne è andata avanti senza sosta: da Martella a Miccoli, tutti gli orlandiani hanno sollevato dubbi. Finanche un veltroniano schierato con Renzi al congresso come Walter Verini – con il consueto fair play e assicurando che voterà allineato sulla legge elettorale – si è chiesto se non sia un errore accelerare, dato che ci sono diverse riforme da portare a termine.

Insomma, i resoconti del giorno dopo narrano di una rivolta contro la corsa al voto. Soffocata solo dalla consapevolezza diffusa che «se vivi o muori dipende da dove ti mette in lista il segretario», sintetizza un dirigente. Una rivolta ancora più significativa perché andata in scena proprio mentre al piano superiore nella prima Commissione i renziani come Emanuele Fiano presentavano l’emendamento frutto dell’accordo Pd-Forza Italia e grillini. Ma se c’è questa forte ostilità alle urne anticipate è perché le truppe sono convinte che non sia scontato vincere le elezioni. E sono terrorizzate dal dover fare un salto nel buio. Che si fa dopo il voto? Ci si allea con Berlusconi? Sono le domande che angosciano i parlamentari, per nulla entusiasti di andare alla carica nei luoghi di villeggiatura con tale fagotto sulle spalle.

Per sedare le tensioni Rosato ha indicato un percorso che porterà a votare prima la legge elettorale, impegnandosi subito dopo per mandare in porto anche la riforma del processo penale, il testamento biologico e il reato di tortura. Ma il sentimento che prevale è la paura, quella di non esser candidati; o quella di esser candidati per andare alla guerra senza certezze, visto che non è proprio un periodo d’oro per il Pd.

«Qui siamo in 300», dice il deputato più giovane, Enzo Lattuca, (area Orlando) «e nella migliore delle ipotesi saremo 200: che sia conveniente correre al voto è tutto da dimostrare, ma questa convinzione che si vince non c’è. E poi è una cosa scandalosa quella dei capolista bloccati nel proporzionale che superano i vincitori di collegio». La neonata sfida nei collegi renderà inutili infatti le parlamentarie, ma i nominati saranno sempre i primi a entrare nel portone di Montecitorio.

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lastampa/Anche nel Pd tanti dubbi sul voto. Renzi contestato sulle liste bloccate CARLO BERTINI

Napoli, Tomas Foket un obiettivo per gli esterni: i dettagli

Napoli, Tomas Foket un obiettivo per gli esterni: i dettagli

Il Napoli è alla ricerca di un esterno da poter regalare a Maurizio Sarri la prossima stagione. Secondo quanto riporta il Corriere dello Sport, gli azzurri sarebbero interessati a Tomas Foket, giocatore del Gent, classe 94. Prima di puntare definitivamente tutte le fiches su di lui, Giuntoli vorrebbe valutare altri profili, magari più pronti, per il definitivo salto di qualità.

Futuro Reina: il Napoli non vuole il rinnovo, difficile conferma dello spagnolo

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Il futuro di Reina è lontano da Napoli. La Gazzetta dello Sport, oggi in edicola, scrive in merito: “Fumata grigia tendente al nero, il Napoli ha comunicato di non voler rinnovare al portiere il contratto in scadenza nel 2018, dunque di non voler venire incontro alla richiesta di prolungare almeno di un altro anno l’accordo. Difficile immaginare che Reina resti in azzurro a queste condizioni, decisamente più facile che De Laurentiis valuti offerte per la cessione dello spagnolo. In tal senso, occhio al Newcastle. Per il dopo Reina restano vive le piste che conducono a Neto e Leno”. 

Rebus Szczesny: c’è l’ok per il Napoli, ma la Juve offre di più

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Il Napoli lavora alla pista Szczesny: gli azzurri avrebbero proposto all’Arsenal un’offerta di circa 18 milioni di euro. Due milioni in meno rispetto a quanto offerto dalla Juventus per il polacco. Il fattore economico non è tuttavia un problema insuperabile: secondo quanto riporta il Corriere dello Sport, il ragazzo preferirebbe gli azzurri alla vecchia signora, dato che a Torino non avrebbe assicurato la maglia da titolare. In più a Napoli potrebbe ritrovare amici di nazionale come Milik e Zielinski. Nel frattempo, per il ragazzo si sarebbe anche inserito il Milan, che potrebbe perdere Gigio Donnarumma, nelle scorse settimane accostato proprio al Napoli.

Sarri: “Messi o Ronaldo? Io ho il miglior attacco. Insigne giocatore mondiale, Milik libro da scoprire”

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Maurizio Sarri si racconta. Ai microfoni del Corriere dello Sport, il tecnico toscano rivela: “Visti i segnali di crescita del Napoli, c’è da essere ottimisti sul futuro. Quando ricomincia un campionato, si riparte da zero. Vale ciò che abbiamo realizzato, i record e la magia d’un pubblico che ha sempre gradito, ma sappiamo anche che ad agosto dovrebbero tornare le milanesi. Zielinski ha le stimmate del fuoriclasse, Diawara può diventare altro, perché ha appena 19 anni; Rog ha qualità assolute che ha cominciato a mostrare dopo essersi adattato al nostro calcio. E Milik è un libro ancora tutto da scrivere, credetemi. Mertens ha stupito chiunque, anche me, forse pure se stesso. Sarebbe piaciuto a tutti quanti noi vederlo in cima alla classifica dei cannonieri, un premio che avrebbe meritato. Messi o Ronaldo? Ma scusate io ho il miglior attacco, con questi interpreti, e vado a cercare un altro attaccante?”

SU INSIGNE- “Sta diventando un calciatore di livello europeo, anzi mondiale: ha strumenti tecnici straordinari ed ha cominciato ad incidere in maniera secca nelle partite”. 

ADL O I CINESI-E chi volete che scelta se non Aurelio, con cui ci litigo, ci faccio pace, poi ci rilitigo e poi ridiamo su?”

SU REINA- “Lo è anche nel modo di pensare: è un uomo fedele, che sposa l’allenatore, e questo sentimento Pepe lo porta con sé nello spogliatoio. Può avere anche fatto qualche errore ma i piedi che ha lui non li ha nessuno al mondo”. 

SUI CORI RAZZISTI-  “A Genova ad un certo punto mi sono stufato. Ho detto a Banti, nello spogliatoio: che faccio, me ne devo andare? Questo è razzismo su cui i media soprassiedono mentre per altri esempi fungono da cassa di risonanza. Per vincere partite come questa bisogna battere l’ignoranza radicata e temo che le nostre generazioni non riusciranno ad assistere a spettacoli migliori”.

Berenguer-Napoli, ci siamo: l’annuncio potrebbe arrivare a breve

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Berenguer ad un passo dal Napoli: la Gazzetta dello Sport ne è sicura. Il quotidiano, nell’edizione odierna, scrive in merito:  “Per il ragazzo c’è una clausola rescissoria di 9 milioni di euro. Ma, nelle ultime ore, pare che il club spagnolo abbia preso in considerazione la proposta del Napoli: 6 milioni di euro più una serie di bonus che andrebbe a completare l’importo della clausola. E, dunque, potrebbe essere proprio Berenguer il primo acquisto napoletano. Il giocatore ha già dato la sua disponibilità e l’annuncio potrebbe essere dato a breve”. 

Vacilla l’intesa per la legge elettorale

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Sulla legge elettorale si consuma l’ultimo scontro tra Angelino Alfano e Matteo Renzi. Dopo le tensioni dei giorni scorsi, il ministro degli Esteri annuncia che “con il Pd è finita” e conferma la versione del suo partito secondo cui l’ex premier “da febbraio chiede di far cadere il governo Gentiloni”. La replica del segretario dem: “Io mi sono dimesso, lui non sa cosa vuol dire mollare la poltrona”.

Resa di Alfano: con il Pd è finita. Scontro con Renzi sul governo

Area Popolare: noi leali, l’ex premier da febbraio ci chiede di far cadere Gentiloni. Il segretario Pd: io mi sono dimesso, lui non sa cosa vuol dire mollare la poltrona

ROMA – Sono ormai separati in casa, il matrimonio politico tra Matteo Renzi e Angelino Alfano si è logorato nel giro di un paio di settimane, il tempo che è stato necessario a far maturare un’intesa sul sistema tedesco tra democratici, Fi e M5s. Dopo le schermaglie dei giorni scorsi, ieri è stato il momento della rottura ufficiale, senza ritorno. I centristi accusano il segretario Pd di averli traditi, si preparano ad una campagna elettorale dura, con uno sbarramento al 5% che potrebbe davvero lasciarli fuori dal Parlamento, e scaricano una bomba contro Renzi. Se ne incarica Sergio Pizzolante, deputato di Ap: «Renzi da febbraio ci chiede di far fuori Gentiloni…». Una rissa tra i due principali partiti della maggioranza che rende ancora più complicato immaginare di arrivare alla fine della legislatura e che, però, dà l’opportunità a M5s, divisa sul tedesco, di rimettere in discussione l’accordo sulla legge elettorale.

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Alfano riunisce all’ora di pranzo la direzione del suo partito per fare il punto e, subito dopo, convoca i giornalisti: «Ritengo conclusa la collaborazione con il Pd, la nostra fedeltà è stata mal ripagata. Renzi dica se vuole far cadere anche questo governo. Noi saremo leali». Il ministro degli Esteri, poi, rispondendo ai giornalisti conferma le parole di Pizzolante: «Non lo smentisco, è persona seria e non dice bugie». In ogni caso, assicura, Ap non presenterà emendamenti contro lo sbarramento al 5% e non farà «ostruzionismo» sulla legge elettorale. L’obiettivo è quello di organizzarsi, ovvero radunare tutte le forze di centro, per provare ad evitare la tagliola che Pd, Fi e M5s hanno inserito nella bozza di legge elettorale simil-tedesca in discussione alla Camera.

La reazione di Renzi arriva di lì a poco, ed è velenosa: «Capisco il loro nervosismo, se sarà approvata legge elettorale i piccoli partiti non rientreranno in Parlamento… Quanto a far cadere il governo io ho fatto cadere il mio di governo: mi sono dimesso. Invece, quelli del partito di Alfano la parola dimissioni, lasciare la poltrona, non la conoscono benissimo». Il segretario ripete che a lui «non interessa la data del voto», come ha detto anche al Quirinale ai giornalisti, durante il ricevimento per la festa della Repubblica. Renzi, però, su un punto non transige: la legge di bilancio, chiunque la faccia, deve garantire la crescita. Il leader Pd pone una condizione al governo: bisogna andare a Bruxelles a trattare margini di flessibilità, i democratici non avalleranno misure che soffocano la crescita.

Le accuse dei centristi, però, scatenano M5s, che pare tentato di rimettere in discussione l’intesa sulla legge elettorale. Dice Luigi Di Maio: «Uno scenario eversivo e inquietante. Questo emerge dalle parole degli esponenti alfaniani quest’oggi. È insopportabile avere il Paese sotto ricatto di Alfano e di Renzi. Renzi è un personaggio pericoloso». Un affondo che in casa Pd si guarda con sospetto, il timore è che l’ala di M5s contraria all’accordo sulla legge elettorale possa prevalere. Dice Matteo Richetti, portavoce della segreteria: «Non possono scaricare la competizione al loro interno sul nostro senso di responsabilità». Renzi sa che la legge elettorale è ancora a rischio, senza M5s al Senato i numeri sono in bilico, anche se il premier ai suoi dice: «Voglio vedere ora come spiegano che si tirano indietro…». Se però saltasse tutto, aggiunge Renzi in privato, «si certificherebbe che c’è solo una forza politica che si carica su di sé la responsabilità, il Pd. Ma così non si può mica…».

L’italico ed italiota livello politico è pieno di ”Piccoli Einstein”

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” Piccoli Einstein ” alla ribalta. IL FATTO: ieri, il ministro degli Esteri e leader di Ap Angelino Alfano, in una conferenza stampa nella sede del partito, in risposta a una domanda in merito a vociferate pressioni di Renzi per far cadere il governo Gentiloni ha detto “Riteniamo conclusa la nostra collaborazione con il Pd, il passato non mi interessa”. “Non è un clamoroso scoop giornalistico: ci sono intere rassegne stampa che indicano l’agitazione del Pd su Gentiloni fin dalla nascita del governo”, ha poi sottolineato il leader Ap aggiungendo che il vice capogruppo alla Camera Sergio Pizzolante che aveva accreditato tale scenario “è una persona seria e non lo smentisco”.

Chiaramente, ed ovviamente, il PD e Renzi smentiscono: “Non è assolutamente vero”, ha detto Lorenzo Guerini, entrando al Nazareno per la segreteria del Pd, a proposito delle accuse di Ap. Anche Matteo Ricci ha replicato ad Ap: “Sono falsità. Il destino del Pd è legato a filo doppio a quello di Paolo Gentiloni. Alfano, invece di polemiche che non hanno senso, si organizzi per costruire un cartello centrista che arrivi al 5%. Usi meglio le sue energie”.

Poi, in serata, sono comparsi in scena anche i pentastellati che, incastrandosi tra i due, con una delle loro genialate, hanno pensato bene di chiedere chiarimenti direttamente al premier, Paolo Gentiloni sul quanto, gli altri, programmavano a suo danno.

E’ questa è! Questo l’italico ed italiota livello politico.

OGGI, il caso è oggetto anche delle riflessioni di Mattia Feltri che, su La Stampa, scrive:

Piccoli Einstein

I parlamentari di Angelino Alfano hanno svelato che a febbraio Matteo Renzi chiese loro di far cadere il governo Gentiloni in cambio di una legge elettorale che gli permettesse di rientrare in Parlamento, anche in mancanza di voti. Lo svelano perché il governo non l’hanno fatto cadere (ma va?), ne hanno ricavato una legge ostile, e i voti continuano a mancare. Il Pd ha smentito ma, dediti della malizia, viene da credere agli alfaniani.

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Così c’è una conferma: Renzi è una simpatica canaglia. O antipatica, ma non è il punto. Il punto è che l’astutissimo piano aveva un drammatico punto debole: si può chiedere ad Alfano di far cadere un governo di cui Alfano è ministro, sempre in meravigliosa mancanza di voti? Fai prima ad aspettare che Woodcock lo arresti. Per dire delle virtù strategiche di Renzi. Ma, per tornare ad Alfano, non mancano solo i voti, mancano anche un paio di riflessioni. Prima: com’è stato rimanere in un governo così apprezzato dal maggior partito di governo? Seconda: com’è stato apprendere di godere di una tale stima da parte del leader al fianco del quale hai lavorato per tre anni? Cioè, com’è stato scoprire che Renzi ti reputa uno buono a fare il sicario per puro tornaconto? Com’è che ci si fa una fama del genere? Belle domande. Detto tutto questo, in serata è arrivato il colpo di tacco: i cinque stelle hanno chiesto chiarimenti al premier, Paolo Gentiloni. Cioè, hanno chiesto chiarimenti sul complotto alla vittima del complotto. E adesso, in paragone, non vi sentite tutti dei piccoli Einstein?

vivicentro.it/opinione
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lastampa/Piccoli Einstein MATTIA FELTRI

Ospedale di Pescara: continua l’iniziativa “Musica in Ospedale”

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4° Concerto dell’iniziativa “ Musica in Ospedale ”

Martedì 6 Giugno 2017 – ore 16.30

Aula Magna “Giuseppe Consoli”

1° piano del Presidio Ospedaliero di Pescara

Via Fonte Romana n. 8

Martedì 6 Giugno 2017 alle ore 16.30, presso l’Aula Magna “Giuseppe Consoli” – 1° piano del Presidio Ospedaliero di Pescara, sito in Via Fonte Romana n. 8 –, si terrà il quarto ed ultimo concerto dell’iniziativa “Musica in Ospedale”, progetto sperimentale di umanizzazione dei luoghi di cura, mediante la musica da condividere con i pazienti/utenti ed il personale dipendente.

L’iniziativa può contribuire a migliorare il ruolo dell’Ospedale facendolo divenire non solo luogo di cura, ma anche di vita sociale, di integrazione, di cultura.

Juve Stabia: Un’ombra sul prossimo campionato mette ansia

La Juve Stabia ha terminato il proprio campionato mercoledì 24 maggio, quando al Romeo Menti impattava con la Reggiana e non riusciva a ribaltare il risultato dell’andata uscendo mestamente dai play off di Lega Pro.

Sono passati otto giorni da quella nefasta partita in cui l’errore della terna arbitrale mista a quelli della Juve Stabia hanno spezzato i sogni promozione dei tifosi gialloblè.

Tutti i tifosi ora si chiedono cosa farà il Presidente Manniello che da nove anni è al timone della società, e da quattro lo è in perfetta solitudine.

Il Presidente ad inizio stagione aveva annunciato che questa sarebbe stata l’ultima della sua era se non fosse arrivata la promozione in serie B.

Al dispetto delle mosse del Presidente c’è però un fattore allarmante che in tanti avevano dimenticato, presi dai risultati sportivi della squadra, e che invece ha sollevato e ricordato il noto giornalista stabiese e ex consigliere comunale Giuseppe Mercatelli: la questione manto erboso del Menti.

Durante l’ultima puntata del programma sportivo “Il Pungiglione Stabiese 2.0” in onda tutti i martedì alle 19:30 sulle pagine facebook ufficiali di ViViCentro.it e MagazinePragma oltre che sul canale Youtube ufficiale di ViViCentroNetwork, l’ex consigliere ha ricordato che l’amministrazione comunale di Castellammare di Stabia ha avuto l’ultima proroga per l’omologazione del Menti proprio quest’anno (la proroga scadeva a fine stagione 2016-2017 n.d.a.) per cui ora non ci sono altre alternative che iniziare presto i lavori di rifacimento del manto erboso.

In bilancio ci sono già i soldi sbloccati dall’allora Commissario Prefettizio che traghettò l’amministrazione comunale dalla gestione Cuomo a quella Pannullo. Oltre ai fondi c’è anche il progetto, che prevede non solo il rifacimento del manto erboso del Menti, ma anche di altre parti dello stadio. La priorità resta comunque “solo” il manto erboso per il quale i tempi del rifacimento si aggirano intorno ai tre mesi, in quanto bisogna sostituire il tappeto superiore e il sotto strato. Una situazione quindi che se non presa in considerazione subito, tramite un’ordinanza del Sindaco, potrebbe privare la Juve Stabia del proprio stadio per la prossima stagione sportiva e allontanare di conseguenza qualsiasi investitore.

A cura di Giovanni Donnarumma

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Reina, l’agente: “Resta a Napoli fino alla scadenza del suo contratto nel 2018”

Si è concluso da poco l’incontro tra il manager di Pepe Reina, Manuel Garcia Quilon, ed il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis. Il procuratore spagnolo ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Calciomercato24.com:

“Pepe Reina resta a Napoli fino alla scadenza del suo contratto. Certi argomenti non riguardano il campo e non ci interessano, resta a Napoli fino al 2018“.

 

da calciomercato24.com

Berretti Playoff, Juve Stabia-Livorno, i convocati di Panico: segui la diretta su ViViRadioWeb

Berretti Playoff, Juve Stabia-Livorno, i convocati di Panico: segui la diretta su ViViRadioWeb

Gara di ritorno dei quarti di finale dei playoff categoria Berretti. La Juve Stabia di Domenico Panico affronta il Livorno dopo la vittoria per 1-0 dell’andata con gol decisivo di Chirullo. Si giocherà al Menti di Castellammare di Stabia alle ore 15. Potrete seguire il match su ViViRadioWeb dalle ore 14:45.

Riccio, Borrelli F., Rubino, Casella, Bisceglia, Borrelli E., Elefante, Strianese, Scognamiglio, Vecchione, Mauro, Sorrentino F., Spavone, Servillo, Langella, Procida, Del Prete, Matassa, Chirullo.

a cura di Ciro Novellino

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Ceccarini: “Reina? Sarà decisivo l’incontro con il procuratore la prossima settimana”

Nel corso di Dietro le quinte, sulle frequenze di TMW Radio, è intervenuto Niccolò Ceccarini, giornalista di Premium Sport ed esperto di mercato. Ecco le sue dichiarazioni in merito al futuro di Pepe Reina:
“La situazione non è semplice e ogni scenario è aperto. Fino a qualche tempo fa ero sicuro che sarebbe rimasto. Ma adesso bisogna capire cosa capiterà nell’incontro con il suo procuratore fissato per la prossima settimana. Solo dopo si prenderà una decisione con lo spagnolo che potrebbe lasciare e in questo senso vanno visti i movimenti per Szczesny e Neto. Le quotazioni del brasiliano sono in risalita visto che l’Arsenal vuole molti soldi per il polacco nonostante sia in scadenza”.

 

Da tuttomercatoweb.com

Dalla Turchia – Chiriches-Galatasaray, c’è l’accordo con il Napoli: le cifre

Stando a quando riferisce la stampa turca, il Galatasaray sarebbe molto vicino all’acquisto di Vlad Chiriches dal Napoli.
Igor Tudor, infatti, avrebbe individuato  nel centrale rumeno le caratteristiche per rinforzare il proprio reparto arretrato. Le cifre dell’affare si aggirano intorno ai 2,5/3 milioni di euro. Per il calciatore pronto un contratto oneroso da due milioni e mezzo a stagione.

Sky – Futuro Reina, terminato l’incontro tra l’agente e De Laurentiis a Roma

Un incontro che potrebbe chiarire definitivamente il futuro di Pepe Reina: è appena terminato l’appuntamento a Roma tra Quillon, agente del portiere, e il Napoli. Da capire dunque se proseguire insieme, anche se sul portiere ex Liverpool restano vigili Manchester City e Newcastle. Si attendono sviluppi. Lo riferisce Gianluca Di Marzio, giornalista Sky esperto di calciomercato, tramite il proprio sito ufficiale.

 

Da gianlucadimarzio.com

Esami di maturità: ragazzi sicuri sulla terza prova, buio totale per l’orale (Debora VELLA)

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Manca ormai poco all’inizio degli esami di maturità e i maturandi sono alle prese con il ripasso generale.  Saranno pronti per l’esame più temuto?

LE PERCENTUALI CHE NON CONFORTANO

Se complessivamente il 90% si è esercitato almeno una volta a scuola sulla terza prova, i numeri scendono per gli altri scritti e il colloquio. Per il 22% (circa 1 su 4), quello con la seconda prova sarà un appuntamento al buio, e 3 studenti su 4 si presenteranno di fronte alla commissione senza sapere bene cosa li aspetta.

Osservando i dati nel dettaglio, emerge inoltre che il 17% non ha mai scritto – con la guida dei professori, in classe – un tema d’Italiano sulla falsariga di quelli proposti all’esame, mentre quasi un terzo (29%) ne ha fatto solo uno e il 54% ha ripetuto la simulazione di prima prova più volte. La terza prova rimane quella più testata: tre quarti degli studenti (74%) si sono confrontati con il “chiacchierato” quizzone, provandolo diverse volte; il 16% si è esercitato in un’occasione soltanto; una netta minoranza, quindi, non ha avuto questa possibilità.

SCARSA PREPARAZIONE IN VISTA DELL’ORALE E DELLA SECONDA PROVA

E l’orale? Solo il 25% lo ha simulato adeguatamente e circa la metà lo ha fatto una volta sola. Probabilmente questa mancanza di attenzione alla prova orale è data dalla sua presunta inutilità, infatti molti studenti sostengono che, senza commissari esterni, non sia la stessa cosa.

Tuttavia, il vero problema è rappresentato dalle seconde prove: se il 22% non ha svolto simulazioni, il 37% ne ha sostenuta solo una. Solo Il 41% ha avuto la possibilità di esercitarsi di più. Tra l’altro, chi ne ha svolte, non sempre si è trovato davanti un compito analogo, per struttura e durata, a quello che ritroverà in sede d’esame: nel 28% dei casi la simulazione si è svolta in versione ‘ridotta’.

Debora VELLA

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