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Immobile e Insigne due amici che si sfidano

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Immobile e Insigne due amici che si sfidano

Avversari, ma sempre amici. E’ la storia di Ciro Immobile e Lorenzo Insigne, che domani si sfideranno allo stadio Olimpico durante Lazio – Napoli ed entrambi sono capaci, da soli, di decidere le sorti della propria squadra. Nella stagione vissuta a Pescara con Zeman, come racconta l’edizione di oggi della Gazzetta dello Sport, sono stati spesso compagni di viaggio, soprattutto il martedì quando Ciro partiva da Torre Annunziata per raggiungere Frattamaggiore, a recuperare Lorenzo e poi procedere verso Pescara, in tempo per riprendere gli allenamenti. Era un’abitudine che ha cementato il rapporto tra le due famiglie, che ancora oggi resiste saldamente nonostante la distanza ed è per questo che domani sera si ritroveranno anche le due mogli, Jessica e Jenny

L’Angolo di Samuelmania – Il derby campano è del Napoli!

L’Angolo di Samuelmania – Il derby campano è del Napoli!

Napoli-Benevento, il derby campano viene stravinto dagli azzurri. Il Napoli è sembrato superiore alla squadra beneventana sin da subito e, dopo pochi minuti, va a segno con Allan. Da lì inizia la goleada con Callejon, Insigne e la tripletta di Mertens. Ora testa alla gara di domani, mercoledì si va a Roma contro la Lazio e sabato ancora in campo contro la Spal. Forza azzurri sempre!

a cura di Samuele Esposito

Il miracolo di San Gennaro si è ripetuto. Buon auspicio per Napoli e la Campania

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Il sangue di San Gennaro si è sciolto. Un buon auspicio per la città di Napoli e la Campania tutta.
Alle 10:05 il cardinale Sepe ha dato la lieta notizia ai tanti fedeli accorsi al Duomo per vedere il prodigio compiersi.

“Lo abbiamo trovato completamente sciolto all’apertura della cassaforte – ha annunciato il cardinale Sepe – e dopo la Santa messa lo presenteremo alla venerazione uscendo dalla Cattedrale per benedire la città, la regione e l’Italia e la Chiesa. Grazie al Signore che ancora una volta ha manifestato la sua bontà nei riguardi di noi tutti napoletani”.

Pace, lavoro e tranquillità questo è il tris che i napoletani hanno chiesto al loro Santo Patrono, e la liquefazione completa del sangue non può che essere di buon auspicio.

Barella nel mirino dell big italiane, il Cagliari lo blinda fino al 2021

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Barella nel mirino dell big italiane, il Cagliari lo blinda fino al 2021

Un talento Made in Cagliari che a soli 20 anni ha già una forte personalità, nessun timore e un ritmo elevato in allenamento. Stiamo parlando di Nicolò Barella, che in pochi mesi ha stregato l’Italia U21 e ha segnato il primo gol in Serie A, domenica contro la Spal.

Barella è cresciuto alla scuola calcio Gigi Riva, plasmato da Gianfranco Matteoli e perfezionato da Massimo Rastelli. L’esplosività e la freschezza dell’età sono doti che usa in partita dove, finora, è sempre stato il migliore dei suoi, durante le partite contro Juve, Milan, Crotone, Spal e nella sfida contro la Spagna con l’U21 di Di Biagio. Nel gennaio 2016 fu spedito al Como: ci andò con le lacrime, insieme con la compagna Federica e il suo agente Alessandro Beltrami. A Como fece 16 presenze, ma retrocesse e in quella squadra c’erano anche Scuffet e Bessa. Poi è ritornato a Cagliari e grazie ai consigli di Rastelli e alla sua maturazione caratteriale è diveuto titolare giocando 28 partite nella massima serie. Adesso è addirittura seguito con attenzione dal tecnico della nazionale Ventura.

Il presidente Giulini l’ha bloccato fino al 2021 con un contratto pieno di bonus: il centrocampista guadagna già 400 mila euro ma può triplicare il suo ingaggio perchè c’è l’interesse delle big d’Italia ma anche Atletico Madrid, Siviglia e qualche squadra inglese. Giulini assicura che non verrà ceduto a gennaio, ma a giugno andrà riscattato Pavoletti e ci sono le spese dello
stadio. Viene valutato oggi intorno au 18-20 milioni, ma può giungere velocemente ad un valore di 25 milioni. Lo racconta l’edizione di oggi della Gazzetta dello Sport.

Di Maio è controcorrente dal punto di vista dell’età: il fascino rassicurante delle pantere grigie

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L’attuale vicepresidente della Camera sarà un candidato trentunenne mentre nell’epoca della rabbia populista – nota Gianni Riotta – i leader “anziani” tornano alla ribalta, da Berlusconi a Trump, da Corbyn a Lula. E’ la stagione delle “pantere grigie”.

Donald, Silvio e Corbyn, quel fascino rassicurante delle pantere grigie

Nell’era della contestazione ai potenti gli “anziani” leader tornano alla ribalta

Da battutisti restano formidabili: Silvio Berlusconi folgora il candidato premier dei 5 Stelle Luigi Di Maio come «Meteorina», Donald Trump irride il dittatore nordcoreano Kim Jong-un come «Rocket Man». Ottantuno anni la settimana prossima per l’ex presidente del Consiglio, 71 compiuti per il presidente degli Stati Uniti, Berlusconi e Trump guidano l’Eterno Ritorno dei leader veterani, capaci, pur nell’era del populismo rampante, di tener il passo dei giovani, bruciati in fretta.

Dostoevskij insegna 

Il capo del ’68 in America, il pittoresco Jerry Rubin, predicava «Non fidarti di nessuno oltre i 35 anni» e lo scrittore russo Dostoevskij sanciva «Chi vive oltre i 40 anni? Solo gli sciocchi e i ribaldi!». Ebbene, la fede nella giovinezza come riscatto dell’umanità, che destra e sinistra tanto promossero nel secolo scorso, appare perduta. Per tornare al governo i laburisti inglesi elessero segretario un giovane deputato di 41 anni, Tony Blair, che li porterà al governo per un record di tre volte, ma per disfarne l’eredità liberalsocialista il Labour Party sceglie Jeremy Corbyn, 68 anni e il vezzo di mostrarne di più con le vecchie giacche a vento da sindacalista e il bric-à-brac antiquario della sinistra di piazza, dal terzomondismo di Chavez all’odio per la Nato. Corbyn tranquillizza elettori over e under 40, la sinistra marcerà unita, come quando il vivace socialista Michael Foot andava a perdere, tra slogan e picchetti in miniera, contro Lady Thatcher.

Uno sguardo al XXI secolo conferma il fascino delle Pantere Grigie al potere. Contro Trump si battono un’irrefrenabile Hillary Clinton, 70 anni a ottobre, per nulla azzittita dalla sconfitta e autrice di un combattivo best seller di memorie, la deputata Nancy Pelosi 77 anni, disposta ad allearsi con il diavolo presidente per stoppare le misure anti emigrazione, il senatore di sinistra Sanders, 76 anni passati a rivendicare scuola e sanità gratis. In Brasile il presidente Temer compirà a giorni 77 anni, è coinvolto nelle trame di corruzione dell’inchiesta Lava Jato ma tiene duro, e neppure l’ex presidente sindacalista Lula, 72 anni in ottobre, passato da padre della patria a imputato, pensa alla pensione: entrambi strizzano l’occhio agli elettori, questa classe politica vi ha dato il miracolo economico, perché buttarci via?

In India Narendra Modi soffierebbe – se l’ascetismo non lo proibisse- su 67 candeline, ma resta in vantaggio sulla dinastia dei giovani Gandhi perché il mix di populismo hindu, religiosità monacale, cruccio austero lo rendono credibile allo sterminato Paese dove convivono la Silicon Valley di Bangalore, il cinema di Bollywood e decine di milioni di poveri che cucinano la cena con sterco bovino. Sul quarantaduenne Matteo Renzi sono entrati in tackle Beppe Grillo, l’anno venturo 70 anni, e Massimo d’Alema 68, che tentando di mediare con il coetaneo Pisapia ritrova i toni della gioventù in Fgci a Pisa, «Io gli spacco la faccia e mi tolgo gli occhiali», duro alla Clint Eastwood, veterano di «Gran Torino».

Sembrano quasi «giovani» la formidabile Angela Merkel, che si appresta a rivincere le elezioni in Germania, sempre «ragazza dell’Est» a 63 anni, Putin che festeggerà a 65 il centenario della Rivoluzione russa magari virile a torso nudo, l’hidalgo spagnolo Rajoy, 62 anni, la premier inglese Theresa May 60, il presidente del Parlamento europeo Tajani, 64. E papa Francesco non rivoluziona forse la Chiesa, rimettendo il Vangelo al centro del Vaticano, a 80 anni suonati? Età e candore lo rendono amabile, sincero, per milioni di fedeli.

Insomma, esser giovani non è più una virtù, e l’eccezione francese del presidente Emmanuel Macron, 39 anni, non è forse temperata dalla presenza costante della moglie Brigitte, minigonne sfoggiate con nonchalance a 64 anni mentre il marito, suo ex allievo, prova a cambiare finalmente il Paese? Con verve Berlusconi parla della sua «estate monacale, malgrado sia ancora birichino», lancia Tajani premier (per ora), un piano Marshall per l’emigrazione e riforme che non volle avviare nelle lunghe stagioni di governo seguite al 1994.

Ci pensano loro 

In anni in cui infuria la rabbia on e offline, cadono partiti secolari, dai blog si denunciano tradizioni e verità antiche, uomini e donne anziani restano alla ribalta, grazie all’effetto rassicurazione. Grillo lascia apposta argentati i boccoli di scena, Berlusconi scherza sul «patto col diavolo per ringiovanire», Trump usa battute datate su donne e minoranze ormai al bando nei campus universitari: tutti trasmettono l’identico messaggio cifrato, niente paura, ci pensiamo noi, il passato non scomparirà, i tempi beati di prima della crisi 2008 torneranno, non angosciatevi.

Naturalmente nessuno dei decani, destra, centro, sinistra o populisti, potrà fermare la tumultuosa foga del presente, automazione, effetto serra, migrazioni, diritti, Intelligenza Artificiale, saranno il nostro futuro per cento anni. Ma il sorriso di Berlusconi, il pugno chiuso da assedio di Madrid 1936 di Corbyn, la grinta macho di Trump, la commedia all’italiana di Grillo, prima spaccare computer a teatro ora, a detta del Financial Times, usarli con Davide Casaleggio come crocevia di business, profitti ed elezioni, ciascuno a modo proprio offrono all’opinione pubblica smarrita il balsamo di un messaggio impossibile: il passato del lavoro sicuro 9-5, pensione a 55 anni, vacanze al mare, per magia, tornerà, parola di veterani.

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lastampa/Donald, Silvio e Corbyn, quel fascino rassicurante delle pantere grigie GIANNI RIOTTA

Bellinazzo: “Per uno stadio di qualità occorrono 350mln, il Napoli sfrutti le nuove normative Uefa e la Champions”

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Bellinazzo analizza come sia cambiato il calcio dopo gli ultimi movimenti di mercato

Marco Bellinazzo, giornalista del Sole24ore, descrive come è cambiato il calcio dopo gli ultimi movimenti di mercato milionari, nel libro «I veri padroni del calcio» (Feltrinelli), che sarà presentato domani a Napoli con Maurizio de Giovanni. Il giornalista segue l’evoluzione della squadra di De Laurentiis e alcuni aspetti attirano la sua attenzione. La costruzione dello stadio e del centro sportivo. Al quotidiano Il Mattino dichiara: “Per uno stadio di qualita’ da 60mila posti, il minimo perche’ sia redditizio e incida sui ricavi, occorre un investimento di 300-350 milioni. Il Napoli ha oggi ricavi tra stadio, commerciale e diritti tv nazionali di 130 milioni circa e un costo della rosa piu’ o meno equivalente. Deve quindi tenere gli altri costi organizzativi al minimo e senza Champions o plusvalenze va in rosso strutturale di circa 20 milioni a stagione. Mantenendo stabili i costi organizzativi e i costi della rosa il Napoli dovrebbe sfruttare al massimo i prossimi 5 anni in cui con le nuove norme Uefa e i 4 posti in Champions assicurati e’ molto probabile che la squadra partecipi alla massima competizione almeno 4 volte. Considerando anche le entrate della stagione in corso per la Champions, e’ presumibile che il Napoli incassi in queste 4 partecipazioni almeno 200 milioni, che andrebbero vincolati al progetto del nuovo stadio. Si potrebbero poi vendere i naming rights dello stadio oppure accendere un prestito agevolato col Credito sportivo“.

Sul centro sportivo: “Il Napoli deve diventare “hub” territoriale delle scuole-calcio campane e del Mezzogiorno. La Nazionale
del Sud. Un centro sportivo di qualità con campi e scuole costa circa 30-40 milioni. Il Napoli, con un investimento annuo di 10 milioni, potrebbe formare calciatori per la prima squadra o da vendere vista la crescita mondiale della “domanda” di calciatori“.

Non è “Il giocatore di biliardo”, ma Branduani vola in alto nella porta della Juve Stabia

Non è “Il giocatore di biliardo”, ma Branduani vola in alto nella porta della Juve Stabia

“Soltanto l’erba sull’altopiano, è verde un po’ di più. Ma non c’è da pensarci su. Non c’è da stenderci su la mano, cercando di capire qual è il punto dove colpire. Tic-tac, tic-tac. Per ogni geometria. Tic-tac, tic-tac. Ci vuole fantasia”, recita così il ‘Giocatore di Bialiardo’ di Angelo Branduardi. Un po’ quello che può capitare, con le dovute proporzioni ad un portiere di calcio, costretto a tuffarsi sul manto verde, erboso, a distendere la sua mano per evitare di subire gol.

E’ il caso di chi come nome si avvicina, di chi come ruolo svolge il portiere, magari con la passione per il canto, ma con l’obiettivo di difendere i propri pali, quelli della Juve Stabia. Paolo Branduani questo lo sa bene e in questo avvio di stagione sta mostrando il suo valore. Eppure all’inizio le idee erano diverse, con la voglia di puntare sul duo Bacci-Zanotti e Polverino alle spalle per crescere. Poi l’inversione di marcia e l’arrivo dell’esperto portiere che anche nella sfortunata gara col Trapani ha messo in mostra le sue doti migliori, meritandosi, forse l’unico, voti alti in pagella. Si supera in almeno tre occasioni per tenere in partita le vespe, ma i compagni però non lo aiutano.

Ora la testa è alla Paganese, c’è subito da riscattarsi, “ecco perché si trattiene il fiato. Finchè si resta giù. E per sempre vuol dire mai più…”

a cura di Ciro Novellino

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Théréau: “Mertens segnerà più di Dybala, a Napoli ha trovato la sua dimensione”

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Cyril Théréau, attaccante della Fiorentina, ha rilasciato un’intervista al quotidiano sportivo Tuttosport:

Dybala può vincere la classifica marcatori?

«Io credo che alla fine segnerà di più Mertens».

Lo dice per amicizia (lei e Mertens a giugno siete stati in vacanza assieme in Grecia) o perché ci crede davvero?

«Da ragazzo il giocatore che ammiravo di più era Zidane, la stella. Ora, oltre a Nainggolan, è Dries: è forte in tutto, ha
ricevuto tante proposte ma a Napoli ha trovato la sua dimensione. E continuerà a segnare tanto perché gioca in modo diverso rispetto a Dybala che oltretutto deve convivere con Higuain e Mandzukic».

Lei crede a un Higuain in crisi?

«L’Higuain dell’ultimo anno a Napoli è l’attaccante più forte che abbia mai incontrato. A Torino è un giocatore diverso ma non so perché, forse per un modo di giocare diverso».

Che giocatore è Federico Chiesa?

«Ce ne sono pochi come lui alla sua età, è maturo, completo, con qualità fuori dal comune. Visto che ce lo abbiamo va sfruttato nel migliore dei modi. Per fortuna Pioli fa giocar bene e anche per questo sono felice di essere qui».

Agguato nel Napoletano all’alba, freddato un uomo di 52 anni

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Giuseppe Raimo, 52 anni, è  stato freddato intorno alle 4 di questa mattina nel Parco Verde di Caivano.
A soccorrerlo un suo vicino di casa, che l’ha condotto in auto all’ospedale di Frattamaggiore San Giovanni di Dio. Una corsa disperata al nosocomio che però non è servita a salvare la vita all’uomo, che è deceduto all’alba.

La vittima aveva dei precedenti penali, in particolare per furto e possesso di droga. Sul luogo dell’aggressione sono state trovate dalla polizia tracce di sangue e un bossolo.

In corso le indagini.

Italicum e sviluppi politici italiani sono sotto la lente di Washington

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“Se l’ Italicum resta intatto Grillo può vincere le elezioni”, scrisse l’ambasciatore a Roma John Phillips in un rapporto inviato al Dipartimento di Stato lo scorso primo dicembre, poco prima del referendum che Renzi perse.

“Se l’ Italicum resta intatto, Grillo può vincere le elezioni”

Così il Dipartimento di Stato ha letto la politica italiana a cavallo del referendum

NEW YORK – Matteo Renzi «non è obbligato a dimettersi», ma probabilmente lo farà. Subito dopo però potrebbe ricevere un nuovo incarico dal presidente Mattarella, e «ripresentarsi davanti al Parlamento per un voto di fiducia sul Renzi 2.0». Sembra un auspicio, più che un’analisi politica, questo che l’ambasciatore John Phillips inserisce nel rapporto inviato a Washington il primo dicembre dell’anno scorso. Siamo alla vigilia del referendum costituzionale, e dai documenti che La Stampa ha ottenuto nel rispetto delle leggi americane, gli Stati Uniti temono che la sconfitta del premier esponga l’Italia al rischio di una deriva estremista e populista, e di una crisi economica e bancaria. Ma quello che preoccupa di più, in prospettiva, è l’arrivo di Grillo a Palazzo Chigi: «Se vincesse il sì e l’Italicum restasse intatto, potrebbe vincere le prossime elezioni e formare il governo».

Superata la linea di confine

La scelta Grillo-casaleggesca su Di Maio supera la linea di confine

Il 30 novembre Phillips firma un primo rapporto dedicato allo «Short-Term Economic Outlook on Referendum», la prospettiva economica a breve. Via Veneto dà per scontata la vittoria del «No», e cerca di spiegare a Washington i pericoli: «I nostri contatti nel governo hanno sminuito le potenzialità di reazioni negative dei mercati immediate e serie. Tuttavia l’incertezza riguardo il futuro di Renzi, e la minaccia dell’instabilità politica, hanno aumentato la volatilità guardando al 2017, anno in cui l’Italia siederà nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu e ospiterà a maggio il G7. Ciò potrebbe comportare difficoltà per le banche in cerca di capitali, creando sfide immediate per il piano di ristrutturazione del Monte dei Paschi di Siena. Nonostante il debito pubblico sia posizionato per sopportare le turbolenze dei mercati, la volatilità successiva al referendum potrebbe alzarne i costi. Data la convinzione nei settori di affari e finanza che il «No» sia stato già messo in conto dalle borse, l’Italia potrebbe essere colta di sorpresa, se qualunque ripercussione seria dovesse emergere a causa del risultato, minacciando la crescita (già debole), e complicando le relazioni con l’Unione europea». Phillips nota che «le azioni delle banche italiane sono scese del 14% dal voto sulla Brexit, mente il 25 novembre lo spread rispetto ai bond tedeschi è salito a 191 punti, il livello più alto dal maggio 2014». Riporta che «il settore privato favorisce le riforme, ma rigetta l’ipotesi di una catastrofe se vincesse il No».

M5S, Di Maio Candidato premier, Candidati

Di Maio corre da solo: la base insorge

Cita l’appoggio di Confindustria, «a cui si è aggiunto di recente quello del ceo di Fiat-Chrysler Sergio Marchionne», ma aggiunge che l’associazione degli industriali «non si aspetta ramificazioni economiche negative». Rivela un incontro avuto il 21 novembre con i dirigenti della Banca d’Italia, «che si aspettano un po’ di volatilità dopo la vittoria del No, ma non la fine del mondo». Anche «i leader delle due principali banche italiane ci hanno detto che non sono preoccupati. Uno, durante un incontro avuto il 21 novembre, ha definito il referendum un “non evento”; l’altro, il 28 novembre, ha detto che i rischi sono “gestibili ed esagerati”». Phillips però resta preoccupato per il Monte dei Paschi di Siena, che «lancerà il suo aumento di capitale da 5 miliardi di euro il 6 dicembre», e Unicredit, che lo farà il 13: «Le condizioni instabili dei mercati minacciano il successo dei piani di entrambe le banche. Ma mentre Unicredit ha riserve sufficienti, un collasso di Mps potrebbe richiedere un intervento doloroso». L’ambasciatore poi rivela il suo vero timore, citando un rapporto scritto l’11 novembre dalla Deutsche Bank: «I mercati finanziari restano più preoccupati per i rischi di medio e lungo termine, ossia una potenziale vittoria elettorale del Movimento anti establishment 5 Stelle nelle prossime elezioni generali, da tenersi non più tardi del marzo 2018».

Donald, Silvio e Corbyn, quel fascino rassicurante delle pantere grigie

Di Maio è controcorrente dal punto di vista dell’età: il fascino rassicurante delle pantere grigie

Phillips sta scrivendo dopo il successo di Trump alle presidenziali, e quindi sa che questi rapporti rappresentano la sua eredità politica, consegnata a chi gestirà le relazioni con Roma dopo di lui. Perciò acquista ancora più importanza il documento che invia il primo dicembre, per sfatare cinque miti sul referendum: «Le tendenze politiche europeee e americane sono un fattore in vista del 4 dicembre, ma le circostanze domestiche italiane guidano le intenzioni degli elettori». Il pronunciamento su Renzi viene prima del vento della Brexit o di Trump. Il primo mito da sfatare è che il premier doveva evitare il referendum: «È falso. La costituzione lo impone, se una sua riforma è approvata dal Parlamento con una maggioranza inferiore ai due terzi». Il secondo è che poteva concentrarsi su altre priorità: «Il governo Renzi era stato creato per fare le riforme. Il presidente Napolitano aveva accettato di prolungare il suo mandato a questa condizione». Semmai il rimpianto sta nella fine della cooperazione con Berlusconi: «Se fosse continuata, la riforma avrebbe ottenuto i due terzi in Parlamento, eliminando la necessità del referendum». Il terzo mito è che la riforma apre la strada di Palazzo Chigi a Grillo: «La legge elettorale è stata già fatta, non è oggetto del referendum. In effetti se vincesse il Sì e l’Italicum restasse intatto, M5S avrebbe una possibilità realistica di vincere le prossime elezioni e formare il governo. Ma la riforma costituzionale non dipende dalla legge elettorale, e nulla impedisce al Parlamento di cambiarla in futuro. I pro e i contro del maggioritario non sono sulla scheda il 4 dicembre». Il quarto mito è che la riforma dà troppi poteri al premier: «Ne dava di più quella tentata da Berlusconi nel 2006. È ironico che uno degli argomenti di M5S contro la riforma stia nel fatto che il nuovo Senato lo frenerebbe, se andasse al potere, perché è basato sulle Regioni che il Movimento non controlla». Il quinto mito è che la premiership di Renzi finirà con la sconfitta. Qui Phillips fa il ragionamento riportato all’inizio, nella speranza che il premier si dimetta, ma per ottenere un nuovo incarico. Del resto lo stesso presidente Obama, ricevendolo in ottobre alla Casa Bianca, aveva auspicato che il capo del governo restasse al suo posto qualunque fosse stato l’esito del referendum.

Il quinto mito però non si rivela tale, e il 5 dicembre l’ambasciatore invia a Washington un rapporto classificato come «sensitive», in cui si chiede: «Italy Votes No: Where Do We Go From Here?». Dove finirà ora l’Italia? Renzi «ha sbagliato a personalizzare il referendum, e il suo ruolo come baluardo contro populismo ed estremismo è stato duramente indebolito», ma Grillo «non è sulla soglia del potere». Phillips non crede alle elezioni anticipate: «L’esuberanza di M5S maschera una crisi di leadership nel Movimento, che gli renderà difficile giocare un ruolo responsabile nei prossimi mesi. Secondo molti osservatori l’appello per il voto è un bluff. M5S vuole più tempo per gestire la crescente crisi interna e sanare lo scisma tra i pragmatici, guidati da Di Maio e Di Battista, che vogliono il governo, e l’ala ortodossa condotta da Roberto Fico, che diffida dell’ambizione politica ed è frustrata dai crescenti scandali ed errori di gestione nel partito. Chiedendo le elezioni anticipate nonostante l’impossibilità tecnica di farle, il Movimento raccoglie i benefici del ritardo, senza partecipare al mercato delle vacche che i suoi membri oppongono visceralmente». Quanto a Berlusconi, «sollecita prudenza e suggerisce che l’attuale maggioranza può durare fino al 2017, per guadagnare tempo a favore del suo ritorno». Renzi invece si riprenderà il partito, per purgare gli oppositori di sinistra e guidarlo alle prossime elezioni: «Il sistema delle primarie aperte garantisce la sua vittoria nella corsa a segretario. A quel punto si concentrerà sulla ricostruzione, che includerà l’eliminazione dei dissidenti».

Nei rapporti successivi Phillips si arrovella sulle ipotesi di governi tecnici o istituzionali, e sulla girandola dei candidati, ma quando nasce l’esecutivo Gentiloni tira un sospiro di sollievo, anche se è «la fotocopia di quello Renzi, e D’Alema avverte che costerà al Pd un altro 5% di voti». L’ambasciatore nota soprattutto le conferme di Padoan, Calenda e Pinotti, e la promozione di Minniti all’Interno, come conferme del fatto che la stabilità dell’Italia, almeno per ora, è salva.

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Cordoba: “Juve, Napoli e Inter più forte delle altre: troppa differenza”

Le sue parole

L’ex difensore colombiano dell’Inter, Ivan Ramiro Cordoba ha parlato alla Gazzetta dello Sport:

Sa che tre squadre a punteggio pieno dopo 4 turni non si vedevano dal 1960?

«La classifica sta dicendo che Juventus, Napoli e Inter hanno qualcosa in più degli altri. E anche che la forbice tra grandi e piccoli club si allargata. Quando io giocavo in Serie A, non si vedeva tutto questo divario tecnico e ogni trasferta era dura».

Consigli colombiani per la Serie A?

«Tre nomi secchi: in difesa Yerri Mina del Palmeiras e Oscar Murillo del Pachuca, in avanti Edwin Cardona, il centrocampista offensivo che gioca in Argentina con il Boca Juniors».

L’attacco azzurro è nella storia: due nuovi primati raggiunti

L’attacco azzurro è nella storia: due nuovi primati raggiunti

L’attacco del Napoli è micidiale, ormai lo sanno tutti e in questo momento Mertens è il punto fermo dal quale non si può prescindere. Il reparto offensivo del Napoli, con 15 gol nelle prime quattro partite di campionato ha stabilito il record assoluto del club azzurro (in serie A l’ultima squadra a riuscirci fu il Milan nel 1972) ed e’ la squadra che ha la migliore media gol dei cinque campionati più importanti di Europa (3,75 a partita, secondo il Psg).

San Paolo, raddoppiata la media spettatori rispetto all’anno scorso

San Paolo, raddoppiata la media spettatori rispetto all’anno scorso

I 49.137, come riporta Il Corriere dello Sport, è un po’ come dire cinquantamila. Ed è successo per Napoli-Benevento, il derby che ha creato una sua autentica atmosfera. C’è dell’altro: 49.324: che è sempre come raccontare di cinquantamila cuori nella capanna del San Paolo, uno stadio quasi pieno il 16 agosto – fate un po’ voi – per la sfida con il Nizza, quella nella quale c’era in palio la qualificazione in Champions. Ma non è tutto: 35.102 per Napoli-Atalanta, domenica 27 agosto: finora, 133.563, che fanno una media di 44.521. C’è un’altra Napoli al fianco del Napoli e basta poco per accorgersene: un giretto negli archivi e la somma che fa la differenza emerge in fretta, in tutta la sua enormità. Un anno fa nelle sue prime tre gare interne, Fuorigrotta sembrò deserta: con il Milan (il Milan!), soltanto 27.321, con il Bologna appena 21.083 e con il Chievo addirittura 19.942. Totale da impallidire: 68.346, per una media 22.782. Siamo praticamente al doppio.

Barella e Chiesa nel mirino del Napoli, i dettagli

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Il Napoli punta sul giovane Nicolò Barella centrocampista del Cagliari

Ecco cosa scrive la Gazzetta dello Sport sul centrocampista del Cagliari Nicolò Barella: “Gol e bacio al tatuaggio sul braccio che raffigura la fidanzata che lo ha reso papà a soli 20 anni. Nicolò Barella ha lanciato la vittoria del Cagliari a Ferrara e procede forte di un’arma in più, la nascita della figlia che lo ha responsabilizzato. Patto di ferro col suo procuratore Beltrami che gli ha suggerito di restare a Cagliari per crescere. Per Nicolò, infatti, dall’età di sei anni c’è stata una sola parentesi di 6 mesi a Como in Serie B lontano dalla Sardegna. Il centrocampista ha rinnovato il contratto fino al 2021, ma dalla scorsa primavera viene corteggiato dal Milan. Senza dimenticare le attenzioni della Roma (e in seconda battuta del Napoli)“.

Un altro giovane di cui si parla sul mercato è Federico Chiesa. Lui e la Fiorentina hanno un solido accordo: il contratto è stato rinnovato fino al 2021 con un ingaggio di 400mila euro. Nei prossimi mesi è plausibile un adeguamento sulle cifre del suo accordo con lo scopo di rendere Chiesa il simbolo della nuova Fiorentina, nonostante l’attaccante sia nel mirino del Napoli dalla scorsa estate.

No, Sarri non cambia: dentro i titolari, forse solo Diawara in più

No, Sarri non cambia: dentro i titolari, forse solo Diawara in più

Come riporta Il Corriere dello Sport, con la Lazio, domani sera, o a Ferrara, sabato pomeriggio, proprio quando la Champions League si sta avvicinando, potrebbe esserci il turnover. L’idea è di continuare con gli stessi undici che domenica hanno cominciato la partita con il Benevento, si chiamano titolarissimi, etichetta che all’allenatore non piace più di tanto, pero così è. La Lazio gioca, può concedere un po’ di campo, dunque essere l’avversaria che meglio si combina con le caratteristiche di Diawara; mentre a Ferrara è probabile che oltre la linea del pallone ci sia un’avversaria con un numero maggiore di giocatore, dunque con la necessità di andare a cercare angoli di passaggio che Jorginho è più bravo a scovare. Percentuali alla pari, per il momento, anche se l’italo-brasiliano si fa preferire per freschezza. Si va sul sicuro, partendo dall’attacco: Callejon si è risparmiato con il Benevento gli ultimi ventiquattro minuti e sono troppo per uno stakanovista del suo spessore. La corsia di destra gli appartiene; quella di sinistra è di Insigne e il centravanti sarà Mertens. Hamsik non esce, neanche dopo che per la prima volta è rimasto in campo per gli interi novanta minuti; e c’è il sospetto che anche la difesa resti quella dell’altro giorno. Poi, mica per caso si chiamano «titolarissimi».

Svolta sul dramma della Solfatara, emerge un primo indagato

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Sotto accusa per omicidio colposo plurimo Giorgio Angarano, l’amministratore unico della società “Vulcano Solfatara srl”. È lui il primo indagato per la morte della famiglia torinese avvenuta il 12 settembre scorso.

L’autopsia sui corpi di mamma Tiziana, papà Massimiliano e il piccolo Lorenzo è in programma giovedì, anche se i pm incaricati a svolgere le indagini non hanno ancora dato conferma sulla data.

Intanto sono stati ascoltati numerosi testimoni dalla sesta sezione, quella qualificata sui crimini di natura professionale e sugli illeciti che avvengono sul posto di lavoro.

In vista dell’autopsia e con il procedere delle ipotesi accusatorie, l’amministratore unico Giorgio Angarano dovrà affidarsi al proprio legale difensore e a un consulente tecnico.

Al momento la Solfatara di Pozzuoli è ancora chiusa al pubblico e presumibilmente lo sarà fino a quando non saranno chiariti tutti gli interrogativi sulla tragica vicenda.

I numeri sbalorditivi di Mertens

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I numeri sbalorditivi di Mertens

Sbalorditivi i numeri di Dries Mertens che  mette a segno 31 gol nelle ultime 32 gare giocate da centravanti e con il Napoli sul podio d’Europa dopo 4 turni per gol realizzati: 15 gol in 4 partite con media di 3,75 a gara. L’allenatore lo lascerà titolare domani contro la Lazio, dato che all’Olimpico confermerà i titolarissimi che hanno battuto il Benevento. Molto dipenderà
anche dalle impressioni durante la rifinitura di questa mattina, con la partenza verso Roma prevista in treno nel primo pomeriggio. A riportarlo è l’edizione napoletana di oggi di Repubblica.

La trattativa Napoli-Federico Chiesa si complica, i dettagli

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La trattativa Napoli-Federico chiesa si complica, si sono fatte avanti squadre importanti

Federico Chiesa-Napoli, si complica anche nel lungo periodo. Il piccolo prodigio viola si è già messo sotti i riflettori in questo inizio di campionato con la maglia della Fiorentina. “Inutile nasconderlo, Federico è sul taccuino di tutte le grandi“, riporta l’edizione odierna di Repubblica di Firenze. Sull’esterno ci sono oltre al Napoli: Inter, Juventus e Bayern Monaco. E’ per questo motivo che il direttore Corvino entro due settimane tratterà con il padre-agente, l’ex calciatore Enrico Chiesa: la proposta di rinnovo. Proporrà un prolungamento contratto fino al 2022 con un ingaggio maggiore del raddoppio. La speranza è quella di poter trattenere il classe 1997, gli azzurri non mollano ma col rinnovo la situazione diventerebbe più difficile e costosa.

La scelta Grillo-casaleggesca su Di Maio supera la linea di confine

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“La scelta Grillo-casaleggesca di puntare su una propria creatura da laboratorio, senza metterla a confronto con esponenti qualificati della società civile o anche solo con i parlamentari che hanno condiviso lo stesso percorso dell’Uomo del Futuro, segna, in modo paradossale, l’attraversamento di una linea di confine”, commenta Andrea Malaguti.

Superata la linea di confine

Ambizioso, sveglio, ben educato, persino bellino, senza preparazione, storia e idee politiche che non siano state vidimate da Grillo e rivisitate dalla Casaleggio Associati, il trentunenne Luigi Di Maio è di fatto il primo candidato premier dell’epopea vincente e opaca del Movimento Cinque Stelle. Alle sgangherate primarie grilline parteciperà anche qualche altro figurante, ma la strada è tracciata. Il «movimento-partito-spersonalizzato» diventa personale. E chi meni davvero le danze è difficile da capire.

M5S, Di Maio Candidato premier, Candidati

Di Maio corre da solo: la base insorge

Indifferente all’idea di essere considerato il ripetitore automatico di voci che arrivano da stanze lontane e impenetrabili, con in tasca un diploma di liceo classico insufficiente ad archiviare il suo corpo a corpo con i congiuntivi, a chiarirgli il ruolo di Che Guevara o la distinzione tra il Cile e il Venezuela, il vice presidente della Camera, inflessibile con gli indagati che non siano lui, populisticamente tenero con gli «abusivi per necessità», si sente all’altezza di guidare il Paese, trasformandolo da «bad nation» a «smart nation» di stampo nordeuropeo, e di sedersi allo stesso tavolo di Putin, della Merkel e di Macron. Una sensazione sciocca ed esaltante, di cui Di Maio, l’Uomo del Futuro, non riesce più a fare a meno. L’autostima evidentemente non gli manca. In bocca al lupo.

Se l’ Italicum resta intatto, Grillo può vincere le elezioni

Italicum e sviluppi politici italiani sono sotto la lente di Washington

La scelta Grillo-casaleggesca di puntare su una propria creatura da laboratorio, senza metterla a confronto con esponenti qualificati della società civile o anche solo con i parlamentari che hanno condiviso lo stesso percorso dell’Uomo del Futuro, segna, in modo paradossale, l’attraversamento di una linea di confine. Perché paradossale? C’è uno che vale più degli altri. Ma, a guardare il suo curriculum, al di là della dialettica spigliata, è uno piuttosto qualunque. E’ stato scelto lui o la sua disponibilità a essere consigliato e guidato?

Donald, Silvio e Corbyn, quel fascino rassicurante delle pantere grigie

Di Maio è controcorrente dal punto di vista dell’età: il fascino rassicurante delle pantere grigie

Nei mesi che precedettero la rielezione di Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica, i Cinque Stelle puntarono su Stefano Rodotà e Milena Gabanelli. Un modo per segnalare il distacco dalle logiche di Palazzo, affidandosi alla credibilità di candidati che di certo non si sarebbero fatti condizionare da una telefonata milanese. Ci voleva coraggio. Quattro anni dopo quel coraggio non c’è più.

È sempre stato chiaro che il grillismo, anche nella sua dimensione più ingenuamente rivoluzionaria, prosperava in virtù di una spensierata rozzezza fondata su una presunta superiorità di valori. Oggi però il Movimento 5 Stelle è un partito vero e proprio, acerbo, ondivago, apparentemente pronto a consegnare al candidato premier anche la leadership politica da sempre in mano a un estenuato Grillo, costringendo parlamentari come Roberto Fico a prendere le distanze da questa svolta al ribasso e spingendo Alessandro Di Battista (più carismatico e consapevole dei propri limiti del multiforme amico Di Maio) a non fare ombra al Candidato Unico. Addio democrazia orizzontale. Una differenza con gli altri partiti però rimane. Nessuno sa – dall’Europa allo ius soli – quale sia la visione politica (sempre che esista) del vice presidente della Camera. Così come nessuno sa – ci ha pensato ieri il Financial Times a sollevare la questione – quale sia la visione politica di Davide Casaleggio.

Per capirlo servirebbe un esperto di algoritmi applicati alla teolinguistica. Secondo il filosofo canadese Alain Denault «viviamo in un’epoca in cui si deve portare il marchio a livello di evangelizzazione», un meccanismo che la Casaleggio Associati conosce bene e che spinge diritti alla mediocrazia. Pochi invisibili guidano una massa di formiche efficienti convinte di essere libere. Per questo è stato costruito un premier in pectore abituato a cambiare opinione quando la cambia la maggioranza? Dubbio atroce. Non sarà una tardiva sindrome di Ambra Angiolini? Solo che Ambra si occupava di tv e, uscita dal sofisticato circo di Boncompagni, si è emancipata grazie al talento.

Invece Di Maio, programmato da Milano, vorrebbe occuparsi di tutti noi. Gli basterebbe che il suo ego la smettesse per un attimo di agitarsi come un ossesso per capire che non è pronto. Il Movimento 5 Stelle doveva essere il trasparente rifugio dei cittadini, è diventato una straordinaria dependance dell’enigmatico Casaleggio junior. E nessuno ci ha ancora spiegato come si sia passati da Zagrebelsky a Di Maio, senza dire per lo meno: scusate, questa è la politica e anche noi ci dobbiamo adeguare.

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lastampa/Superata la linea di confine ANDREA MALAGUTI

Caos abbonamenti, 25 citazioni in giudizio e 70 diffide. L’avvocato Grimaldi: “Estremi per azione penale”

Caos abbonamenti, 25 citazioni in giudizio e 70 diffide. L’avvocato Grimaldi: “Estremi per azione penale”

La Repubblica dà spazio al caos della questione abbonamenti. «Mi spiace, ma lei non può entrare». Questa la frase che si è sentito pronunciare domenica Vincenzo Di Gennaro a pochi metri dal suo posto dei Distinti. Il tornello di quel settore del San Paolo non riconosceva la tessera, ma non è un caso o un errore: la società gli ha annullato l’abbonamento, a causa del fatto che il tifoso Vincenzo abbia fatto causa di risarcimento al club di De Laurentiis. Non è l’unico che si lamenta per aver speso lo scorso anno più soldi con l’abonamento che nell’ipotesi dell’acquisto dei singoli tagliandi, con circa 300 euro di surplus nei Distinti, 550 in Tribuna Posillipo. La class action è formata da più di 200 tifosi, con 25 citazioni in giudizio al momento e 70 diffide.

La risposta del Napoli è stata inviare una lettera alle persone interessate, comunicando la risoluzione unilaterale qualore continuasse il contenzioso, appellandosi all’articolo 3 del modulo di adesione “Il titolare dichiara e garantisce che non ha proposto, né è in procinto di proporre azioni giudiziarie nei confronti della società”. Vincenzo è un 45enne di Fuorigrotta che si sfoga così: «Frequento lo stadio da 30 anni. Ho cominciato con Rudi Krol. Ho speso 755 euro. Non voglio il rimborso, ma solo la possibilità di tornare al San Paolo. Ma all’azione legale non rinuncio: donerò i 300 euro in beneficenza. Ormai è una questione di principio», mentre l’avvocato che lo assiste, Erich Grimaldi, spiega: «Vedremo cosa succederà, ci sono stati problemi simili pure in Tribuna Posillipo, dove alcuni tifosi non si sono recati allo stadio. Valutiamo anche gli estremi per un’eventuale azione penale».