Nel centrosinistra si consumano gli addii. Prima Giuliano Pisapia fa sapere di rinunciare al suo progetto “Campo Progressista”, un possibile alleato del Pd, poi Angelino Alfano annuncia che non si candiderà alle prossime elezioni politiche.
Pisapia si ritira: abbiamo fallito. E Alfano lascia il Parlamento
Giuliano Pisapia, l’ex sindaco di Milano, rompe col Pd dopo lo stallo sulla calendarizzazione dello Ius soli
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el pomeriggio Alfano dagli studi di Porta a Porta annuncia a sorpresa che farà come Di Battista: non si ricandida. Ne aveva parlato solo con la moglie e i familiari, Maurizio Lupi avvisato una manciata di ore prima. Il partito precipita nel caos, viene convocata d’urgenza una riunione della segreteria nella serata di ieri, in vista della direzione dell’11 dicembre che dovrà decidere come e con chi presentarsi alle elezioni. «Nella mia decisione», ha detto il leader di Ap, «hanno influito anche gli attacchi ingiusti che ho subito», soprattutto l’accusa di essere legato alla poltrona. «Voglio compiere un gesto per dimostrare che tutto quello che abbiamo fatto è stato solo dettato da una sincera convinzione a favore dell’Italia, motivata da una responsabilità in un momento in cui il Paese rischiava di andare giù per il precipizio».
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L’aria che tira è quella di un’implosione dell’ex Ncd: la ministra Beatrice Lorenzin con Fabrizio Cicchitto e altri dovrebbe dar vita, con Pierferdinando Casini, a una lista alleata col Pd, mentre Roberto Formigoni e altri più vicini alle sirene di Arcore potrebbero entrare nella quarta gamba del centrodestra con Enrico Costa e Gaetano Quagliariello. L’addio di Alfano, che precisa di non voler lasciare la politica, servirebbe proprio a questo: permettere ai suoi di scegliere come ricollocarsi. Anche se il coordinatore maurizio Lupi sta provando a tenere unito il partito.
A sinistra il divorzio è più sanguinoso. «Con questo Pd che non porta neppure in aula lo ius soli non ci si può alleare, noi siamo stati coerenti», taglia corto Marco Furfaro, che fa parte del gruppo di ex Sel che ha spinto per la rottura. Sul fronte opposto, i centristi guidati da Bruno Tabacci e Mario Catania hanno insistito per dar credito all’ultimo pressing di Piero Fassino e del capogruppo Pd Luigi Zanda, che ha confermato la volontà di tentare di votare lo ius soli in Senato prima di Natale. Alla fine Pisapia ha preso atto, e ha definito «irragionevole illusione» l’idea da lui caparbiamente seguita in questi mesi di dar vita a un «nuovo centrosinistra».
L’ex sindaco lascia la scena politica nazionale citando Bertold Brecht «Chi combatte rischia di perdere, chi non combatte ha già perso». Tra i suoi sono volate parole grosse. Il deputato Michele Ragosta, sostenitore a oltranza del dialogo col Pd, ha definito «traditori e mentecatti» quelli che hanno spinto per il divorzio: «Sono cadaveri politici, uomini senza dignità in cerca di una poltrona». L’ala sinistra guidata da Ciccio Ferrara e dai due ragazzi Alessandro Capelli e Furfaro ora guarda a “Liberi e Uguali” di Pietro Grasso, a un ingresso a fine anno nella lista di sinistra sotto l’ombrello protettivo di Laura Boldrini. «Non ne abbiamo parlato», frena Furfaro. Pier Luigi Bersani e Pippo Civati spalancano le porte, in particolare a Pisapia. I vendoliani di Nicola Fratoianni frenano. L’ex sindaco, dopo un anno di slalom, stavolta ha deciso di chiudere. «Il mio tentativo non è riuscito, ma non sono venute meno le ragioni che lo hanno ispirato», il suo sfogo.
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lastampa/Pisapia si ritira: abbiamo fallito. E Alfano lascia il Parlamento ANDREA CARUGATI
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