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Si addormenta con la sigaretta accesa e muore carbonizzato; dramma nel napoletano

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Stava fumando una sigaretta quando il sonno l’ha colto di sorpresa, una piccola distrazione e dal mozzicone ancora acceso si è appiccato un incendio che è partito dal materasso del letto e si è poi diffuso nelle altre stanze dell’appartamento. Non c’è stato nulla da fare per Carmine Vecchiano, 76enne di Cicciano, comune della città metropolitana di Napoli, il quale è  stato ritrovato carbonizzato nella sua casa in via Antonio De Luca. Il dramma si è consumato ieri pomeriggio.

L’uomo era vedovo e senza prole, a farlo compagnia ed accudirlo era la sua badante, una presenza necessaria soprattutto dopo l’amputazione della gamba. La donna, però, al momento della tragedia non era con lui.

Nel quartiere il signor Carmine era ben voluto da tutti, per questo motivo l’episodio ha sconvolto maggiormente gli abitanti.

Sul posto sono giunti i vigili del fuoco del distaccamento di Nola e i carabinieri di Cicciano, oltre il medico legale che ha effettuato l’esame esterno sul corpo ormai carbonizzato dell’uomo.

 

La beffa della benzina: cala ma non scende. Scende, ma non in autostrada

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Il prezzo del carburante per auto scende, ma non per chi viaggia in autostrada. Il problema non è solo legato alle note tasse e accise che pesano sul prezzo finale, ma al sistema di distribuzione come evidenziano le associazioni di consumatori: «Da noi ci sono il doppio delle stazioni di servizio che in Europa».

Perché la benzina in autostrada costa sempre più cara

Il prezzo scende ma non per chi viaggia. I consumatori: enorme problema distributivo

MILANO – Cara benzina mi costi, ma quanto mi costi? Il calcolo lo hanno fatto il sindacato dei gestori Figisc e la Confcommercio. Il prezzo medio di un litro di benzina alla pompa nella settimana tra il 5 e l’11 giugno è stato di 1,512 euro. Con un certo entusiasmo l’Osservatorio prezzi del ministero dello Sviluppo economico fa sapere che lunedì scorso – 2 giorni fa quindi è il dato più aggiornato che c’è – il prezzo medio sarebbe sceso a 1,510 euro. Con un sostanzioso risparmio per noi consumatori di ben 0,002 euro. In calo anche se si fa fatica a definirlo vertiginoso è pure il prezzo del gasolio. Settimana scorsa era di 1,361 euro al litro. Che lunedì era in media di 1,353 euro.

Che ad alzare vertiginosamente i prezzi siano tasse e accise si sa. È bene ricordare qualche numero. L’Iva al litro sulla benzina è di 273 millesimi. Le accisa arrivano a 737 millesimi. Che fanno per lo Stato un introito, questo sì vertiginoso, di 1,010 euro per ogni litro. Se non bastasse il caro prezzi c’è l’ulteriore rincaro se la benzina si acquista in autostrada. Secondo Leonardo.itMoney la benzina in autostrada costa il 30 se non il 45% in più rispetto alla normale rete. Secondo Altroconsumo che ha fatto una ricerca molto dettagliata nel 2016 sulle autostrade nell’area di Milano la benzina costa il 9% in più, di Bologna il 6%, di Firenze l’11%, di Roma il 7% e addirittura il 12% a Napoli. Gestori e società autostradali si rimpallano la responsabilità su costo della benzina, addebitandolo alle royalties che queste ultime incassano per ogni litro venduto.

Marco Bulfon responsabile prezzi carburante di Altroconsumo ha pure un’altra idea: «Da noi c’è la benzina più cara d’Europa anche se l’Italia è uno dei massimi produttori al mondo di carburante. Questo avrebbe dovuto garantire prezzi più concorrenziali. Ma va a finire che il nostro carburante venduto in Francia là costa meno. Da noi c’è un gigantesco problema di distribuzione e di organizzazione». Per non parlare dei costi fissi. Delle royalties alle società autostradali e tutto il resto.

L’esperto risponde: «Fino a che lo Stato utilizza la benzina come salvadanaio siamo di fronte a una ingestibile follia. Da noi poi ci sono il doppio delle stazioni di servizio che in Europa». In Italia sono 24 mila solo sulla rete autostradale. Che vendono meno di 1 miliardo e 800 milioni di litri di carburante. Un dato sempre più in decrescita visto che l’oro nero è oramai caro come l’oro vero. E dal 2008 al 2013 la vendita sulla rete autostradale è crollata in media del 45%. Complice la crisi e non solo quella.

I BENZINAI: “COLPA DELLE ROYALTIES, A NOI RESTANO I CENTESIMI”  

Stefano Cantarelli, presidente della rete autostradale della Federazione Italiana Gestori Impianti Stradali Carburanti, perché fate pagare di più la benzina dopo il casello?  

«Intanto il costo di esercizio è più alto. Anche se è stato ridotto all’osso deve essere garantito personale 24 ore al giorno e non solo un servizio automatico alla pompa».

Basta per il salasso?  

«Il dato che incide molto sono le royalties che chiedono le società autostradali per assegnare alle compagnie petrolifere o ai gestori la singola area di servizio. Negli anni si è arrivati ad un costo che si aggira tra i 12 e i 13 centesimi al litro. Soldi che finiscono direttamente ai gestori».

In passato erano meno?  

«Fino al 2002, quando si è privatizzata la rete autostradale, le royalties arrivavano al massimo a 1 centesimo e mezzo al litro. Il problema che l’aggiudicazione è su base d’asta. Pur di accaparrarsi l’area di servizio anche le compagnie petrolifere offrono di più. Secondo un dato in nostro possesso le società autostradali incassano tra i 150 e i 160 milioni di euro l’anno».

Che Iva e accise siano tra le più alte in Europa lo sappiamo…  

«Sì, ma ricordiamo anche che al benzinaio, fatto un prezzo medio della benzina di 1,4 euro al litro, rimangono in tasca appena 5 centesimi».

C’è qualche anomalia su cui si potrebbe intervenire?  

«Bisognerebbe ristrutturare l’intera rete. Andrebbero chiusi il 30% degli impianti. Quelli che ci sono oramai sono decisamente troppi».

Si vende meno benzina?  

«La crisi ha picchiato duro anche in questo campo. Nel 2002 in autostrada si vendevano 4 miliardi di litri l’anno di carburante. Nel 2016 siamo a meno di 1,8 miliardi. Contro i 26/27 miliardi dell’intera rete ordinaria. Siamo sotto addirittura al 1979 quando la rete autostradale era grande la metà e si vendevano 2,5 miliardi di litri».

LE SOCIETA’ : “LE RESPONSABILI SONO LE COMPAGNIE PETROLIFERE”  

Luca Ungaro, lei è vicepresidente esecutivo di Autostrade per l’Italia e responsabile delle aree di servizio: i gestori degli impianti dicono che sia colpa vostra se la benzina in autostrada costa di più e costa troppo…  

«Noi facciamo le gare per le assegnazioni delle aree di servizio direttamente con le compagnie petrolifere. Sono loro poi, eventualmente, che le danno ai gestori».

Il presidente di Figisc dice che voi intascate 12-13 centesimi per ogni litro di benzina venduto sulla vostra rete.  

«Il nostro dato è diverso. Nell’ultimo biennio 2015-2016 abbiamo rinnovato i contratti con il 75% delle aree. Oggi le royalties valgono il 4% del prezzo al litro».

Sono le compagnie che offrono di più durante le vostre aste per accaparrarsi la singola area di servizio?  

«Le compagnie offrono royalties che sono in linea con gli altri punti vendita. Devono ovviamente trovare un equilibrio tra offerta e quanto puoi guadagneranno. Non avrebbe senso offrire troppo».

Però rimane troppo distante il prezzo tra benzina offerta in autostrada e quella venduta nelle altre aree di servizio. Perchè?  

«I differenziali alla pompa si stanno abbassando. Il Codacons farà comunicazioni sui prezzi nelle aree di servizio allineate con la rete stradale normale».

Non sono troppe le aree di servizio?

«Sono 24 mila. Andrebbero ridotte a 15 mila. Nel 2015 c’è già stato un ridimensionamento. Sull’intera rete autostradale sono state chiuse 30 aree di servizio e 15 sulle nostre reti. Ma le aree di servizio sono una ricchezza per l’utente. È vero che ce ne sono di più che in altri Paesi europei, ma questo garantisce una migliore assistenza. In media c’è un’area di servizio tra un casello e l’altro».

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lastampa/Perché la benzina in autostrada costa sempre più cara FABIO POLETTI

Juve Stabia, per la panchina una soluzione interna?

Juve Stabia, per la panchina una soluzione interna?

Mancano soltanto pochi giorni, poi si saprà dell’iscrizione della Juve Stabia al campionato, anche se il patron Manniello ha assicurato che non ci saranno problemi di alcun tipo. Bisogna, però, a questo punto, cominciare a pensare anche al futuro e a chi, soprattutto, affidare la panchina per la prossima stagione. Stando alle indiscrezioni, per la panchina la società stabiese starebbe pensando a Fabio Caserta, già vice di Gaetano Fontana e a Castellammare di Stabia da diversi anni.

La sindrome di Ménière: rara ma senza riconoscimento del Ministero.

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Sintomi invalidanti, mancanza di riconoscimento dal Ministero e disattenzione dell’opinione pubblica: sono queste le condizioni di chi deve convivere con la sindrome di Ménière.

La sindrome di Ménière, descritta per la prima volta dal medico Ménière nel lontano 1891, è una sintomatologia causata da un aumento della pressione dei fluidi contenuti nel labirinto auricolare dell’orecchio interno. Provoca attacchi molto ricorrenti di sordità, ronzii e fischi, gravi problemi di equilibrio, vomiti e nausea. Talvolta è accompagnata da movimenti ritmici orizzontali a scatti incontrollabili degli occhi.

Le crisi della sindrome di Ménière possono durare da 20 minuti a 24 ore e più, e possono peggiorare con il movimento, tanto che viene consigliato il riposo assoluto in un luogo buio e silenzioso.

La convivenza con i sintomi invalidanti e il non sostegno del welfare generano sempre più una sensazione di abbandono nelle migliaia di persone affette dalla sindrome di Ménière. I malati possono trovare un po’ di sostegno solo grazie alla Associazioni (AMMI – Associazione Malati Ménière Insieme) in cui si riuniscono che hanno il principale e arduo compito di assistere i malati e di far conoscere la loro condizione. Ne parlo, e avrei dovuto farlo prima, perché ne è affetto anche un mio caro amico, Vincenzo d’Ambrosio di Novara, che mi ha confidato di quanto sia triste la condizione di abbandono e isolamento in cui si sentono gli ammalati e dal senso di insicurezza e isolamento che, inevitabilmente, comporta questa brutta malattia.

Al momento, purtroppo, non esiste ancora una cura, se non sintomatica. Si tratta di una sindrome imprevedibile. Il malato può solo aspettare che finisca l’attacco di vertigine e, nel mentre, viene completamente annullato nella propria persona in quanto incapace di muoversi o fare qualsiasi altra cosa se non vomitare. E’ necessario innanzitutto divulgare la conoscenza della malattia per ottenere una risposta dalla istituzioni affinché sia riconosciuta nei Livelli Essenziali di Assitenza.

Al momento la sindrome di Ménière non è considerata invalidante e quindi le cure sono spesso costose ed occorre ovviamente assentarsi anche spesso dal lavoro. E’ fondamentale che il maggior numero di persone venga a conoscere l’esistenza di questa sindrome a tutti gli effetti invalidante per fare in modo che sia giustamente inserita in un programma di assistenza sanitario valido e in grado di consentire le cure per chi ne ha, suo malgrado, affetto.

Il sito dell’Associazione è https://www.ammi-italia.it/ (Associazione Malati Ménière Insieme)

Juve Stabia, Carboni piace all’Arezzo: si lavora per la fumata bianca

Juve Stabia, Carboni piace all’Arezzo: si lavora per la fumata bianca

Tra i nomi che circolano per la panchina dell’Arezzo, visto che mister Magi si è accasato al Bassano, c’è quello di Guido Carboni, subentrato a stagione in corso sulla panchina della Juve Stabia, dopo l’esonero di Gaetano Fontana, che è riuscito poi a condurre fino agli ottavi di finale dei play off. Il tecnico ha lasciato Castellammare di Stabia ed è a caccia di una nuova avventura.

Zola: “Il Real per un tempo ha ballato contro il Napoli”

Le sue parole

Gianfranco Zola ha parlato alla Gazzetta dello Sport:

Il Napoli ha il gioco migliore?

“Certo e non solo in A: il Real Madrid per un tempo ha ballato. Sarri è stato bravo anche in difesa. Davanti ha una gioielleria, con uomini di qualità, abili nello stretto e nel cercare la porta: mi sarebbe piaciuto giocare in questo Napoli. Con poco puntano allo scudetto”.

Ai tifosi Insigne ricorda lei. Che voto merita?

“Dieci: può giocare nelle prime cinque big al mondo”

Zuniga-De Guzman, esuberi con ingaggi da capogiro

Zuniga-De Guzman, esuberi con ingaggi da capogiro

Camilo Zuniga e Jonathan De Guzman hanno ancora un altro anno di contratto con De Laurentiis, ma sicuramente non resteranno. Pensare che i due calciatori, da due anni ormai fuori dai progetti tecnici, costano al club ben 10 milioni lordi a stagione. Un vero e proprio sproposito considerando il loro apporto e la loro utilità alla causa tecnica del Napoli. Lo riporta il Corriere dello Sport.

Pescara: operazione antidroga della Polizia. Un arresto.

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Gli Agenti della squadra mobile hanno arrestato in flagranza di reato, per detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio, M. D. E., 51 anni, detto “Cappellino”, pregiudicato di Spoltore.

Adesso si trova in carcere in attesa di essere interrogato dal P.M. Andrea PAPALIA.

Nell’abitazione dell’uomo, grazie al fiuto del cane Ketty della Polizia, è stata trovata una rilevante quantità di stupefacente pronto allo spaccio, che era nascosto in diversi punti della casa: in totale si tratta di quasi un chilo di marijuana (922 grammi) e di 15 grammi di cocaina.

Che si trattasse di droga destinata alla vendita è confermato anche dal sequestro di 1.785 euro in contanti e di materiale per il taglio e il confezionamento delle dosi.

L’arrestato venne arrestato insieme ad altre quattro persone nell’ottobre del 2014 nel corso di una operazione congiunta di Polizia e Carabinieri, in quanto accusato di aver preso parte ad una rapina in danno di un furgone portavalori e di un distributore di benzina.

 

L’incapacità delle democrazie di controllare la storia

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L’Europa dei migranti è anche un continente dove l’emergere dei populismi non è una malattia della politica, ma il sintomo d’una malattia della politica: l’incapacità delle democrazie di controllare la storia, scrive Giovanni Orsina nel suo editoriale.

I populismi non sono sconfitti

Due mesi fa, malgrado i sondaggi unanimi ne predicessero la netta sconfitta al secondo turno chiunque ne fosse il concorrente, non si parlava d’altro che del pericolo Marine Le Pen. Oggi, davanti al risultato del voto parlamentare francese, ma anche delle elezioni austriache, olandesi, inglesi, e da ultimo delle amministrative italiane, si festeggia l’esaurirsi dell’ondata populista.

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Era miope e isterico l’allarme allora, è miope e isterico il sollievo adesso. Facciamo un respiro profondo, inforchiamo gli occhiali, e cerchiamo di allargare un po’ la prospettiva.

L’emergere dei populismi non è una malattia della politica, ma il sintomo d’una malattia della politica. È legittimo rallegrarsi se il sintomo si attenua, ma è da sconsiderati dimenticare che il vero problema è il morbo sottostante. Tanto più se, al contempo, altri sintomi diventano invece più visibili. Ma quale sarebbe dunque questa malattia?

In breve: l’incapacità diffusa delle élite politiche di elaborare un progetto minimamente lungimirante di governo della comunità; di costruirci intorno un consenso ragionevolmente duraturo nel tempo; e di dare così a quella comunità la sensazione di esser protetta dalle angoscianti incertezze del futuro. O se si preferisce, ancora più in breve: l’incapacità delle democrazie di controllare la storia.

La malattia non è recente, ne soffriamo da almeno mezzo secolo. Non per caso l’epifania del populismo data almeno dal 1973, quando il partito del progresso, nato l’anno precedente, raccolse alle elezioni parlamentari danesi il sedici per cento dei voti. A quella prima ondata populista ne seguì una seconda alla metà degli Anni Ottanta: i successi del Front National in Francia, l’ascesa di Haider alla guida del partito liberale austriaco, la comparsa delle leghe in Italia. E poi a partire dal 2000 una terza, che dura ancora oggi.

La marea monta e cala per tante ragioni. Il crescere o il diminuire delle preoccupazioni per il futuro, ad esempio: migrazioni, sicurezza, disoccupazione, crisi economica. La basculante credibilità delle stesse forze populiste, penalizzate dall’irrilevanza se restano all’opposizione; penalizzate dalla normalizzazione o dal fallimento se arrivano al potere; penalizzate dalle violente faide interne che le affliggono tanto quanto i partiti tradizionali.

La marea, naturalmente, va e viene anche in funzione delle contromisure che adotta l’establishment. Da ultimo, la Francia e il Regno Unito ci hanno proposto due strategie antipopuliste opposte l’una all’altra, ma per il momento efficaci entrambe. Al di là della Manica i due partiti storici, eliminata col referendum la questione europea, sono riusciti a rispondere alla protesta e a ristabilire (almeno per il momento) lo schema bipartitico. In Francia invece i populisti sono stati arginati da un personaggio fresco, giovane e brillante che ha saputo fagocitare le due forze politiche tradizionali, ormai screditate. Da un parte il vecchio establishment bipartitico s’è riaffermato assorbendo le istanze populiste. Dall’altra è nato un bipolarismo nuovo fra l’establishment e i populisti.

A ulteriore dimostrazione di quant’è grave la malattia della politica, tuttavia, le due strategie hanno preteso entrambe un prezzo salatissimo: la Brexit da una parte, la ristrutturazione completa dello spazio pubblico dall’altra. Pure se nell’immediato hanno funzionato, poi, non abbiamo nessuna garanzia che quelle strategie avranno successo anche nel medio periodo. E a dispetto di quel che possa parere adesso, la situazione francese è per tanti versi più incerta ancora di quella britannica: malgrado i trionfi di Macron, il cinquanta per cento raccolto dai candidati anti-establishment alle presidenziali e il cinquanta per cento di astenuti alle legislative danno testimonianza di un quadro politico assai fragile.

Per l’arretrare dei populisti, insomma, possiamo permetterci tutt’al più un quarto d’ora di festeggiamenti. Trascorso il quale sarà il caso di tornar seri in fretta.

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lastampa/I populismi non sono sconfitti GIOVANNI ORSINA

XXIII Memorial ‘Ubaldo Mainolfi’: il programma gare

XXIII Memorial ‘Ubaldo Mainolfi’: il programma gare

La Sc Valle Telesina, Scuola Calcio Elitè fondata nel 1987 da Ubaldo Mainolfi, attualmente diretta da Eugenio Romano responsabile Tecnico, Barone Nicoletta responsabile calcio femminile, Morone Alessio istruttore, Martino Francesco istruttore, Geranio Alfredo istruttore, Mendillo Marco istruttore, D’Orta Andrea istruttore. La Scuola Calcio Elitè dal 2010 ha lanciato nel calcio che conta vari atleti da Ciotola (ex Juve Stabia), Amore (ex Juve Stabia), ad arrivare agli ultimi due cresciuti nel vivaio telesino Volpe (Frosinone) Brignola (promosso in serie A con il Benevento). Si annoverano anche i vari Selvaggio, Masotta, Guerra, Martino, Stallone, Follo, Marcuccio, Dello Iacono in forza nelle varie squadre del settore giovanile Juve Stabia.
Domani sarà una giornata di festa per circa 350 atleti, con premiazioni per tutti i partecipanti e senza classifiche finali, ma solo confronti e divertimento.

a cura di Ciro Novellino

Sfruttamento delle persone. Onu: fantasmi da difendere

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L’Europa non è immune dalla tratta di esseri umani, con circa 800 mila persone sottoposte a forme di sfruttamento di ogni genere, da quello sessuale a quello sempre più sviluppato, lavorativo. A raccontarlo è Linda Laura Sabbadini che analizza il problema nei suoi diversi aspetti, sulla base dei più recenti dati dell’Onu.

“L’Italia ha buone leggi di tutela e assistenza ma bisogna fare di più”

La relatrice dell’Onu: fantasmi da difendere

ROMA – È italiana la relatrice speciale dell’Onu sulla tratta. Maria Grazia Giammarinaro, magistrata siciliana è una delle più grandi esperte mondiali di traffico di essere umani in particolare di donne e bambini e si batte attivamente contro questo da più di 20 anni. Ha cominciato nel ’96 come coordinatrice del Comitato interministeriale contro il traffico di donne e bambini. Nel 2014 le Nazioni Unite l’hanno nominata relatrice speciale sul traffico di persone, in particolare donne e minori, con il compito di promuovere i diritti delle persone trafficate, sfruttate.

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Il traffico di esseri umani assume forme sempre più variegate. Lei che monitora la situazione mondiale può descriverci quali sono i meccanismi che sviluppano il traffico di esseri umani?  

«Le persone possono diventare vittime di trafficking anche se all’origine hanno accettato di emigrare in modo irregolare, pagando somme anche ingenti. Gli abusi commessi dai “facilitatori” sono infiniti. Il migrante scopre a metà del viaggio che la somma pagata serve solo a finanziare la prima parte del tragitto. E allora la persona viene “venduta” a un altro “passeur” e poi ancora a un altro. E se avranno la ventura di restare vive, queste persone, tra cui molte ragazzine minorenni, troveranno altri trafficanti-sfruttatori ad aspettarle in Italia, per “piazzarle” di volta in volta sulla strada, o in un campagna a raccogliere pomodoro, o in una casa, in una condizione di servitù domestica».

A fianco dello sfruttamento sessuale nel nostro Paese si evidenzia lo sfruttamento lavorativo. In quali settori questo si manifesta di più?  

«Il trafficking per fini di sfruttamento lavorativo è stato riscontrato non solo in Italia ma anche in altri Paesi, e per quanto riguarda l’agricoltura pure nel Nord Europa, nel lavoro durissimo della raccolta dei frutti di bosco in luoghi isolati, esposti al freddo e alle intemperie. Lo sfruttamento avviene anche in altri settori, nelle barche da pesca nel Sud-est asiatico, nella forestazione, nell’edilizia, quando ingenti masse di migranti vengono portati da zone povere in paesi dove si realizzano grandi opere, senza salario e possibilità di comunicare con le famiglie. E c’è il grande settore dell’industria del turismo: casi di cuochi messi a lavorare nei ristoranti in condizioni di semi-schiavitù sono stati riscontrati in Gran Bretagna e in Irlanda».

Il traffico di esseri umani non ha età: molti e in crescita sono i bambini vittime, che perdono il diritto a un’infanzia felice. Perché solo la metà dei bambini fa domanda di asilo e si rende così invisibile?  

«Ciò avviene a causa delle politiche migratorie restrittive, e anche delle conseguenze perverse della Convenzione di Dublino sull’asilo, che ha dimostrato di essere fallimentare. I ragazzi che la famiglia ha mandato avanti con grandissimo sacrificio, nella speranza che essi possano col tempo riunificare la famiglia nel Paese prescelto, sentono un’enorme responsabilità. Sanno che se verranno identificati in Italia, il loro viaggio potrà essere bloccato, e qualunque Stato in cui si recheranno successivamente potrà farli rientrare forzatamente nel nostro Paese. Loro, invece, devono raggiungere la loro destinazione finale, dove spesso già si trova parte della famiglia. Perciò cercano di restare “invisibili” e di raggiungere irregolarmente la loro meta. Ma nel frattempo, dovendo sopravvivere in una situazione di irregolarità, dovendo trovare ancora altri soldi per proseguire il viaggio, diventano ostaggio dei trafficanti e sono assoggettati a qualsiasi tipo di sfruttamento».

Sui minori non ci vorrebbe qualche altra azione mirata?  

«Nessuna decisione dovrebbe essere assunta se non a seguito di una seria procedura individualizzata di accertamento del migliore interesse del minore. Troppe volte i bambini vengono rimpatriati o rimandati indietro nell’ultimo paese di provenienza – spesso l’Italia – senza alcuna considerazione per i loro diritti. In questo contesto, la detenzione amministrativa dei minori per ragioni di immigrazione deve essere assolutamente bandita, perché non è mai nel migliore interesse del minore. La strategia per evitare che i minori scompaiano è la protezione, non la detenzione. L’Italia ha recentemente approvato una nuova legge sulla protezione dei minori non accompagnati. Speriamo che l’attuazione dia buoni frutti».

L’Italia ha una bella tradizione sul piano delle leggi e dell’attività delle associazioni, molto competenti su questo fronte. E’ servito a qualcosa?  

«Sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi quella dell’Italia resta un’esperienza assai positiva. Già nel ’98 il nostro Paese si è dotato di una legislazione che consente di rilasciare un permesso di soggiorno e fornire assistenza e aiuto psicologico e legale alle persone straniere sottoposte a violenza e grave sfruttamento. Anche grazie al lavoro prezioso delle associazioni, molte migliaia di persone – prevalentemente donne soggette a sfruttamento sessuale – sono state aiutate a ricostruire le proprie vite. Serve un altro passo in avanti. Le associazioni devono poter avere un contatto confidenziale con le persone potenzialmente vittime di trafficking, subito dopo le operazioni di salvataggio e di sbarco e nei centri di prima accoglienza. Le vittime non si aprono con la polizia, ma con le associazioni».

Nonostante le Ong svolgano una attività fondamentale nel Mediterraneo, nel nostro Paese si è sviluppata una pesante polemica sul loro ruolo al largo della Libia. Si è arrivato a parlare persino di complicità tra Ong e trafficanti. 

«La loro è un’azione meritoria. Per quanto riguarda i salvataggi ha spesso surrogato l’insufficienza dell’intervento istituzionale nelle operazioni di ricerca e salvataggio. Non c’è alcuna prova di complicità tra Ong e trafficanti. Purtroppo il numero dei morti in mare resta elevato, e tra chi perde la vita ci sono anche molti bambini. Salvare vite umane è la priorità. Un minuto dopo, bisogna pensare a salvare i migranti e i rifugiati dallo sfruttamento selvaggio, e a praticare percorsi durevoli di inclusione sociale».

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Reina verso il Man City, Giuntoli ha incontrato Juve e Bayer per Neto e Leno

Reina verso il Man City, Giuntoli ha incontrato Juve e Bayer per Neto e Leno

Il Napoli avrebbe incontrato la Juventus per chiedere il cartellino del brasiliano Neto. L’incontro sarebbe andato in scena in questi giorni con Giuntoli che avrebbe chiesto ai bianconeri di trattare seriamente la cessione del brasiliano ormai con la valigia in mano visto l’arrivo del polacco Szczesny. Ma non c’è solo Neto, il Napoli ha anche parlato con il Bayer Leverkusen per Leno, qui c’è la svolta: i tedeschi finalmente hanno dato una valutazione al loro portiere, circa 20 milioni. Nel frattempo Pepe Reina è sempre più richiesto dal Manchester City. Lo riporta Il Corriere dello Sport.

Follie Chelsea per Insigne: offerto il doppio dell’ingaggio

Follie Chelsea per Insigne: offerto il doppio dell’ingaggio

La Gazzetta dello Sport pubblica i dettagli dell’offerta che il Chelsea vorrebbe fare a Lorenzo Insigne: “Antonio Conte vuole provarci. Da Londra arriva un’indiscrezione secondo la quale il manager del Chelsea sarebbe pronto a presentare un’offerta al Napoli per acquistare Lorenzo Insigne. La sua è un’idea suggestiva, che si scontra frontalmente, però, con le intenzioni del club e dello stesso giocatore. L’ex tecnico della Juventus farà comunque il tentativo. Intanto, ha già fatto sapere all’entourage dell’attaccante napoletano che lui è prontissimo ad aprire una trattativa e, per farlo, vuole avere anche un minimo cenno da parte dello stesso Insigne. Il quale è reduce dalla splendida prestazione con la Nazionale e quanto prima partirà per le vacanze. A tutti ha dato appuntamento alla seconda settimana di luglio, quando si presenterà nel ritiro di Dimaro per iniziare la preparazione. A Insigne andrebbe uno stipendio di 200 mila sterline (227 mila euro) a settimana. In pratica guadagnerebbe il doppio di quanto gli ha assicurato il Napoli all’atto della firma dell’ultimo rinnovo”.

Liverpool e Tottenham su Zielinski: De Laurentiis pensa al rinnovo

Liverpool e Tottenham su Zielinski: De Laurentiis pensa al rinnovo

Le ultime gare delle nazionali hanno mostrato al mondo le prodezze di Piotr Zielinski. E allora prepariamoci a un’estate torrida perche’ il Napoli dovra’ alzare i muri per difenderli dagli assalti delle grandi della Premier League. Il Napoli ha già detto di no ai progetti di Liverpool e al Tottenham che hanno offerto circa 25 milioni di sterline per il centrocampista polacco. Zielinski ha una clausola rescissoria nel contratto. Nel momento in cui venne ingaggiato dall’Empoli, undici mesi fa, sembrava una cifra davvero impressionante: 70 milioni di euro. Ma piano piano, il centrocampista azzurro si sta avvicinando a quei valori. Motivo per cui, il Napoli sta gia’ pensando a un ritocco dell’ingaggio (guadagna 2 milioni all’anno) per poter rivedere il contratto e togliere la clausola. Lo riporta Il Mattino.

Ieri per Parma – Pordenone un gialloblù spento. Con la Juve Stabia sarebbe stato diverso..

Ieri si è disputata a Firenze la prima semifinale dei playoff di Lega Pro, quella tra Parma e Pordenone; a spuntarla sono stati gli emiliani ai calci di rigore, grazie al penalty decisivo battuto da Lucarelli. Da osservatori esterni, però, quello che maggiormente ci ha colpito non riguarda le dinamiche di campo, quanto invece, quelle del tifo.

Il settore occupato dai tifosi del Parma è stato lo stesso in cui si posizionarono i tifosi della Juve Stabia per la sfida di Tim Cup del 28 novembre 2012 alla Fiorentina dei vari Cuadrado, Borja Valero e Gonzalo Rodriguez. Dalle foto scattate ieri al Franchi è stata immediata la differenza, in termini di presenze, entusiasmo, organizzazione, passione tra la tifoseria gialloblù emiliana e quella gialloblù stabiese; soltanto la location è stata la stessa.

In quella fredda sera di novembre giunsero stabiesi a Firenze da ogni parte di Italia, tanto da riempire integralmente i due grandi spicchi che compongono il settore ospiti dell’impianto fiorentino. Chi quella sera era in tribuna, racconta che anche Luca Toni, il cui suocero Giuseppe Cecchetto, è stato un bomber della Juve Stabia negli anni sessanta, rimase impressionato dalla tifoseria stabiese, tanto da fare varie foto con il proprio cellulare al settore del Franchi interamente tinto di gialloblù.

Il ricordo di quella sera ed stride con le foto del match di ieri sera, con un gialloblù decisamente “spento” per coreografia e presenze; questa differenza è accentuata dal diverso peso della trasferta per le tifoserie.
Quella parmense non è riuscita a riempire il settore ospiti nonostante la distanza tra Parma e Firenze di soli 200 kilometri; cinque anni fa invece i 500 kilometri da percorrere non scoraggiarono i tifosi di Castellammare, che giunsero nella città del giglio con auto, pullman, treni, aerei ecc.

Questa riflessione non è ovviamente un critica ai tifosi del Parma comunque presenti e, buon per loro, vincitori, visto l’esito della gara della propria squadra; semplicemente aumenta ulteriormente l’amarezza per quello che poteva essere e che non è stato, per colpe non solo della compagine stabiese.
A distanza di 20 giorni da quel Juve Stabia – Reggiana, il gol regolare annullato a Ripa fa ancora male per una infinità di motivi. Dopo aver visto la gara di ieri ce n’è venuto in mente un altro: sarebbe stato bellissimo ridare spettacolo sugli spalti dell’Artemio Franchi di Firenze, lasciando a bocca aperta gli addetti ai lavori e diventando bersaglio di foto e video increduli.

La passione della tifoseria stabiese non sarà mai intaccata da una sconfitta; la certezza è quindi che l’appuntamento è solo rimandato. Che sia a Firenze o in qualsiasi altro luogo, gli stabiesi ci saranno!

Raffaele Izzo

Migranti: sanzioni per Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria

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La Commissione europea ha deciso di avviare una procedura di infrazione nei confronti della Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria per il mancato ricollocamento dei migranti sbarcati sulle coste italiane e greche.

INFRANTO IL PRINCIPIO DI SOLIDARIETA’

Ad annunciare il provvedimento è stato il commissario Ue agli affari interni, Dimitris Avramopoulos , facendo il punto sul concetto di “relocation” che sostanzialmente significa la ripartizione dei migranti – arrivati attraverso le frontiere esterne (Italia, Grecia e Spagna)- tra tutti e 28 i Paesi dell’Unione. “L’Ue è basata sulla solidarietà e sulla condivisione delle responsabilità – ha sottolineato Avramopoulos – questi valori si applicano senza eccezioni”.

I RICOLLOCAMENTI NEL 2017

Secondo la Commissione, nel 2017 i ricollocamenti sono sensibilmente aumentati rispetto allo scorso anno. Tra il 1° gennaio e il 9 giugno, le persone trasferite dalle zone di sbarco ad altri Paesi dell’Unione Europea sono state 20.869, di cui 13.973 dalla Grecia e 6.869 dall’Italia. La Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ungheria hanno invece ignorato gli impegni di solidarietà e accoglienza (la Repubblica Ceca in realtà ha accolto 12 profughi dalla Grecia e nessuno dall’Italia; situazione simile in Slovacchia, dove sono arrivati 15 migranti dalle coste greche, ma che in questa fase non sembra coinvolta nelle sanzioni).

Tuttavia quasi tutti gli Stati sono lontani dalle quote di ricollocamento previste dal Consiglio Ue. La Germania per esempio ha accolto 2.715 persone dall’Italia e 2.943 dalla Grecia, per un totale di 5.658 , a fronte di un obiettivo di 27.536.

LA RISPOSTA DELL’UNGHERIA

Secondo Budapest si tratta di “puro ricatto e atto antieuropeo” da parte della Commissione dell’Unione Europea. Il ministro degli esteri polacco, Witold Waszczykowski, ha “respinto la minaccia di misure”. Il presidente della Polonia, Andrzej Duda, sta valutando la possibilità di indire un referendum popolare per decidere sul sistema delle quote, che li obbliga ad ospitare almeno 7 mila migranti.

 

Le vittime dei mercanti di uomini: dai barconi alla schiavitù

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Circa 21 milioni di persone nel mondo sono vittime della tratta di esseri umani. Sono soprattutto le donne e i minorenni non accompagnati a pagarne il prezzo più alto. 

Dai barconi alla schiavitù vittime dei mercanti di uomini

Sfruttamento sessuale e sul lavoro: sono soprattutto le donne e i minorenni non accompagnati a pagare il prezzo più alto

ROMA – Vi sembrerà strano, ma sempre più anche il nostro Paese ha lo schiavismo in casa. Ed è molto difficile intercettarlo e al tempo stesso combatterlo. Si chiama «trafficking», è la tratta di esseri umani, che riguarda circa 21 milioni di persone nel mondo, tra questi 8 milioni di minori e una maggioranza di donne.

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Sono le stime dell’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro).

L’Europa purtroppo non ne è immune, circa 800 mila persone sono sottoposte a forme di sfruttamento di ogni genere, da quello sessuale a quello sempre più sviluppato, lavorativo. Lo sfruttamento sessuale è un grave rischio che corrono donne e bambini che scappano dalla guerra, dalle persecuzioni, dall’Isis e dalla fame. Pensiamo alle donne nigeriane. Partono dalla Nigeria con il sogno di trovare un lavoro decente, finiscono per essere stuprate durante il viaggio, per essere sfruttate sessualmente in Libia e infine in Italia. Le donne accumulano debiti impossibili da ripagare, dopo essere state sottoposte a riti voodoo in patria. Affidate alle cosiddette maman in Italia, diventano ostaggi, controllate in ogni spostamento. E se si ammalano di Aids tornano in patria abbandonate dalle loro stesse famiglie, accolte solo dalle organizzazioni di volontariato. Una tragedia infinita, dietro l’angolo delle nostre case.

Sulla strada  

Quando vedete le nigeriane per la strada, magari siete portati a pensare che siano prostitute per scelta. Non è così. E’ prostituzione coatta, su cui si arricchiscono gli sfruttatori, lo sanno bene le associazioni che intervengono contro la tratta. Non possiamo far finta di non vedere. Ieri a Roma è stato presentato alla Camera dei deputati, in un evento organizzato dalla Fondazione Nilde Iotti, un commovente libro sulla storia di una donna nigeriana uscita dall’inferno della tratta «Il coraggio della libertà» (Paoline) che cerca di ricostruirsi il suo futuro, a sottolineare che uscire dalla tratta è difficile ma è possibile. La tratta si affianca ai processi migratori, più aumentano i flussi di persone che scappano dall’Isis, dalle violenze, guerre, carestie, più aumenta il rischio di sfruttamento sessuale e lavorativo. Se si adottano politiche molto restrittive, aumentano le probabilità di sfruttamento perché i migranti sono costretti ad accettare qualsiasi condizione di lavoro, di sfruttamento sessuale e non ce la fanno a ribellarsi.

I controlli  

D’altro canto abbiamo il problema della necessità di rigidi controlli per tutelarci dal terrorismo. Accoglienza verso chi è in grave difficoltà e forte controllo possono coniugarsi. Dobbiamo trovare risposte articolate nella prima accoglienza e nei processi di integrazione e possiamo farlo bene, perché siamo un popolo generoso, come ci dimostrano gli abitanti di Lampedusa ogni giorno. Dobbiamo sentirci investiti di questa missione di grande umanità, ognuno di noi. Molto possiamo fare. Molti già fanno. Tante storie terribili di tratta nel nostro Paese sono finite bene perché siamo una eccellenza nella lotta alla tratta. Abbiamo salvato e reinserito migliaia di donne in questi anni.

Abbiamo un’ottima legge che protegge le vittime di tratta, e associazioni molto competenti che hanno accumulato un know how importante: associazioni variegate: femministe, laiche e religiose, come quella di suor Eugenia Bonetti, tutte in prima fila. I Paesi europei, anche grazie all’azione dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa, particolarmente del meccanismo di monitoraggio della Convenzione sulla tratta (Greta), hanno molto imparato l’uno dall’altro attraverso lo scambio di best practice.

Il nostro Paese spicca per eccellenza, da sempre e siamo fieri che sia italiana anche la rapporteur dell’Onu sulla tratta, Maria Grazia Giammarinaro, magistrata siciliana. Dobbiamo continuare su questa strada e investirci di più. Se i diritti umani sono la priorità, allora il supporto alle persone trafficate deve essere immediato, incondizionato, continuo e l’azione di prevenzione ad ampio spettro. Come sempre, quando si parla di schiavitù, la priorità è liberare gli schiavi. Veramente, e senza condizioni.

vivicentro.it/cronaca
vivicentro/Le vittime dei mercanti di uomini
lastampa/Dai barconi alla schiavitù vittime dei mercanti di uomini LINDA LAURA SABBADINI

Roma, UFFICIALE: Di Francesco è il nuovo allenatore. Pallotta: “È la decisione giusta”

NOTIZIE AS ROMA – “L’AS Roma è lieta di annunciare che Eusebio Di Francesco è il nuovo responsabile tecnico del Club. L’allenatore 47enne ha firmato un contratto che lo legherà alla società giallorossa fino al 2019″. Con questa nota sul proprio sito ufficiale la società giallorossa ha ufficializzato l’ingaggio di Eusebio Di Francesco come nuovo allenatore. Dopo le stagioni trascorse a Trigoria da calciatore e quelle in cui ha vestito i panni di team manager, il tecnico abruzzese vi ha fatto ritorno oggi alle 16.50 in punto. Accolto dagli stati generali giallorossi, ha sottosritto l’accordo che lo legherà a questi colori per i prossimi due anni per un corrispettivo di 1,5 milioni più bonus ed opzione per il terzo anno. Domani alle 14 la conferenza di presentazione alla stampa.
“Quando ci siamo riuniti per valutare il candidato ideale alla panchina della Roma, eravamo in cerca di qualcuno che potesse tirare fuori il meglio dai nostri calciatori. E anche aiutare a valorizzare i talenti del nostro settore giovanile”, le parole del presidente Jim Pallotta. “Il nostro nuovo direttore sportivo Monchi ha scelto Eusebio di Francesco e, con lui, il suo stile di gioco. Riteniamo che sia la decisione giusta per la Roma”.

Claudia Demenica

Juve Stabia, Mastalli può partire: no al Pescara, si al Venezia ma occhio alla variabile Lotito!

Juve Stabia, Mastalli può partire: no al Pescara, si al Venezia ma occhio alla variabile Lotito!

Una stagione positiva, fatta di 33 partite tra campionato, playoff e coppa Italia, condita da 4 gol e 1 assist. Il classe ’96, Alessandro Mastalli ha attirato su di se gli occhi di non pochi addetti ai lavori. Qualità da vendere, talento allo stato puro: si è esaltato prima con Fontana e poi con Carboni, ricoprendo sia il ruolo di centrocampista che di trequartista alle spalle delle punte, nel finale di stagione. Solo alti in un campionato che alla fine è risultato essere sfortunato per i colori gialloblè, ma che lo ha visto essere visionato anche dagli addetti ai lavori della Nazionale di categoria.

E adesso? Quale sarà il suo futuro? Ancora due anni di contratto con le Vespe, ma la sensazione che il futuro possa essere altrove. Piccola parentesi, nel contratto del bolognese c’è una clausola che prevede una percentuale al Milan in caso di cessione nel triennio a Castellammare di Stabia. E’ questa una fase di lavorazione, affinchè ci si possa guardare intorno e avere la possibilità di migliorarsi. In caso di offerta importante, la Juve Stabia non direbbe ‘no’ alla sua cessione, proprio per dare a lui la possibilità di crescere di categoria ma eventuali proposte saranno sempre valutate prima dal club. Su di lui c’è l’interesse di diversi club di serie B e anche di serie A. Secondo quanto raccolto in esclusiva dalla redazione di ViViCentro.it, da fonti vicine al calciatore, è da escludere un futuro al Pescara, dove è presente Zeman che al Lugano non ha dato al calciatore la possibilità di esprimersi. Da prendere in considerazione è sicuramente l’ipotesi Venezia, con Pippo Inzaghi che lo ha richiesto espressamente, sin da due settimane dopo la fine della stagione. Occhio alla Salernitana, con Lotito che potrebbe pensare di metterlo sotto contratto con la Lazio, in quanto comunque giovane di grandi prospettive, e girarlo in prestito, qualora Simone Inzaghi non decidesse addirittura di tenerlo in rosa. In A, ancora, su di lui ci sono Sassuolo, con Bucchi in panchina e Spal.

a cura di Ciro Novellino

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Apprendistato professionalizzante, un buon contratto poco utilizzato*

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Compie 15 anni il contratto di apprendistato professionalizzante. I dati mostrano che garantisce attaccamento dell’impresa al lavoratore (e viceversa) e allinea crescita salariale e del capitale umano. Tutto come previsto, salvo che è usato pochissimo. Le parti hanno preferito contratti precari o la decontribuzione del Jobs act.

Sono passati quasi quindici anni dall’introduzione dell’apprendistato professionalizzante con la legge Biagi. E un confronto con il vecchio apprendistato mostra che ha avuto effetti positivi per i giovani. Ma è un contratto poco utilizzato dalle imprese.

Confronto tra apprendistati

Gli elevati tassi di disoccupazione giovanile riportano alla ribalta il tema della transizione scuola lavoro. Per favorire un più rapido ingresso nel mondo del lavoro al termine degli studi, la legge 30/2003 (“legge Biagi”) ha introdotto l’apprendistato professionalizzante.

Prima della riforma, la formazione avveniva presso istituti regionali certificati, quella legge ha invece aggiunto la possibilità di formazione presso le imprese. In più, ha introdotto un minimo salariale per gli apprendisti e allungato l’età massima da 25 a 29 anni.
A quasi quindici anni dalla sua approvazione, si possono valutarne gli effetti a medio termine.

In un lavoro recente ci avvaliamo di un campione di storie lavorative desunte dagli archivi Inps (Inps-Losai) e del fatto che a partire dal 2007 vi è registrata la tipologia del contratto di apprendistato, se professionalizzante o di vecchio tipo. Il confronto è tra i due diversi contratti di apprendistato (vecchio e nuovo) e non con altre forme di impiego giovanile (contratti a termine, collaborazioni), per limitare i problemi di comparabilità. Utilizziamo tecniche di matching per confrontare individui il più possibile simili dal punto di vista delle caratteristiche osservabili nei dati. Ciò consente di operare una valutazione controfattuale del nuovo contratto stimando la differenza di esiti tra il gruppo di trattamento (apprendisti nel nuovo contratto) e gruppo di controllo (apprendisti nel vecchio contratto). I risultati mostrano che il nuovo contratto ha avuto effetti positivi sulle carriere dei giovani.

 Figura 1 – Effetti sui tassi di abbandono e sui tassi di trasformazione a tempo indeterminato

La figura 1A mostra la differenza dei tassi di sopravvivenza nel contratto di apprendistato tra apprendisti nel nuovo e nel vecchio regime nei sette anni successivi dall’inizio dell’apprendistato. La differenza è significativa: nei primi quattro anni dal momento dell’assunzione la probabilità di rimanere in apprendistato è di 5 punti percentuali più elevata per i nuovi apprendisti. Considerando che l’attività formativa richiede tempo e che spesso per imparare un mestiere occorre qualche anno, il maggior attaccamento all’impresa indotto dal nuovo contratto è positivo.

Nella figura 1B mostriamo invece che al termine del contratto i nuovi apprendisti hanno una maggior probabilità di vederlo trasformato in un contratto a tempo indeterminato. Nella figura 1C si osserva che il grosso delle trasformazioni avviene nella stessa impresa in cui è stato effettuato l’apprendistato. Ciò suggerisce che le aziende hanno tutto l’interesse a trattenere il lavoratore una volta che lo hanno formato adeguatamente e che hanno potuto valutarne meglio le abilità.

Figura 2 – Effetti sui salari giornalieri

Nella figura 2 riportiamo gli effetti percentuali sui salari giornalieri (espressi in misura tempo pieno equivalente per rendere più confrontabili uomini e donne). Esiste un consistente premio salariale a favore dei nuovi apprendisti a inizio contratto, 20 per cento per gli uomini e circa la metà per le donne. Ciò non è sorprendente se si considera che il nuovo contratto di apprendistato prevede un salario minimo. Il differenziale si riduce durante la durata dell’apprendistato, ma non si annulla e nel medio termine i nuovi apprendisti guadagnano il 5 per cento in più, anche a sette anni di distanza dall’inizio del contratto. Esiste dunque un effetto salariale nel medio termine, compatibile con l’ipotesi che il nuovo apprendistato abbia facilitato l’acquisizione di competenze e capitale umano, con conseguenti rendimenti in termini di retribuzione.

Pochi apprendisti

Nonostante gli effetti positivi, l’apprendistato non è mai decollato. Nella figura 3 ne mostriamo l’evoluzione negli ultimi venti anni nella fascia 16-32 anni, utilizzando i dati della popolazione dei rapporti di lavoro disponibili nel programma di ricerca VisitInps. Gli apprendisti erano circa 700mila nel 2000, poco più del 13 per cento degli occupati nella fascia d’età 16-32. Si nota un aumento successivo all’introduzione dell’apprendistato professionalizzante, che però non dura nel tempo. Nel 2007 infatti i contratti di apprendistato sono diventati 850mila (17 per cento), ma nel 2015 erano tornati a circa 500mila (12 per cento). Quindi, se a livello micro la legge Biagi ha avuto effetti positivi, a livello aggregato sembra non avere influenzato la struttura occupazionale.

La concorrenza dei contratti più semplici (co.co.co, partita Iva o contratto a termine) – che hanno minore burocrazia e non richiedono obbligo formativo – ha frenato l’uso dell’apprendistato come contratto di inserimento lavorativo. Il Jobs act e la decontribuzione per due anni l’hanno ulteriormente spiazzato. Nei primi tre mesi del 2017, secondo i dati dell’Osservatorio sul precariato Inps, la tendenza si è invertita e il numero di nuove assunzioni in apprendistato è tornato ai livelli dello stesso trimestre del 2013, circa 64mila. Il flusso di nuovi apprendisti è dunque tornato quello di prima del Jobs act, con gli stessi problemi di prima.

Figura 3 – Evoluzione dell’apprendistato, 1995 – 2015

*Marco Leonardi è Consigliere economico della Presidenza del Consiglio

Andrea Albanese, Lorenzo Cappellari e Marco Leonardi/lavoce.info/