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Replica di Conte al Senato: la richiesta di fiducia passa con 156 voti – VIDEO

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A conclusione della discussione generale sulle comunicazioni rese questa mattina dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, sull’attuale situazione politica, c’è stata la replica di Conte che ha chiuso chiedendo la fiducia.

Replica di Conte al Senato: la richiesta di fiducia passa con 156 voti – VIDEO

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CONTE, presidente del Consiglio dei ministri e ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Signor Presidente, gentili senatrici e gentili senatori, cercherò di rispondere a un dibattito che è stato molto ricco di interventi, di spunti, anche di notazioni critiche, come è legittimo che sia. Non sarò organico. Toccherò solo alcuni degli argomenti trattati, ma cercherò così di arricchire anche le questioni che avevo già affrontato nelle comunicazioni introduttive.

Un tema che è stato toccato, se non sbaglio dalla senatrice Drago, è quello del calo demografico. Questo è un problema serissimo. Richiamo tutti a considerare che stiamo attraversando una curva di calo demografico molto seria, tra le più severe degli ultimi anni. Un po’ di anni fa in Germania successe la stessa cosa. Iniziarono a lavorarci in modo sistematico, con interventi organici.

Dobbiamo farlo anche noi. È molto preoccupante perché, in prospettiva, se non interveniamo adesso in tempo, rischiamo di compromettere il futuro e il benessere futuro dei nostri figli. Occorrono interventi economici strutturali e strutturati. Qui davvero dobbiamo investire sul futuro. E qui c’è un interrogativo che spesso viene sollevato in modo retorico: certo, non possiamo farlo creando una crisi di Governo o cercando di far cadere un Governo.

Dal prossimo luglio partirà – e questa è una misura concreta e strutturale – la riforma dell’assegno unico mensile, che ho già richiamato. Per ciascun figlio a carico fino al ventunesimo anno di età avremo un assegno unico che coinvolgerà oltre 12,5 milioni di bambini e ragazzi. Questa misura è volta ad alleggerire la pressione economica sulle famiglie, soprattutto quelle più numerose, ma anche il carico di cura che ordinariamente e abitualmente grava sulle donne. Tengo a dire e sottolineare che questo era un progetto coltivato dal ministro Bonetti, di Italia Viva, insieme al Governo.

È inoltre all’esame del Parlamento la delega Family Act, volta a rafforzare le politiche di sostegno alle famiglie, anche attraverso la riforma dei congedi parentali, con l’estensione a tutte le categorie professionali e l’introduzione di congedi di paternità obbligatori e strutturali. In particolare, proprio per quanto riguarda i congedi parentali, il Governo è già intervenuto, come sapete bene, con la legge di bilancio 2021, con la proroga e l’estensione del congedo obbligatorio di paternità da sette a dieci giorni.

È stato toccato anche il tema della scuola, che sta a cuore a tutti noi. Dobbiamo lavorare affinché la scuola resti centrale nell’agenda non del Governo, ma dell’intero Paese. Abbiamo realizzato 40.000 aule in più con i lavori estivi di edilizia scolastica e ciò è merito non solo del Governo, ma di una grandissima sinergia, quella cui alludevo questa mattina quando ragionavo della leale collaborazione con tutte le istituzioni, anche locali. Si è trattato di un grande sforzo fatto dai sindaci, dai Presidenti di Regione e da tutte le autorità, anche territoriali.

Inoltre, nell’ultimo anno abbiamo mobilitato 10 miliardi di euro in più a favore della scuola, archiviando la stagione dei tagli che avevamo ereditato. Abbiamo inoltre previsto dei corposi interventi. Nella versione aggiornata del Recovery Plan troverete un intero capitolo dedicato alla filiera dell’istruzione. A oggi – sottolineiamolo – oltre 5 milioni di studenti del primo ciclo sono stati a scuola in presenza durante l’anno scolastico e gli alunni della scuola secondaria di secondo grado stanno rientrando adesso a scuola. La curva epidemiologica non accenna a migliorare e ci preoccupa, ma cercheremo di continuare a fare di tutto. La scuola è di tutti. (Applausi). Cercheremo di continuare a impegnarci per garantire, per quanto possibile, una didattica in presenza perché questo è l’obiettivo. Sappiamo che per gli studenti è importante che ci siano metodi di apprendimento basati sull’interazione personale diretta con i docenti e i propri compagni.

Sono stato sollecitato anche a svolgere qualche riflessione per quanto riguarda il piano delle assunzioni. Abbiamo previsto l’assunzione di 25.000 insegnanti di sostegno in più, approvando una norma specifica per i docenti già specializzati. Abbiamo inoltre bandito concorsi per quasi 80.000 docenti, contemperando le esigenze di stabilità dei precari con l’aspirazione di mezzo milione di laureati a concorrere per insegnare nelle scuole.

Il Ministro competente ha introdotto alcune innovazioni, tra cui la cosiddetta chiamata veloce della fascia aggiuntiva, che ha permesso di assumere moltissimi precedenti vincitori di concorso idonei ancora presenti in graduatoria. Senza tale misura ciò non sarebbe stato possibile. La scuola richiede uno sforzo continuo e noi continueremo a impegnarci.

Molte osservazioni hanno riguardato il nostro calo del PIL, i dati macroeconomici e anche la consistenza delle misure di ristoro. Non corrisponde affatto al vero che l’Italia sia il Paese con la caduta più forte del PIL. I dati parlano chiaro, sono dati. (Applausi).

Peraltro, quando li esaminiamo dobbiamo sempre tener conto che l’Italia purtroppo è stata personalmente svantaggiata rispetto ad altri Paesi europei e del mondo occidentale, perché abbiamo avuto l’esplosione della prima ondata della pandemia mente altri Paesi hanno subito questa esplosione più in ritardo. Ebbene, nonostante l’Italia sia stata colpita per prima dalla pandemia, in modo particolarmente violento e improvviso, nei primi tre trimestri del 2020 il calo tendenziale del PIL è stato lo stesso che in Francia (meno 9,5 per cento), inferiore a quello registrato in Spagna (meno 11,5 per cento) e nel Regno Unito (meno 11,1 per cento); poi il rimbalzo che abbiamo registrato nel terzo trimestre, grazie anche alle misure di sostegno all’economia, è stato tra i più alti d’Europa, pari al 15,9 per cento. Nonostante l’impatto della seconda ondata, gli ultimi dati ci spingono a confermare la previsione per il 2020 di un calo del 9 per cento, sensibilmente inferiore a quello previsto nel corso dell’estate dai principali istituti internazionali e ancora una volta minore di quello atteso per gli altri Paesi europei.

Ancora più destituita di fondamento appare l’affermazione secondo cui l’Italia avrebbe erogato meno ristori rispetto agli altri Paesi. Nel corso del 2020 abbiamo attuato misure a sostegno di famiglie, imprese e lavoratori. Non sto dicendo che siano state sufficienti, perché siamo consapevoli della sofferenza di tantissime famiglie e di tanti cittadini che ci guardano; sto semplicemente dicendo che nel 2020 abbiamo attuato misure a sostegno di famiglie, imprese e lavoratori che valgono circa il 6,6 per cento del PIL, a cui aggiungere 300 miliardi di crediti oggetto di moratoria e 150 miliardi di prestiti garantiti. Sono dati freddi, che non risolvono la sofferenza di chi in questo momento ci sta guardando, ma si tratta complessivamente di uno degli interventi più massicci realizzati in Europa, pari solo a quello messo in campo dalla Germania (Applausi). È proprio grazie a questa rete di protezione che il PIL è calato meno del previsto e ciò in parte ha compensato anche l’aumento del deficit, che sarà di circa 2,5 punti percentuali di PIL inferiore alla somma del deficit ciclico e degli interventi effettuati.

Purtroppo, mentre con l’Agenzia delle entrate abbiamo sperimentato, grazie anche ai dati della fatturazione elettronica e all’efficienza del sistema che è in uso all’Agenzia, una rapidità nell’erogazione, sappiamo di aver avuto tanti ritardi e limiti per quanto riguarda l’erogazione della cassa integrazione. Anche in quel caso sono state percorse delle accelerazioni rispetto ai tempi del passato: erogazioni che avvenivano in cinque anni sono avvenute in pochi mesi. Però chiaramente ai cittadini bisogna dire che questo è stato un motivo davvero di sconforto anche per noi: abbiamo cercato di rimediare in tutti i modi, ma quando si eredita un sistema così concepito, così complesso, non lo si può certo cambiare nel giro di qualche settimana o di qualche mese.

Adesso però del decreto-legge ristori si occuperà il Parlamento e mi risulta che già domani in quest’Aula ci sarà la possibilità di esprimersi sulla nuova corposa richiesta di scostamento e ricordiamoci anche che alla vostra attenzione sarà posta anche la questione della necessità di un intervento perequativo per coloro i quali sono stati sacrificati dai criteri che hanno consentito la rapida erogazione dei ristori.

È stato toccato il tema della giustizia, su cui chiaramente ci attende una riforma strutturale; sappiamo che è da tempo uno degli oggetti delle raccomandazioni che vengono rivolte all’Italia anche dalla Commissione europea. Intanto è stato varato un massiccio piano ordinario delle assunzioni per oltre 16.000 unità tra il 2018 e il 2023 ed è stato programmato l’aumento della dotazione organica dei magistrati di 600 unità.

Ancora, nel recovery plan ritroverete uno stanziamento di 2,3 miliardi di euro da destinare in particolare a vari piani per rendere più spedita la nostra giustizia, ma soprattutto per smaltire l’arretrato. I magistrati italiani, se guardiamo le tabelle di comparazione, sono bravi; dobbiamo dircelo. Hanno una media di produttività tra le migliori in Europa, però il problema è la zavorra dell’arretrato. Quindi, attraverso il recovery plan sono programmate 8.000 assunzioni con contratto a tempo determinato, anche rinnovabile, per quanto riguarda gli addetti all’ufficio per il processo e mille magistrati aggregati con contratti rinnovabili. Saranno assunti, inoltre, con contratto determinato a ciclo unico fino a 4.200 operatori, tra cui architetti, ingegneri statistici e informatici, figure professionali che servono per amministrare in modo efficiente e moderno la giustizia. (Applausi). Sono proposte e progetti che potrete discutere e anche migliorare, se riterrete, perché sono nel recovery plan.

Rispondo al senatore capogruppo della Lega Romeo che chiedeva che fine hanno fatto i disegni di legge sulla giustizia. La informo che dagli inizi del 2019 il disegno di legge delega sulla giustizia civile e dal 2018 il disegno di legge delega sulla riforma del codice civile sono alla Commissione giustizia del Senato. Chieda alla presidente della Commissione, che è del suo partito. Cerchiamo tutti di dare un’accelerazione all’esame di questi progetti che il Paese attende.

In questi giorni parliamo tanto di coronavirus, ma c’è un virus forse peggiore; non lo dobbiamo mai dimenticare. Rimane il virus mafia; la difesa della legalità costituisce una dimensione ontologica di questo Governo; è nel nostro DNA. (Applausi). Il contrasto della mafia e la difesa della legalità non costituiscono per noi una generica attenzione, ma una deliberata strategia di azione. Voglio rassicurare tutti i cittadini: sarà sempre così fino a quando questo Governo sarà qui. Ne approfitto per ricordare che oggi, 19 gennaio, è il giorno della nascita di un grande personaggio che non voleva fare l’eroe e, addirittura, ebbe a dichiarare che lui ci capitò per caso ad avere a che fare con la mafia. Paolo Borsellino nacque 81 anni fa. (Applausi. L’Assemblea si leva in piedi). Permettetemi di aggiungere al vostro ricordo una sua frase che a me è sempre particolarmente piaciuta: «La lotta alla mafia deve essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità».

Avete toccato in tanti il tema dei decessi. Dico la verità: quando ne parlo – mi è capitato spesso di farlo in pubblico – è un tema su cui sono molto cauto perché ci rammarica tutti, ci rattrista, ci addolora e su questo siamo tutti d’accordo. Non possiamo mai degradare questo tema a una triste contabilità numerica.

Ogni giorno – come voi immagino – seguo il bollettino e corro subito a vedere come va la curva epidemiologica; quando vedo il numero dei morti, questo è sempre un numero che ci rimette a tantissime persone che vanno via. Tra l’altro, per buona parte la media dei decessi riguarda soprattutto la soglia anagrafica sopra gli ottant’anni; come ho già detto, sono quelli che, usciti dal Dopoguerra, hanno lavorato per rendere grande l’Italia e per farla entrare nel G7. (Applausi). Sono quelli che hanno costruito il miracolo economico; sono i nostri genitori, i nostri nonni. Perché un numero così alto? Innanzitutto, anche qui, dobbiamo ricordare che siamo stati i primi in Europa e nel mondo occidentale a essere colpiti dal virus; e questo ha sicuramente avuto un peso enorme nella prima fase. Essere i primi… (Commenti). Vi posso chiedere su questo? Poi semmai sull’altro argomento ritornate a parlare. Essere i primi ad affrontare questo tema, senza avere un manuale, senza avere ancora la scienza che si era formata un’opinione chiara, senza aver acquisito dei dati sperimentali, è una cosa che ovviamente è stata devastante per noi e che ha avuto un impatto devastante. Ricordo anche – lo ricordate? – che eravamo sprovvisti di mascherine e di respiratori; abbiamo scoperto che nel nostro Paese quasi non se ne producevano e abbiamo dovuto cercare in giro per il mondo, con tante difficoltà, tutte queste attrezzature. Ricordo che i tamponi che effettuiamo oggi non sono affatto paragonabili per numero con quelli che facevamo durante la prima fase, in misura nettamente inferiore. E sappiamo oggi quanto questi dati, questi test, questi controlli siano fondamentali per diagnosticare le persone positive. Ricordo ancora che l’Italia si caratterizza per avere una delle popolazioni più anziane a livello mondiale, addirittura dopo il Giappone. E abbiamo anche una popolazione – attenti – che vive, come dicono gli scienziati e i geriatri, molto a lungo, ma non invecchia affatto bene; essa invecchia infatti con molte morbilità, se guardiamo ai dati statistici e comparativi. Di recente un illustre infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, il professor Galli, ha detto che, se prendiamo i dati del periodo tra settembre e gennaio, in Italia abbiamo il 2 per cento circa di letalità tra i casi confermati, esattamente in linea con i dati della Germania. Quindi, se vogliamo ridurre tutto questo a un fatto statistico, cerchiamo anche di prendere i dati e di lasciarci guidare dagli esperti. Ricordo che la Germania purtroppo – salutiamo il popolo tedesco e tutti gli altri popoli che stanno soffrendo (Applausi) – nelle ultime settimane ha superato i 1.000 morti al giorno; nonostante le rigide misure imposte dall’inizio di novembre, ha fatto registrare una preoccupante impennata dei decessi negli ultimi tempi. Addirittura nel mese di gennaio, in numeri assoluti, sta facendo registrare quasi il doppio dei morti dell’Italia. Cito la Germania perché è considerata uno dei Paesi più virtuosi nell’Unione europea, perché ha una struttura ospedaliera molto organizzata e ha un numero impressionante di disponibilità per quanto riguarda in particolare i presidi ospedalieri di terapia intensiva. Questo per far capire che il Covid sta mettendo in ginocchio anche i Paesi che sono più strutturati e che hanno investito molto più di noi nella sanità – diciamolo – e che quindi dovevano risultare più resilienti. Però – ripeto – la contabilità dei morti è una questione molto delicata; trattiamola al di fuori della contesa politica, perché rischiamo di toccare un argomento molto triste e quindi le polemiche sono davvero poco onorevoli.

Il senatore Renzi di Italia Viva ha fatto un intervento in cui ha ricostruito, dal suo punto di vista, le ragioni di questo nostro stare insieme oggi, di essere qui a discutere sulla fiducia al Governo.

Ma voglio dire una cosa: a me non sembra che quando abbiamo trattato dei temi concreti non si sia trovata una soluzione. Innanzitutto, se parliamo del recovery plan, che è stato molto discusso ed è stato uno degli argomenti controversi, ricordiamo che non è nato e non è stato elaborato in qualche oscura cantina di Palazzo Chigi. Il recovery plan è stato elaborato in incontri bilaterali con tutti i Ministri, anche con le ministre di Italia Viva. Alla fine la bozza, che voi avete voluto distruggere anche mediaticamente, era il frutto di un primo confronto e di acquisizioni a livello bilaterale con tutti i Ministri.

Quando il 7 dicembre è iniziato il Consiglio dei ministri, il sottoscritto – ma nell’accordo con tutti i Ministri – ha presentato questa bozza dicendo: la discuteremo per tutto il tempo necessario, con tutte le modalità che vogliamo; confrontiamoci. Ovviamente occorreva un confronto, un momento collegiale e sono stato molto chiaro: gli incontri bilaterali non avevano risolto un grave problema, cioè quello di operare scelte strategiche, di tirar fuori la politica, che sceglie, individua le soluzioni, dà una visione. Questo può essere frutto solo di un confronto collegiale, ma il confronto collegiale lo si può fare anche con toni tranquilli e sereni, con leale collaborazione.

L’effetto finale di quella vostra iniziativa è stato di bloccare per quaranta giorni il recovery plan. Avremmo potuto ritrovarci intorno a un tavolo e la disponibilità c’è stata subito; avremmo potuto ritrovarci e nel giro di venti giorni – anche dieci, ma forse esagero – avremmo dato al Parlamento molto prima la versione aggiornata. Versione aggiornata che è stata migliorata grazie al vostro contributo, ma anche – se mi permettete – grazie al contributo delle altre tre forze di maggioranza. (Applausi). Perché in maggioranza si discute tutti insieme e nessuno può avere la pretesa della verità, delle soluzioni migliori e più proficue nell’interesse del Paese.

Anche a proposito della cabina di regia avete ritenuto che la proposta presentata non fosse accettabile e l’avete giudicata indecente; quello che volete, ma chi ha detto che non si poteva discutere? Ma quando mai non si è discusso? Ditemi una volta in cui è stato imposto qualcosa a voi o ad altre forze di maggioranza. Il risultato è che adesso dobbiamo affrettarci, perché comunque una struttura di monitoraggio, uno strumento per accelerare il percorso riformatore e realizzare questi investimenti e queste opere va fatto ed è urgente; ce lo chiede anche l’Europa, come abbiamo chiarito.

Si può discutere su tutto. Quando si è scelto la via del dialogo e del confronto – e lo sapete -, ad esempio con il family act e le tantissime iniziative politiche che per voi sono state assolutamente qualificanti, avete trovato in particolare il sottoscritto, oltre alle altre forze politiche, a difendervi. Ho difeso le vostre ragioni spesso anche contro opinioni differenti di altre forze politiche. Non avete mai trovato porte chiuse.

A un certo punto però avete iniziato a scegliere una strada diversa, che non è quella della leale collaborazione. Diciamolo anche di fronte al Paese: avete scelto la strada dell’aggressione e degli attacchi mediatici; avete iniziato a parlare fuori e non più dentro. È una volta scelta (Applausi), la rispettiamo però – permetteteci – possiamo dire che forse non è la scelta migliore nell’interesse del Paese? Possiamo dire che forse questa situazione non significa avere a cuore investire nel futuro, come ripetete?

Ancora, la questione del MES – lo sapete bene – è divisiva. Il MES può essere approvato in Parlamento e le forze di maggioranza su questo non sono d’accordo.

Aggiungiamo pure che, per stanziare risorse aggiuntive per la sanità (e ne abbiamo stanziate tantissime e aggiunte altre nel recovery plan rispetto alle risorse, già cospicue, stanziate nei decreti-legge del 2020 e nella legge di bilancio per il 2021), dovremmo aumentare il deficit e quindi il debito pubblico. Ciò prescinde dalla possibilità di utilizzare il MES e, in ogni caso, se mi permettete, è davvero contraddittorio, una volta che si sia contribuito al miglioramento del recovery fund, decidere di non accettarlo perché non c’è il MES. (Applausi).

Vorrei chiarire – perché c’è stato qualche intervento in proposito – un punto che riguarda proprio la prospettiva del progetto politico che ho presentato insieme alle forze di maggioranza che sono rimaste a collaborare in modo leale. Io comprendo la diffidenza che è stata sollevata; è una diffidenza genuina, che fa onore a chi l’ha sollevata. Penso, ad esempio, al senatore Quagliariello. Lei, senatore, ha obiettato rispetto al mio invito ai volenterosi, ai singoli parlamentari, ma anche ai rappresentanti di nobili tradizioni, che si collocano in ogni caso in un perimetro progettuale ben chiaro, come abbiamo detto (vocazione europeista, scelta per lo sviluppo sostenibile, transizione verde e digitale, modernizzazione del Paese e impegno a rendere più efficienti la pubblica amministrazione e la giustizia). Lei, senatore Quagliariello, ha detto che non possiamo pensare di fare questa proposta con una logica di annessione; l’annessione è un concetto che mi ricorda i tempi bui del Novecento. No, guardi: è un invito franco, fatto in modo trasparente, aperto di fronte al Paese. Dobbiamo rimanere tutti a testa alta. La gravità della situazione è tale che non possiamo permetterci di condurre partite in modo opaco. Questo invito aperto, franco e trasparente non è solo rivolto a loro. Certo che c’è un problema di numeri della maggioranza; siamo in democrazia e se i numeri non ci sono questo Governo va a casa, non va avanti. (Applausi. Commenti).

Noi vi abbiamo chiesto di aderire a un progetto basato su scelte chiare, valoriali, sulla base di una chiara collocazione europea ed euroatlantica, indirizzato ad alcuni fondamentali obiettivi che abbiamo già declinato. Certo, è un progetto che ha un perimetro già ben delimitato: si basa su un solido dialogo, sperimentato già durante questa esperienza di Governo, tra almeno tre forze di maggioranza. Tuttavia, dall’altro lato, è un progetto ben aperto a chi vuole migliorarlo, a chi vuole apportare un contributo di idee, di progettualità, di impegno genuino e leale; è un progetto aperto a chi vuole apportare nuove energie e vuole definire con noi – l’ho detto – un patto di fine legislatura. Ci sono tutti i margini per lavorare in modo trasparente, per poter offrire ai cittadini un rendiconto di quanto stiamo facendo. È un patto di fine legislatura su cui stavamo già lavorando e continueremo a lavorare, se ci darete la fiducia.

Subito dopo, ovviamente, valuteremo un tema su cui stavamo già discutendo: come rinforzare la squadra di Governo. (Commenti). Su questo vorrei fare un chiarimento, perché mi si rimprovera ancora una risposta data alla ventesima intervista, in cui mi si chiedeva del rimpasto e della disponibilità a cambiare i ministri; io ho riferito, con una iperbole, una figura della retorica classica, che i ministri, compresi quelli di Italia Viva, sono i migliori del mondo. Mi è stata rimproverata questa espressione.

Attenzione, però, io sono il Presidente del Consiglio, il capitano di una squadra, che ha il dovere, sempre, di difendere i propri Ministri, tra l’altro da attacchi completamente strumentali. Non voglio citare però la mia opinione, ma un’opinione che credo nessuno oggi metta in discussione perché non fa parte del perimetro della maggioranza, almeno così mi è parso di capire . Il senatore Nencini, che è anche un fine intellettuale, ha scritto e ha detto chiaramente oggi di fare attenzione perché quando facciamo queste valutazioni, consideriamo anche che non ci sono termini di paragone o di comparazione. Nessun altro Ministro ha attraversato una fase così grave e recessiva, un’emergenza così coinvolgente nella storia repubblicana. Poi le opinioni sulle valutazioni del singolo, dei Ministri qui presenti, sono aperte, ci mancherebbe. Tenete conto però che l’impegno è stato notevole, non c’è stato da parte di nessuno risparmio di un briciolo di energie fisiche e intellettive. (Applausi).

Concludendo, voi parlate sempre di poltrone; quando sento questa parola, penso – e lo dico anche ai cittadini che ci ascoltano – che io non mi vergogno di dire che stiamo seduti su queste poltrone. Secondo me non è importante dire che non si è interessati alla poltrona, ma essere interessati a stare seduti con disciplina e onore.

Redazione

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