MES: pro e contro. Intervista ad un eurodeputato

La domanda corrente: MES, pro o contro ? Proviamo a spiegarcelo. Ad Acicastello (CT) abbiamo...

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La domanda corrente: MES, pro o contro ? Proviamo a spiegarcelo. Ad Acicastello (CT) abbiamo in merito intervistato il deputato europeo Giarrusso.

MES: Meccanismo Europeo di Stabilità, detto anche Fondo salva-Stati, è un’organizzazione internazionale nata come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona Euro.

Il MES lo si potrebbe paragonare ad una sorta di polizza assicurativa nella quale a scadenza si versano degli importi in percentuale al fatturato. In pratica il MES sarebbe come un contratto che un consorzio di imprese (nel caso del MES le Nazioni europee) concordano, approvano e sottoscrivono per garantire l’eventuale difficoltà che possa insorgere in ogni azienda appartenente al gruppo. Ciò al fine di scongiurare un potenziale dissesto economico a cascata. Potrebbe meramente interpretarsi così il principio di base del MES.

Poi, come ogni civile contratto, ci sono le varie clausole (famose nella quotidianità quelle scritte piccoline quasi invisibili), come pure i riferimenti e rimandi a norme varie. E qui il buon senso vorrebbe che ci si fermi a leggere bene il documento e nel caso non si sia certi, appare opportuno, specialmente a certi livelli, farsi assistere da professionisti, si spera intellettualmente onesti e indipendenti. Infine ci si dovrebbe domandare anche: chi o quale Organo deciderà e su quali facoltà e criteri il finanziamento di salvataggio e come e con quali modalità e condizioni.

Il MES, detto pertanto in maniera molto sintetica, è una specie di compartecipe europea auto-assicurazione sull’economia di ogni singolo Stato dell’Unione. Un atto sicuramente di progresso, civiltà, condivisione e modernità politico-sociale. Però ci vuole anche chiarezza, fraternità, uguaglianza, solidarietà e certezza.

Non appare dunque questo “mostro” descritto, per presumibile propaganda, da alcune forze politiche. Peraltro è un’istituzione europea attiva dal 2012 e con sede in Lussemburgo volta a sopperire alle difficoltà finanziarie dei Paesi membri. Un po’ come la Banca Centrale Europea, il Mes svolge la funzione di “organismo di ultima istanza” che presta denaro ai Paesi membri nel caso in cui nessuno sia più disposto a finanziarli. Detto fondo (uno dei meccanismi più importanti dell’unione monetaria europea) si basa sul principio che condividere la stessa moneta porti anche a una condivisione dei rischi associati all’instabilità economica. Il fondo è dotato di 80 miliardi di euro, raccolti tramite un contributo di ogni Stato proporzionale alla sua importanza economica. Concede prestiti agli Stati membri in crisi, ma può arrivare addirittura a ricapitalizzarne i sistemi bancari. Per ricevere questo aiuto, gli Stati dovevano però intraprendere una serie di riforme strutturali e fiscali. Si tratta in genere di impopolari misure di austerità gradite alla cosiddetta Troika (Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale) volte a risanare i conti pubblici. Abbiamo visto il noto disastro sociale causato in Grecia. Il MES comunque non risana il debito pubblico.

Dal 2018 si sta discutendo una riforma del MES, poiché sono stati biasimati i criteri troppo rigidi per accedervi, i quali penalizzano le Nazioni più in difficoltà a vantaggio di quelle in condizioni economiche migliori. In sostanza il MES così non rispetterebbe uno spirito solidale tra i partener europei, dividendo il vecchio continente in Stati di serie A e quelli discriminati di B.

Si vorrebbe quindi che gli Stati Membri per accedere alla PCCL (Linea di credito condizionata precauzionale, quindi con taglio della spesa pubblica, aumento delle tasse, nuove leggi sul lavoro nazionalizzazione o privatizzazione di enti, pensioni stipendi pubblici e così via), debbano impegnarsi prima a rispettare i criteri di stabilità, invece di sottoscrivere dopo uno stringente (capestro) Memorandum d’Intesa (com’è accaduto alla Grecia).

Però anche questo aspetto potrebbe valere solo per quegli Stati che rispettano i parametri di Maastricht (tra cui un rapporto debito/Pil non superi il 60%). Sicché dal MES comunque verrebbero tagliati fuori circa la metà dei Paesi membri dell’Eurozona (tra cui l’Italia che nel 2018 lo aveva del 134,8%), pertanto quelli che avrebbero più bisogno di beneficiare dell’aiuto del MES.

Le Nazioni nella periferia dell’Europa vorrebbero anche l’introduzione del “backstop”, un sistema che rende più sicure le banche dei Paesi più indebitati. Il Mes diventerebbe una risorsa da 55 miliardi per il Fondo di risoluzione unico (Fsr) nel caso in cui questo esaurisse le risorse disponibili.

Insomma, ci sarebbe stata una evidente incoerenza concettuale di fondo nel principio di solidarietà in questo MES. Da qui il dubbio che ci siano riserve dissimulate da parte di Stati forti come la Germania, Francia e del Nord Europa, a discapito di quelli economicamente più deboli, specialmente del SUD (un po’ come in Italia negli ultimi cinquantanni, con il Nord sviluppato e un Sud e Isole sempre più economicamente regredite).

Quindi da un lato il MES appare positivo. Per un altro verso tuttavia è da approfondire, soprattutto i criteri e chi decide, ovverosia: sarà una commissione politica che valuterà ad esempio anche gli aspetti sociali nonché l’interesse delle future generazioni ? Oppure sarà un gruppo di burocrati attaccati solo a numeri e clausole ?

Sarebbe quindi di tutta ragionevolezza dire che il MES necessità di una ulteriore valutazione giuridico-operativa prima che le modifiche divengano definitive (la scadenza doveva essere a dicembre 2019)

Ieri sera sul tardi, trovandoci Ad Acicastello in provincia di Catania e avendo appreso che c’era il deputato europeo dei cinquestelle Dino Giarrusso, lo abbiamo nella tarda serata intervistato sul MES (qui di seguito il video dell’intervista).

Adduso Sebastiano

 

 

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