a href="https://vivicentro.it/nazionale-24h/attualita/barcellona-chiede-mediare-alleuropa/" target="_blank" rel="noopener">La Catalogna ignora Madrid e si rivolge a Bruxelles per trattare direttamente con l’Unione europea. Dai palazzi delle istituzioni comunitarie, però, rispondono che il referendum è illegale e avvertono: «Una Catalogna indipendente finirebbe fuori dall’Unione».
L’Ue: referendum illegale ma la violenza non serve
Il monito: “Una Catalogna indipendente finirebbe fuori dall’Unione”
Non quella del presidente Juncker e nemmeno quella di qualche altro commissario (la competenza sarebbe dell’olandese Timmermans): il compito è stato affidato al portavoce dell’esecutivo. Che in sostanza ha espresso cinque concetti: per l’Ue «il referendum è illegale», la questione rimane «un affare interno alla Spagna», anche se ora bisogna passare «dallo scontro al dialogo» perché «la violenza non può mai essere uno strumento», ma c’è «fiducia nella leadership di Rajoy per gestire questo processo». E ancora: se un giorno dovesse esserci un referendum «in linea con la Costituzione», una Catalogna indipendente finirebbe «fuori dalla Ue».
Il portavoce, Margaritis Schinas, ha respinto come un muro di gomma tutte le domande più insidiose, limitandosi alla dichiarazione scritta. Né ha risposto alla richiesta di condannare l’uso della forza da parte della Guardia Civil. Si è lasciato soltanto scappare che la Commissione «non ha alcun ruolo da giocare» in una possibile mediazione, richiesta da più parti. L’opinione di Bruxelles è che Madrid e Barcellona se la debbano vedere tra di loro. Tra le righe c’è soltanto un invito (forse tardivo) al dialogo. La posizione dell’Ue resta di pieno sostegno al governo centrale (ribadita ieri pomeriggio da Juncker a Rajoy nel corso di una telefonata): per questo anche la critica per l’uso della forza è stata molto, ma molto, velata.
Un po’ più esplicite, invece, le parole di Tusk. Il presidente del Consiglio europeo ha spiegato di «condividere gli argomenti costituzionali» di Rajoy, ma ha detto di avergli lanciato «un appello perché trovi il modo di evitare un’ulteriore escalation e l’uso della forza». Per il futuro, certo. Ma con un riferimento indiretto a quanto successo domenica. Nessun commento, invece, dal presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, che pure ha sentito al telefono il compagno di partito Rajoy.
Il premier spagnolo ha parlato anche con altri due big della politica europea, Emmanuel Macron e Angela Merkel. Il presidente francese, senza fare accenni alla violenza, ha ribadito l’importanza «dell’unità costituzionale in Spagna» e ha assicurato che Rajoy «resta l’unico interlocutore». Una precisazione molto importante, che significa una cosa ben precisa: i francesi non hanno alcuna intenzione di proporsi per una mediazione. Pure la cancelliera tedesca non ha commentato ufficialmente i fatti di domenica, ma ha lasciato filtrare le sue speranze per un ritorno alla calma «sulla base dello Stato di diritto, del dialogo, nel quadro della Costituzione spagnola».
Sostegno a Madrid anche dall’olandese Mark Rutte, mentre su posizioni più critiche restano il Belgio e la Scozia. Dal ministero degli Esteri di Edimburgo è arrivato l’invito alla Spagna a «non ignorare il voto», visto che «una vasta maggioranza ha votato Sì». Domani pomeriggio alle 15 la questione sarà affrontata nel Parlamento europeo di Strasburgo: giovedì la richiesta di un dibattito era stata respinta, ma ieri anche gli eurodeputati hanno capito che non si può più girare la testa dall’altra parte. Per la Commissione resta solo «un affare interno» alla Spagna, ma tutti sanno che la questione catalana è un problema europeo.
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