Trascrizione dell’ Informativa Fiducia governo Conte 19 Gennaio 2021 Senato sulla situazione politica in atto e conseguente discussione (ore 9,41) – VIDEO
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PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: «Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla situazione politica in atto».
Avverto che è in corso la trasmissione diretta televisiva con la RAI.
Ha facoltà di parlare il presidente del Consiglio dei ministri, professor Conte.
CONTE, presidente del Consiglio dei ministri e ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Signor Presidente del Senato, onorevoli senatrici e onorevoli senatori, innanzitutto anch’io mi associo, a nome del Governo, al ricordo del senatore Emanuele Macaluso, che è stato qui per tantissimi anni e ha svolto attività da questi scranni e poi per tantissimi altri anni come stimato giornalista. Credo che anche chi non ne ha condiviso le idee politiche possa convenire che è stato un grande protagonista della vita politica e culturale italiana. (Applausi).
All’inizio di questa esperienza di Governo – il 9 settembre 2019 – prefigurai, proprio in quest’Aula, un chiaro progetto politico per il Paese. Precisai subito che il programma sul quale mi accingevo a chiedere la fiducia al Parlamento non si risolveva e non poteva risolversi in una mera elencazione di proposte eterogenee né, tantomeno, in una sterile sommatoria delle posizioni assunte da ciascuna delle forze politiche che avrebbero sostenuto la maggioranza. Già allora ero consapevole che un’alleanza tra formazioni politiche provenienti da storie, tradizioni, esperienze e culture differenti, che – per giunta – si erano anche contrapposte, a tratti in maniera anche molto aspra, nel più recente passato, poteva nascere solo sulla base di due discriminanti fondamentali: la prima, non una estrinseca adesione, ma un convinto ancoraggio ai valori costituzionali – tra cui il primato della persona, il lavoro, l’uguaglianza, nella duplice veste formale e sostanziale, la tutela dell’ambiente – e la seconda, la solida vocazione europeista del nostro Paese, in modo da realizzare anche più a pieno l’interesse nazionale, da consentire all’Italia di tornare protagonista nello scenario europeo e contribuire a far recuperare all’Unione europea intera la posizione di leadership nell’attuale contesto geopolitico internazionale.
Sin dal momento dell’elaborazione del programma, alla quale mi dedicai anch’io, insieme alle delegazioni delle forze politiche di maggioranza, facemmo tutti in modo, insieme, che si delineasse la prospettiva di un disegno riformatore ampio e coraggioso. Affermai allora che quel progetto politico avrebbe segnato l’inizio di una nuova – che abbiamo sperato tutti e speriamo ancora risolutiva – stagione riformatrice, orientata all’edificazione di una società più equa e più inclusiva, capace di coniugare l’obiettivo primario della crescita economica, del rilancio e della modernizzazione con le esigenze imprescindibili della sostenibilità, della coesione sociale e territoriale, nell’orizzonte del pieno sviluppo della persona umana.
E ancora oggi, dopo più di un anno, a riguardare quei ventinove punti programmatici, ravviso che nel progetto di Paese che abbiamo condiviso e delineato insieme, seppure in circostanze e condizioni complesse, c’era visione, c’era una forte spinta ideale e c’era un chiaro investimento di fiducia.
Agli inizi del 2020, le condizioni per l’attuazione di quel progetto si sono misurate, purtroppo, con l’uragano della pandemia; è stato ed è un uragano che ha sconvolto e sta sconvolgendo in profondità la nostra società, le nostre abitudini di vita, il nostro destino collettivo. La pandemia ci ha costretto a ridefinire le priorità, a ripensare il nostro modello di sviluppo, la dinamica stessa delle nostre relazioni. Stiamo affrontando una sfida di portata epocale, ci stiamo misurando con l’esigenza di definire le linee ricostruttive di una società che è segnata di nuovo (sembra un riprecipitare al passato) da paure primordiali, spesso conosciute appunto da generazioni del passato, paure legate al rischio di perdere bene essenziali, come la vita e la salute, di tornare a sentirci tutti profondamente fragili. Alcune delle nostre pur radicate certezze sono state improvvisamente messe in discussione.
La politica stessa è stata costretta a misurarsi, pressoché quotidianamente, come forse mai aveva fatto prima, con la scienza e la tecnica, nella difficoltà di offrire risposte efficaci e rapide rispetto a una travolgente emergenza sanitaria e una severa recessione economica. Anche le nostre più consolidate cognizioni giuridiche sono state severamente interrogate. In virtù dello stato di emergenza siamo stati costretti a introdurre, primi in Occidente, con tutti i dubbi, le perplessità e le difficoltà, ovviamente poco dopo seguiti da tutti gli altri Paesi, misure restrittive dei diritti della persona, operando delicatissimi e faticosissimi bilanciamenti dei principi e dei diritti costituzionali.
In questi mesi così drammatici, pur a fronte di una complessità senza precedenti, questa maggioranza è riuscita a dimostrare grande responsabilità, raggiungendo, certo con fatica, convergenze di vedute e risolutezza di azione, come era richiesto soprattutto nei passaggi più critici. Abbiamo coltivato un costante e serrato dialogo con tutti i livelli istituzionali del nostro ordinamento, a partire dalle autorità regionali fino a quelle comunali, nella consapevolezza che solo praticando, in modo direi indefesso, il principio di leale collaborazione, sarebbe stato possibile perseguire strategie di intervento efficaci, considerato (a tacer d’altro) che le competenze in materia di gestione sanitaria sono rimesse nel nostro ordinamento primariamente alle Regioni. Non solo; l’esperienza della pandemia ha rafforzato nelle forze politiche, che hanno con lealtà sostenuto il Governo, la consapevolezza del valore del dialogo e del confronto dialettico tra posizioni anche distanti, che è un presupposto ineludibile per compiere le scelte più giuste, per operare quelle sintesi superiori nel superiore interesse collettivo, per assumere le decisioni fondamentali alle quali, per la gravità dell’ora, non potevamo sottrarci.
Abbiamo operato sempre scelte migliori? Abbiamo assunto sempre le decisioni più giuste? Ciascuno sul punto esprimerà le proprie valutazioni; siamo nel campo dell’opinabile. Per parte mia posso dire che il Governo ha operato i delicati bilanciamenti e gli interessi costituzionali di volta in volta coinvolti con il massimo scrupolo e con la massima attenzione, nella consapevolezza delle conseguenze di immane portata che si sarebbero prodotte nella vita dei singoli e per il futuro della nostra comunità.
Se oggi, a voi che siete in quest’Aula e ai cittadini che ci seguono da casa, posso parlare a testa alta, non è per l’arroganza di chi ritiene di non aver mai sbagliato, ma per la consapevolezza di chi, insieme a tutta la squadra di Governo, ha impegnato tutte le proprie energie fisiche e intellettive, per offrire la migliore protezione possibile alla comunità nazionale. (Applausi).
In tutti questi mesi si è levato un dibattito politico, anche di un certo spessore, riguardante il ruolo della politica, su cui ci siamo tutti interrogati. Ho già rilevato che, chiaramente, il dialogo tra politica e scienza è diventato particolarmente intenso e fitto, pressoché quotidiano. In realtà, mai come in questo periodo, la politica è stata chiamata ad assolvere alla sua più nobile missione, quella di operare scelte per il bene comune, alcune delle quali di portata tragica. È stata politica la scelta di tutelare in via prioritaria la salute – e questa è stata un’intuizione e una convinzione che si è subito radicata nel Governo – non solo in quanto diritto fondamentale della persona e interesse primario della collettività, ma anche nella consapevolezza che, solo tutelando quel bene primario, si potesse – e si può – preservare il tessuto produttivo del Paese.
Tutta politica, poi, è stata la scelta di destinare, anche ricorrendo a ripetuti e progressivi scostamenti di bilancio, ingenti risorse – più di 100 miliardi di euro, in termini di indebitamento netto – a sostegno di lavoratori, imprese, famiglie e categorie fragili, con ristori in qualche misura correlati rispetto alle perdite subite, anche se, come ho precisato ieri, non volevo e non intendo certo dire che questi ristori siano sufficienti a compensare integralmente le perdite subite. Sono questi gli interventi che ci hanno permesso di erigere una cintura di protezione sociale ed economica, che è stata apprezzata anche da illustri economisti, come il premio Nobel Paul Krugman.
Fortemente politica, ancora, è stata la determinazione con la quale il Governo, primo fra i Governi europei, ha promosso un’iniziativa e ha chiesto all’Unione europea di rispondere alla crisi in modo radicalmente diverso rispetto al passato e di farsi promotrice di politiche espansive, finanziate da strumenti di debito comune, orientate al raggiungimento di strategie condivise. Lo storico accordo sul programma Next generation EU, per il raggiungimento del quale l’Italia ha avuto un ruolo propulsivo e decisivo, spendendosi ad ogni livello e in ogni sede, formale e informale, non solo ci consente di disporre di 209 miliardi di euro, ma ha impresso alla politica europea una svolta irreversibile – questo è forse ancora più importante, in prospettiva – inaugurando un nuovo corso, suscettibile di mutare profondamente i paradigmi delle politiche economiche e il volto stesso dell’Unione europea. (Applausi). Di questa svolta discuteremo prossimamente, nell’ambito della Conferenza sul futuro dell’Europa. Non è questo l’esito, anch’esso eminentemente politico, della scelta europeista, che ha rappresentato una delle ragioni fondative di questa alleanza di Governo?
Ancora politica è stata la scelta di accompagnare le misure emergenziali con interventi strutturali, suscettibili, nel medio e nel lungo periodo, di generare effetti virtuosi. Anche nei momenti più complessi dell’emergenza sanitaria ed economica, infatti, non abbiamo mai rinunciato a porre le basi per il rilancio del Paese. Ricordo ad esempio che, già con la legge di bilancio per il 2020, il Governo ha introdotto il taglio del cuneo fiscale a beneficio dei lavoratori, che poi ha reso strutturale.
Pensate anche al taglio del superticket sanitario, ai bonus per gli asili nido, ai bonus edilizi, ai vari interventi per la sostenibilità ambientale e la rigenerazione urbana, e taccio le altre misure. Quindi, abbiamo subito raccolto la sfida di trasformare le difficoltà in opportunità.
Consapevoli delle deficienze strutturali del nostro Paese, abbiamo posto le basi per un deciso rilancio della crescita, realizzando un ambiente più favorevole agli investimenti privati, più propenso alla ricerca e all’innovazione, più attento alla costruzione e al rafforzamento delle competenze.
Se andiamo con la mente a tutti i decreti-legge emanati durante le prime fasi dell’emergenza sino all’ultima legge di bilancio, troveremo misure anche strutturali, che possono essere interpretate in questa prospettiva. Pensate ai 21 miliardi dal 2020-2026: risorse disponibili al fine di potenziare la rete di assistenza ospedaliera e territoriale, valorizzare il personale medico e infermieristico, assumere personale sanitario, investire nella formazione di medici e infermieri. Pensate alle misure per la scuola e l’università: abbiamo rafforzato ulteriormente gli interventi sugli organici, sulla digitalizzazione, gli investimenti nell’edilizia scolastica e universitaria, nella ricerca. Abbiamo ampliato la no-tax area per gli studenti universitari e per il personale scolastico e abbiamo già i primi risultati per quanto riguarda l’inversione (Applausi) nel numero di immatricolati nelle università meridionali; è un segnale importante: quel numero era sempre negativo, e ora è cresciuto del 6,7 per cento.
Dal prossimo luglio partirà una grande riforma: l’assegno unico mensile per ciascun figlio a carico fino a ventun anni di età, che coinvolgerà 12,5 milioni di bambini e ragazzi. È una misura che si colloca in una cornice più ampia di interventi, volti ad alleggerire la pressione economica sulle famiglie e a ridurre il carico di cura che grava in particolare sulle donne, stimolando anche l’occupazione femminile.
Abbiamo introdotto robusti incentivi per gli investimenti privati, privilegiando in particolare la transizione verde, il digitale, l’occupazione femminile, quella giovanile. (Applausi). Anche in quest’ottica si comprende il rafforzamento del pacchetto Transizione 4.0, con particolare attenzione agli investimenti in nuove tecnologie digitali; anche in quest’ottica va interpretato il super bonus al 110 per cento per l’efficientamento energetico e l’adeguamento antisismico degli edifici.
Abbiamo azzerato per tre anni i contributi per le assunzioni dei giovani sotto i trentacinque anni in tutta Italia; abbiamo introdotto una decontribuzione totale per l’assunzione delle lavoratrici donne.
Abbiamo introdotto e portato a regime – fino al 2029 – la fiscalità di vantaggio per tutte le imprese che operano nel Mezzogiorno – non siamo meridionalisti per vocazione intellettuale (Applausi) – per colmare il gap che non fa correre l’Italia, perché, come abbiamo sempre chiarito, se non corre il Mezzogiorno non può correre l’Italia. Abbiamo, quindi, introdotto un taglio ai contributi previdenziali del 30 per cento per i primi cinque anni.
Ancora, vorrei ricordare due misure per dare il senso di interventi che esprimono una visione per il Paese, volte a migliorare la competitività del nostro tessuto produttivo, fatto soprattutto di piccole e medie imprese; ma ovviamente anche le grandi imprese stentano in questo contesto di crisi. Mi riferisco al Fondo patrimonio PMI, gestito da Invitalia, che favorisce la capitalizzazione di piccole e medie imprese che investono sul proprio rilancio, e al Patrimonio Destinato, gestito da Cassa depositi e prestiti, che potrà contribuire non solo al sostegno, ma anche alla crescita delle imprese con fatturato superiore a 50 milioni di euro. Poi, anche in vista della grande sfida del recovery plan, abbiamo voluto ridefinire con chiarezza il quadro normativo a supporto degli investimenti, in particolare di quelli infrastrutturali.
Il decreto-legge semplificazioni è volto proprio a preparare l’ambiente giuridico più idoneo per dare la possibilità a queste nuove misure, a questi nuovi investimenti di poter essere implementati efficacemente. Abbiamo definito, infatti, un percorso accelerato per la realizzazione delle opere pubbliche; siamo intervenuti a ridefinire in modo molto accorto il regime di responsabilità della pubblica amministrazione, con particolare riguardo alla ridefinizione della responsabilità erariale, alla delimitazione del reato di abuso d’ufficio. Abbiamo, cioè, creato le premesse perché i funzionari e gli incaricati dei pubblici servizi possano operare in un quadro di maggiori certezze giuridiche, secondo logiche, quindi, di maggiore efficienza.
A questo riguardo, sento spesso sollevata l’obiezione (e devo dire il vero è successo anche ieri alla Camera) secondo cui, a distanza di alcuni mesi, le opere, pur ritenute prioritarie nel quadro del decreto semplificazioni, sarebbero ancora bloccate, perché mancherebbe la designazione dei relativi commissari. A parte che adesso la lista dei commissari c’è, ma non è così. Queste opere non sono mai state bloccate, perché è stato applicato l’articolo 2 del decreto semplificazioni, che attribuisce poteri speciali propri dei commissari ai RUP (i responsabili unici di progetto). Lo testimonia il fatto che, nel 2020, anche in questo contesto economico così difficile, gli appalti, soprattutto quelli di ANAS e RFI, sono cresciuti.
Siamo arrivati a un totale di 43,3 miliardi rispetto ai 39,4 del 2019. Non avremmo potuto realizzare tutto questo (che, ovviamente, è un piccolo florilegio delle misure introdotte) se non ci fosse stata condivisione, collaborazione e responsabilità in ciascuna forza politica: ciascuna forza politica. (Applausi).
Quando si soffre, quando il Paese soffre così tanto, il Paese è più unito. Il senso di comunità si è risvegliato e si è rafforzata anche l’unità del Governo. Si è elevato il tenore della nostra alleanza, si sono rafforzate le ragioni anche del nostro stare insieme. In questa prospettiva è stato fondamentale il senso di responsabilità dimostrato anche dalle forze politiche di opposizione che, pur nella differenziazione dei ruoli e delle posizioni politiche, hanno – avete – contribuito ad affrontare con responsabilità alcuni passaggi molto critici.
Penso, ad esempio, alle varie occasioni in cui avete votato lo scostamento di bilancio, avete avanzato proposte concrete e qualificanti, alcune delle quali sono state convintamente accolte e condivise dalla maggioranza. Grazie a questo dialogo con le opposizioni abbiamo potuto, tutti insieme, potenziare, in occasione dell’ultima legge di bilancio, ad esempio le misure di sostegno per i lavoratori autonomi, le partite IVA.
È proprio nei momenti più critici della storia di un Paese che dobbiamo ritrovare le ragioni alte della politica, quelle che ispirano le scelte più autentiche, le ragioni che muovono l’impegno di chi crede che la politica sia essenzialmente servizio alla comunità nazionale. La politica non come esercizio del potere o la politica quale gestione del contingente, ma la politica come pensiero e come azione orientati all’uomo, ai suoi bisogni e alle sue aspettative. (Applausi).
Dopo aver attraversato questo tornante della storia umana che alla nostra generazione è capitato di vivere, nulla sarà come prima. Il Governo deve essere all’altezza di questo elevato compito.
Purtroppo, però, al culmine di alcune settimane di attacchi mediatici molto aspri, a tratti anche scomposti, alcuni esponenti di Italia Viva hanno anticipato e poi confermato di volersi smarcare dal percorso comune. Ne è seguita – è cronaca recente – un’astensione dei Ministri di Italia Viva al momento dell’approvazione in Consiglio dei Ministri del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con la motivazione sostanziale, o comunque principale, che non contempla le risorse del MES (che tuttavia, come sapete tutti, è uno strumento di finanziamento che nulla ha a che vedere con le risorse del recovery fund).
Da ultimo, poi, lo scorso 13 gennaio è stata indetta una conferenza stampa nel corso della quale sono state annunciate e poi confermate per iscritto le dimissioni dei Ministri. Si è quindi aperta una crisi che oggi deve trovare, in questa sede istituzionale, il proprio chiarimento, secondo i principi di trasparenza del confronto e linearità di azione che hanno sin qui caratterizzato il mio mandato e che sono canoni essenziali di una democrazia parlamentare.
È una crisi che avviene in una fase cruciale per il nostro Paese, a pandemia ancora in corso, con tante famiglie che stanno ancora soffrendo la perdita dei propri cari.
Ho confessato ieri di avvertire un certo disagio (Commenti. Applausi), perché sono qui oggi non per illustrare e discutere con voi le misure di sostegno per i cittadini e le imprese, oppure la versione aggiornata del recovery plan, ma per provare a spiegare una crisi di cui immagino i cittadini – e io stesso – non ravvisino alcun plausibile fondamento.
Le nostre energie, che dovrebbero essere tutte sempre concentrate sulle risposte urgenti alla crisi che attanaglia il Paese, appaiono così, agli occhi dei cittadini, dissipate in contrappunti polemici, anche sterili, del tutto incomprensibili agli occhi dei medesimi cittadini che ogni giorno si misurano con la paura della malattia, lo spettro dell’impoverimento, il disagio sociale e psicologico e l’angoscia del futuro.
Ho detto anche ieri che con questa crisi tutta la classe politica rischia di perdere il contatto con la realtà. C’era davvero bisogno di aprire una crisi politica in questa fase? Ritengo di no. E infatti, i Ministri e gli alleati di Governo che hanno potuto seguire anche da vicino le vicende di queste ultime settimane sono testimoni del fatto che abbiamo compiuto ogni sforzo con la massima disponibilità per evitare che questa crisi potesse esplodere, nonostante le continue pretese, le critiche sempre più incalzanti e i continui rilanci concentrati spesso – e certo non casualmente – su temi palesemente divisivi rispetto alle varie sensibilità delle forze di maggioranza. (Applausi).
Di qui, poi, le accuse rivolte a tutto il Governo – ma anche, in particolare, al mio ruolo – a un tempo di immobilismo e di correre troppo, di accentrare i poteri e di non avere la capacità di decidere. Vi assicuro che è molto complicato governare in queste condizioni, con chi continuamente dissemina mine sul percorso comune e mira a logorare un equilibrio politico pazientemente raggiunto dalle forze di maggioranza. (Applausi).
Questa è una crisi che ha aperto una ferita profonda all’interno della compagine di Governo e tra le forze di maggioranza, ma ha provocato anche sgomento nel Paese; è una crisi che rischia anche di produrre danni alla nostra immagine e che ha attirato l’attenzione dei media internazionali e delle cancellerie straniere.
Arrivati quindi a questo punto, non si può cancellare quel che è accaduto o pensare di poter recuperare quel clima di fiducia (Applausi) e quel senso di affidamento che sono fondamentali e imprescindibili per poter lavorare tutti insieme nell’interesse del Paese.
Adesso bisogna quindi voltare pagina. Questo Paese merita un Governo coeso, dedito a tempo pieno a lavorare esclusivamente per il benessere dei cittadini (Applausi), per favorire una pronta ripartenza della nostra vita sociale e una incisiva ripresa della nostra economia. I compiti che attendono il Governo sono molteplici, tutti urgenti. Innanzitutto bisogna continuare a lavorare tutti insieme per mettere in sicurezza il Paese e portarlo fuori da questa pandemia; il piano dei vaccini – non vi sfugge – sta procedendo speditamente: siamo i primi in Europa, ma dobbiamo continuare a lavorare con la massima determinazione, in attesa che si rendano disponibili nuovi vaccini e di poter poi sperimentare – speriamo quanto prima – le nuove terapie degli anticorpi monoclonali. Tra le altre cose, nei prossimi mesi sarà importante rafforzare la politica di testing, anche dando seguito all’ultima risoluzione approvata dal Senato.
In secondo luogo, dobbiamo poi assolutamente completare il recovery plan con urgenza. Abbiamo inviato al Parlamento il documento aggiornato in virtù del contributo di tutte le forze di maggioranza, che ringrazio per questo miglioramento, e adesso restiamo in attesa di ricevere le preziose indicazioni che saranno contenute nelle risoluzioni del Parlamento.
Vorrei anche approfittare di questa occasione per rivolgere un pensiero di ringraziamento a nome del Governo a tutte le associazioni che rappresentano le categorie produttive, al sindacato italiano. Durante questa pandemia, tutte queste associazioni stanno offrendo un contributo indispensabile a rendere i nostri interventi ancora più efficaci e ho dato anche atto che stanno contribuendo a una funzione importantissima di questi tempi: la tenuta sociale del Paese. Peraltro, con i protocolli di sicurezza insieme al CTS, da ultimo con la disponibilità a collaborare per velocizzare la somministrazione vaccini, tutte le associazioni hanno posto le premesse perché tutela della salute, sicurezza nei luoghi di lavoro e ripresa economica possano marciare all’unisono. Anch’esse saranno coinvolte in questo processo, immagino da voi in audizione e anche dal Governo, perché illustreremo anche a loro questa nuova versione aggiornata del recovery plan; ci aspettiamo anche da loro un contributo.
Tengo poi a sottolineare che, una volta ricevute le preziose indicazioni del Parlamento contenute nelle risoluzioni, lavoreremo alla versione definitiva del recovery plan e lo riporteremo in Parlamento per l’approvazione definitiva, quindi ci sarà ampia possibilità di interloquire e di raccogliere tutte le vostre indicazioni. (Applausi). Attenzione, però: perché questo sforzo collettivo possa produrre i suoi effetti – e non dobbiamo abbassare la soglia di attenzione, perché per il nostro Paese è uno sforzo non da poco – dovremo anche accompagnare il piano con un provvedimento normativo contenente percorsi procedurali in grado di superare ostacoli burocratici e di assicurare tempi celeri e certi alla realizzazione degli investimenti e del piano di riforme. Insomma, dovremo rinforzare quei presidi che ci consentono di rispettare i tempi e di monitorare attentamente l’esecuzione dei lavori.
Dobbiamo lavorare con urgenza nei prossimi giorni, già da domani, per varare il nuovo decreto-legge ristori. Il Parlamento sarà chiamato a pronunciarsi sulla nuova richiesta di scostamento che, come sapete, si è resa necessaria in ragione anche dell’attuale evoluzione della curva epidemiologica, che prefigura nuove restrizioni per le attività economiche. La somma che troverete indicata nella nostra relazione è molto consistente: 32 miliardi di euro di indebitamento netto. Sono risorse di tutti, dei cittadini.
Dobbiamo programmare le misure con la massima oculatezza, per offrire un’ulteriore cintura di protezione sociale, economica e di rilancio per il Paese e ovviamente, tra queste somme – lo dico anticipatamente – dobbiamo accantonare riserve necessarie ad attivare gli ammortizzatori sociali per tutto il 2021.
L’Italia ha bisogno di una serie di interventi e riforme in campo economico e sociale che prevedono un rinnovato impegno del Governo da ora fino alla fine della legislatura. Non voglio entrare nel dettaglio per non tediarvi, però bisognerà intervenire per il lavoro; dobbiamo completare la razionalizzazione del sistema degli ammortizzatori sociali, una grande e impegnativa riforma complessiva; dobbiamo offrire solide proposte di politiche attive del lavoro. Marzo è già domani e sapete che la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti valgono fino alla fine di quel mese.
Dobbiamo ancora rafforzare la salute e gli interventi in materia, su cui non mi soffermo; ancora dobbiamo lavorare per l’istruzione, la ricerca, la rivoluzione verde, la sostenibilità ambientale e la tutela del territorio; dobbiamo accelerare la decarbonizzazione della produzione di energia elettrica; dobbiamo promuovere il rinnovo del parco rotabile pubblico e dei mezzi di trasporto privati e commerciali, nonché rafforzare la rete idrica, la messa in sicurezza del territorio, la rigenerazione urbana e tanti altri capitoli.
La politica industriale meriterebbe una digressione, ma semplifico: dobbiamo continuare, in questo periodo di recessione, a proteggere e presidiare gli investimenti più strategici del Paese; dobbiamo favorire una strategia industriale volta a rilanciare la competitività del sistema produttivo, finalizzata a generare un cambiamento strutturale verso attività economiche ad alto valore aggiunto; dobbiamo evitare di concentrare gli interventi secondo una logica agevole e accessibile degli incentivi, che rischiano però di essere distribuiti in modo indiscriminato, senza apportare adeguato valore aggiunto.
Dobbiamo rafforzare le politiche di intervento sulla base delle filiere produttive, che sono la nostra forza. Penso, ad esempio, al turismo, all’automotive, all’agro industriale e ad altre ancora. Dobbiamo favorire il partenariato pubblico e privato; dobbiamo rafforzare, in una prospettiva di economia sociale, anche le attività del terzo settore e l’intervento degli enti non profit, in modo da calibrarli meglio sui bisogni sociali che restano ancora non pienamente soddisfatti. Penso ai servizi abitativi, per l’infanzia e le famiglie e a quelli di cura a beneficio delle vulnerabilità e degli anziani.
Grande e costante attenzione continueremo a riporre alle persone con disabilità, alle fasce della popolazione più fragili e alle loro famiglie. (Applausi). Dobbiamo rafforzare le politiche per la vita autosufficiente, lavorare e finalmente riconoscere – ci sono già iniziative in Parlamento – la figura del caregiver. (Applausi). Sono tutti strumenti e iniziative utili a rafforzare l’inclusione sociale.
Ci sono poi le politiche di genere e l’empowerment femminile. (Applausi). Dobbiamo contrastare i divari di genere, promuovendo azioni volte a incrementare l’occupazione femminile, livellare i gap salariali, liberare le donne dagli squilibri dei carichi di cura, rafforzare il sostegno delle donne vittime di violenza, imprimere una svolta nei paradigmi culturali ed educativi per quanto riguarda la questione di genere e favorire una più trasversale e integrata partecipazione delle donne all’interno della società.
Un grande capitolo sarà la riforma fiscale. In merito è già stata avviata una discussione: c’è un concreto progetto di riforma e dobbiamo pervenire a questo per razionalizzare il quadro esistente, essenziale anche per ricostruire a pieno la fiducia tra cittadini, imprese e istituzioni, nonché per orientare il nostro sistema fiscale alla competitività e alla crescita sostenibile.
Dobbiamo proseguire nel percorso della digitalizzazione del Paese; abbiamo fatto grandi passi in avanti. Nel settembre 2019 SPID (il Sistema pubblico di identità digitale) era conosciuta ed era stata attivata solo da 4 milioni di cittadini; adesso siamo a 16 milioni. (Applausi). L’app IO, che consente di avere i servizi digitalizzati con la pubblica amministrazione (quindi stando comodamente a casa), non esisteva nel settembre 2019; siamo adesso a 9.365.000 cittadini. (Applausi). Il nostro obiettivo è ridurre queste varie diseguaglianze, anche per tendere all’uguaglianza dei punti di partenza: tra di esse, oltre a quelle di genere (già menzionate), territoriali e generazionali, vi è un grande fattore di diseguaglianza, il digital divide tra chi ha la possibilità o meno di accedere agli strumenti infotelematici. Dobbiamo lavorare in questa direzione.
Su cultura e turismo c’è tanto da fare: sono tra i settori più in sofferenza e più colpiti da questa pandemia. Dobbiamo valorizzare i principali asset culturali del Paese e lavorare per formare il personale e rafforzare l’offerta turistica, anche attraverso l’attrazione di nuovi investimenti. Ieri alla Camera abbiamo applaudito tutti alla notizia di Procida, “L’isola di Arturo”: è la nuova capitale italiana della cultura del 2022. (Applausi).
Su tutti questi temi, sui quali ho chiaramente operato una sintesi, c’è la possibilità per le forze parlamentari di giungere a una convergenza di concrete proposte riformatrici sulle quali orientare l’azione futura di Governo per il rilancio del Paese. Lavoreremo nei prossimi mesi per realizzare queste riforme e questi interventi e per consentire all’Italia di percorrere un sentiero di crescita, con l’obiettivo di ridurre le diseguaglianze esistenti e di accrescere la concorrenza, contrastando anche le rendite di posizione. Lavoreremo su questo e in questa direzione.
Occorre poi dedicare un particolare impegno per proseguire convintamente il percorso delle riforme istituzionali, precondizione essenziale per modernizzare il Paese e avere una maggiore funzionalità delle sue istituzioni, tanto più a seguito della storica riforma costituzionale che ha determinato una riduzione consistente del numero dei parlamentari, approvata dalla decisa maggioranza dei cittadini in sede di referendum confermativo. Ieri ho annunciato alla Camera, in materia di legge elettorale, l’impegno del Governo, ovviamente rispettando le autonome determinazioni delle forze parlamentari, a promuovere e contribuire a pervenire a una riforma elettorale, per quanto di competenza, di impianto proporzionale, quanto più possibile condivisa (perché si tratta di una legge di sistema), che possa coniugare efficacemente le ragioni del pluralismo e della rappresentanza con l’esigenza, pur ineludibile, di assicurare una complessiva stabilità al sistema politico.
Vorrei chiarire questo punto, perché leggo interpretazioni maliziose, per così dire. Negli anni passati abbiamo vissuto una frantumazione della rappresentanza. Il quadro delle forze politiche si è venuto differenziando e sono emersi nuovi processi, che si sono affermati in modo completamente nuovo e anche prorompente. Se vogliamo ricomporre questo quadro, non è possibile farlo con una legge elettorale che costringa in uno stesso involucro sensibilità pur così diverse. Questo artificio condurrebbe all’instabilità e alla precarietà politica e non stabilizzerebbe il quadro.
Piuttosto mi appare urgente offrire e contribuire a perseguire, per quanto di ragione, uno strumento che possa dispiegare appieno anche la sua capacità di favorire la rappresentanza democratica di tutte le differenze che sono sul campo, in modo che le varie forze politiche possano esprimere tutte le loro potenzialità, recuperino anche dall’astensionismo i cittadini sfiduciati e definiscano il loro profilo certo e credibile. Ovviamente queste forze politiche, per governare, saranno chiamate a definire accordi programmatici di alto profilo e di forte contenuto ideale, in modo da generare Governi fondati su programmi chiari e in grado di offrire una prospettiva solida e feconda a tutti i cittadini.
Alla modifica del sistema elettorale potranno essere efficacemente affiancate anche alcune innovazioni nel sistema istituzionale, tanto più necessarie alla luce dell’avvenuta riduzione del numero dei parlamentari, in coerenza peraltro con gli indirizzi già condivisi dai Gruppi parlamentari di maggioranza nell’accordo raggiunto nell’ottobre 2019.
Occorre poi introdurre alcuni correttivi alla forma di governo, ispirati al modello di un parlamentarismo razionalizzato che garantisca una più sicura stabilità all’Esecutivo e, al contempo, restituisca al Parlamento un ruolo centrale nella definizione dell’indirizzo politico nazionale.
Per quanto attiene in particolare al procedimento legislativo, potranno essere introdotte alcune previsioni volte a razionalizzare l’iter di approvazione delle leggi, anche allo scopo di ridurre il ricorso alla decretazione d’urgenza, che peraltro proprio in quest’ultimo anno, in ragione della pandemia, ha ancor più sensibilmente accresciuto o condizionato l’attività parlamentare.
L’esperienza della pandemia impone una pacata, attenta e meditata riflessione riguardante la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione. (Applausi). Lavoriamo e meditiamo tutti insieme sull’attuale riparto delle competenze legislative di Stato e Regioni, come pure per l’individuazione di meccanismi e istituti che consentano di coordinare più efficacemente il rapporto tra i diversi livelli di governo.
In questo contesto, occorre garantire e tutelare con la massima intensità anche le autonomie speciali e le minoranze linguistiche. (Applausi). L’interesse nazionale – attenzione, lo sottolineo – è più che mai connesso, nel solco della nostra migliore tradizione storica e costituzionale, a un sistema che valorizzi, nel quadro dell’unità della Repubblica, le specifiche esigenze economiche e sociali delle diverse realtà territoriali, alcune delle quali, per ragioni geografiche e per specificità linguistiche e culturali, indubbiamente meritano tutta la nostra attenzione e tutta la nostra cura.
Sul piano internazionale l’Italia si è mossa in piena coerenza con i tradizionali pilastri della propria politica estera, a partire dall’appartenenza all’Unione europea e all’Alleanza atlantica, insieme alle quali abbiamo svolto un’azione di impulso e di mediazione all’altezza del nostro ruolo… (Commenti).
PRESIDENTE. Per cortesia, colleghi, sta parlando il Presidente del Consiglio.
CONTE, presidente del Consiglio dei ministri e ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Dicevo che insieme ad esse abbiamo svolto un’azione di impulso e di mediazione all’altezza del nostro ruolo di Paese fondatore, quale autorevole membro dell’Unione europea, funzione che è stata pienamente recuperata, se mi concedete, in questo tratto di legislatura.
Abbiamo la possibilità di offrire anche un importante contributo a un’utile azione di raccordo fra i principali attori internazionali, a partire ovviamente dagli Stati Uniti, che sono il nostro principale alleato, fondamentale partner strategico. Guardiamo con grande attenzione alla presidenza Biden, con la quale inizieremo a lavorare subito in vista anche della nostra Presidenza del G20. Abbiamo una fitta agenda in comune, che spazia da un multilateralismo che vogliamo entrambi efficace ai cambiamenti climatici, alla transizione verde e digitale e all’inclusione sociale.
Con gli Stati Uniti e con gli altri partner dell’Unione europea ci adopereremo anche al fine di avere rapporti con la Cina, player di rilievo globale, che siano coerentemente ancorati al nostro sistema di valori e di principi.
È appena iniziata la Presidenza italiana del G20 (l’ho già menzionata); in quella sede avremo la possibilità di indirizzare l’agenda globale sulle priorità che abbiamo già anticipato e che ruotano attorno alla triade persona-pianeta-prosperità. Come ho già ricordato in diverse occasioni, poniamo al centro dell’attenzione dei leader del mondo, tra gli altri temi, anche quelli l’empowerment femminile, l’Africa e il digital divide.
Quest’anno avremo anche la responsabilità di condividere con il Regno Unito l’organizzazione della COP26. A Milano si terranno due eventi veramente molto importanti in questa direzione: uno è la pre-COP e l’altro è il Youth4Climate. Per la prima volta parteciperanno centinaia e centinaia di giovani, che saranno direttamente coinvolti nell’evento più importante in materia di cambiamenti climatici e tutela dell’ambiente. (Applausi).
Ugualmente forte e coerente è stata e sarà la nostra azione sul piano regionale, anch’essa in linea con il nostro interesse consolidato alla stabilizzazione e allo sviluppo del Mediterraneo, con particolare riguardo a una soluzione politica della crisi della Libia, nel pieno rispetto della sua sovranità, e al processo di integrazione dei Balcani occidentali, nella convinzione di un destino legato alla loro appartenenza alla famiglia europea.
Specifico rilievo abbiamo riservato, infine, a un’intensa azione di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese e del nostro sistema economico generale, attraverso un impegno collettivo del Governo, ma in particolare della Farnesina. Abbiamo inoltre il privilegio di ospitare un altro evento significativo, il Global health summit, il prossimo 21 maggio a Roma. Si tratta di un evento che ci consentirà di rimarcare solennemente, davanti a tutti i leader, la rilevanza di un coordinamento globale degli sforzi per affrontare malattie e pandemie, per garantire la più efficace tutela della salute.
Ovviamente ci accingiamo a dare il nostro contributo forte, chiaro, programmatico e strategico in vista dell’imminente Conferenza sul futuro dell’Europa; essa ci offrirà l’occasione di dare un nuovo impulso all’evoluzione della nostra casa comune europea.
Come potete vedere, è un calendario fitto di impegni, di alta densità e anche di alto rilievo politico: non possiamo farci trovare impreparati o distratti. Siamo tutti chiamati a compiere, ciascuno per il proprio ruolo, uno sforzo collettivo per essere all’altezza di tutte queste sfide. È per questo che il Governo ha bisogno della massima coesione possibile e del più ampio consenso in Parlamento. Per fare tutto questo servono un Governo e forze parlamentari volenterosi e consapevoli delle difficoltà che stiamo attraversando e della delicatezza dei compiti; servono persone disponibili a riconoscere l’importanza della politica.
Nella parte iniziale del mio intervento ho rivendicato il carattere politico delle scelte operate e delle decisioni assunte. La politica è la più nobile tra le arti e tra i saperi, perché, se declinata nel giusto spirito e indirizzata sempre e comunque al benessere dei cittadini e al miglioramento della qualità di vita, diventa uno strumento molto efficace anche per comporre i conflitti della società, per riconoscere e far convivere le differenze e per interpretare le istanze, anche quelle più diverse e distanti. Quando la politica si eclissa, queste istanze finiscono per restare ai margini, con il rischio che rimangano afone e quindi inascoltate o, peggio, che si traducano in rabbia e sfocino nello scontro violento.
Abbiamo l’urgenza di fare politica, tanto più in questo contesto di diffuse privazioni e di profonda sofferenza, perché solo la politica ci offre la possibilità di interpretare il malessere della società, impedendo che esploda in contrapposizioni distruttive.
La politica può contribuire a rendere questo malessere un elemento addirittura produttivo e positivo, fattore di avanzamento della Nazione.
Spetta a noi, quindi, promuovere e contribuire a mettere in forma politica le contraddizioni, le aspirazioni, i bisogni e la volontà da parte di tutti di esprimere le proprie potenzialità. Penso innanzitutto ai lavoratori e a tutte le forze produttive, che sono le componenti decisive da incoraggiare e promuovere per il futuro della Repubblica.
Questo Governo intende perseguire un progetto politico chiaro e preciso, che mira a modernizzare il Paese, migliorando le sue infrastrutture materiali e immateriali, compiendo la transizione energetica e digitale e potenziando l’inclusione sociale, il tutto nel segno dello sviluppo sostenibile: sarà la nostra stella polare. (Applausi). Chi ha idee, progetti, volontà di farsi costruttore, insieme a noi, di questa alleanza votata a perseguire lo sviluppo sostenibile sappia che questo è il momento giusto per contribuire a tale prospettiva.
Questa alleanza sarà chiamata a esprimere un’imprescindibile vocazione europeista; ne potranno far parte solo le forze politiche disponibili a operare tale chiara scelta di campo contro le derive nazionaliste e le aspirazioni sovraniste. (Applausi). Quest’alleanza esiste già, perché c’è già una base solida di dialogo, alimentata dal MoVimento 5 Stelle, dal Partito Democratico, da Liberi e Uguali, che sta dimostrando la saldezza del suo ancoraggio e l’ampiezza del suo respiro proprio in occasione della temperie generata dall’attuale crisi.
Sarebbe un arricchimento per questa alleanza – voglio affermarlo molto chiaramente – poter acquisire anche il contributo politico di formazioni che storicamente si collocano nel solco delle migliori tradizioni europeiste, e penso a quella liberale, popolare e socialista. (Applausi. Commenti). Attenzione, però: chiediamo un appoggio limpido e trasparente, che si fondi sulla convinta adesione a un progetto politico.
Certo, i numeri sono importanti, oggi ancora di più. Questo è un passaggio fondamentale nella vita istituzionale del nostro Paese. (Applausi. Commenti). I numeri sono importanti, lo ribadisco, oggi in modo particolare, ma ancor più lo è la qualità del progetto politico (Applausi. Commenti) e noi chiediamo a tutte le forze politiche e anche ai parlamentari che hanno a cuore il destino dell’Italia di aiutarci a ripartire con la massima celerità e a rimarginare al più presto la ferita che la crisi ha prodotto nel patto di fiducia instaurato con i cittadini. (Applausi).
Perché parlo di patto di fiducia con i cittadini?
La fiducia tra le istituzioni e i cittadini deve essere reciproca, un moto perpetuo, e deve svilupparsi in una relazione biunivoca. Abbiamo chiesto e ancora stiamo chiedendo ai cittadini tanti sacrifici, grandi e piccoli, perché – lo abbiamo detto e ne siamo tutti convinti – sono necessari a superare la pandemia e i cittadini hanno offerto una grande risposta, di grande responsabilità, che ha dimostrato la grandezza e la resilienza della nostra Nazione, rispettando le regole e accettando di fare i sacrifici richiesti, e hanno dimostrato di riporre anche grande fiducia nelle istituzioni.
Ecco, con il voto di oggi confido che anche le istituzioni sappiano ripagare la fiducia dei cittadini, in modo da porsi alle spalle il più rapidamente possibile il grave gesto di irresponsabilità (Applausi) che ci ha precipitati in questa condizione di oggettiva incertezza. Alle forze di maggioranza che sostengono questo Governo voglio preannunciare, peraltro, che nei prossimi giorni chiederò loro di completare il confronto che avevamo già avviato per definire un patto di fine legislatura e concordare insieme, in un clima di piena lealtà e di piena fiducia, le condizioni e le forme più utili per rafforzare anche la squadra di Governo.
Per parte mia, ieri ho già preannunciato che, viste le nuove sfide che mi attendono e gli impegni anche internazionali, che quest’anno sono fittissimi e pressanti, non intendo mantenere, se non per lo stretto necessario, la delega all’agricoltura e mi avvarrò anche della facoltà, che la legge mi accorda, di designare un’autorità delegata di mia fiducia che possa seguire l’operato quotidiano delle donne e degli uomini del comparto di intelligence.
Su questo rivolgo a tutti l’invito, che ho rivolto già ieri ai parlamentari della Camera, a evitare polemiche strumentali che coinvolgono, anche solo indirettamente, le donne e gli uomini del comparto di intelligence. (Applausi). Siete tutti parlamentari: se avete dubbi e perplessità – legittimi, in democrazia – vi invito, anzi, ad assumere l’iniziativa, ma avete due possibilità: la prima, se la regolamentazione attuale non vi soddisfa, è il percorso normativo, con un iter per eventuali modifiche; la seconda, se avete perplessità sui profili gestionali, è il Copasir (quindi rivolgetevi ai vostri colleghi di quella sede, che hanno l’obbligo di vigilare e controllare). (Applausi).
Da parte mia, assicuro la massima disponibilità e l’impegno a guidare, con il contributo di tutti, questa fase così decisiva per il rinnovamento del Paese. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo messaggio di fine anno al Paese, ha detto: «La fiducia di cui abbiamo bisogno si costruisce così, tenendo connesse le responsabilità delle istituzioni con i sentimenti delle persone». Se il Parlamento vorrà accordare la fiducia al Governo, garantisco a voi tutti e a tutti i cittadini che non solo continueremo a impiegare tutte le nostre energie fisiche e intellettive per assolvere al nostro compito, ma ci aggiungeremo anche, come sempre, il nostro cuore, perché la politica, senza quel sentimento di reale condivisione che i greci chiamavano sympátheia, rimane una disciplina senz’anima. Dobbiamo costruire un nuovo vincolo politico, rivolto alle forze parlamentari che hanno sostenuto con lealtà il Governo, aperto a tutti coloro che hanno a cuore il destino dell’Italia. Io sono disposto a fare la mia parte. Viva l’Italia! (Applausi. Commenti).
PRESIDENTE. Avverto che le proposte di risoluzione dovranno essere presentate entro la conclusione del dibattito.
Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
È iscritto a parlare il senatore Casini. Ne ha facoltà. (Brusio).
Per cortesia, nessun assembramento. State tutti seduti. Non parlate fuori dal microfono e state seduti. Il senatore Casini deve poter parlare. (Commenti).
Per cortesia, non si riesce a individuare chi sta fischiando sotto le mascherine. Abbiate la cortesia di stare seduti e di ascoltare, perché siamo in discussione.
CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente del Consiglio, senatori e senatrici colleghi, anzitutto vorrei, nell’annunciare il mio voto favorevole al Governo, esprimere il rispetto per lei, signor Presidente, per i Ministri e per tutti i componenti dell’Esecutivo per gli sforzi, che io definisco onesti e leali, che avete messo in campo nell’affrontare la pandemia. Credo che abbiate fatto un buon lavoro, soprattutto nella prima fase. E credo comunque che le sue parole siano state di verità, ammettendo che alcune cose probabilmente potevano essere fatte in modo diverso e migliore, ma questo è stato ciò che avete potuto fare. Credo che nessuno – come hanno dimostrato gli altri Governi nel mondo – possa avere il pregio dell’infallibilità davanti a una vicenda drammatica come questa.
Signor Presidente, dopo le mie prime parole e dopo l’annuncio del mio voto di fiducia, queste rimarranno per lei le considerazioni più gradevoli del mio intervento, perché sono molto preoccupato e ho il dovere di esprimere la mia preoccupazione in questa sede del Senato della Repubblica. Sono preoccupato perché non condivido in alcun modo il trionfalismo di chi si accontenta del pallottoliere e dimentica le ragioni della politica. Questa crisi è stata aperta da Italia Viva: riportiamo le cose nella giusta dimensione. Non mi piace sentir parlare di alcuni esponenti di Italia Viva; per me Italia Viva ha un segretario ed è un partito. (Applausi). A questo partito si deve rispetto. La mia valutazione è che questa crisi sia stata aperta in modo sbagliato e frettoloso, ma – devo aggiungere – non inaspettato, se è vero – come lei ha ricordato in quest’Aula – che da mesi erano evidenti le ragioni del dissenso all’interno del Governo.
Si è traccheggiato, si è ritardato, ci si è dilungati su una crisi che andava affrontata con risolutezza e oggi tutto è coperto dalla soddisfazione di fondo di un anti-renzismo, che diventa una specie di ordalia, di autocompiacimento.
Credo che il problema, per noi che sosteniamo il Governo, sia diverso ed è quello di capire se, da questa crisi politica, il Governo esce più forte o più debole, perché già le difficoltà nel rapporto col Paese sono immense. Non so se prenderemo 161 voti, 158 o 150, ma voglio dire che – al di là della maggioranza, che va presa – non mi interessa sapere se abbiamo due voti in più o due voti in meno, perché il problema sono i sentimenti del Paese. C’è la necessità, che ho richiamato da mesi, che il Governo allarghi la base di condivisione e non la restringa. Addirittura abbiamo posto questo problema nel rapporto con l’opposizione. Il Governo rischia di uscire da questa vicenda con i numeri indeboliti e con una ricerca affannosa di qualche responsabile. Apro e chiudo parentesi: la politica ha degli elementi di tragedia, come abbiamo visto nella vicenda Covid, ma anche di umorismo. Ricordo che si parlava di voltagabbana, di trasformisti e di delinquenti o quasi, quando Berlusconi raccattava i responsabili, ma oggi sono diventati tutti santi. (Applausi. Commenti).
Scusate, colleghi. Su questo punto vi risparmio le citazioni, che ho qui con me, anche di alcuni colleghi che siedono ai banchi del Governo. Credo sia meglio che mi lasciate parlare, senza che io vada a prendere le citazioni. Credo alla serietà dei parlamentari e anche ai loro propositi costruttivi, ma quello che denuncio è il doppiopesismo: se le cose prima valevano in un modo, oggi devono valere allo stesso modo e viceversa. Credo che tutti voi, che siete persone responsabili – mi rivolgo soprattutto a chi sostiene questo Governo col voto, che è l’atto che conta – capiate perfettamente che un conto è avere una formazione politica costituente di un patto, su cui si è formato il Governo; altro conto è avere un insieme di parlamentari rispettabilissimi che, per ragioni loro, anche di convinzione profonda, vengono a sostenere il Governo.
Il tema è che sono stati posti i problemi in modo strumentale? Colleghi, ho qui delle dichiarazioni, che – queste sì – vorrei leggere. Ci sono le dichiarazioni del segretario del PD: «Si va avanti se il Governo fa le cose. Se si ferma la bicicletta cade» e «Da mesi (…) sollecitiamo una ripartenza della nostra coalizione, che (…) deve saper affrontare (…) con maggiore solidità la ricostruzione dell’Italia». Era il 6 gennaio. Quanto alle forze sociali ed economiche, cito Landini: «Le organizzazioni sindacali non hanno avuto la possibilità di dialogare sulla strategia», e sulla prima bozza del recovery plan, dice che era «pessima e inadeguata». Cito anche Bonomi, presidente di Confindustria, per cui: «Nessuno parla più della realtà, ma la realtà bussa alla porta e presenta il conto»; «Il Governo è molto chiuso su se stesso» e non ha visione. Quanto ai principali esponenti della comunità finanziaria, invito i colleghi a leggere l’intervista di ieri a Bini Smaghi, perché non voglio continuare con le citazioni. (Applausi).
Colleghi, saluto la senatrice Segre, appena arrivata. (Vivi, prolungati applausi. L’Assemblea e i membri del Governo si levano in piedi).
Mi avvio alla conclusione, perché il discorso è molto breve.
Voglio dirle, Presidente, che lei ha dimostrato, in tutte le vicende, una sua solidità. Devo dire che ha dimostrato anche una sua capacità: oggi ha citato Biden, ma ha collaborato bene con Trump; il primo Governo Conte è iniziato con Salvini, e nessuno avrebbe mai detto che ci sarebbe stato un Governo Conte bis con il PD. Bene. Non parli, allora, di cose incancellabili. Come la sua esperienza dimostra, di incancellabile non c’è niente. Allora, la invito a fare uno sforzo. E questo è quanto le dico nel consegnarle il mio voto favorevole. Dopodiché, naturalmente, lei può respingere al mittente le mie valutazioni, ma io mi sento in dovere di farle. Recuperiamo un cammino comune con chi ha fatto prevalere ragioni divisive, perché oggi saremo forse anche soddisfatti del pallottoliere, ma domani rimarranno le macerie di un rapporto con il Paese che sarà ancora più difficile da ricostruire.
Lei ha parlato contro il sovranismo. Condivido: io sono europeista e il mio sovranismo è quello europeo. Guardate che, quando ci sono le ragioni di una ricostruzione, che deve partire anche da un’autocritica dei colleghi di Italia Viva; quando andiamo avanti zoppicando, e magari appellandoci ai numeri, avremo fatto alle forze sovraniste italiane il più grande favore che si possano mai aspettare, perché il nostro rapporto col Paese sarà ulteriormente indebolito. Già le difficoltà sono tante.
Credo che lei sia chiamato, e mi rendo conto che può anche essere difficile. Colleghi, nella mia attività politica – guardo il mio amico Dario Franceschini con il quale, fin dai tempi del movimento giovanile, abbiamo condiviso tante cose – ho però imparato due verità: le cose fatte in fretta sono… (Il microfono si disattiva automaticamente) e, quando in politica si fa prevalere il risentimento, le scelte che si producono sono sempre dannose, in particolare per chi le fa.
Chiedo a tutti i protagonisti della politica – lo faccio da senatore semplice, che non ha alcun ruolo, salvo la propria esperienza – di recuperare il filo comune, passata la giornata di oggi, dove peraltro il voto di astensione di Italia Viva consente in ogni caso di avere una relativa tranquillità. Riannodiamo – chi ha più intelligenza la adoperi, come si dice in questo caso – e cerchiamo di andare avanti assieme, recuperando – come diceva il suo illustre e mai dimenticato corregionale Aldo Moro – le ragioni del comune percorso. Meglio sbagliare assieme che avere ragione da soli.
Credo che a questa lezione di un grande statista democratico cristiano ci sarebbe veramente bisogno di attingere oggi. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Monti. Ne ha facoltà.
MONTI (Misto). Signor Presidente, colleghi senatori, signor Presidente del Consiglio, la fiducia che lei chiede al Parlamento – oggi al Senato – è una richiesta di fiducia particolare. Se oggi il Senato le concede la fiducia, le conferisce un onore, ma soprattutto una responsabilità eccezionale, pesantissima per lei e per noi: quella di fare di lei, persona certamente qualificata, ma la cui esistenza non era nota quando questa legislatura è nata, probabilmente il terzo uomo di Stato – dopo due figure molto rilevanti, e molto diverse tra loro, Alcide De Gasperi e Silvio Berlusconi – a essere stato Presidente del Consiglio dei ministri per un’intera legislatura di cinque anni.
Questo è uno scenario che oggi, con la fiducia, diventerebbe possibile. Questo è sicuramente un suo merito, ma è anche una grande responsabilità, perché quasi nessuno avrà avuto la possibilità, che lei sta avendo, di cambiare il Paese. Infatti, lei parla esplicitamente di patto di legislatura e invita a collaborare con lei, a sostenerla e a sostenere il suo Governo chi ha a cuore l’Italia. Chi ha cuore l’Italia ci aiuti: lei ha detto più volte. A me sembra un appello onesto, importante e molto responsabile.
Ma cosa vuol dire avere a cuore l’Italia? Vuol dire avere a cuore il voto degli italiani alle prossime elezioni o vuol dire avere a cuore il futuro degli italiani e il futuro dei figli degli italiani? Sappiamo bene che c’è spesso un netto contrasto tra le due prospettive. Lei – secondo me – avrà un compito estremamente impegnativo, come l’ha avuto finora, ma ancora di più in questo disegno che comincia a diventare storico.
Avrà il dovere di aiutare il Paese a rendersi conto della realtà; non di aiutarlo a deluderla in una fiera delle ipocrisie, come ascoltiamo spesso nelle aule parlamentari e spessissimo nel dibattito politico. Vengono pronunciate cose che il pronunciante sa essere infondate o, se applicate, deleterie per il Paese, ma forse utili ad avere il voto la prossima volta. Ecco, è il linguaggio della verità, verso il quale lei ha anche un debito, perché provvedimenti come quota 100 o come il reddito di cittadinanza recano la sua firma.
Io ho fatto un test, anche negli ultimi due giorni. Domenica in un articolo ho indicato, per trasparenza, a quali criteri mi sarei attenuto oggi, ascoltate le sue comunicazioni, nel decidere della mia fiducia. Un punto per me fondamentale – come lo è diventato anche per lei – è un forte ancoraggio alla scelta di campo europeista.
Oggi lei ha detto una cosa importante, che non mi pare abbia detto ieri alla Camera: ancoraggio europeista in modo da realizzare, ancor più appieno, l’interesse nazionale. Questa è la cosa da spiegare a chi non ha ancora superato del tutto il sovranismo, perché è in questo modo che l’Italia realizza appieno il suo interesse nazionale. (Applausi).
Ebbene, lei ha anche fatto appello alle forze popolari liberali e socialiste. Per coerenza – e se sono sicuro che intellettualmente lo sa già – lei deve anche riconoscere che il modello che, con tante varianti, guida i Paesi dell’Europa è quello dell’economia sociale di mercato, sostenibile e altamente competitiva. (Applausi).
Qui si riconoscono in Europa sia la componente liberale, che darà un po’ più di peso al mercato, sia la componente popolare socialista, che darà un po’ più di peso alla socialità, e naturalmente la componente verde, per qualche misteriosa ragione in Italia trasfiguratasi in forme stellari, ma che dovrebbe tornare a dare un grande impulso nella stagione intestata alla sostenibilità. (Applausi).
Ebbene, la scelta concreta che richiedeva questa impostazione europeistica – deve però dare impulso all’Italia, perché è là che si realizza davvero l’interesse nazionale – erano – secondo me, come ho indicato – una maggiore attenzione al tema delle disuguaglianze, della riforma fiscale e anche al tema, pochissimo in auge in Italia, della concorrenza e della lotta alle rendite di posizione, che non è presente né nei liberali, né nei socialisti, né in chi ha un orientamento culturale, né in chi ha quell’altro in Italia.
Ebbene, le considerazioni che lei ha fatto ieri e ha ripetuto oggi e le accentuazioni che mi pare di avere notato oggi in particolare rispetto a ieri mi inducono ad avere un orientamento positivo.
Presidente Conte, a un certo punto lei ha detto una cosa con riferimento ai cosiddetti decreti ristori: se vogliamo fare un dibattito caricaturale – come avvenuto in questi giorni – se si chiede la loro proseguibilità sine die (cosa possa voler dire), si può dire che è totale disattenzione al sociale. Invece no: lei stesso ha detto che devono essere fatti con oculatezza, così come sono straordinariamente necessari oggi. Lei ha detto che sono risorse di tutti noi e questo vale per tutte le fonti del debito pubblico. In realtà, non è proprio così, perché sono fatti a debito: si tratta di risorse non nostre, ma che prendiamo a prestito un pochino dai nostri concittadini europei e molto dai cittadini dal domani, attraverso il debito.
Ecco perché anche lo scostamento di bilancio, che è un esercizio che sta diventando di unità nazionale – perché la nostra, purtroppo, è una Repubblica democratica fondata non sul lavoro, ma sul debito pubblico – non ha il significato di licenza di gravare sempre di più sui nostri figli e nipoti. Occorrerà fare le cose in modo più oculato, come lei ha indicato.
Concludo dicendo che mi ero anche permesso di suggerire delle modalità pubbliche, trasparenti e aperte alle opposizioni, anzi con un invito perché prendano parte, ma con gli esercizi in mano al Governo, per dare in tempi certi un’articolazione concreta agli obiettivi.
Signor Presidente, annuncio pertanto oggi il mio voto di fiducia nel modo che mi è proprio. Io non le porto voti, se non il mio, che, come sempre, è un voto di fiducia libero e condizionato a quelli che saranno i provvedimenti e se corrisponderanno alle mie convinzioni. Se così sarà, se ci sarà questo riscontro in futuro, non solo appoggerò, ma mi adopererò anche presso l’opinione pubblica, inclusa quella internazionale, per sostenere ciò che verrà fatto. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Nencini. Ne ha facoltà.
NENCINI (IV-PSI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, Ministri, colleghi, farei mie molte delle considerazioni fatte dal collega e amico Pier Ferdinando Casini, ma – sosteneva il saggio – i saggi sbagliano sempre i loro tempi e, quindi, la saggezza di fatto non esiste.
Una cosa però possiamo dirla. Signor Presidente, quando la storia si sostituirà alla cronaca e guarderà quindi le cose più dall’alto, questa fase politica verrà più o meno scritta e letta così.
Si tratta di una crisi strisciante che si era virtualmente aperta nel mese di novembre, figlia – cito anch’io il vicesegretario del Partito Democratico – di lentezze ed errori; aggravata da divisioni interne ai partiti che la sostengono e da nodi mai sciolti (il MES in questo caso), oppure sciolti positivamente dopo lunghe diatribe, come nel caso del recovery plan, grazie anche al lavoro fatto dal Gruppo Italia Viva – PSI. La crisi, infine, è stata formalizzata pochi giorni fa da un azzardo che io non ho condiviso. Sottolineo tuttavia che, se prevalesse la logica del capro espiatorio quale alibi per non affrontare di petto i nodi che sono tutti lì di faccia a noi, mi permetto di suggerire e consigliare che imboccheremmo una strada decisamente sbagliata.
Su un punto, signor Presidente del Consiglio, lei ha perfettamente ragione: governare l’incognito, in una tragedia che ha mietuto migliaia di vite, è un carico che in Italia non ha mai portato nessuno dal 1944 ad oggi. E questo è un motivo sufficiente per rimboccarsi le maniche, dare una mano senza pretendere nulla, ma pretendendo la chiarezza di una strategia, che è quello che serve.
Stiamo a cosa desiderano gli italiani. Desiderano che la pandemia venga affrontata con decisione, che le scuole riaprano, che si gettino le fondamenta per la ripresa economica: quindi un’Italia più giusta, più libera, in un mondo dove la politica prevalga sulle multinazionali e sull’alta finanza. Proprio perché il loro comportamento è stato esemplare, gli italiani pretendono che ci si occupi prima di loro e poi magari di noi e vogliono soprattutto la certezza che questo percorso avvenga grazie alla stabilità e alla certezza di un binomio che sta al vertice del nostro ordinamento statuale e che riguarda naturalmente la Presidenza della Repubblica e la Presidenza del Consiglio dei ministri con il suo Governo.
Veniamo al punto allora, perché è inutile girarci intorno con una lettura non politica della Costituzione. È evidente, è risaputo ed è scritto da quel dì: oggi non servono 161 voti per la fiducia, basta leggere la Costituzione italiana. È vero, è certamente vero che dal 1944 ad oggi ci sono stati circa dieci di Governi che non hanno goduto in origine della maggioranza assoluta. Signor Presidente del Consiglio, con l’eccezione del terzo Governo Andreotti del 1976, il cosiddetto Governo della non sfiducia, sono stati tutti Governi o balneari o dalla sorte segnata o Governi ponte verso soluzioni che si andavano delineando. Questi sono i casi degli Esecutivi nati senza una maggioranza nell’esperienza parlamentare italiana.
Sappiamo bene che l’Italia vive uno stato di emergenza, ma lei ha nelle mani due straordinarie opportunità già ricordate ora dal senatore Monti. Afflitta dalla paura di una terza ondata epidemica, attanagliata da una feroce crisi economica, l’anno decisivo in cui può essere rovesciato il tornante negativo della storia è esattamente questo ed è il 2021 per due motivi: il primo era certo dall’autunno, l’altro non lo era. E sono la certezza che abbiamo il vaccino e, quindi, l’obbligo di correre per vaccinare la maggior parte degli italiani; l’altro era in recovery plan, che questo Gruppo ha contribuito a modificare profondamente e per il quale oggi serve una cabina di regia, vanno definiti i progetti e mi permetto di segnalare che va messo in sinergia con un piano di rientro dal debito pubblico per evitare che il soggetto centrale del recovery plan, che non sono io ma sono i miei figli, non abbia un debito pubblico sulle spalle, che riuscirà probabilmente ad annichilire particolarmente molti dei suoi sforzi.
Sarebbe un errore affrontare questa sfida senza un progetto politico di lungo respiro.
Non si governa con un voto in più, tanto meno e tanto più in momenti di emergenza. Figuriamoci se si governa con un voto in meno. Presidente, allora le domando come si trasformano in progetti le idee che lei ieri ha rappresentato alla Camera e oggi al Senato.
In questi giorni abbiamo avuto – parlo dei socialisti – una posizione precisa: il Presidente del Consiglio riparta, con lei alla testa, dalla coalizione esistente allargandola alle forze europeiste, proprio perché nelle fasi particolarmente delicate come questa l’inclusione deve essere la bussola e il mestiere di sarto e lo spirito repubblicano devono prevalere su ogni partigianeria.
Apprezzo che sia stata finalmente condivisa una verità: un Governo con una maggioranza costruita grazie a una pesca miracolosa era inutile, financo dannoso. Anch’io ho avuto – mi capita di rado; mi creda – il telefono decisamente caldo e magari a chiamarmi fosse stato Agostino Depretis, citato impropriamente da chi la storia bisognerebbe che la rileggesse. Lui fece una riforma, quella della scuola laica e obbligatoria fino a dieci anni di età. A chi mi ha cercato ho risposto che non somiglio alla poltrona del barbiere. Ha capito.
Oggi, però, lei fissa una strategia in due tempi: voto di fiducia e poi allargamento della maggioranza. Condivido il suo preambolo: un’opposizione decisa a ogni forma di nazionalismo – è il male dell’Europa – perché abbiamo toccato anche qui con mano le cattive ragioni di chi tiene l’Europa nel mirino e considera la nostra collocazione occidentale un accidente da contemperare con incessanti dialoghi con la Russia di Putin, ma quella è la strada sbagliata. Del resto, oggi discutiamo di un Governo e di una maggioranza che nascono nell’agosto del 2019 proprio per sposare questa ragione e non la sua ragione opposta. Del resto – aggiungo – considerare la sconfitta di Trump come la sconfitta planetaria dell’ondata populista la trovo una lettura della storia e di ciò che sta avvenendo decisamente poco propizia e sbagliata.
La caccia al diverso, un linguaggio feroce e il terrapiattismo hanno eroso anche qui spazi di libertà e di diritti individuali e questo rischio non può essere corso mai più. Se serve lavorare per non correrlo mai più – cito Nenni e sarà l’unica citazione che farò – fuori dal rancore per raggiungere uno spazio di unità, questa è la strada che deve essere seguita.
Concludo sulle forze che dovrebbero condividere questo disegno. Lei si è rivolto chiaramente a LeU, al Partito Democratico, al MoVimento 5 Stelle e ha indirizzato un appello a forze politiche volenterose che si richiamano alla tradizione popolare, liberale e socialista. Si tratta delle tre famiglie che guidano la maggioranza dei Paesi europei; una di queste fu proprio Matteo Renzi, allora leader del Partito Democratico, a condurre sei anni fa nel partito del socialismo europeo. Una di queste siede autorevolmente tra i banchi del suo Governo. Non so se il Partito Democratico condivida o no il suo proposito: perlomeno, non ho colto alcun segno, né positivo né negativo, nel dibattito di ieri a Montecitorio.
Presidente, so, invece, che i socialisti valuteranno a tempo il suo proposito tenendo conto che in questi mesi abbiamo sostenuto il suo Governo da apolidi: non ne facciamo parte; non abbiamo mai ricevuto un invito a partecipare a incontri in cui si preparavano decisioni di un certo rilievo. Quando non eravamo d’accordo, non ci siamo rifugiati in piccose rivendicazioni, ma abbiamo espresso qui alla luce del sole il nostro dissenso lealmente e, addirittura, due volte con due voti contrari su due questioni specifiche nella fiducia a lei.
Le uniche note che ha ricevuto da noi riguardavano punti programmatici che giudicavamo affrontati senza la necessaria determinazione. Non li cito: lei sa a cosa mi riferisco.
Ho concluso. Lo ripeto: ci sta a cuore solo un progetto di rinascita per l’Italia, conoscerne i contenuti. Ho anch’io una proposta da farle. Approvato lo scostamento di bilancio, che voteremo, convochi rapidamente le forze europeiste che accoglieranno il suo appello: è la strada maestra da seguire alla luce del sole. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Balboni. Ne ha facoltà.
BALBONI (FdI). Signor Presidente, mi permetta di replicare al senatore Monti: se davvero l’avvocato Conte riuscirà a essere Presidente del Consiglio per un’intera legislatura, non eguaglierà il primato di De Gasperi e di Berlusconi, ma ne farà uno nuovo suo, e cioè essere stato Presidente del Consiglio di tre maggioranze diverse in un’unica legislatura. (Applausi). Questo è un primato che certamente nessuno mai riuscirà a raggiungere e superare.
Il Governo va avanti solo con il sostegno di tutte le forze di maggioranza, di ciascuna forza di maggioranza, e non prendendo un voto qua e uno là. Chi ha pronunciato questa frase? L’ha detta l’avvocato Conte sei giorni fa uscendo dal Quirinale; una frase, presidente Conte, degna di un uomo di Stato, perché certamente la coerenza appartiene agli uomini di Stato. Mi sono detto: vuoi vedere che finalmente Conte, dopo aver presieduto il peggior Governo della storia repubblicana (non il migliore), finalmente ha un colpo d’ala e comincia davvero a volare alto? Ebbene, la mia illusione è durata ventiquattro ore – appena ventiquattro ore – perché dopo ventiquattro ore è riemersa la vera natura dell’avvocato Conte, che è una natura liquida. La forma dell’avvocato Conte è – penso – la forma dell’acqua, che si adatta a qualsiasi situazione. Amico di Trump e amico di Biden; amico e alleato della Lega e amico e alleato del PD; sovranista ed europeista; porti chiusi con il primo decreto sicurezza e porte aperte per tutti con il secondo decreto sicurezza (eccetera, eccetera). Insomma, si tratta di quello che un grande costituzionalista come Carlo Schmid avrebbe senz’altro definito “occasionalismo politico” e che io più modestamente mi permetto di definire opportunismo.
Dopo ventiquattro ore, infatti, il presidente Conte si è lanciato alla pesca – non alla caccia, ma alla pesca, perché spera che abbocchino – dei cosiddetti responsabili. Lui li chiama “responsabili” o “volonterosi” (adesso si sprecano gli aggettivi). Giovannino Guareschi li chiamerebbe “utili idioti”, ma io non mi permetto di usare una frase così offensiva in quest’Aula. Come dice Mastella, i responsabili sono come il gruppo Viet Cong: usciranno all’ultimo momento.
Caro presidente Conte, qua i veri Viet Cong non saranno i responsabili. I veri Viet Cong da domani saranno i parlamentari di Italia Viva. È chiaro che, se lei oggi avrà una maggioranza raccogliticcia in quest’Aula, ciò avverrà esclusivamente grazie all’astensione di Italia Viva. E quindi è chiaro che lei oggi, se otterrà una maggioranza raccogliticcia, si consegna in ostaggio a Renzi, cioè al potere di ricatto dei suoi voti, decisivi in molte Commissioni.
Da domani lei affronterà una guerriglia in quest’Aula del Parlamento. E questo è il meno perché in questo modo lei, per il suo interesse personale, condanna gli italiani al Governo più debole possibile nel momento in cui ci sarebbe invece bisogno di un Governo forte ed autorevole. Lei rappresenta oggi davvero l’insostenibile leggerezza dell’essere nel momento in cui ci sarebbe invece bisogno di una gravità di cui lei evidentemente non è capace. Di fronte a una tragedia sanitaria e un’ancor più grave tragedia economica, lei non fa altro che pensare al suo interesse personale. (Applausi). Capisco l’istinto di sopravvivenza, ma a tutto c’è un limite, colleghi. Dice di voler volare alto, ma lei non è un’aquila, è semplicemente un’anitra zoppa. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pittella. Ne ha facoltà.
PITTELLA (PD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, abbiamo ascoltato con attenzione le sue comunicazioni e non possiamo non condividere il suo appello alla responsabilità democratica cui oggi il Parlamento è chiamato. Siamo ad un passaggio politicamente difficile, che cade in una congiuntura drammatica della storia, e il rischio di accreditare presso l’opinione pubblica questo dibattito, le rincorse di questi giorni, i tatticismi e le polemiche come uno sterile ed incosciente gioco di potere, è molto alto.
La mediatizzazione del conflitto e la degenerazione personalistica del confronto rischiano di far apparire quest’Aula come un corpo estraneo al Paese, il quale non ci chiede una crisi di Governo, una resa dei conti, né di avventurarci nei terreni paludosi e friabili di intese di corto respiro. Il Paese ci chiede una guida sicura, una direzione di marcia chiara, un Governo stabile sorretto da una maggioranza solida, animata da una visione del presente e del futuro dell’Italia e da quella che i latini chiamavano gravitas. Ci chiede cioè la consapevolezza del compito arduo innanzi a noi: venire fuori dalla pandemia; superare l’emergenza economica; aggredire finalmente le criticità storiche, ossia le infrastrutture insufficienti, la pubblica amministrazione lenta e farraginosa, la spesa corrente e il debito pubblico in crescita incessante, divari territoriali e sociali mai colmati, gli investimenti strutturali anemici e un insostenibile divario generazionale che penalizza giovani e donne. Incombe su di noi, sulla classe dirigente del Paese, la responsabilità storica di sostenere i bisogni delle persone, delle famiglie e delle imprese, e di non scaricare egoisticamente sulle nuove generazioni l’onere ciclopico di un debito sospinto a un livello che non sarà sopportabile se non accompagnato da un’adeguata crescita economica.
L’Europa è di certo il tratto distintivo delle forze che si richiamano a questa maggioranza, e sono felice che lei, signor Presidente del Consiglio, lo abbia sottolineato adeguatamente. Questo è il segno che dobbiamo dare a questo dibattito: come saper onorare lo straordinario atto di fiducia dell’Unione europea verso il nostro Paese, che ci ha messo a disposizione un colossale conferimento di risorse.
Abbiamo di fronte, in questo senso, una grande sfida, quella del capitale umano. Noi infatti parliamo giustamente di sviluppo tecnologico, di riconversione ecologica e di sostenibilità, ma se non facciamo la formazione avremo disoccupati e non avremo i profili adeguati per nuova fase fondata su tecnologia digitale e sostenibilità ambientale.
Per quanto riguarda la grande sfida della questione sociale, cito il grande Macaluso che diceva che la questione sociale è la questione primaria della sinistra. Genera un po’ di angoscia ascoltare o leggere le cose che ha detto ieri il neoassessore Moratti, legando la vaccinazione al PIL (Applausi), cioè alla ricchezza, penalizzando le Regioni più deboli.
Ci attendono, poi, le grandi sfide sulle infrastrutture, materiali e immateriali, sulla capitalizzazione delle imprese e sulla scuola. Questa ondata di investimenti pubblici deve servire anche a sostenere i settori più danneggiati, quelli del turismo, dei trasporti, della cultura, del commercio, dell’export, uscendo, come lei ha detto, dalla logica dei ristori e puntando allo sviluppo delle filiere produttive.
Ci attende una grande stagione di rinnovamento, che si ancori all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e che sappia includere la riforma fiscale e quella della pubblica amministrazione, la riforma della giustizia e quella del welfare e la centralità del Parlamento, a cominciare dall’esame del recovery plan, del nostro Piano nazionale su Next generation EU.
Si tratta di sfide enormi – e lei le ha elencate tutte, signor Presidente – e di obiettivi ambiziosi, che il Paese attende da anni. Che il Senato affronti la prova odierna con la giusta consapevolezza di questa poderosità e con il massimo sforzo di lungimiranza. Commetteremmo un errore se concentratissimo i nostri sforzi sulla conta dei numeri, sul pallottoliere.
Io sono certo, signor Presidente del Consiglio, che lei è consapevole della gravosità e dell’altezza delle sfide che lei stesso ha riproposto nella sua relazione; ma questo richiede più energie, non meno, basi politiche salde, non fragili. Se vogliamo essere credibili e se vogliamo essere creduti dobbiamo renderci più aperti, non coltivare illusioni di autosufficienza; dobbiamo provare a essere all’altezza della fase storica a cui siamo chiamati e riannodare i fili del dialogo politico all’interno e all’esterno della maggioranza, per fare unicamente il fine supremo del bene del nostro Paese. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Gallone. Ne ha facoltà.
GALLONE (FIBP-UDC). Signor Presidente, mentre ascoltavo il presidente Conte, sentendo la sua voce suadente snocciolare parole di autoincensamento e domandare aiuto, ho avuto i brividi, perché mi è tornata alla mente quella notte, la notte dello scorso 27 aprile, quando, due mesi dopo lo scoppio della pandemia, mentre a chiedere aiuto erano i miei concittadini bergamaschi chiusi nelle loro case a piangere i loro morti insalutati, lei arrivò tardissimo, in auto blu, per portare un saluto frettoloso e sgarbato, senza neanche guardarsi intorno. Quel giorno ho capito che non meritava la fiducia del Paese, presidente Conte, e oggi ne ho avuto la conferma. (Applausi).
Un Presidente glaciale, che oggi parla di sympatheia, di empatia, di cuore, di anima. Ma dove sta, presidente Conte, l’anima quando si spediscono cartelle esattoriali a cittadini che non hanno più gli occhi per piangere? (Applausi).
Dove sta, presidente Conte, l’anima quando si mettono in ginocchio interi comparti perché non si sa valutare l’equità con cui distribuire i ristori? O quando si promettono sostegni per le spese di adeguamento di ristoranti che rimarranno chiusi (ma negli autogrill ci si può assembrare)? O lo sci, le professioni sanitarie, gli eventi, l’estetica; potremmo andare avanti all’infinito.
Dove sta l’anima, presidente Conte, quando lasciate i muratori a mangiare per strada al freddo. (Applausi). Li ha mai visti, presidente Conte, o pensa che stiano tutti sul divano ad aspettare il reddito di cittadinanza?
È mai entrato in una casa piccola, presidente Conte – lei, che si riempie la bocca con l’empowerment femminile – dove una mamma che lavora in smart working deve badare ai bambini? Dove sta l’anima, quando si lasciano a casa da scuola i ragazzi, piuttosto che innescare la magnifica alleanza tra pubblico e privato, tra trasporto pubblico e bus turistici, tra scuola statale e paritaria? (Applausi).
Dove sta l’anima, presidente Conte, quando alle riforme strutturali, alla semplificazione, ai voucher, al sostegno alla medicina del territorio, allo sblocco degli esami per le patenti si sono preferiti gli inutili bonus per i monopattini, per le biciclette, per i rubinetti e nelle scuole vuote troneggiano ridicoli banchi a rotelle di plastica, mentre si parla di sostenibilità ambientale? (Applausi).
Mi permetta di sorridere, presidente Conte, amaramente però, citando un altro passaggio del suo discorso, quando dice: «Abbiamo da subito raccolto la sfida di trasformare le difficoltà in opportunità». Certo, l’opportunità per voi di approfittare della difficoltà per ancorarvi alle poltrone (Applausi), facendovi beffe della democrazia, della coerenza, di qualsiasi valore che sbandierava il suo Movimento di appartenenza, quando sputava contro di noi, contro il Partito Democratico e contro ognuno di coloro ai quali oggi chiede aiuto.
Oggi lei viene in Aula, presidente Conte, come un camaleonte (Applausi), snocciolandoci punti di programma; ripetendo che dobbiamo fare, dobbiamo fare, dobbiamo fare, come se fosse all’inizio del mandato, con una tranquillità e, mi consenta, una faccia tosta inquietante, chiedendoci di sostenere un altro governo Frankenstein. (Applausi).
Come un imbonitore da TV privata promette, promette, promette, aggiunge aggiunge, aggiunge, senza accennare minimamente a tutti gli errori commessi.
Ci dica, presidente Conte, chi ha sbagliato nell’organizzazione del piano sulla pandemia? Chi, presidente Conte, ha sbagliato il piano trasporti che ha riportato fuori dalla scuola – pronta – gli studenti? Chi ha sbagliato e ha previsto l’Italia Arlecchino che ha alimentato la confusione e il conflitto tra enti locali, Regioni e Governo centrale, al posto di creare una sinergia virtuosa? Chi ha sbagliato, prevedendo ristori in prima fase, senza riuscire a produrre efficace risarcimento in rapporto ai costi, bloccando la Nazione? Chi non ha avuto il coraggio di realizzare una politica attiva per il lavoro per chi il lavoro non lo avrà più perché stanno chiudendo le imprese, attività su attività? (Applausi).
Chi ha lasciato sole – e mi avvio a concludere – le persone disabili e le loro famiglie e si permette oggi di parlare di caregiver con una legge che giace ancora in Commissione? (Applausi).
Il Conte 1 e il Conte 2 sono stati un fallimento, Presidente. Lei si presenta qui, vergine, a illustrarci il Conte del futuro, come se non fosse proprio lei la concausa del fallimento del Paese, colui che ha fatto di una crisi sanitaria una tragedia economica. Lei ha distrutto un Paese, presidente Conte, e ora chiede di ricostruirlo. No, grazie.
Chieda scusa, passi la mano; il treno ha fischiato. Lo ha detto lei, presidente Conte, bisogna voltare pagina. Il Paese merita un Governo coeso e preparato e quindi merita un altro Governo e noi siamo pronti a ricostruirlo, con un nuovo Esecutivo di centrodestra, quello che vogliono gli italiani, con coraggio, dando fiducia e libertà a chi produce e lavora, guardando negli occhi le persone e ascoltandole.
Presidente Conte, lei oggi cerca persone disponibili; a casa mia le persone disponibili vengono chiamate in un altro modo e non vado oltre.
Permettetemi di concludere, parafrasando indegnamente un grande statista, di cui oggi ricorre l’anniversario della morte, Bettino Craxi. (Applausi). Non voteremo la fiducia a questo Governo perché – parafrasando lui – la nostra libertà equivale alla nostra vita. Forza Italia! (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pepe. Ne ha facoltà.
PEPE (L-SP-PSd’Az). Signor Presidente, credo che dobbiamo, per rispetto nei confronti di questa Assemblea, ma ancor di più per rispetto nei confronti degli italiani, fare un po’ di chiarezza sul vero motivo per il quale ci troviamo qui oggi e per il quale ieri si è riunita la Camera in merito alla fiducia al Governo Conte bis. Dobbiamo raccontare la verità, dire qual è stato il motivo: il capriccio di Italia Viva? Può darsi. L’incapacità e la inconcludenza di questo Governo? Può darsi, ma andando a fondo, il vero motivo che ha creato questa instabilità sta nel difetto di fabbrica di questo Governo, sta nel peccato originale che ha fatto nascere questo Governo, perché, presidente Conte, questo Governo non è nato da una visione, perché non avete mai avuto una visione dell’Italia. Questo Governo è nato nel settembre del 2019 dalla paura e contro qualcuno. (Applausi). È nato dalla paura del voto, perché eravate tremendamente impauriti di andare alle elezioni nel mese di settembre del 2019, e contro Matteo Salvini, che avrebbe stravinto quelle elezioni.
Per di più, questo Governo – ricordiamolo – nasce anche dal tradimento, perché voi avete tradito la parola data illo tempore al presidente Mattarella, il quale decise responsabilmente, secondo il suo ruolo, di affidarle l’incarico sulla base di due requisiti: l’aritmetica, che c’era, e la visione strategica di questa compagine. L’aritmetica è venuta meno, la visione strategica non c’è mai stata e – senza che nessuno si offenda – il motivo vero, per essere più chiaro verso gli italiani, di questa crisi è che questo Governo – lo ripeto, che nessuno si offenda – è una vera e propria armata Brancaleone. (Applausi). È un’armata Brancaleone perché vedo che Di Maio è seduto in quei banchi insieme a quelli che rappresentano il cosiddetto partito di Bibbiano (ricordate che diceva: «Mai con quelli del partito di Bibbiano»?) (Applausi). Vedo il Partito Democratico che siede con il MoVimento 5 Stelle, quando Zingaretti, tutto sofferente, tutto sudato, diceva: «Mai con i Cinque Stelle, io li ho battuti, non andrò mai con costoro». Per finire, è un’armata Brancaleone perché abbiamo da un lato i comunisti, o ex comunisti, insieme al professor Monti.
Presidente Conte, la visione non c’è mai stata e lei – mi dispiace dirglielo – parla sempre con molta leggerezza e con molta superficialità, ma gli italiani ricordano bene. Lei ha parlato con superficialità e con leggerezza nel luglio 2019, quando era ancora al Governo con la Lega pronunciò questa frase: «Che io possa andare in Parlamento a cercare maggioranze alternative (…) è pura fantasia». Lei oggi ha ridotto questo Parlamento ad un vero e proprio mercato delle vacche. (Applausi).
Lei è stato superficiale e leggero, presidente Conte, perché da ipersovranista, quando diceva che la sovranità appartiene al popolo non perché lo diciamo noi, ma perché lo dice l’articolo 1 della nostra Costituzione, è diventato, da ieri, ipereuropeista. Lei ha parlato con leggerezza anche durante questa pandemia, quando ha chiesto agli italiani sacrifici e chiusure, promettendo che magari il Natale sarebbe stato vissuto in armonia, normalmente, e che fa oggi? Ancora minaccia sacrifici e chiusure. Su questo, presidente Conte, sulla coerenza, quantomeno il suo padre putativo politico, l’oracolo dei Cinque Stelle, Beppe Grillo, è stato più lineare: è nato comico, continua ad essere un comico e probabilmente morirà comico. (Applausi).
Oggi assistiamo allo stesso copione: siete qui, abbiamo sentito degli interventi che invocavano un sentimento paternalistico.
Vogliamoci bene, cerchiamo di stare insieme, cerchiamo di andare a limare e calibrare i sentimenti, come fosse il rapporto amoroso di una coppietta in crisi, ma non è così. Oggi voi siete qui con lo stesso copione del settembre 2019: cercate di rimettere insieme dei cocci, non perché vi sia un nuovo progetto, non perché vi sia una svolta, ma semplicemente perché ancora oggi, come allora, avete paura del voto e avete la volontà di andare contro il centrodestra e contro Matteo Salvini. (Applausi).
Lei, presidente Conte, in questi giorni ha detto che se si va al voto andrà casa per casa, farà il porta a porta; non so se è un auspicio da parte sua o se è una minaccia. Se è un auspicio lo raccogliamo, ma se è una minaccia non ci spaventa, però dipende tutto da lei. Decida che cosa vuole fare, ma andare sul territorio, andare casa per casa, andare porta per porta è la nostra vita quotidiana, perché noi siamo sul territorio e se vuole le diciamo anche città, quartiere, via e numero civico; noi stiamo lì, non stiamo nel Palazzo.
Poi, per parlare della rivoluzione del MoVimento 5 Stelle, che cosa ha partorito questa rivoluzione nei mesi passati? Non dico nulla su Matteo Renzi, che è il solito Gian Burrasca (oramai lo conosciamo, per cui vedremo che cosa produrrà la sua intemperanza), ma la rivoluzione del MoVimento 5 Stelle che cosa ha prodotto? È stato riscoperto Clemente Mastella, che è stato invocato in questi giorni come il taumaturgo che avrebbe sanato questa malata democrazia. La vostra rivoluzione ha addirittura elevato al rango di statisti Razzi e Scilipoti: questo è quello che avete provocato. (Applausi). Evidentemente la pedagogia didattica sulla quale vi ha portato il professor Monti ha funzionato e ha prodotto i propri risultati.
Ma parliamo dell’Italia e degli italiani. La sua relazione, presidente Conte, conteneva tutto e niente, non aveva prospettive e non aveva anima. Noi oggi vediamo un’Italia – non lo diciamo per essere pessimisti – che registra un meno 10 per cento del PIL, ha il record di morti nel 2020 (720.000 morti), il minimo storico di nascite sotto i 400.000; investimenti fermi, 390.000 aziende e 200.000 studi professionali che chiudono. Adesso assistiamo a una sua comunicazione dove non si parla di vaccini, e non si parla delle riaperture di bar, ristoranti, palestre e impianti sportivi. (Applausi).
Caro professor Monti, il Governo deve favorire le riaperture (non le chiusure) delle attività che con tanti sacrifici gli italiani hanno messo su. Non si parla di ricostruzione in questa sede, ma si parla di legge elettorale proporzionale.
Sul Mezzogiorno, non ho il piacere di vedere tra i banchi del Governo il Ministro per il Sud e la coesione territoriale; badate bene che non basta avere l’etichetta «io sono del Sud» per fare politiche a favore del Mezzogiorno. Chi aveva queste etichette in passato ha fatto soltanto danni e voi continuate sulla stessa identica strada. Nel 2019 il presidente Conte diceva di volere un Mezzogiorno rigoglioso. Il Ministro per il Sud parlava di un Mezzogiorno che è il cuore della soluzione della questione Italia e della questione Europa. Ebbene, voi oggi al Sud siete “non pervenuti”: soltanto belle parole, soltanto promesse di mancette, ma il Sud e tutta l’Italia hanno bisogno di investimenti per lo sviluppo. Il Sud ha bisogno che si liberino le iniziative private, ha bisogno di riprendere a correre e tutto questo non può accadere con un Governo che si sostiene con i responsabili, con i costruttori e con i volenterosi. Siamo onesti anche su questo, chiamiamoli con il nome giusto: sono i voltagabbana. (Applausi). Tutto questo si crea soltanto se c’è una visione, un Governo forte nelle idee e solido nei numeri.
In conclusione, Presidente, vi resta una cosa da fare per conservare una dignità politica, per avere rispetto nei confronti dell’Italia: fatevi da parte. Fatevi da parte perché siete inadeguati; politicamente lo siete sempre stati e dopo il mercato delle vacche al quale ci avete costretto ad assistere lo siete anche moralmente. L’Italia merita altro e voi non meritate l’Italia. Resta a voi trarre le dovute e responsabili conseguenze. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ferrara. Ne ha facoltà.
FERRARA (M5S). Signor Presidente, signor presidente Conte, colleghe e colleghi, quando si vive una fase di shock personale, ma anche sociale, spesso non si è in grado di discernere la realtà. Temo che oggi non ci sia piena contezza del dramma che stiamo vivendo: un killer invisibile continua a circolare per le strade del nostro Paese, colpendo con spietata virulenza e lasciando su questo atipico campo di battaglia centinaia di persone ogni giorno, prima di tutto i più fragili e cioè i nostri genitori, i nostri zii e i nostri nonni. Nella nostra Italia sono morte oltre 80.000 persone: è come se un’intera città non ci fosse più. Il Paese soffre, è disorientato e dinanzi a questo dramma servirebbero unità e una visione comune, che travalichi gli egoismi personali. (Applausi).
In queste tenebre, che ci disorientano, due voci importanti del nostro tempo, come il Presidente della Repubblica Mattarella e Papa Francesco, ci hanno invitato a declinare le nostre scelte usando il «noi» e non l’«io», invitandoci dunque all’unità e non a dividere per il proprio tornaconto. (Applausi). Si tratta di appelli caduti nel vuoto perché, unico caso al mondo, c’è chi, in piena pandemia e in piena emergenza sanitaria ed economica, si inventa una crisi di Governo. (Applausi). Siamo al parossismo e al trionfo dell’irresponsabilità.
Questa azione politica sconsiderata e questa crisi incomprensibile compromettono l’immagine dell’Italia all’estero, in un momento critico e di massima esposizione internazionale per il nostro Paese. Abbiamo la presidenza del G20 e la copresidenza della COP26 sui cambiamenti climatici, ospitiamo il Summit globale sulla salute e, soprattutto, siamo i primi beneficiari del più grande piano economico di rilancio mai messo in campo dall’Europa. Dopo tempo abbiamo costruito l’immagine di un Paese diverso, credibile e forte, mentre ora tutti i nostri partner europei e di tutto il mondo restano allibiti dinanzi a cotanta schizofrenia politica, che mai si era vista nella storia repubblicana. (Applausi).
Per il “Financial Times” Renzi mette in pericolo il futuro del recovery plan e lo stesso per “El Pais”; per l’agenzia “Reuters” è sleale e spietato, per “Der Spiegel” è disperato, mentre per il “New York Times” Renzi è un distruttore. Dante Alighieri colloca i seminatori di divisione nella nona bolgia dell’inferno. Il poeta fiorentino, ottocento anni fa, ci ha spiegato come certi personaggi, che adoperano il loro talento non per costruire, ma per dividere, in realtà sono divisi dentro se stessi ed è per questo che non sono sereni, ma sono dannati. In altre parole, sono governati dall’ego.
Signor presidente Conte, in queste settimane lei è stato tacciato di essere non incline al dialogo, di essersi montato la testa, di volere pieni poteri, di abusare dei social e persino di aver creato un vulnus democratico. La verità, signor Presidente, è che, se lei volesse avere il consenso, la fiducia e il voto di certi professionisti della divisione, dovrebbe smetterla di perseguire il bene comune e prediligere quello dei pochi, delle lobby, dei gruppi finanziari e delle massonerie. (Applausi).
Inoltre, signor presidente Conte, credo che lei abbia un altro problema: sta vincendo troppe partite, anche in campi tradizionalmente ostili, come quello di Bruxelles. Lei ha fatto vincere l’Italia, quando tutti i suoi predecessori avevano perso pesantemente. L’Italia, grazie al suo lavoro, è tornata centrale sullo scenario politico, facendosi portatrice di un cambiamento storico dell’Europa, che il MoVimento 5 Stelle chiedeva da anni: non più la fredda unione finanziaria, basata sul fallimentare dogma dell’austerity, bensì una comunità di popoli, solidale e proiettata verso il futuro.
Il recovery fund, il grande piano Marshall europeo del terzo millennio, esiste grazie a lei, signor presidente Conte (Applausi) ed è grazie a lei e all’azione costruttrice del Governo che il nostro Paese riceverà più fondi di tutti gli altri (ben 209 miliardi di euro): capitali ingenti, che stuzzicano certi appetiti.
Questi capitali servono ai cittadini in difficoltà: penso ai ristoratori, ai baristi, ai fieristi, agli operatori del turismo, a tutti coloro che hanno paura del domani. Questi 209 miliardi vogliamo usarli per rendere il nostro Paese una Nazione moderna, veloce, per proiettarla verso il futuro, per renderla sostenibile, per garantire una sanità e una scuola pubblica efficienti, per esportare le nostre eccellenze nel mondo.
Concludo dicendo che oggi dobbiamo trasformare questo dramma sanitario ed economico in una rinascita. Lo stiamo già facendo con provvedimenti come il bonus 110 per cento, che sta rilanciando il settore edilizio e rendendo le nostre abitazioni più efficienti e sicure.
Questo è il tempo di costruire un nuovo patto per l’Italia, che va scritto guardando negli occhi i nostri figli, perché oggi stiamo progettando soprattutto il loro futuro. (Applausi).
Come MoVimento 5 Stelle siamo persuasi del fatto che con lei ce la faremo. Lo dobbiamo prima di tutto a quegli 80.000 morti.
Vada avanti, presidente Conte, noi e il popolo italiano che persegue il bene comune siamo e saremo sempre al suo fianco. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fantetti. Ne ha facoltà.
FANTETTI (Misto-MAIE-It 23). Signor Presidente, Primo ministro, colleghe e colleghi, la migliore dottrina di diritto pubblico, in Italia come nei Paesi occidentali, riconosce tre categorie ontologiche alla base di una candidatura per un ufficio pubblico: far parte di un partito politico, eventualmente di una coalizione, avere un programma, un progetto specifico da portare avanti, ed essere una persona degna di quell’incarico, specie se l’elezione avviene per preferenze nominali, come è stata la mia. È per questo che, quando qualche mese fa sono transitato nella componente del Movimento autonomo italiani all’estero (MAIE), ho ringraziato dal profondo del cuore i Padri costituenti per aver previsto esplicitamente nella Costituzione italiana il divieto di mandato imperativo. Questo per due motivi: per l’efficienza dell’azione parlamentare e per la coerenza.
L’efficienza mi ha portato in pochi mesi a realizzare cinque dei sette punti del programma sulla base del quale mi sono presentato nella circoscrizione estero. Abbiamo potuto far approvare – è diventata legge dello Stato – la riduzione al 50 per cento dell’IMU che viene pagata dai pensionati italiani all’estero, che sono discriminati in questo senso rispetto ai pensionati italiani. Abbiamo consentito a una platea di 20.000 persone che sono ritornate in Italia per apportare il loro know-how – il provvedimento cosiddetto controesodo, di cui sono stato relatore nel 2010 in Commissione e in Assemblea – di restare in Italia e di vedersi confermati i benefici fiscali previsti da quella legge. Abbiamo ottenuto che, dopo dieci anni di blocco, gli italiani all’estero, 6 milioni, il 10 per cento della popolazione italiana – dato ufficiale sottostimato, in realtà sono molti di più – potranno finalmente confermare, a livello di giurisdizione consolare con più di 20.000 abitanti (sono tantissimi nel mondo) i loro eletti: un esercizio democratico, il rinnovo dei comites, che era bloccato da dieci anni. (Applausi). Abbiamo infino ottenuto che i ristoratori italiani all’estero, decine di migliaia di imprenditori italiani che all’estero si sono fatti onore con i loro esercizi di ristorazione, le loro pizzerie e gelaterie, si vedano riconosciuto il merito dell’originalità delle loro produzioni. Non è solo il beneficio di questi signori e delle loro famiglie; è il beneficio di tutti i produttori dell’agroalimentare, delle eccellenze italiane, che d’ora in poi hanno, in questa catena, una modalità di distribuzione dei prodotti all’estero che c’era e che nessuno aveva voluto riconoscere.
L’efficacia dell’azione parlamentare è importante – non siamo qui per stare seduti e spingere un bottone – così come lo è la coerenza.
Quarant’anni fa ho iniziato ad andare a Bruxelles dalla Casa d’Europa di Roma (Movimento Federalista) per chiedere il suffragio universale del Parlamento europeo, per chiedere un’Europa solidale, una cosa che abbiamo sognato fino a pochi mesi fa.
Non si può stare nell’ambito di una coalizione per appartenenza senza essere coerenti con i propri principi. Non si può sfilare con alleati di coalizione che mirano all’Italexit, che mirano a contrastare l’Europa nel momento in cui ci si professa europeisti.
Ecco perché abbiamo creato Italia 23, un’associazione che nasce dalla società civile, che vi prego di andare a vedere, che propone dei temi elaborati da esperti, persone che gratuitamente, con il loro intelletto, mettono a disposizione del Paese le loro proposte.
Siamo grati per questa apertura politica che ci viene data, per creare, anche nel Parlamento italiano, ed eventualmente nella maggioranza di Governo, uno sbocco per liberali, socialisti e convinti europeisti, per fare questo percorso insieme. Per questo, come componente MAIE-Italia 23, le confermiamo la fiducia, signor Presidente del Consiglio. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Maiorino. Ne ha facoltà.
MAIORINO (M5S). Signor Presidente, mi lasci iniziare porgendo un omaggio ed un sincero ringraziamento ad una donna che oggi ha impartito una lezione di etica civile a tutti noi, la senatrice Liliana Segre. (Applausi).
Il suo esempio, il suo gesto, dà la misura dell’assurdità della situazione che ci troviamo a vivere più di mille parole. Mi perdoni, senatrice Segre, se parlo di lei. Lo faccio con profondo rispetto e con autentica ammirazione. La signora Segre, con la sua storia, tralasciando anche i consigli dei medici, è oggi qui tra noi perché ha anteposto la salvezza del Paese alla propria stessa incolumità personale. (Applausi).
L’esatto contrario, purtroppo, di ciò che ha fatto colui che ci ha trascinato in questa assurda situazione, che non ha altra ragione di essere se non l’avere anteposto se stesso a tutto il resto. (Applausi).
Signor Presidente del Consiglio, lei ha parlato del disagio dell’essere qui oggi senza poter offrire una spiegazione valida della ragione per cui ci troviamo qui a discutere di una possibile crisi di Governo. Noi avvertiamo lo stesso suo profondo disagio. Mai discussione, infatti, fu più lontana dalla realtà e dai bisogni dei cittadini che, lì fuori, ci guardano attoniti.
Parlare di crisi di Governo mentre l’Italia piange più di 80.000 morti e con in corso la più grande campagna vaccinale di sempre, che peraltro ci vede ai vertici in Europa per dosi somministrate; essere qui oggi mentre abbiamo ottenuto, grazie a lei e a questo Governo, il più grande credito economico e politico da parte dell’Europa, che ci ha concesso la somma più ingente tra i componenti dell’Unione; sebbene per la prima volta stiamo scardinando i principi dell’austerity, dopo anni trascorsi a parlarne: con tutto quello che questo Parlamento ha da fare, tra scostamento di bilancio, decreto ristori e progetti per il recovery fund per rilanciare il paese, invece noi oggi siamo qui a parlare di cosa?
Gli italiani sono stanchi di sentire i politici che parlano di politici. C’è un Paese che aspetta risposte e le aspetta ora. Ora, presidente Conte, ora è il momento di voltare pagina, come ha detto lei. Basta: rompiamo l’incantesimo che tiene un Paese a dibattersi in un eterno presente da decenni, condannato a non cambiare mai, a commettere sempre gli stessi errori. Una recita che, stancamente, si ripete, in uno spettacolo sempre uguale, di una politica autoreferenziale, che mette se stessa e i propri calcoli prima di ogni altra cosa, prima del bene comune, prima degli interessi del Paese. (Applausi).
Lei, presidente Conte, oggi ha parlato del primato della politica, quella al servizio del Paese, quella con la P maiuscola, dando una lezione a chi la politica la fa da anni.
Vede, signor Presidente, riflettendo sulla situazione in cui ci troviamo, mi è tornato in mente Montale. Noi, infatti, presidente Conte, siamo lo sbaglio di natura; siamo quell’anello che non tiene; siamo quel filo da disbrogliare che, finalmente, ci mette nel mezzo di una verità.
Noi del MoVimento 5 Stelle siamo quell’errore non previsto dal sistema che manda in tilt il sistema stesso e smaschera i corsari della politica. Signor Presidente, l’abbiamo già fatto una volta quando, nell’agosto di ormai due anni fa, qualcun altro, perseguendo calcoli di interesse partitico, pensava di passare all’incasso e ora è all’opposizione ad abbaiare ai banchi a rotelle. (Applausi).
Oggi abbiamo di nuovo mostrato a tutti il vero volto di un singolo individuo che ha posto questioni personali irrisolte al di sopra dell’interesse del Paese e della collettività. In questi giorni abbiamo sentito piroette retoriche atte a distorcere il senso di quanto accaduto e si è arrivati a pronunciare parole come «rottura responsabile».
Questo è esattamente il tipo di sistema che ha tenuto immobile un Paese e che noi ora, insieme a lei, stiamo combattendo e smascherando, perché non osserviamo le liturgie e il copione di questo teatro. Noi diciamo la verità senza secondi fini, né messaggi cifrati e facciamo non ciò che conviene, ma ciò che è giusto. Poi magari sbagliamo, certo, ma non agiamo per convenienza personale, né di partito e lo facciamo alla luce del sole.
Signor Presidente del Consiglio, lei è venuto in Parlamento a esporre la situazione senza infingimenti e ha avuto il coraggio e l’umiltà di chiedere aiuto; un aiuto non per sé, come i maligni vogliono far intendere, ma per il Paese.
Presidente Conte, ieri qualcuno ha detto che l’Italia ha bisogno di chi indichi la rotta nel mare in tempesta, ma che quel qualcuno non può essere lei. E invece è vero proprio il contrario: può essere solo lei, perché può farlo solo chi è riuscito, con impegno e serietà, a riconquistare per l’Italia la credibilità internazionale necessaria per negoziare sui tavoli europei e continuare il cambiamento intrapreso nelle politiche europee che non stentiamo a definire epocale. L’Europa ci aveva dato fiducia – le aveva dato fiducia – e oggi ci guarda attonita.
E non pensino i moderati liberali che si definiscono europeisti di poter ottenere ascolto in Europa presentandosi con i sovranisti, con coloro che – loro sì – giravano con la mascherina di Trump in faccia, salvo poi strapparsela velocemente dal volto quando le immagini di Capitol Hill hanno cominciato a fare il giro del mondo. Troppo tardi: la macchia di quella mascherina sul volto resterà ancora per molto, moltissimo tempo. Basta con la politica muscolare che, tra l’altro, vede poi le donne finire inevitabilmente ai margini di questo scontro.
Signor Presidente, noi l’abbiamo sempre detto: destra o sinistra non ha importanza, contano le buone idee e ora più che mai la buona volontà. Non possiamo fingere di ignorare che il mondo ha assunto una nuova polarizzazione. Ora, da una parte, ci siamo noi con lei, signor Presidente, e con le forze democratiche, progressiste ed europeiste, mentre dall’altra parte ci sono il negazionismo, l’antiscientismo, il sovranismo cieco e il fanatismo oscurantista. (Commenti). Ora è il momento di scegliere da che parte stare.
Mi avvio a concludere, signor Presidente. Questa giornata… (Il microfono si disattiva automaticamente). …saranno uno specchio per chiunque voglia guardarcisi e rimanderà un’immagine senza veli: quella di chi vuole tenere ancora l’Italia ostaggio di quell’incantesimo di immobilismo, di un Paese che non cambia da decenni, con una politica miope improntata all’egoismo e, quella, invece di chi vuole costruire finalmente un Paese nuovo, fondato su nuove basi, conducendolo nel terzo millennio con lei, presidente Conte, fuori dai giochi di palazzo.
Questo abbiamo da offrire: dignità, abnegazione e limpidezza di coscienza. C’è molto lavoro da fare, tutti insieme per un nuovo inizio. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Caligiuri. Ne ha facoltà.
CALIGIURI (FIBP-UDC). Signor Presidente, Presidente del Consiglio, membri del Governo, colleghi, l’ho ascoltata molto attentamente, presidente Conte. Lei ha parlato della sua voglia di voltare pagina, si immagini gli italiani; ha parlato della volontà di ricominciare e – ancora – si immagini gli italiani.
In questi mesi difficili tutti abbiamo confidato con fierezza nel nostro essere italiani, nel nostro temperamento forte e determinato; abbiamo sventolato con orgoglio il Tricolore, ma ora per molti la situazione è monocromatica: nero pesto.
Il primo ad aver dimenticato la bellezza dei colori che contraddistinguono l’Italia è proprio lei, signor Presidente del Consiglio. Li dimentica quando si dimostra lontano da imprenditori, lavoratori autonomi, partite IVA, artigiani, mondo della scuola, università, Forze dell’ordine. Li dimentica quando, con estrema sufficienza, parla del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali quasi fosse una misera casella disponibile per le sue logiche di numeri. Gli agricoltori hanno bisogno di risposte adeguate su tematiche precise che da troppo tempo ormai attendono. Non ci si può limitare a lodarli per l’egregio lavoro svolto durante tutti questi mesi di lockdown e chiusura e poi trattare il loro Dicastero come un bene sul mercato: ai nostri agricoltori serve ben altro! La nostra agricoltura è un patrimonio da proteggere e tutelare sempre e non merce di scambio politico con cui far gola a qualche interessato. (Applausi).
Dimentica i colori del Mezzogiorno, il blu del nostro mare cristallino, l’oro della sabbia delle nostre coste e il verde dei nostri boschi. Li dimentica totalmente quando dedica allo sviluppo del Sud e soprattutto della mia Calabria poche briciole del recovery fund, che non serviranno a colmare il divario con le Regioni del Nord. Ricordo a me stessa che gli stessi progetti che si pensa di finanziare con il recovery fund erano già stati anticipati e finanziati, senza che abbiano visto la luce, con il piano per il Sud lo scorso 14 febbraio. Penso ad esempio all’alta velocità, punto di partenza imprescindibile per collegarci al resto del Paese, perché, signor Presidente del Consiglio, un’Italia a due velocità non potrà mai ripartire e tornare a crescere.
Oggi un buon punto di partenza sarebbe stato sentire da lei un’autocritica su quanto accaduto negli ultimi mesi. Si sarebbe dovuto parlare dei problemi degli italiani e invece siamo qui per cercare di celebrare qualche nuova unione, magari un nuovo Governo mentre gli italiani intanto assistono sbigottiti. Riconosco che sono davvero delle giornate complicate, per lei non semplici; giornate nelle quali avete fatto appello ai responsabili e ai costruttori, arrivando ancora una volta in ritardo. Dei soggetti responsabili il Paese aveva bisogno dei mesi scorsi; il Parlamento, la casa degli italiani, andava consultato prima. C’era bisogno di coinvolgerci, accogliere le proposte delle forze di Centrodestra, di Forza Italia, e lei sa che sono state davvero tante. Era quello il tempo di essere responsabili e costruire, signor Presidente del Consiglio, anche perché per costruire c’è bisogno di una visione. Con questo Governo ho forti dubbi.
Signor Presidente del Consiglio, gli italiani meritano una visione limpida e non delle pagine in bianco e nero e poco chiare. È l’ora dei responsabili, sì, quelli veri però, quelli che sanno cosa serve al Paese e questi non siete sicuramente voi (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.
BONINO (Misto-+Eu-Az). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, mia mamma mi diceva sempre che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. È banale, ma quanto è vero! Basta fare un giro negli ospedali o nelle case di cura o sentire qualche famiglia sulla questione relativa a scuola e trasporti, o la confusione creata da comunicazioni generiche e ansiogene, per non credere alla situazione del Paese che lei ci ha descritto. A chi mi chiedeva questa mattina quando sarà il mio turno per il vaccino (non dico il giorno, ma perlomeno il mese), come tutti ho dovuto rispondere che non lo so e temo che nessuno ancora sappia cosa rispondere, non solo perché mancano i vaccini, ma perché non c’è ancora un piano serio e dettagliato per vaccinare la popolazione.
Ci ha anche descritto una compagine governativa che lavora in armonia, tutta propensa al bene del Paese, quando è fin troppo nota e stucchevole la litigiosità della maggioranza oltre a quella tra Stato e Regioni.
Ci ha parlato di prerogative parlamentari da ripristinare, ma, presidente Conte, solo pochi giorni fa avete fatto approvare la legge di bilancio, una delle leggi più importanti per il Paese, con – ahimè – il Senato consenziente, come è successo nel 2018, scambiando questo ramo del Parlamento per l’ufficio postale con il timbro allegato.
Ci avete travolto di DPCM, poi di decreti omnibus, sempre corredati da voto di fiducia – non vi sbagliate neanche per caso – per arrivare all’assurdità dei quattro decreti ristori in uno, ovviamente corredato da centinaia di necessari decreti attuativi tanto per aiutare la sbandierata semplificazione.
Ha anche annunciato un vivo interesse per la legge elettorale proporzionale. Presidente, non è il suo compito; non spetta a lei né favorire, né ostacolare. (Applausi). Questa è una prerogativa parlamentare.
Ci ha annunciato una svolta necessaria; lo penso anch’io, ma una svolta non può avvenire in continuità con la compagine governativa attuale, ancora meno se sostenuta da una maggioranza raccogliticcia fondata su chi veniva sprezzantemente chiamato un voltagabbana e che adesso fate assurgere a salvatori della Patria. Questo non è essere responsabile, né tantomeno costruttori, ma chiedo ai colleghi cosa c’è di responsabile nelle posizioni tetragone, che sembrano quasi dei diktat, che normalmente, soprattutto i colleghi del MoVimento 5 Stelle assumono? Tali posizioni vanno dal fine processo mai, alla situazione delle carceri che lei ha visitato, da quota 100 all’abbiamo sconfitto la povertà con il reddito di cittadinanza e i relativi navigator, dal taglio demagogico dei parlamentari al rifiuto altrettanto demagogico del MES.
Badi che non sto difendendo il senatore Renzi, che, egocentrico com’è, non apprezzerebbe neppure. Sto dicendo che tutte queste questioni erano aperte ben prima dello strappo di cui tanto vi siete stupiti.
La vera responsabilità per me è impiegare questi anni e mesi non per tirare a campare, ma per scrivere finalmente un Next generation EU che risponda agli obiettivi e agli strumenti definiti in Europa. Spero che la bozza che ci avete mandato il 12 gennaio sia davvero una primissima versione da riscrivere quasi completamente.
Cari colleghi, non è un caso se si chiama Next generation e non si chiama next election; d’accordo? Quindi, non è possibile continuare e l’ho letto e studiato attentamente. Di questi tempi ci serve un Governo forte e responsabile e il suo – mi spiace dirlo – non lo era prima e, a maggior ragione, non lo sarà domani.
Cari amici, voglio dedicare questo intervento a Emanuele Macaluso, che ci ha lasciato questa mattina e che sono sicura il Senato celebrerà e ricorderà nelle dovute forme. (Applausi). Gli dedico l’intervento perché la sua provenienza dal Partito Comunista non gli ha mai impedito e, anzi, gli ha consentito di praticare dialoghi e confronti con esponenti di altri partiti e di valorizzare il fatto che in politica contano le idee e non solo l’aritmetica e i numeri.
Per questo non le voterò la fiducia, signor Presidente del Consiglio. Come lei sa, non ho atteggiamenti né preclusivi, né demagogici. Quando avete fatto iniziative che ho condiviso (tutta la filiera europea, per intenderci), vi ho sostenuto con grandissima convinzione. Però temo che sprecherete questa occasione. È il mio più grande timore, perché la spreca il Paese, non un Governo. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cangini. Ne ha facoltà.
CANGINI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi senatori, un paio di secoli fa un signore che si chiamava Talleyrand, principe di Benevento, personalità politica, oltre che ecclesiastica, decisamente più addentro agli arcana imperii di un Rocco Casalino e sensibilmente più incline al trasformismo di un Clemente Mastella, disse che la parola è stata data agli uomini per mascherarne il pensiero e per contraffare la realtà. Ascoltandola in Aula oggi, presidente Conte, ne abbiamo avuto conferma. Dalla ricerca di maggioranze in Parlamento alla delega sui servizi segreti, dall’europeismo al populismo, dalla condizione della nostra economia alla condizione della nostra sanità, le sue parole di oggi erano in evidente contraddizione con le sue parole di ieri; e le sue parole di ieri, come le sue parole di oggi, sono state ed erano in evidente contraddizione con la realtà dei fatti.
La realtà dei fatti è che da oggi il suo Governo è politicamente più debole di quanto non fosse prima. E in questo ramo del Parlamento, con tutta evidenza, non avrà la maggioranza assoluta dei voti. Come questo possa rappresentare un passo avanti è per noi un mistero incomprensibile. Due Governi, presidente Conte, o forse addirittura tre Governi in tre anni sono la chiara e inequivocabile prova di una sua indiscutibile capacità di galleggiamento e di trasformismo, che forse qualcuno potrà apprezzare; ma sono anche la chiara e inequivocabile prova di una evidente incapacità politica, che credo non possa essere apprezzata da alcuno.
Che questo Governo stesse fallendo sul fronte economico e sanitario in quest’Aula non l’ha detto solo Matteo Renzi; lo hanno detto tutti, ma proprio tutti, i parlamentari del Partito Democratico e i maggiori esponenti di LeU. (Applausi). E non l’hanno detto un anno fa; lo hanno detto nei giorni scorsi, nell’ultimo dibattito che abbiamo avuto in quest’Aula del Parlamento. Gli stessi esponenti del Partito Democratico e gli stessi esponenti di Italia Viva che hanno detto che il Piano di rinascita e resilienza, varato dal suo Governo o, meglio, abbozzato dal suo Governo, era in ritardo ed era clamorosamente inadeguato. Questo ritardo e questa inadeguatezza si riflettono sul futuro del Paese. Come possiamo noi pensare che questo nuovo Governo o un eventuale Conte due rimaneggiato possano fare meglio del poco che è stato fatto fino ad oggi è un mistero di fede. Nulla è cambiato nella sostanza; nulla è cambiato in meglio nella sostanza.
Per quale oscura ragione una maggioranza epurata da Renzi e metaforicamente rimpolpata da Clemente Mastella dovrebbe infondere in questo Governo quella visione e quella forza politica che, con tutta evidenza, questo Governo non ha avuto fino ad oggi? E perché mai da oggi questo Governo dovrebbe essere più europeista di quanto non fosse fino a ieri? E perché – mi chiedo – un Presidente del Consiglio che ha tenuto per sé (unico nella storia) la delega sui servizi segreti, compromettendone così l’efficacia (come lei ha ammesso ieri alla Camera), dovrebbe improvvisamente maturare quel senso delle istituzioni che dovrebbe essere il presupposto della funzione che ricopre?
Presidente Conte, come le ho detto in quest’Aula all’inizio della pandemia, io credo che soltanto un megalomane o un cinico possa ragionevolmente pensare di tirare fuori l’Italia dalle secche in cui è finita senza fare ricorso alla forza di tutti. E quando dico tutti intendo tutti i partiti rappresentati in Parlamento, tutti i livelli amministrativi dello Stato, tutti i livelli istituzionali.
Lei, non saprei dire se per narcisismo, per cinismo, per mancanza di cultura politica o per mancanza di senso dello Stato, non lo ha fatto. Lo sfarinamento della sua maggioranza, la crisi del suo Governo, l’inefficacia e l’inefficienza del suo Governo dimostrano che è stato un grave, gravissimo errore, che rischia fortemente di compromettere il futuro di quelle prossime generazioni che la Commissione europea ha posto come interlocutore ideale agli Stati membri.
Allora, signor presidente Conte, glielo ripeto e lo dico anche agli amici delle opposizioni: se non faremo un Governo di larghe intese oggi, credo e temo che saremo costretti a farlo domani, ma in un contesto di crisi e macerie economiche ben più gravi di quello che si sta palesando oggi e col fiato della Troika sul collo. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Buccarella. Ne ha facoltà.
BUCCARELLA (Misto-MAIE-It 23). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, ho solo due minuti a disposizione e devo fare in modo che lo sfavore dell’avere un tempo così limitato possa essere un vantaggio attraverso una comunicazione sintetica e incisiva. Vorrei richiamare un passaggio del discorso relativo agli impegni internazionali che l’Italia dovrà affrontare nel corso dell’anno. Più specificamente, parlo della COP26, che vedrà l’Italia ospitare a Milano degli eventi che fanno parte di questo momento storico che si collega al Trattato di Parigi per il contrasto ai cambiamenti climatici. Nella bozza del recovery fund le aspettative di rintracciare uno sforzo concreto e determinato verso quella direzione hanno trovato conferma. Ritengo che forse si possa fare ancor di più nei passaggi parlamentari, e grazie anche alle competenze, al conforto e all’appoggio dell’azione politica da parte dei Ministeri interessati sono sicuro che quest’obiettivo sarà raggiunto. È bene che la direzione dell’idrogeno verde e della tematica che sta rivoluzionando intorno a noi, non solo in Europa, il futuro prossimo venturo sia mantenuta.
Da parte mia e anche del Gruppo a nome del quale oggi sto intervenendo, MAIE-Italia 23, ci sarà l’appoggio e la convinzione di dare il sostegno a lei e a questo Governo, con l’auspicio che l’obiettivo da conseguire, al di là delle ovvie considerazioni di natura climatica, ambientale e sulle tre «P» (persone, pianeta e prosperità) che tutte impattano con esso, possa raggiungere una concretezza e un’applicazione effettiva. Tale obiettivo attiene infatti non solo all’ambiente, ma alla nostra società e alla capacità di modernizzare questo Paese, di essere sulla linea del fronte dei Paesi, nostri concorrenti e partner europei, di essere in prima linea nelle soluzioni tecnologiche che possono coinvolgere tutta la filiera, industriale e non solo. Si tratta di un obiettivo da raggiungere per il quale – come lei, signor Presidente del Consiglio, e i Ministri sapete benissimo – abbiamo le forze e le competenze. Andiamo avanti così: massima fiducia in lei e volontà di collaborazione. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Di Nicola. Ne ha facoltà.
DI NICOLA (M5S). Signor Presidente, onorevoli senatori, presidente Conte, lei ha giustamente detto che proprio nei momenti più critici della storia di un Paese dobbiamo ritrovare le ragioni nobili e alte della politica, dove politica è intesa come pensiero e azioni orientati all’uomo, ai suoi bisogni e alle sue aspettative. Allora domando: che senso ha questa crisi proprio adesso? Come molti italiani, penso che tutto questo un senso non ce l’abbia, sebbene il senatore Renzi si sforzi di farcene immaginare uno.
Il senatore Renzi mi ha fatto venire in mente la ballata de «L’apprendista stregone» di Goethe, nella quale l’aiutante di un vecchio maestro di incantesimi non riesce più a fermare la scopa impazzita a cui, con una parola magica, ha dato vita: all’inizio cerca di fermarla parlandole, ma, non riuscendo a ripetere il sortilegio, la spezza in due per bloccarla; solo che i due tronconi continuano a devastargli la casa. Ecco, questa ballata si adatta alla perfezione al senatore Renzi e ai suoi rapporti con questa maggioranza e con la politica. (Applausi).
Credo sia il momento meno adatto, senatore Renzi (se c’è), per mettersi a giocare all’apprendista stregone, dato che non sarà un sortilegio a farci uscire dalla pandemia, a farci dimenticare le migliaia di morti per Covid-19 e il carico di dolore nei cuori di milioni di italiani; quegli stessi italiani che oggi ci chiedono risposte concrete ai loro bisogni.
Voltare pagina, come lei invita a fare, presidente Conte, significa anzitutto archiviare il brutto incubo che il senatore Renzi sta facendo vivere agli italiani, recuperando il tempo che ci ha fatto perdere. Ed è sulla buona strada, confermandoci che la fiducia che l’opinione pubblica continua a mostrarle è meritata e giustificata, a fronte di politici che amano perdersi nelle sbornie mediatiche, disconnessi dalla realtà con la quale ogni giorno gli italiani sono chiamati a fare i conti e a combattere.
La realtà ci dice che i rischi in questa era Covid-19 sono a dir poco spaventosi, perché parlano di disoccupazione, cassa integrazione, richiesta di credito e del crollo senza precedenti dell’economia reale; si tratta di questioni aperte, cui questo Governo da un anno sta cercando… (Il microfono si disattiva automaticamente).
Potrei citare i dati crudi di questo dramma, ripetere le cifre e le stime che altri senatori hanno già citato in abbondanza, ma voglio risparmiarvelo. Davanti a questa situazione, nella dispersione parlamentare, figlia di una legge elettorale non eccelsa e che certamente non abbiamo voluto noi, voglio invece sottolineare come sia piuttosto necessaria una mobilitazione generale della politica e delle coscienze, come insegna la senatrice Segre, che ringrazio e saluto, all’insegna della leale collaborazione repubblicana. Se questo ci chiedono i cittadini, credo che per raggiungere l’obiettivo sia ormai inutile rivolgersi a Lega e Fratelli d’Italia, forze politiche orgogliosamente insensibili ai valori unitari antifascisti e resistenziali, fondativi della nostra Repubblica. Costoro giocano allo sfascio pensando al loro particulare, continuando solo a chiederci se abbiamo… (Il microfono si disattiva automaticamente).
Ma perché voi li avete i numeri, per pretendere lo sfascio? Avete solo i miraggi dei sondaggi che vi spingono alla sfida, a sospingere l’Italia all’avventura. (Applausi).
Un sogno di rivalsa coltivato nel momento peggiore per i cittadini, proprio mentre in questo Paese si soffre e si muore. Vale la pena, invece, rivolgersi alle sensibilità europee, liberali, cattoliche e democratiche presenti nel nostro Paese e che in quest’Aula per fortuna hanno autorevoli rappresentanti. A questi stimabili colleghi potrei dire che hanno ora sul tavolo il progetto politico di questa maggioranza e di questo Governo, con l’invito alla collaborazione per migliorarlo.
Ci sono le linee per avviare questo Paese al cambiamento, con corposi interventi in economia, per lo sviluppo del Mezzogiorno, per la riforma della giustizia e per quella fiscale, per un ammodernamento della nostra architettura istituzionale che, dopo il taglio dei parlamentari, potrebbe arricchirsi e rinvigorirsi con l’introduzione di una legge, come è stato detto, di impianto elettorale proporzionale. Queste sono le condizioni migliori per dispiegare le vostre vocazioni liberali, cattolico-riformiste, liberandole dal tallone di ferro di un’alleanza maggioritaria forzata con un sovranismo estremista che non vi appartiene.
Un progetto riformatore al quale potrete contribuire per tornare in Parlamento con le vostre forze e soprattutto con i vostri ideali, da Sturzo a Einaudi, che in quest’ora suprema, nell’alternativa che si pone tra sfascio e ricostruzione, certamente interpellano le vostre coscienze.
Ciononostante, voi colleghi del centrodestra continuate a chiederci se abbiamo i numeri per governare. Davanti ai problemi dei cittadini, preda della pandemia, dovreste invece chiederci quanto tempo abbiamo per vincere la guerra – come disse Winston Churchill rivolgendosi al Parlamento inglese sotto l’attacco dei nazisti – la guerra contro il virus.
Abbiamo due anni di fronte, due anni da incubo e impegnativi, che potranno però rivelarsi un’occasione per questa classe politica, se riusciremo insieme a dare speranza e certezze al Paese.
Voi domandate anche qual è la nostra politica. La nostra politica è quella tracciata dal presidente Conte in quest’Aula: impegnarci con tutte le nostre forze per sconfiggere il nemico che oggi si chiama Covid-19, completare il recovery plan e dare al Paese le riforme delle quali ha bisogno. Questa è la nostra politica, con l’obiettivo – oggi come allora – della vittoria, sì, la vittoria a tutti i costi contro la pandemia e l’emergenza sociale perché, per quanto lunga e difficile la strada possa essere, senza la vittoria in questa guerra invisibile non c’è sopravvivenza dignitosa per questo Paese, come non c’è sopravvivenza per questa classe politica.
Pertanto, signor Presidente del Consiglio, avanti a testa alta. La sfida è grande: ha la nostra fiducia e il coraggio non ci manca. (Applausi).
PRESIDENTE. Colleghi, sospendo la seduta fino alle ore 13,35 per consentire le operazioni di sanificazione.
(La seduta, sospesa alle ore 12,37, è ripresa alle ore 13,39).
La seduta è ripresa.
È iscritto a parlare il senatore Urso. Ne ha facoltà.
URSO (FdI). Signor Presidente, mi dispiace che il Presidente il Consiglio non sia in Aula in questo momento, perché mi devo necessariamente rivolgere a lui, nella sua qualità di Presidente del Consiglio e di Autorità delegata ai servizi.
In questa sede, il Presidente il Consiglio – e con lui le forze che lo sostengono – ci ha chiesto di voltare pagina. È la terza volta che lo propone in quest’Aula. La prima volta l’ha fatto quando, nel giugno 2018, fece un Governo che, non a caso, si chiamava “del cambiamento”, perché doveva voltare pagina rispetto a quelli della sinistra che l’avevano preceduto. Il Governo del cambiamento finì per scelta di uno dei contraenti e, nei giorni dell’estate 2019, ne nacque un altro, con lo stesso Presidente del Consiglio, che in quest’Aula ci disse che occorreva voltare pagina. Verosimilmente intendeva voltare pagina rispetto a quello che aveva fatto il vice premier del primo Governo, l’onorevole Di Maio – che è qui presente e che ringrazio – quando, nell’esemplificare il cambiamento del primo Governo, andò in Francia, da leader del MoVimento 5 Stelle, a sobillare – così pensava allora il Presidente francese – i gilet gialli contro Macron, al punto tale che la Francia fu in procinto di ritirare il proprio ambasciatore. Allora c’era un Governo che si ribellava, anch’esso guidato da Conte, con la stessa maggioranza relativa del Movimento 5 Stelle.
Il secondo Governo nacque invece nelle stanze della Commissione europea, come dite voi stessi, colleghi, di Angela Merkel e dello stesso Macron, a cui state vendendo tutto: penso alla vendita della FIAT, avallata in silenzio; all’acquisizione di Borsa italiana, per cui le nomine di ieri rivelano che, anche in quel caso, la governance è francese; fino a tutto quello che si muove nel sistema finanziario e bancario italiano, di cui parleremo in altre occasioni. Quel Governo nacque con una pagina oscura: non lo dico io, ma gli stessi esponenti della maggioranza, e lo ha detto lo stesso Presidente del Consiglio in quest’Aula, poche ore fa, quando ha chiesto a noi membri del Copasir di far luce su quelle pagine oscure. Nacque su una pagina oscura, che secondo un leader della coalizione e l’uomo che ha imposto il secondo Governo Conte, ovvero Matteo Renzi, si verificò nell’agosto 2019, durante la visita del ministro della giustizia americano Barr, accolto dal Presidente del Consiglio: era il 15 agosto.
Quella pagina oggi viene voltata nuovamente, per la terza volta, per realizzare un Governo di minoranza. È paradossale che il Presidente del Consiglio faccia appello a liberali, popolari, socialisti ed europeisti, nel momento stesso in cui la maggioranza manca, perché la forza politica più liberale, più socialista, più popolare e più europeista l’abbandona. Con quale credibilità fa appello a liberali, popolari ed europeisti, nel momento stesso in cui Italia Viva abbandona quella coalizione, perché non la ritiene abbastanza liberale, popolare ed europeista? Tant’è: nella neolingua degna del Grande fratello di Orwell questa è la realtà.
Prego la Presidenza di darmi un minuto di tempo in più, per poter esplicitare l’essenza del mio intervento. Cosa chiede, dunque, Conte? Chiede al Copasir di far luce? Certo. La maggioranza chiede di far luce su cosa è successo con la fondazione cibernetica e sul motivo per cui l’avete improvvisamente messa ed esclusa: le allusioni sono tutte interne alla maggioranza. Cosa è successo sull’hackeraggio del sito Internet della Presidenza del Consiglio? Signor Presidente, un membro della maggioranza ci chiede di poter far luce su questo e anche su cosa accadde quando Barr venne in Italia.
Ci chiede altresì di far luce su quello che scrivono autorevolissimi giornalisti di un giornale europeista su quello che una volta si sarebbe chiamato rumore di sciabole. Tutto questo accade all’interno della maggioranza. Noi siamo rispettosi – noi, sì, davvero – del ruolo dell’Intelligence e dell’istituzione; noi, sì, davvero, vi chiediamo di non coinvolgerlo nelle vostre bagarre, nei vostri sospetti e nelle vostre recriminazioni e trattative. Non li coinvolgete e, se possibile, nominate anche quei vice direttori dei Servizi che da mesi attendono di essere nominati, per cui all’Intelligence in questo momento ne mancano la metà, perché anch’essi sono nel calderone delle trattative di Governo.
Ebbene, domani il Copasir si occuperà anche di questo – non può non farlo – però, signor Presidente del Consiglio, chiariamo un concetto (mi rivolgo a lei, anche se è presente): prima ha detto che la riforma dei Servizi è di competenza del Parlamento; certo, è così, peccato che lei stesso lo abbia espropriato di queste competenze qualche mese fa, quando ha modificato radicalmente la norma sulle nomine dei direttori delle Agenzie con un blitz nelle tenebre – così è stato definito dalla maggioranza – imponendolo al Parlamento e costringendolo con un voto di fiducia. Lei stesso ha fatto quel blitz, modificando una legge che oggi dice essere competenza esclusiva del Parlamento. Di cosa parliamo? Vogliamo capirlo anche noi, perché questo linguaggio, le accuse, le recriminazioni e questo furor di sciabole non fanno piacere al Parlamento.
Colleghi cinquestelle, ogni pagina che voltate è sempre più torbida, più misteriosa e più intrigante: altro che trasparenza; il Paese lo deve sapere e deve capire, in conclusione, perché in questa verifica, più importante della compagine di Governo, più importante del recovery fund e più importante persino della … (Il microfono si disattiva automaticamente) … ai Servizi segreti.
Cosa nascondete o minacciate tra di voi? Il Paese lo deve sapere e lo saprà, state sereni – lo dico a Renzi anzitutto, che utilizza questo linguaggio, ma anche al presidente del Consiglio Conte – e state entrambi tranquilli, perché noi accerteremo i fatti. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mangialavori. Ne ha facoltà.
MANGIALAVORI (FIBP-UDC). Signor Presidente, onorevoli senatori, dispiace effettivamente che non ci sia il presidente del Consiglio Conte.
Voglio leggere brevemente alcune illuminate dichiarazioni abbastanza recenti di uno statista, che risultano assolutamente attuali e che dovrebbero guidare la vostra condotta politica in questo momento, signor ministro Di Maio: in Italia, oltre ai furbetti del cartellino, ci sono i voltagabbana del Parlamento (Applausi); dal 2013 al 2017 ci sono stati ben 388 cambi di partito, un vero e proprio mercato delle vacche, che va fermato; molti Governi si sono tenuti in piedi e hanno fatto provare le peggiori porcate proprio grazie ai voltagabbana; le leggi più vergognose della storia della Repubblica si sono votate proprio grazie ai traditori del mandato popolare; chiamatelo come volete, vincolo di mandato, serietà istituzionale, rispetto della volontà popolare; a nessuno è negato il diritto di cambiare idea, ma, se lo fai, torni a casa e ti fai rieleggere. Questa era la prima dichiarazione di uno statista: era il 2017 quando queste parole venivano pronunciate da un noto intellettuale italiano e attuale politico, la cui identità sveleremo da qui a breve.
E ancora, un’altra chicca: basta il mercato delle vacche grasse, è arrivato il momento di introdurre il vincolo di mandato. Dispiace che qualche Ministro sia – non so se volontariamente – distratto.
Ancora: faremo una modifica costituzionale e inseriremo il dettato della Costituzione del Portogallo che, all’articolo 170, dice che chi entra in Parlamento con un partito e poi lo cambia se ne torna a casa.
È perfino superfluo e inutile specificare l’identità di questo teorico della coerenza politica. Queste appassionate quanto giacobine dichiarazioni erano dell’attuale ministro degli esteri, onorevole Luigi Di Maio. Ebbene, oggi quel politico, attualmente Ministro degli esteri, per giustificare una delle più squallide operazioni di palazzo da voi messe in atto, usa invece parole ricercate e assolutamente ipocrite: abbiamo migliaia di vittime per il Covid-19, un livello di contagio preoccupante e un recovery fund da spendere. A dire il vero, ancora dovete strutturarlo, il recovery fund. E poi prosegue: i valori europei della solidarietà, della protezione, della dignità umana e dell’uguaglianza devono accomunarci nel progetto di portare avanti l’Italia in un momento così difficile. Quindi, tutti i costruttori – non più vacche grasse – che vogliono contribuire al rilancio del Paese sono i benvenuti.
Ecco, i parlamentari che prima cambiavano idea erano voltagabbana, traditori e bestiame in vendita al mercato delle vacche. Adesso, invece, diventano nobili costruttori. (Applausi). Cade oggi, quindi, l’ultimo dei falsi baluardi di un MoVimento 5 Stelle ancora più falso, nato con principi in teoria validi, ma clamorosamente e giornalmente smentiti dalla realtà e dal vostro comportamento.
Faccio qualche esempio: mai con il Partito Democratico o con il partito di Bibbiano, avevate detto. E invece sì con il PD. No ad alleanze! Sì ad alleanze. No con indagati; sì con indagati. No TAV. Sì TAV. No Ilva. Sì Ilva. No TAP. Sì TAP. Potrei continuare: sì allo streaming, avevate detto, ma non vi si vede più sul web.
A inizio legislatura avete avuto il coraggio di espellere dal vostro movimento qualche senatore perché non aveva versato i rimborsi. Abbiate il coraggio di dirlo, che adesso ve lo state riprendendo. Quindi, quei principi che decantavate e sbandieravate, rispetto a una presunta lealtà verso il movimento, adesso sono cancellati. Chi era fuori dal MoVimento 5 Stelle, come il senatore Buccarella, che si è anche prestato pure prima a intervenire, adesso viene ripreso dalla seconda porta e fatto rientrare dal presidente Conte.
Di queste dichiarazioni potrei elencarne altre, che riguardano il Presidente del Consiglio o il Partito Democratico, rispetto alla coerenza, ma purtroppo il tempo me lo impedisce. Questo, però, dovrebbe bastare, se aveste un minimo di dignità, a farvi vergognare e a chiedere scusa a tutti quegli elettori ai quali avevate chiesto un consenso illudendoli di una rivoluzione e che oggi, invece, si trovano davanti al peggior partito che la Repubblica italiana abbia mai potuto vedere. (Applausi).
Oggi avete decapitato dunque anche l’ultimo principio: “no vacche grasse, no voltagabbana” oggi diventa “sì costruttori”. Vergognatevi! (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Floridia. Ne ha facoltà.
FLORIDIA (M5S). Signor Presidente, signor presidente Conte, signori Ministri, onorevoli colleghi, devo iniziare il mio intervento partendo da un evidente vulnus. Stia tranquillo, signor presidente Conte, non è quello democratico di cui l’hanno accusata. Questo di cui parlo lo è semanticamente, perché è un danno, una ferita inferta dall’attuale crisi al nostro Paese. Dopo il danno, però, c’è la beffa di non averne capito le motivazioni.
Ho visto lo sforzo di spiegarne a televisioni unificate e in conferenza stampa le irragionevoli ragioni; ho notato anche una certa spettacolarizzazione, evidentemente necessaria, che serviva a motivare la crisi da parte di chi l’ha innescata. Mi perdonerete, però, se non l’ho ugualmente compresa. Sarà perché sono una semplice cittadina prestata alla politica e non un politico di lungo corso, ma a me, in piena pandemia, una crisi appare comunque insensata.
È stato detto anche in quest’Assemblea che una crisi serve per parlarsi e mettere al tavolo i temi. No, colleghi, per parlarsi servono le parole e non le crisi. È stato spiegato che questa crisi serve per mettere nero su bianco le difficoltà di una maggioranza già in crisi. No, non c’era alcuna crisi in atto. Era ed è, me lo perdonerete, liturgia democratica conseguente al cosiddetto rosatellum, cioè diverse forze politiche che con fatica dialogano usando le parole e trovando una strada comune per il bene del Paese. (Applausi).
Questa crisi serviva per spiegarci che la Costituzione non è una storia su Instagram. Tranquilli, tutti noi abbiamo già chiarito in merito all’importanza della Costituzione e al fatto che essa non è una storia su Instagram con il referendum del 2016. (Applausi).
Di certo però, colleghi, vi prometto che imparerò a comprendere la sintassi e l’arte di questa politica contemporanea, se questa è, almeno per comprenderla, non per emularla. Imparerò perché l’arte della politica – alta o bassa che sia – si può imparare, mentre la leale collaborazione no, quella ce l’hai o non ce l’hai. (Applausi).
Alla fine, dinanzi a tanta caparbietà nel voler spiegare e davanti al mio stupore di non sapere esattamente e non capire, ho chiesto di parlare con il ministro Spadafora per vedere se è possibile inserire tra gli sport estremi l’arrampicata sugli specchi con scivolata tripla, ovviamente con fuoco pandemico sotto, per vedere l’effetto che fa. (Applausi). Signor Presidente, è sulla caduta e messa a terra degli atleti e dei cittadini che nutro qualche timore. Vedremo.
Signor Presidente, colleghi, se in conseguenza di questa crisi dovessimo tornare tutti a casa, lo farei a fatica e non perché un mestiere non ce l’abbia. Io un mestiere ce l’ho da quasi vent’anni e mi riporterebbe dritto in una classe di ragazzi di età compresa tra i sedici e i diciotto anni. Con quale faccia tornerei? A dire cosa a quei ragazzi? Che abbiamo fermato tutto mentre i loro genitori avevano i negozi chiusi e i loro nonni morivano? (Applausi). Cosa devo dire ai miei ragazzi in classe?
Per l’onore di essere qui, fatemi tornare in classe quando sarà tempo e potrò raccontare la grandezza di questo Parlamento. (Applausi). Fatemi tornare in classe quando potrò raccontare che l’Italia è stata grande, al di sopra di se stessa.
Da che parte vogliamo stare, colleghi? Dalla nostra piccola, partitica, limitata parte o da quella degli italiani, cioè di tutti noi? Oggi è tempo di essere non egoici, ma eroici. Oggi si sceglie cosa essere o diventare. Confido in noi e in voi, che avete più esperienza di me. Infatti, signor Presidente, sono certa, che oggi troverà dalla sua parte molti colleghi, perché nelle Commissioni ne ho sentito il peso, il valore e la forza e so che molti sceglieranno in coscienza e avranno la capacità di scegliere ciò che è giusto. Non posso parlare per loro, però, bensì per il MoVimento 5 Stelle, che, dinnanzi al patto di legislatura, alla visione di questo Governo, ai provvedimenti portati avanti e ai quelli in fieri, a un Paese lanciato su investimenti green, a nuove strutture digitali, a sempre più risorse per la scuola e a una medicina territoriale, nonché, signor Presidente del Consiglio, per un Paese sempre più europeista, con questa nuova Europa anche da noi rifondata grazie a lei, sarà sempre al suo fianco, perché lei è leale e serio. (Applausi).
La grandezza in pandemia serve e non si improvvisa, ma si dimostra. Visto che le crisi non trasformano le persone, ma le rivelano, oggi in quest’Aula ognuno si rivelerà per ciò che è. Colleghi, è vero che indietro non si torna e il velo è caduto, ma non è il re a essere nudo, siamo tutti noi, davanti alla crisi e a ciascun cittadino italiano; tutti noi siamo nudi davanti al virus.
Avviandomi alla conclusione, visto che qualcuno ha osato alzare questo polverone letale con la frase di una fiaba, mi lasci ricordare a tutti noi e anche ai nostri bambini che sono a casa che le fiabe non servono per insegnare loro che al mondo esistono i cattivi, i mostri, i draghi, gli irresponsabili e i virus; questo i bambini lo sanno già, come lo sappiamo noi. Le fiabe servono a insegnare loro – e anche a noi grandi – che i cattivi, i draghi, i mostri, gli irresponsabili e anche i virus si possono sconfiggere. (Applausi). Raccontiamo questa fiaba agli italiani. Noi siamo con lei. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Lonardo. Ne ha facoltà.
LONARDO (Misto). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, mai nella vita avrei immaginato di fare oggi l’elogio del senatore Salvini e del suo coraggio della responsabilità, che gli riconosco. Gli do atto che, dopo un mese dalle elezioni, riuscì, con sprezzante senso del pericolo mediatico, a rompere il patto di solidarietà politica con Forza Italia e Fratelli d’Italia e fece da costruttore per l’inedita alleanza con gli odiati cinquestelle. Si disse, da Sinistra, che l’operazione era trasformista e che lui somigliasse molto a Mastella, che tanto aveva criticato. Poi la legislatura andò avanti in modo stentato: nonostante i numeri elevati del sostegno parlamentare, le liti, le logiche e l’incomunicabilità crescente portarono alla divisione e alla rottura politica.
Anche allora – e non c’era il dramma esistenziale e umano del Covid – il Paese rumoreggiava e la collera montava contro le istituzioni. Ecco, con un colpo di genio, salire sul palcoscenico un protagonista indiscusso, Matteo Renzi. Eletto col PD, lascia quel partito, ne fonda uno suo e realizza un capolavoro politico: con il coraggio della responsabilità mette assieme i guelfi e ghibellini, dimentica le cattiverie lessicali e le denunce giudiziarie da parte dei cinquestelle e, miracolo, fa un Governo con loro. I boatos da Destra gridano allo scandalo; alcuni ben noti media e alcune vergini della moralità politica ferita dicono che imita Mastella.
L’onorevole Meloni, con fare plateale ieri alla Camera, ha parlato con disprezzo di una linea aerea della famiglia Mastella. Desidero quindi ricordare all’onorevole Meloni, che con ipocrisia se n’era dimenticata, ma anche all’Assemblea oltre che agli italiani, che utilizzò il confortevole aereo Scilipoti per conservare il suo posticino di Ministro nel Governo Berlusconi (non lo dimentichiamo), che resse, dopo il duello con Fini, solo grazie all’apporto di Scilipoti. Incredibile dimenticanza, per una donna senza macchia che fa della moralità un ipocrita cavallo di battaglia.
Per la storia, la Meloni fece il ministro grazie a Scilipoti. Perché non ebbe crisi di coscienza? Perché non fece l’eroina, dicendo no ai voti che arrivarono dall’altra parte? Perché non si è vergognata di volare con le linee aree Scilipoti? Anzi, saremmo curiosi di sapere come si stava sull’aerobus di Scilipoti. Che doppiezza morale! Ma ci faccia il piacere, per dirla alla Totò! Una doppiezza e un livore totalmente immorali!
Arriviamo a oggi. Il Paese è terribilmente segnato da un’apocalisse sanitaria e sociale; i partiti che sostengono il Governo non si salutano politicamente più; c’è in giro un senso di smarrimento senza precedenti. (Il microfono si disattiva automaticamente). Signor Presidente, la prego di darmi un minuto, perché tutti hanno parlato di più.
PRESIDENTE. Le era già stato concesso prima che lo chiedesse.
LONARDO (Misto). La ringrazio tanto, Signor Presidente, lei è sempre tanto gentile.
Un gruppo di parlamentari, con il coraggio della responsabilità, lo stesso mostrato da Salvini e da Renzi in altri momenti, fa scelte non di avallo alla forma di Governo, ma di amore per il Paese, e si grida allo scandalo. C’è una sostanziale differenza, però: Salvini diventa responsabile e comandante con il grado di vice premier; Renzi tenta di calcificare la sua esperienza nata da non molto con una pattuglia di Ministri e questa mia responsabilità – parlo per me – non ha chiesto nulla, non chiede nulla, non chiederà nulla e non avrà nulla. Faccio questo perché chi, come me, è partita da ragazzina per l’estero come migrante con la sua famiglia ha sempre avuto per l’Italia distante un affetto smisurato. La lontananza fa ragionare così, signor Presidente del Consiglio.
Oggi il Paese richiede da chi lo ama non crisi di Governo, ma slanci generosi e governabilità; è stremato, sanguinante, spaesato, la ruota quadrata non gira più, la forbice tra ricchi e poveri si allarga … (Il microfono si disattiva automaticamente). La classe media avanza a fatica e balbetta nell’insicurezza. Il bisogno è più marcato: mezzo milione di disoccupati in più.
Per queste ragioni, mi sento responsabile e costruttrice – ditelo come volete – e darò il mio voto al Governo europeista del presidente Conte. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Lomuti. Ne ha facoltà.
LOMUTI (M5S). Signor Presidente, illustri colleghi, membri del Governo, signor Presidente del Consiglio, nei prossimi mesi l’Italia si gioca tantissimo del proprio futuro sociale ed economico.
Siamo a una svolta improvvisa e anche drammatica della nostra storia. Negli scorsi anni abbiamo tutti creduto che la crisi finanziaria globale del 2007 fosse destinata a diventare per l’immaginario collettivo della nostra generazione quello che la grande depressione, seguita al crollo di Wall Street del 1929, è stata per la generazione dei nostri nonni, ma non avevamo fatto i conti con il coronavirus, che ha generato una crisi mondiale senza precedenti, ha determinato nuove disuguaglianze sociali e ha complicato anche l’agenda politica del Governo.
Signor Presidente, ringrazio lei, i Ministri e i tecnici per ciò che avete fatto, state facendo e che continueremo a fare insieme. Siamo stati i primi a introdurre il lockdown, una misura che ha generato sofferenza, ma che è stata necessaria. Plaudo alla scelta di tutelare la salute per tutelare l’economia. Ciò avveniva quando qualcuno qui dentro soffriva di schizofrenia comunicativa. Più di 150 miliardi sono stati messi in campo per tutelare le famiglie, le imprese e i lavoratori. L’Italia è la prima nella somministrazione dei vaccini. Abbiamo realizzato il superbonus per rimettere in moto l’edilizia attraverso la riqualificazione energetica di tutto il Paese, senza contare il ruolo importantissimo che ha avuto il reddito di cittadinanza, che va potenziato e migliorato nell’ottica delle politiche attive del lavoro. (Applausi). Purtroppo, non ho tempo per menzionare tutte le azioni.
Signor Presidente, è grazie a lei se è cambiato il paradigma dell’Unione europea nei confronti degli Stati membri: non più rigorista, ma inclusivo. Il Next generation EU ne è la prova.
Certo, c’è ancora tanto da fare, ma lei, signor Presidente, è la persona giusta al momento giusto (Applausi), perché dubito seriamente che qualcun altro al suo posto sarebbe riuscito a ottenere dall’Europa 209 miliardi da investire nel proprio Paese. La prima sfida che non possiamo perdere è proprio quella del recovery plan: 222 miliardi di euro spalmati su tre assi (digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale). E tutto vede il cittadino al centro della politica. Non abbiamo smesso di lavorare: a breve ci saranno lo scostamento di bilancio e un nuovo decreto ristori.
E allora perché questa crisi? A mio avviso, la causa sta nella troppa personalizzazione della politica, cioè quando all’interesse delle persone, delle famiglie, delle imprese e dei lavoratori viene anteposto quello del partito o della propria persona. È quanto già successo nel 2019, quando la storia di chi avviò quella crisi prevalse sugli spiriti nobili della politica; una storia che, al di là dei giornalini e delle televisioni genuflesse, racconta la sua inaffidabilità e la sua poca, pochissima credibilità. E questo fa male, colleghi, alla politica e, di conseguenza, al Paese.
Apprezzo la trasparenza del suo appello, portato in quest’Aula con il suo programma. Mi meravigliano le critiche da parte di chi la accusa di mercanteggiare parlamentari; quelle critiche vengono da chi ci ha governato con Razzi e Scilipoti, da chi in questa legislatura ha davvero sfilato senatori alle altre compagini politiche. E ai colleghi di Fratelli d’Italia rivolgo un invito: non venite qui a rifarvi una purezza politica che non avete. (Applausi). La vostra leader ha alle spalle una lunga carriera politica, fatta di tagli ai danni dei cittadini italiani nella scuola, nella sanità e nelle infrastrutture; c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ha votato in Consiglio dei ministri il MES, quando era Ministro, e il pareggio di bilancio, anche se adesso vi fingete contrari per fare opposizione. Ha votato il Trattato di Dublino, che penalizza l’Italia nella gestione dell’immigrazione. Ha fatto parte di quella maggioranza che ha votato in Parlamento la parentela tra Ruby e lo zio Mubarak.
Ma veniamo a noi, signor Presidente del Consiglio. Lei è qui alla luce del sole – ecco la differenza – con una proposta chiara e precisa, in piena trasparenza. Vediamo chi ci sta; è il giorno delle scelte. Noi siamo al suo fianco. Abbiamo ascoltato con molta attenzione ogni sua parola, perché ogni parola qui oggi sarà un pezzo di futuro dell’Italia. Il suo programma e il suo appello, semplici e chiari, hanno la nostra fiducia, perché parlano finalmente di un nuovo mondo.
Signor Presidente, mi lasci formulare alcune considerazioni. Mi fa molto piacere il suo riferimento al Sud, perché c’è una questione meridionale ancora aperta. Con un Sud forte, l’Italia sarà ancora più unita. Questo possiamo farlo solo noi, non chi nella sua genesi ha l’odio verso il Meridione e avrà generato pure qualche rappresentante istituzionale al Sud, ma non si rende conto di essere solo un ossimoro politico vivente. Vanno bene la tutela delle minoranze linguistiche (la comunità Arbereshe, ad esempio, che è patrimonio del nostro Paese, attende questo intervento) e l’attenzione al rispetto delle norme per la tutela dell’ambiente. Serve inoltre una forte riforma della macchina dello Stato. Adesso andiamo avanti con digitalizzazione, innovazione, rivoluzione verde, transizione ecologica (spingiamo sull’idrogeno verde), infrastrutture per una mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, inclusione e coesione. Rafforziamo la sanità e interveniamo sul Titolo V della Costituzione.
Signor Presidente, se è vero che il modo in cui scegliamo di vedere il mondo è il modo in cui il mondo sarà, allora in questo progetto di rinascita dell’Italia siamo con lei: per noi la fiducia nei suoi confronti resta immutata. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gasparri. Ne ha facoltà.
GASPARRI (FIBP-UDC). Signor Presidente, il Conte I era per il sovranismo e ci spiegò che la Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo (lo sapevamo). Il Conte II ha decretato morte al sovranismo. Il Conte I diceva “viva Trump” e qualcuno l’accusava addirittura di loschi traffici con lui. Il Conte II dice “viva Biden”. Dica anzi a Biden di lasciare un po’ di vaccini della Pfizer per l’Europa, visto che pare vadano più alla sua corte che qui. (Applausi).
Arlecchino fu servitore di due padroni. Lei potrebbe andare oltre la fantasia goldoniana e fare il Presidente recordman, come dice Monti, di tre maggioranze.
Lei dice di avere un chiaro progetto: quale? Abbiamo avuto in percentuale più morti di altri Paesi. Sui vaccini, come altri Paesi, stentiamo. Guardate Israele che sta facendo. Non ci sono ristori adeguati, perché questo è avvenuto. Lei parla di forte contenuto ideale, di voltare pagina e ci concede – bontà sua – di discutere il recovery plan in Parlamento. Ma è un dovere della democrazia confrontarsi con il Senato e con il Parlamento (Applausi), e non una concessione di Conte. La legge di stabilità però ce l’avete fatta esaminare in un giorno: questa è stata la trasparenza del Parlamento.
Lei fa gli esami di europeismo: a chi? A noi? Forza Italia fa parte del PPE e rivendica, con Berlusconi e Tajani, l’azione perché si dessero soldi ai Paesi che hanno sofferto per il virus venuto dalla Cina. (Applausi). E non si arroghi meriti che non ha. Lei è stato bocciato agli esami di europeismo: oggi – prenda i giornali – Gentiloni, vostro amico, ha bocciato il piano sul recovery plan perché non ci sono cronoprogrammi e proposte serie. Senatore Monti, ha letto i giornali oggi, lei che ha dato il timbro di europeismo a questi somari? Questo è successo.
State in ginocchio davanti alla Cina, che nega la libertà e la democrazia, che fa concorrenza sleale alle aziende italiane ed europee. Avete abbandonato le partite IVA e, quando non state in ginocchio davanti alla Cina, state in ginocchio davanti ad Amazon, a Google, a Facebook: in questi giorni si doveva pagare la web tax e non è stata pagata. Lo avete fatto apposta o perché siete incapaci? Credo che ci sia qualcosa sotto. (Applausi).
Lei parla di ritorno al proporzionale, ma non ci sarà questa restaurazione, perché il centrodestra unito, che persegue le ragioni del bipolarismo, della democrazia diretta, del presidenzialismo, così come Berlusconi indicò molti anni fa, vuole dire no a una legge che serve solo al trasformismo. Altro che apertura verso alcuni settori del centrodestra: è esattamente il contrario. E, siccome la legge elettorale appartiene al Parlamento, sarà il Parlamento ad impedire questa restaurazione.
Ha scoperto i cattolici, ma cosa ha fatto per la famiglia, per tutelare la vita nascente, per tutelare i bambini e le madri che non hanno sostegni? Nulla, nulla. (Applausi). Meditate eutanasia e altro, e avete ripristinato nei giorni scorsi l’orrenda dicitura «genitore 1» e «genitore 2»: questa è la vostra politica per i cattolici, e lo sanno tutti. Guardi: lo sa anche la mia amica Paola Binetti.
Avete assistito inerti alla svendita di aziende italiane. Ora anche l’Iveco dovrebbe essere venduta. Avevate festeggiato il futuro della Whirlpool. Ebbene, andate oggi con Di Maio alla Whirlpool in Campania che sta per chiudere i battenti. Avete assistito – lo dico ai colleghi che difendevano i consumatori – alla vergognosa nomina di Padoan, che è andato dai banchi del Parlamento del PD alla Presidenza di Unicredit per coprire le magagne del Monte dei Paschi di Siena (Applausi), dei disastri fatti a spese dei cittadini dalle gestioni – caro Monti – del PCI-PDS-PD. La sapeva questa? S’è accorto di questo sconto? Padoan, Unicredit, MPS. I docenti di conflitto di interesse sono in ferie?
Dovevate aprire la scatoletta di tonno del Parlamento, ma siete riusciti nel prodigio di sigillarla dall’interno. Vi daranno il premio Nobel dell’ingegneria! (Applausi). Vi siete sigillati e avete risaldato la scatoletta: questo avete fatto.
Avete abusato di decreti, di voti di fiducia, di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Voi grillini siete la supercasta: eravate contro il problema del trasformismo, eravate per il vincolo di mandato e state inseguendo tutti. Caro presidente Conte, non sono costruttori: non abusate del termine usato da Mattarella. Quelli che rincorrete sono i palazzinari (Applausi), quelli che facevano le case abusive e non hanno la licenza edilizia. Non è che con qualche palazzinara in più lei va lontano.
Anche noi pensavamo di andare lontano in Parlamento, o Prodi anni fa; erano diversi i senatori a vita, ma il sistema e l’applauso erano gli stessi. Per cui non è che arruolando più Fantetti che Fantocci andrà lontano; né con i moderati lombardi di Sala e Tabacci. Adesso Di Maio cambierà nome e si chiamerà “Di MAIE”; come lei era «Giuseppi», “Gigino” si chiamerà “Di MAIE”, avrà un nuovo nome.
Questo è il Governo “Di MAIE”!
Un ultimo appello: solidarietà alle maestranze della piattaforma «Rousseau», che sono in sciopero; non interpellano il popolo grillino per sapere che cosa ne pensa, con le dirette streaming. La piattaforma «Rousseau», che avete usato per giudicare i voti anche della Giunta che presiedo, ora è in sciopero. Saranno stati licenziati. Avete cancellato la democrazia per stare qui dentro.
Ieri sera, presidente Conte, La7 ha trasmesso il film «L’arte di arrangiarsi». Io non so se l’hanno fatto pensando a lei; è un vecchio film di Alberto Sordi, che faceva il socialista, il fascista, il comunista, il democristiano. L’ho rivisto dopo tempo. La differenza è che Alberto Sordi era un grande attore e faceva ridere. Lei fa piangere l’Italia e per questo voteremo no. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Romeo. Ne ha facoltà.
ROMEO (L-SP-PSd’Az). Signor Presidente, Presidente del Consiglio, membri del Governo, onorevoli colleghi, una premessa è doverosa. Noi pensiamo ci sia una distanza siderale tra il Paese reale e il Palazzo. Nel Paese reale abbiamo gente che non ce la fa più e che, se va bene, fa il 10 per cento del fatturato dell’anno scorso; abbiamo code davanti alla Caritas, il ceto medio sta crollando, la gente è esasperata. Signor Presidente, molte persone si auguravano un inizio di 2021 decisamente migliore. Dall’altra parte, invece, c’è il Palazzo, che fa di tutto per conservare il potere, il potere per il potere. Davvero uno spettacolo indecoroso. (Applausi).
Abbiamo visto in questi giorni tentativi di convincere parlamentari, improvvisi sblocchi di risorse in quel di Benevento, che è diventato l’ombelico del mondo da qualche giorno a questa parte. (Applausi).
È davvero tutto incomprensibile da parte di tantissimi cittadini. E poi tutto questo trionfalismo: signori, siamo sull’orlo di una rivolta sociale, c’è poco da festeggiare. Fra poco ci vengono a prendere e non sto scherzando. Questi sono i rischi veri della politica. Tenete a mente quello che sto ora dicendo. (Applausi).
Ma veniamo al suo discorso, signor Presidente del Consiglio. Devo dire che i suoi discorsi sono abbastanza simili. Mi sono riletto quello del 10 settembre 2019 e le parole sono sempre le stesse, e le ho segnate perché sono veramente molto carine: «lavoriamo per l’interesse nazionale», «società più equa ed inclusiva», «programma da riformare», «nuovo umanesimo», che oggi invece è diventato il primato della persona, «vocazione europeista», bla, bla, bla, bla. Presidente, ci spiega che cosa ha fatto – a parte i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri – in questo anno e mezzo di Governo? Lo vuole spiegare agli italiani? (Applausi).
Sento dire che questa maggioranza ha raggiunto convergenza di vedute e risolutezza di azione. Scusi, Presidente, ma lei dove vive? Il suo Governo è il Governo dei rinvii, del «salvo intese», dell’immobilismo, dell’incapacità di agire. Mi spiega che fine ha fatto la riforma della giustizia? Mi spiega, dopo un anno e mezzo, lo sblocca cantieri, visto che non sono ancora stati nominati i commissari per sbloccare le grandi opere? (Applausi). Mi dice, lei che detiene la delega in materia, dov’è uno straccio di bozza di riforma del codice degli appalti? (Applausi).
Ci dice dove sono la riforma della pubblica amministrazione e la riforma fiscale? Lei, nel suo discorso, ci ha detto che c’è stata la pandemia e quindi avete dovuto avere altre priorità. Presidente – ma mi rivolgo a tutti i colleghi – le riforme sono fondamentali per uscire dalla pandemia. Quando voi parlate del recovery fund (20 miliardi da una parte, 30 da un’altra, 40 da un’altra e 50 da un’altra ancora) va bene, ma sappiate che, se non fate le riforme – chiedetelo al senatore Monti, che si intende di questioni europee – e cito la riforma della giustizia, la riforma della pubblica amministrazione e la riforma del lavoro, l’Europa non vi dà i soldi e non ce li dà. (Applausi).
Questo è il problema vero. Non ci danno i soldi dall’Unione europea! Non basta fare un documento scritto di trecento paginette in cui elencate quali sono i vostri progetti, perché ci sono delle condizionalità chiare ed evidenti, che sono quelle di fare le riforme.
Allora, Presidente, come è possibile che riesca a fare, con un manipolo di responsabili, quelle riforme che in un anno e mezzo di tempo non è riuscito a fare? Mi spiega come sia possibile? Lei fa un appello ai socialisti, ai popolari, ai riformisti, ai liberali. Signori, ma ci rendiamo conto a quale tipo di Governo si va incontro con una situazione del genere? Alla fine vorrebbe dire conciliare posizioni diametralmente opposte.
Sul tema della giustizia, come si fa a conciliare il garantismo della cultura tradizionale di centro con il giustizialismo di Bonafede e di Travaglio? Come è possibile? Sarebbe impossibile. (Applausi).
Sul tema della famiglia e delle politiche per la famiglia, ma come si fanno a conciliare i valori di madre e padre con genitore uno e genitore due? (Applausi). Ma come è possibile? A tutto c’è un limite. Non si possono mettere insieme il diavolo e l’acqua santa.
Allora, Presidente, non è neanche più credibile il vostro appello alla vocazione europeista, e glielo dico con tutto l’affetto possibile. Le stesse cancellerie europee non ne possono più di lei: sono indispettite per i bonus e le mancette che continua a spendere; la spesa improduttiva è esattamente l’opposto di quello che l’Europa ci chiede. (Applausi). Questa è la verità; 20 miliardi su 40 miliardi di manovra economica.
Diciamoci poi che anche sugli incontri bilaterali lei è penultimo nella classifica. È uscita di recente la testimonianza che l’Italia in Europa è assolutamente isolata. Cambiate registro, tale questione non c’è più. Le stesse cancellerie non vi vogliono più, sono stanche.
Presidente, non si può neanche dire che prendiamo un voto in più e poi vediamo quel che succede, alla ricerca sostanzialmente di un Conte la qualunque, un Governo che è di carta. Ma vergogna! Un minimo di decenza! (Applausi).
Il Paese ha bisogno di una guida sicura e decisa, con una prospettiva. Siamo in piena pandemia, in piena crisi economica. Ci vuole un Governo saldo e con una guida certa; quello che sicuramente oggi lei non ha. Ne prenda atto, rispetto a quella maggioranza politica di cui parlò tanto il Presidente della Repubblica nell’agosto del 2019. Senza Renzi, quella maggioranza politica non c’è più (Applausi). Ne prenda atto e rassegni le dimissioni (Applausi), a maggior ragione se non arrivate neanche a 161 voti. Sarebbe un atto politico grave non avere la maggioranza assoluta.
Avete paura del voto. Qualcuno dice che c’è paura del voto. Lo sapete benissimo che non si andrà a votare. Magari, potremmo dire noi. Sapete bene che non si andrà a votare. Figuriamoci se non ci sono un piano b, un piano c, un piano d, un piano e. Figuriamoci se andiamo a votare oggi che il centrodestra è maggioranza nel Paese. Non ci credo. (Applausi). Presidente, si tratta solo di capire se c’è un’alternativa al presidente del Consiglio Conte, un’alternativa a questo Governo. Bene, diamo la parola al Capo dello Stato: sarà lui a valutare e a verificare quello che sta per succedere in maniera molto trasparente e palese.
Mi avvio alla conclusione del mio intervento. È possibile, Presidente, che l’Italia sia sua ostaggio e gli italiani dei suoi DPCM? Per la maggioranza giallorossa sembra che questo Conte sia davvero intoccabile. Io sinceramente non me lo spiego, perché il PD si butta tra le sue braccia, quando sa benissimo che col sistema proporzionale farà il suo partito e gli porterà via anche un po’ di voti. È veramente difficile capire questa. Bisognerebbe ogni tanto tenere in considerazione almeno gli interessi del proprio partito, e non dico quelli del Paese. Il MoVimento 5 Stelle è stato snaturato da Conte. Signori, parliamoci chiaro: con il Presidente del Consiglio oggi «uno vale uno» è diventato «l’uno vale l’altro». Mi sembra abbastanza chiaro. (Applausi). Questo è il tema vero che dobbiamo affrontare. Addirittura, in nome di Conte, avete sacrificato due giovani e brillanti leader come Di Maio e Di Battista. In nome di che cosa? Avete snaturato completamente un partito politico dopo che il Presidente del Consiglio è stato il primo ad aver lanciato un’Opa proprio sul Movimento 5 Stelle.
Ma dico, un po’ di dignità, un po’ di volontà di difendere quello che è sempre stato.
Come mai questo Conte non si può toccare? Chi sarà mai questo Presidente del Consiglio così intoccabile, che addirittura sembra che si muovano tutti i poteri forti – monsignori, cardinali, non voglio dire altro – per cercare in qualche modo di fargli ottenere la fiducia? Come mai un Presidente del Consiglio riesce a concentrare tutto il potere nelle mani di poche persone, azzerando le garanzie costituzionali e di fatto anche i diritti di libertà? Come vi sembra possibile tutto questo? È davvero possibile? (Applausi). A nostro giudizio no. Ricorda, vero, Presidente, quando diceva in un suo intervento che c’è bisogno di uomini non con i pieni poteri, ma con senso delle istituzioni? Proprio lei parla. Ma si dimetta solo per questo! (Applausi). È un po’ come adesso, che fa l’appello, dice che ha fiducia nei parlamentari, dopo che da un anno e mezzo del Parlamento se ne strafrega. È davvero clamorosa tutta questa ipocrisia, Presidente. Siamo sicuri, allora, che il problema fosse prima Matteo Salvini e oggi Matteo Renzi? Non le è venuto almeno il dubbio, Presidente, che forse il problema per l’Italia sia proprio lei? (Applausi).
In conclusione, prendo spunto proprio dalle sue parole, quando lei parla di una politica declinata nello spirito giusto. Presidente, sinceramente quando penso alla politica declinata nello spirito giusto, penso agli ideali che l’hanno resa alta nel corso della storia, e non a un Presidente del Consiglio che oggi dice di avere degli ideali e dei principi, ma all’occorrenza domani ne ha anche altri. Questo lo giudico sinceramente molto pericoloso per la democrazia e per tutto il nostro Paese. Lo dico senza alcun problema, così come mi auguro che il Parlamento non perda questa finestra importante di crisi politica e alla fine abbia davvero una volontà di riscatto, perché – usando uno slogan tanto caro alla sinistra – un altro Governo è possibile, un altro Presidente del Consiglio è possibile. (Applausi. Commenti).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Santillo. Ne ha facoltà.
SANTILLO (M5S). Signor Presidente, colleghi, Presidente del Consiglio e componenti del Governo, siamo nel pieno del periodo più drammatico dal Dopoguerra. Contiamo giorno dopo giorno centinaia di vittime, sebbene il vaccino cominci a illuminare la via della speranza. Nel mezzo ci sono provvedimenti anti-Covid, lo scostamento di bilancio, i ristori per un Paese provato sul piano morale ed economico.
Qualcuno, trascinato da un ego ipertrofico, ha ritenuto di dover innescare una crisi di Governo in un momento di così grande sofferenza, nel quale tutta l’Italia si aspetta forza e coesione da parte di tutte le istituzioni. (Applausi); la stessa forza e coesione che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha interpretato e ha saputo far interpretare, con il costante stimolo del MoVimento 5 Stelle, in altri momenti delicati della vita del Paese, ad esempio in occasione del decreto Genova, provvedimento intervenuto su un intero sistema infrastrutturale e stradale insicuro, perché non sottoposto alle dovute manutenzioni. La ricostruzione del ponte di Genova è diventata così un esempio per altri interventi da realizzare facendo ricorso a commissari, con norme adeguate e un perimetro ben definito. (Applausi). Si tratta della stessa forza e coesione che il presidente Conte e questo Governo hanno dimostrato – tra i tanti esempi che si possono fare – nell’ultimo decreto-legge semplificazioni, con cui abbiamo messo in campo misure per superare alcuni meccanismi oramai incancreniti, che rallentano fortemente l’attuazione dei lavori pubblici in Italia. Le nuove norme, che consentono l’accelerazione delle procedure di affidamento ed esecuzione di servizi e lavori, saranno fondamentali per concretizzare nel minor tempo possibile i progetti finanziati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, andando incontro così anche alle esigenze del senatore Romeo. Si tratta di progetti che, per le sole infrastrutture per una mobilità sostenibile, valgono ben 32 miliardi di euro.
Con le stesse misure potremo realmente colmare il gap infrastrutturale esistente tra Nord e Sud, completando – per esempio – opere ferroviarie come la direttrice Napoli-Bari; velocizzando la Salerno-Reggio Calabria, la Salerno-Taranto, la Palermo-Catania-Messina o la Roma-Pescara, e potremo realizzare interventi di upgrading ed elettrificazione delle linee ferroviarie regionali. Allo stesso tempo saremo in grado di garantire la manutenzione delle nostre strade e delle relative opere d’arte, nonché l’intermodalità e la logistica con l’obiettivo di potenziare la competitività del sistema portuale italiano. (Applausi).
Sono tutti obiettivi raggiungibili in pochi anni, che necessitano di una immediata partenza per non sprecare le potenzialità del recovery fund, ottenuto in Europa grazie alla credibilità di questo Governo, grazie a Giuseppe Conte e all’apporto costante del MoVimento 5 Stelle (Applausi). E non è concepibile inventarsi crisi senza alcun fondamento, dettate solo da un cinismo politico del tutto incompatibile con gli interessi del Paese.
Allo stesso modo è inconcepibile provare a giustificare la crisi col pretesto di contenuti inesistenti: mi riferisco all’ennesimo richiamo al MES fatto da Italia Viva. Il MES è uno strumento che non ha nulla a che vedere con il recovery plan; non suscita l’interesse di alcun Paese dell’Eurozona e, nelle condizioni in cui il nostro Paese oggi si finanzia sui mercati, non serve nemmeno a farci risparmiare sui tassi di interesse. (Applausi); uno strumento che ormai non trova il favore di alcuna forza presente in quest’Aula e quindi nessuna maggioranza accetterebbe il MES. Non serve nemmeno a reperire i fondi per la sanità, dal momento che con il recovery plan, anche grazie al contributo di Italia Viva, le risorse per la sanità sono salite a 20 miliardi di euro. (Applausi).
Il MES è un pretesto: era chiaro mesi fa ed è ancora più chiaro oggi. Il MoVimento 5 Stelle sa che quest’operazione è in grado di produrre smarrimento nei cittadini. Per questo è massima la nostra consapevolezza di dover fare quadrato intorno al presidente Conte per continuare a sviluppare i tanti progetti messi in campo per il Paese. (Applausi).
A tal proposito, non posso non ricordare uno dei volani concepiti da questo Governo e fortemente voluto dal MoVimento 5 Stelle: sto parlando del superbonus al 110 per cento. Dopo una prima fase di partenza in sordina, sia per lo scetticismo degli operatori, sia per l’esigenza di una completa e dettagliata informazione dell’opinione pubblica, finalmente si vedono i primi reali e concreti risultati: migliaia di cantieri in tutta Italia, da Nord a Sud; diverse centinaia di milioni di euro riconosciute in compensazione fiscale a tutto l’anno 2020; migliaia di imprese stanno nascendo; ancora di più è il numero delle imprese esistenti che si stanno organizzando per far fronte alle richieste di efficientamento energetico e adeguamento antisismico in tutto il territorio. A tal proposito, è notizia di questi giorni (fonte Unioncamere) che, nel 2020, il saldo tra le imprese cessate e costituite è positivo; nonostante la crisi ci sono circa 19.000 imprese in più, a dimostrazione dell’efficacia delle misure del Governo a supporto della resilienza del nostro tessuto produttivo. (Applausi).
La misura del superbonus diventa una bandiera per questo Governo, che tra l’altro sta ispirando altri Paesi europei, e vogliamo prolungarla il più a lungo possibile. Per questo motivo è e resterà uno dei punti fermi contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
Il recovery plan da 222 miliardi di euro è un fondamentale risultato ottenuto dal Governo in Europa. È inutile girarci intorno: è anche la voglia di controllo e gestione di queste risorse a nascondersi dietro l’irresponsabile tentativo di delegittimazione di un Governo che ha invece dimostrato e sta dando dimostrazione di essere sempre all’altezza della situazione. (Applausi). È incredibile esporre in questo momento il Paese al rischio di non poter risalire la china.
Rinnovo la mia fiducia al presidente Conte, perché ha già ampiamente dimostrato di possedere il profilo di cui ha bisogno il Paese per uscire da questa crisi storica. Non è il momento di mollare. Il presidente Conte non mollerà. Noi non molliamo. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Garnero Santanchè. Ne ha facoltà.
GARNERO SANTANCHE’ (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi rivolgo a lei, signor Presidente del Consiglio, anche se non le nascondo che non so a chi sto parlando. Non capisco se oggi sto parlando all’orgoglioso sovranista o al fiero antisovranista. Sto parlando, oggi, all’amico degli Stati Uniti o all’amico della Cina? Sto parlando a colui che approvava i decreti sicurezza per smantellare l’immigrazione clandestina o forse, signor Presidente, sto parlando con chi quei decreti sicurezza li ha sbaraccati, a braccetto con chi dell’immigrazione clandestina fa business? Non so, oggi, se sto parlando con colui che annunciava poderosi interventi economici a favore delle imprese o se sto parlando a colui che, nonostante la pandemia, sta riempiendo gli italiani di cartelle esattoriali. (Applausi).
Vede, signor Presidente del Consiglio, lei per me è uno, nessuno e centomila, come la maggioranza, come le sue maggioranze, che lei cambia con la stessa facilità con la quale stamattina ha cambiato la sua famosa pochette (Applausi), per rimanere incollato a quella poltrona, dove oggi ancora siede. Lei, signor Presidente, non ha valori, ma ha soltanto convenienze. Lei non ha a cuore l’interesse degli italiani: il suo interesse è di non abbandonare – come si dice a casa mia – la cadrega. (Applausi).
Se questo è triste in generale, diventa letale oggi, per la nostra Nazione, nel pieno di una pandemia. Oggi uscirà da Palazzo Madama non con la maggioranza assoluta – ne sono certa – ma forse con una maggioranza che sarà un’accozzaglia trasformista e – come ho già detto questa mattina – con un Governo “Conte la qualunque”, per cui va bene tutto e va bene per tutte le stagioni. Mi creda, signor Presidente del Consiglio, nemmeno il suo fido Rocco Casalino riuscirà a spacciare questa maggioranza degna di tal nome. Sappiamo che i suoi Governi sono nati su accordi di Palazzo, tra partiti che si erano presentati in campagna elettorale come avversari, con programmi politici contrapposti. Oggi c’è un altro elemento: tutte le rilevazioni fanno capire che non rispecchia più la maggioranza degli italiani, che – grazie a Dio – è in mano saldamente al centrodestra. Oggi non ha nemmeno il sostegno di una maggioranza parlamentare vera, politicamente decorosa e – aggiungerei – presentabile.
Signor Presidente del Consiglio, vorrei che mi rispondesse solo a una domanda: mi farebbe piacere capire che concetto ha della democrazia. Cos’è per lei la democrazia? È quella della Cina, che il suo Governo ringraziava calorosamente, dopo che ci rivendevano le mascherine, che il vostro Governo aveva regalato nella prima fase della pandemia? Forse deve ascoltare un altro elemento, che secondo noi è agghiacciante. Il suo Governo dovrà rispondere non solo economicamente, ma anche moralmente.
Signor Presidente del Consiglio, lei è un avvocato ed è educato. È brutto vederla mandare messaggi con il telefono, mentre parla un rappresentante del Senato della Repubblica. (Applausi e commenti). Capisco che l’educazione non abita più in questo Palazzo.
Vede, Presidente, quel dato agghiacciante è rappresentato dal numero 7: il 7 per cento, quello che le imprese hanno avuto dai fantomatici… (Il microfono si disattiva automaticamente). Vergogna, Presidente, quel 7 per cento alle aziende che – lei lo sa – per le chiusure hanno perso 423 miliardi di fatturato, e voi gli avete dato 29 miliardi: vergogna! Altro che costruttori! Non so se sarete ricordati dalla storia, ma una certezza ce l’ho: sarete ricordati per essere distruttori, i distruttori di questo sistema Paese, di quella straordinaria ossatura di piccole e medie imprese che state ammazzando. Questo è il tema. (Applausi).
Capisco che, pur di raccattare il voto di qualche “poltronaro” – certo, è in servizio permanente effettivo – lei ha dichiarato una cosa vergognosa in questo momento: il suo Governo si attiverà per una legge elettorale proporzionale. Le ricordo, Presidente, che dovrebbe essere il Parlamento a farlo. Poi, forse per lei il Parlamento è un’appendice della sua pagina Facebook.
Presidente Conte, lei oggi impegna il suo Governo con una legge elettorale con alle spalle un 2020 che ha visto chiudere 300.000 imprese, che ha perso migliaia di posti di lavoro, nonostante il blocco dei licenziamenti?
Avrei voluto sentire oggi che lei ci parlasse degli indennizzi, degni di questa parola, che ci parlasse dei vaccini. No, lei ci parla di legge elettorale.
Presidente Conte, sta mettendo il Palazzo contro il Paese reale, e di questo dovrà rendere conto agli italiani.
Ci aveva detto che dovevamo sopportare le chiusure, le serrate, i… (Il microfono si disattiva automaticamente) …dell’emergenza sanitaria. Bel risultato la vostra ricetta: chiudere il Paese non è servito a molto. Siamo ultimi nella pandemia economica, con un PIL meno 10 per cento, e nella pandemia sanitaria col tasso di mortalità più alto d’Europa. Concludo, Presidente.
Oggi, in quest’Aula ha detto che dobbiamo rinnovare il patto di fiducia tra cittadini e istituzioni, che deve essere reciproco, deve svilupparsi in una relazione biunivoca. Presidente, ha ragione, sono d’accordo con lei: questo patto si chiama voto.
Esca da Palazzo Madama, vada al Quirinale a dimettersi e porti l’Italia al voto. Trovi un sussulto di dignità. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Quagliariello. Ne ha facoltà.
*
QUAGLIARIELLO (Misto-IeC). Signor Presidente, colleghi senatori, signor Presidente del Consiglio, signori del Governo, di fronte alla crisi la componente che rappresento ha proposto un Governo di salvezza nazionale. A proporlo, in realtà, è la situazione eccezionale nella quale ci troviamo: supereremo presto i 100.000 morti; supereremo il 160 per cento nel rapporto tra debito e PIL; abbiamo alcune categorie (autonomi, professionisti, operatori dell’economia di prossimità) che sono letteralmente in ginocchio; abbiamo un programma vaccinale irto di difficoltà e imprevisti; abbiamo un tempo da recuperare affinché il nostro piano recovery risulti credibile in Europa.
Unità nazionale, dunque: se non ora, quando? Un Paese che si nega questa possibilità anche nell’emergenza è un Paese più debole. E noi, signor Presidente, di debolezze ne abbiamo sin troppe.
Una parte delle difficoltà che ho evidenziato sono oggettive e comuni anche ad altri Paesi. Una parte, nella nostra analisi, deriva invece da scelte del Governo che non abbiamo condiviso: dall’ambito istituzionale a quello economico fino alle scelte di fronte all’emergenza della pandemia.
È per questa convinzione, come lei sa, signor Presidente del Consiglio, che fin qui non le abbiamo mai votato la fiducia. Anche per questo, dall’opposizione abbiamo ritenuto – e riteniamo – che diverse delle argomentazioni avanzate dai colleghi di Italia Viva, iniziando da quelle sul mancato utilizzo del MES, nel merito siano condivisibili. Mentre non abbiamo condiviso e non abbiamo compreso i modi e, soprattutto, i tempi nei quali la crisi è stata da loro proposta. La democrazia non è sempre uguale. La democrazia sa tener conto delle circostanze. Averlo ignorato rischia di svilire, agli occhi dell’opinione pubblica, anche molte giuste ragioni.
La domanda che però ci siamo posti è la seguente: può una crisi sbagliata nei tempi e nei modi, che si è generata e si è sviluppata tutta all’interno della vecchia maggioranza, portare chi si è fin qui opposto al suo Governo a modificare il proprio giudizio su esso?
Presidente Conte, ieri lei ha rivolto un appello alle forze democratiche, liberali, europeiste e anti sovraniste, e lo ha ribadito oggi. È stato un appello generico, troppo generico. Mi ha riportato alla mente l’utilizzo che si faceva negli anni Settanta della categoria dell’antifascismo, tanto abusata da farle smarrire ogni significato reale. All’epoca, contro quel rischio, ci mise in guardia un grande intellettuale, comunista e conservatore, Pier Paolo Pasolini. Signor Presidente, non rinnoviamo quell’errore. La mia componente è democratica, liberale, a-sovranista europeista perché si rifà all’Europa dei padri fondatori. Non per questo, però, pensa di dover abbandonare l’opposizione.
Lei, d’altra parte, proponendo un Governo che non cambia neanche il suo numero cardinale (stiamo sempre parlando del Conte due), ha legittimamente rivendicato il lavoro fin qui svolto, quello al quale noi ci siamo fin qui legittimamente opposti. E, ovviamente, è partito dall’attuale maggioranza: MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico, Leu. Ha chiesto agli altri, citando il suo discorso, di arricchire questa base: insomma, di “aggiungersi”.
Nessuna trasformazione, dunque, né della formula, né del contesto programmatico nel quale essa dovrebbe cadere. Se non l’accenno, ancora vago, alla proporzionalizzazione del sistema.
Insomma, quella che lei ha avanzato alle opposizioni anti sovraniste (e ribadisco che noi di Idea e Cambiamo piuttosto ci riteniamo a-sovranisti, perché anche su questa categoria dovremmo intenderci) in termini tecnici non è neppure stata una proposta trasformista, come è stato detto.
Come lei infatti sa, signor Presidente, e come lei mi insegna, nella definizione che ne diede Agostino Depretis il trasformismo implicava, per l’appunto, una trasformazione; sia per chi aderiva al Governo, sia per il Governo stesso che modificava il suo centro di gravità, spostandosi, a seconda dei casi, più a destra o più a sinistra; più verso la monarchia o più verso il Parlamento.
In termini tecnici, signor Presidente del Consiglio, lei ha chiesto invece una annessione. Per questo, la risposta alla domanda se sia sufficiente constatare l’assurdità di una crisi per cambiare giudizio su un Governo, in questo caso è no. Semmai, quanto è accaduto rafforza il giudizio di insufficienza sul Governo nel quale quella crisi si è generata ed è stata alimentata e rispetto al quale si … (Il microfono si disattiva automaticamente) … chiede oggi continuità, sebbene con qualche arricchimento. Rafforza la convinzione che il Paese avrebbe bisogno di qualcosa d’altro e di qualcosa di più ambizioso.
Presidente Conte, l’Italia, in realtà, necessita di cambiamenti profondi. Siamo persuasi che il sistema politico e la stessa politica, quando finalmente volteremo questa terribile pagina della nostra storia nazionale, non saranno più gli stessi.
Metterci in gioco per rispondere a quest’esigenza non ci fa paura e non ci porterà mai a tirarci indietro. Farci annettere no. Per una questione di sostanza, ma anche di stile. E Dio sa quanto oggi c’è bisogno anche di chi, in politica, sappia preservare lo stile. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pinotti. Ne ha facoltà.
PINOTTI (PD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, onorevoli colleghi, devo ammettere che ho vissuto con sofferenza politica e personale questa crisi.
Ho vissuto con disagio il fatto che mentre il mondo e il nostro Paese stavano vivendo una difficoltà così inaspettata, terribile e inaudita, la politica, che ha responsabilità e deve rassicurare e rasserenare, diventava un altro elemento di ulteriore preoccupazione e insicurezza per i nostri concittadini.
Mi sono passate davanti le immagini della sofferenza di chi ha perso un proprio caro o di chi ha malati in ospedale e sta trepidando nell’attesa di sapere come stanno. Ho pensato anche ai ristoratori. Non so se succede anche a voi, ma quando usciamo di qui, all’ora di pranzo, vedo i ristoratori nelle vicinanze che preparano i tavoli e si vestono di tutto punto, nell’attesa di quei turisti che oggi, purtroppo, non possono arrivare.
Ho pensato ai ragazzi e alle ragazze. Noi tutti genitori abbiamo passato anni a dire di non stare troppo davanti ai video e di smetterla con il computer, i videogiochi e il telefonino. Ora, non per i videogiochi, ma perché la didattica a distanza lo richiede, stanno passando molto tempo davanti al computer, così vivendo un momento fondamentale della loro formazione privati di aspetti importanti e significativi.
Mi sono passate davanti le sofferenze degli italiani, ma anche la forza e la dignità che i cittadini ci hanno dimostrato, tutti con la consapevolezza che l’Italia vive un dramma mai vissuto e una guerra virale, per superare i quali occorre coesione. Perché, in un momento così drammatico, si dà vita a una crisi che costringe la politica a concentrarsi su se stessa, invece che utilizzare tutte le energie per sostenere il Paese e portarlo fuori dal dramma che sta vivendo? (Brusìo). Chiedo ai colleghi non di ascoltarmi, ma almeno un po’ di gentilezza e cortesia, consentendomi di parlare. (Applausi).
PRESIDENTE.Onorevoli colleghi, in effetti c’è troppo brusìo e vedo anche un assembramento non possibile all’interno dell’Aula. Colleghi, vi chiedo la cortesia di sgomberare l’emiciclo.
Prego, senatrice Pinotti.
PINOTTI (PD). Grazie, signor Presidente.
Nel nostro Paese ci sono sconcerto e incomprensione per questa crisi e devo dirvi con sincerità che è uno sconcerto che ho vissuto anche io. A che cosa è servita questa drammatizzazione? Per dire che occorre un cambio di passo? Ma noi per primi, da novembre, diciamo che occorre un cambio di passo perché con la pandemia è cambiato tutto e occorre un rilancio del Governo per essere all’altezza. Oppure per migliorare il recovery plan? Ma tutti i partiti hanno lavorato sul primo documento, portando delle proposte (lo abbiamo fatto noi, lo ha fatto il MoVimento 5 Stelle e l’ha fatto Italia Viva) e, a detta di tutti, il documento è migliorato grazie all’apporto di tutti e ancora potrà migliorare in Parlamento.
Quindi, perché una crisi? Per avere il patto di legislatura? Anche questo lo sosteniamo con forza da mesi: occorrono un chiaro perimetro, una prospettiva politica e un patto coeso e forte per sostenere un’azione di Governo che deve essere forte e all’altezza della gravitas e della situazione così difficile che il nostro Paese sta vivendo.
Pertanto, come Partito Democratico non comprendiamo i motivi di questa crisi e voteremo con convinzione la fiducia. Si deve lavorare per costruire e non per distruggere. Signor Presidente del Consiglio, noi voteremo la fiducia perché con questo Governo l’Italia ha finalmente ripreso quella parte della sua storia che è fondamentale nella sua identità. L’Italia è uno dei Paesi fondatori dell’Europa. (Applausi).
Essere protagonisti in Europa è fondamentale ed è vero che il protagonismo dell’Italia ha aiutato anche l’Europa a migliorare, a non essere più solo attenta alla stabilità e ai conti ma a capire che oggi è il momento di investire sul sociale, sul lavoro, sul green new deal, sulle nuove generazioni. Pensiamo davvero che avremmo ottenuto così tante risorse e così tanto credito con un Governo sovranista antieuropeista?
Signor Presidente del Consiglio, il Governo ha poi affrontato una difficoltà inedita, che mai nessun Esecutivo in Italia si era trovato ad affrontare. Lo ha fatto commettendo anche errori, come lei ha riconosciuto (e ha fatto bene a dirlo nel suo discorso), ma dando davvero tutto l’impegno possibile per fare del proprio meglio. Questo lo riconosciamo a lui e a tutto il Governo. Finiamola con la narrazione di un Governo fallimentare sulla pandemia. È vero che il numero dei morti in Italia è alto, ma qualcuno può imputarlo alla conduzione della pandemia da parte dell’Esecutivo? Ci sono debolezze nella sanità che si riferiscono a periodi pregressi e c’è stata una diffusione del virus che difficilmente qualsiasi provvedimento del Governo poteva immaginare o fermare. Io credo quindi che nell’emergenza pandemica il Governo, al netto degli errori che ciascuno di noi avrebbe potuto fare, si sia comportato con dignità ed onore.
Ora, signor Presidente del Consiglio, con questa fiducia che noi le rinnoviamo, le chiediamo anche di andare avanti e di farlo per una nuova e forte ripartenza, definendo il perimetro politico di una rinnovata maggioranza, che deve essere forte e coesa, con quel patto di legislatura che ha ricordato nel suo discorso. Lei ha detto che nel corso dell’attuale legislatura si potranno fare molte cose e io le sottoscriverei tutte, ma desidero sottolineare in particolare il tema delle riforme istituzionali, perché non è altro rispetto al far funzionare bene lo Stato; parlare delle regole del gioco, di come funziona lo Stato, di qual è il rapporto tra Stato e Regioni è fondamentale perché tutte le altre riforme, a cascata, possano funzionare, quindi è una parte importantissima.
Mi avvio alla conclusione ricordando che, se l’europeismo è la cornice identitaria di questa maggioranza e di questo Governo, noi adesso abbiamo bisogno di inscrivere in quel riferimento valoriale quei diritti sociali, quei diritti del lavoro, quegli interventi sull’economia che sono fondamentali per la ripartenza. I primi provvedimenti annunciati da Biden mostrano davvero un cambio di passo rispetto a quello che ha fatto Trump; in particolare, mi riferisco a quel multilateralismo che è sempre stato segno distintivo della politica italiana, nel quale noi crediamo profondamente. Oggi è importante stare nella scia di questo progressismo che non crede solo all’egoismo ma pensa che nel dialogo e nella relazione ci sia un miglioramento del mondo.
Infine faccio una richiesta a tutti noi, ma in particolare al Governo. C’è bisogno che le cose che diciamo ricadano con operatività e tempismo sulla vita delle persone. Questo è fondamentale. Capisco che mille possono essere le difficoltà, ma credo che debba essere davvero un cruccio quotidiano di chi oggi è al Governo.
Concludo con delle parole importanti di un libro biblico, il «Qohelet», che però mi sembrano molto opportune in questa fase: «C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare quello che si è piantato, un tempo per demolire e un tempo per costruire». Come ha detto il Presidente della Repubblica, questo deve essere il tempo dei costruttori e il PD continuerà a fare la propria parte. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Dal Mas. Ne ha facoltà.
DAL MAS (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, l’ho ascoltata questa mattina e in parte anche ieri; non ho visto un gran miglioramento da ieri ad oggi; il suo mi è parso un discorso di corto respiro, benché nelle intenzioni lei abbia cercato, almeno dal punto di vista lessicale, di immaginare una maggioranza che si sarebbe innervata di forze socialiste, riformiste, europeiste.
Ho trovato il suo discorso un’enunciazione, certamente legittima dal suo punto di vista, di cose che il suo Governo ritiene di aver fatto, ma priva di quella gravitas che dovrebbe essere insita in un momento straordinariamente difficile come quello attuale. In realtà, ho l’impressione che lei abbia parlato a ciò che rimane di una maggioranza che al momento si basa sull’astensione di un partito che le ha consentito di essere Presidente del Consiglio, cioè del partito di Italia Viva di Renzi. Mi pare che il suo discorso sia stato rivolto alle reclute più che ad affrontare ciò che in questo momento sarebbe necessario, cioè un Governo di respiro e di condivisione dei grandi, straordinari e drammatici problemi che ha l’Italia e della sua collocazione. (Applausi).
Abbiamo davanti a noi la prospettiva dell’arrivo di oltre 200 miliardi dal recovery plan e, rispetto a questo, la cosa più evidente è che non ci sono riforme strutturali. Il rischio è che questi denari possano diventare una trappola mortale per l’Italia, e non lo dico perché non li vogliamo. Se lei oggi può vantare il risultato di aver portato a casa questi soldi, infatti, lo deve alla presenza all’interno di questo Parlamento, di una forza come Forza Italia che appartiene al Partito Popolare Europeo e che ha in Silvio Berlusconi e in Antonio Tajani un pezzo di storia dell’Europa che ha condiviso e costruito silenziosamente anche nei nostri passaggi parlamentari. (Applausi). Quando abbiamo votato lo scostamento di bilancio, vi abbiamo dato fiducia, salvo poi vederla sgretolarsi in provvedimenti che non sempre abbiamo capito e compreso. (Applausi).
Signor Presidente, dal punto di vista delle riforme – mi spiace che non ci sia il Ministro della giustizia – è evidente che non ci siamo. Anche dal punto di vista della giustizia, di cui lei non ha parlato né ieri, né oggi, siamo in una situazione di cartongesso, come qualcuno l’ha definita. (Applausi). Sono parole del presidente emerito della Corte costituzionale Flick e non mie. Si dovrebbe preoccupare. Presidente, lei è un avvocato e un professore di diritto. Dovrebbe preoccuparsi in questa situazione, perché è chiaro che l’impostazione di questa maggioranza è la ricerca di un processo penale fondato sul capro espiatorio, di cavalli di Troia, intesi come trojan horse, quei captatori con i quali avete fatto la riforma che trasformano i telefonini in strumenti che intervengono nelle case degli italiani, attraverso le videocamere, per vedere ciò che succede nella nostra vita. (Applausi).
Ebbene, un grande stratega aveva sostenuto che l’operazione bellica più difficile fosse la ritirata. Oggi siamo nel Conte-bis, che nasce sulla base di un’apertura che Renzi ha fatto in un’intervista al “Corriere della Sera” in cui disse che nasceva un Governo contro la visione antieuropeista. Bene, subito dopo la nascita del Governo Conte-bis ci furono il problema della prescrizione e una mozione di sfiducia verso Bonafede. In quel caso ci fu l’astensione di Italia Viva.
Non so se anche oggi siamo davanti a una disfida di Barletta o a una disfida di burletta. Dovete dirci cosa state facendo. (Applausi).
Caro Presidente, io credo che nei momenti difficili si debba saper cambiare il paradigma di ciò che si ritiene sia eroico. Ed è eroico, a volte, anche fare un passo indietro, saper dare una nuova dimensione alla politica, visto che lei si presenta come espressione del nuovo, del puro, dell’immacolato. Io ci posso anche credere, perché certamente lei non viene da un’esperienza politica consumata. Bene, faccia un passo diverso, segni una svolta vera in questo Paese. Lei oggi sicuramente otterrà una maggioranza, ma sarà una maggioranza relativa e non potrà governare a lungo in queste condizioni. L’innesco è sempre lì; qualsiasi buontempone o imbecille sa mettere una bomba… (Il microfono si disattiva automaticamente) …per disinnescarla. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Stefani. Ne ha facoltà.
STEFANI (L-SP-PSd’Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi, possiamo veramente prendere atto del fatto che siamo forse nel pieno di pagine fra le meno edificanti della storia politica del nostro Paese; ci dispiace per l’Italia e ci dispiace per gli italiani. Abbiamo vissuto, nello scorso anno, uno dei periodi più terribili degli ultimi anni e purtroppo questo inizio del 2021 non pare tanto diverso dal precedente. E pensare che in questo periodo gli italiani hanno dimostrato una grandissima forza. L’abbiamo visto nella prima fase del contagio: tanta pazienza, rispetto e capacità di sacrificio. I nostri concittadini si sono fermati, in paziente attesa di un rientro a breve nella normalità. Nella seconda ondata di contagio si è rivelato ciò che nella prima ondata sembrava un dubbio e che è diventato poi una drammatica certezza, cioè che non vi era nessuna strategia per affrontare la crisi. Non è stata nemmeno raccolta l’occasione dell’attenuarsi del contagio nel periodo estivo per costruire una strategia.
Si ricordino le lettere dei Presidenti di Regione, che sottolineavano, già a maggio, come ci fosse un problema con il trasporto pubblico e la scuola. Si è arrivati a settembre con una pioggia continua di DPCM e di conflitti con le Regioni e con una serie di decreti-legge sovrapposti l’uno all’altro. Sono stati poi inaugurati questi decreti matrioska, intitolati “ristori” quasi in modo consolatorio, ma agli occhi degli italiani assolutamente derisorio. Quali possono essere, infatti, i ristori per attività che non solo si vedono negare la possibilità di lavorare, ma che non riusciranno neanche più a riaprire? Quali ristori per un’economia reale che è lanciata oggi senza sostegno verso un futuro incerto e senza prospettive? Il futuro incerto e senza prospettive, cari colleghi, è dovuto al fatto che questa politica di Governo è incerta e senza prospettive. (Applausi).
Prendiamo atto del fatto che non vi è una visione del Paese. Le aziende e i cittadini non chiedono solo di essere supportati con meccanismi di sussistenza, ma chiedono di poter vedere oltre, di progettare, di prevedere, di costruire e anche di credere. Quali sono gli obiettivi di questo Governo, che probabilmente oggi verrà confermato, se non quello di sopravvivere a se stesso? (Applausi). Quali sono le azioni qualificanti? Dobbiamo rassegnarci al fatto che forse l’unica vera azione condivisa appieno dal Governo è stata quella di mettere a processo Salvini; quella è stata l’unica ragione che vi ha tenuto in piedi. (Applausi). E le tanto auspicate riforme sono diventate solo dei foglietti propagandistici senza contenuto. Le riforme vere, quelle istituzionali e costituzionali, sono state magari solo annunciate. Ma vedendo il metodo di lavoro, anche quello di questi giorni, e la debolezza della politica (dobbiamo prendere atto che vi è una debolezza della politica), forse è meglio che nemmeno le facciate. Alla fine cosa è accaduto? Forse si è reso solo effettivo il taglio dei parlamentari, che purtroppo oggi diventa una forte motivazione, per molti colleghi, per restare qui.
Ma la debolezza e l’inadeguatezza della politica comporteranno effetti anche devastanti, perché nelle condizioni in cui si trova dovrà affrontare temi delicati, importanti e impattanti, come il tema del recovery fund. Ragioniamoci, sono fondi che sembrano imponenti, ma per raggiungere questi obiettivi occorre pianificazione, equilibro ed efficienza. E ricordate che questi fondi non sono una risorsa del Governo, non sono fondi per campagne elettorali, ma sono anche un peso e un onere che il nostro Paese dovrà affrontare in futuro. La politica non è un discorso da bar sport: occorre capacità, lungimiranza e visione; colleghi, non si governa improvvisando.
Quest’anno di enorme difficoltà ha messo in luce una grande verità: chi è grande si è rivelato grande e chi è piccolo si è rivelato piccolo. (Applausi). Oggi è evidente agli occhi dei nostri concittadini che non vi sono le condizioni per affrontare ancora la crisi sanitaria, la crisi economica e la crisi sociale. I cittadini vogliono in politica oggi capacità, progetti e strategie, e lo spettacolo che si è avuto in questi giorni sul palco di Palazzo Chigi non è forse degno degli italiani. La crisi di Governo esiste, non pensate di farla passare sotto traccia. Esiste perché non c’è una maggioranza politica, la vera maggioranza.
Se è pur vero che i voti sono individuali, un’azione di Governo si deve basare su progetti, che non possono essere fatti mediante patti con i singoli. I metodi usati oggi hanno visto mettere in campo le più vituperate e derise pratiche che qualche tempo fa i colleghi più rivoluzionari avevano indicato come il grande male della politica. Mi dispiace dirlo, ma agli occhi dei cittadini non vi è chiarezza in queste manovre e nei metodi. Si è sempre detto che non occorre solo il rispetto del diritto, ma anche l’apparenza del rispetto del diritto, e oggi, purtroppo, agli occhi dei cittadini l’apparenza è confusa. Ma che Stato avremo, che Nazione avremo se utilizziamo questi metodi? Qual è la dignità dello Stato e la dignità della politica? Oggi stiamo forse attraversando una delle più grandi crisi del sistema delle istituzioni. Il nostro Paese ha retto di fronte al terrorismo, agli anni di piombo, ha retto e combattuto la mafia, e sono i valori – quelli veri – della Nazione ad aver vinto.
Oggi abbiamo una crisi costituzionale ed istituzionale in atto che non è solo una crisi di Governo: è tutto il sistema che ha ravvisato delle crepe nelle mura che il primo terremoto ha fatto vacillare. Abbiamo cittadini confusi, rappresentanze inascoltate, politica alla ricerca di se stessa. Questa crisi della Repubblica possiamo vincerla solo con la dignità, la forza delle idee e la coerenza dei progetti. E, signori, mi dispiace, non ci siamo. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perilli. Ne ha facoltà.
PERILLI (M5S). Signor Presidente, il senatore Romeo della Lega ha concluso il suo intervento chiedendo, in maniera direi un po’ incauta, se il vero problema del nostro Paese e di quest’Assemblea in questo momento siano i due Matteo. Io direi di sì. Non è stata un’intuizione geniale. (Applausi). Ma supererai anche questo e vorrei raccontare, presidente Conte, una storia semplice. Non credo di essere il solo in quest’Aula, e direi anche al di fuori di essa, a pensare che questa crisi, sicuramente improvvisa e che va a pesare in maniera sproporzionata su un Paese che è già in ginocchio per via della pandemia, sia stata provocata in maniera sconsiderata – sostituirei un po’ di termini – più che irresponsabile, in maniera spregiudicata.
L’imbarazzo che noi proviamo è anche per l’umiliazione dinanzi non solo al Paese ma anche al mondo intero. (Applausi).
Ma non credo che sia insensata e soprattutto non credo che sia inspiegabile. Non è insensata per chi, presidente Conte, l’ha programmata, attuata e condotta nei minimi particolari all’indomani della nascita del suo Governo Conte 2; lo ha fatto con una determinazione, con un cinismo politico e con una esecuzione che è stata esattamente parallela al suo lavoro, al lavoro del suo Governo, della maggioranza e di tutti coloro i quali erano e sono impegnati a sconfiggere la crisi economica che stiamo attraversando. È stato quasi un avvelenamento a rilascio lento nell’organismo di questo Governo, nella sua figura politica, per debilitare il suo progetto e arrivare a un fine molto preciso. Tra l’altro, vi è una parola d’ordine; non dico «Conte doveva morire», ma Conte doveva essere assolutamente eliminato dal Governo, dalla Presidenza di questo Consiglio dei ministri e dal ruolo di Premier. (Applausi).
Questa è la parola d’ordine che ha circolato, non sono in quest’Aula, Presidente, ma anche al di fuori, nei comparti di interesse che hanno da perdere dalla sua politica, e – diciamocelo – in concomitanza con l’attuazione del recovery plan, che comporta la gestione di 209 miliardi di euro. (Applausi).
Questa è la spiegazione che deve essere data al Paese. Il Paese sa benissimo, e lo deve sapere, che sono prossime alcune nomine fondamentali nei consigli di amministrazione di importanti associazioni pubbliche; si sa benissimo che avere un potere interdittivo sui capitoli di spesa del recovery plan significa potere (non il verbo, il sostantivo, tanto per riferirsi a qualcuno che ha detto che c’era una differenza).
È questo ciò che è avvenuto, Presidente. Lei quindi ha fatto bene a riferirsi, nel suo discorso, a un clima, quello che ha dato vita a questo secondo Governo, che consisteva in una – come lei l’ha definita – spinta di ideali, un investimento di fiducia. Ma noi forse abbiamo fatto un errore, anche in maggioranza, a non guardarci negli occhi subito dopo aver firmato le carte, perché questo stesso intento non era presente in tutti.
La stessa attuazione del piano, naturalmente, si è giovata anche dell’egocentrismo, del narcisismo, del talento in questo del suo singolo leader. Spero, però, che, nel corso di questi mesi, coloro i quali hanno aderito a questo progetto abbiano capito l’insicurezza di chi li stava guidando. Un po’ come quella di chi guida nei mari dicendo di avvistare la terra e poi c’è sempre e solo una distesa d’acqua. Così è: sono imbarcati con colui che li guiderà, senza sapere dove vanno.
Tuttavia, Presidente, non è che sia meno grave. Lei ha fatto bene a dire che ciò che è avvenuto non si può cancellare e non lo cancelliamo neanche noi. Il Paese ha perfettamente capito qual era l’interesse sottostante, perché il cavallo di Troia di questo atteggiamento sono stati strumenti a tutti visibili, ovvero provocazioni e proposte irrealizzabili. Avete visto: si parlava del recovery plan e hanno citato il MES o il ponte sullo Stretto di Messina, tutto messo sul tavolo in maniera incongruente. Anche in questo esiste un progetto, anche in questo esiste una provocazione. Come si risponde alle provocazioni? Signor Presidente, se qualcuno la vuole fare fuori, noi la difendiamo, noi resistiamo, noi andiamo avanti. (Applausi). Proprio perché la ostacolano, noi andiamo avanti. Fa bene a fare un richiamo alla responsabilità.
Vengo, in proposito, anche al nostro atteggiamento. Ho sentito insinuazioni e questa non è l’ora delle lezioni e delle prediche, soprattutto da parte di chi non se le può permettere. (Applausi). Il MoVimento 5 Stelle non ha cambiato minimamente i propri programmi e il proprio atteggiamento già dal 2018, quando si è presentato con un programma chiaro; lo stesso programma, ampliato, dei 29 punti del Governo Conte 2 e lo stesso programma, ampliato, che il presidente Conte ha rilanciato come patto. Noi non cambiamo i programmi per le persone; noi rimaniamo su quelli e con chi ci sta facciamo un tratto di strada e un percorso. (Applausi).
Sono altri, come la Lega, che si sono presentati alleandosi con il centrodestra e poi hanno governato con noi, fino a rompere con noi. C’è stato poi il Partito Democratico e da una costola del PD è nata Italia Viva. Sono altri che stanno facendo passaggi, non siamo noi. Questa limpidezza, Presidente, questo richiamo alla funzione politica, che esplicita un programma e chi ci sta lo fa alla luce del sole, con queste idee e con questi obiettivi, è il miglior modo per poter raggiungere l’obiettivo, al di là delle insinuazioni e degli insulti.
Francamente, infatti, come si può sostenere che sia stata una rottura responsabile (espressione che peraltro è un ossimoro), motivata sostanzialmente dal fatto che Conte sarebbe un vulnus alla democrazia, perché ha fatto diventare un reality show tutta la comunicazione di Governo?
Come scordarsi – dico al Gruppo guidato dal senatore Faraone – il fatto che noi avremmo fatto delle politiche addirittura manettare o che il reddito di cittadinanza non serve a niente, che abbiamo perso tempo e che i nostri investimenti sono sbagliati?
Vedete, io non trovo sbagliato il riferimento dei giornali al leader Renzi come giocatore d’azzardo, che investe tutte le sue fortune ben sapendo alla fine di perdere tutto; noi non possiamo permettere che si faccia del gioco d’azzardo (Applausi) sul destino e sul futuro del nostro Paese perché la salute pubblica e il nostro destino non sono, e non saranno mai, un gioco d’azzardo. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Laniece. Ne ha facoltà.
LANIECE (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, la crisi di governo in piena pandemia ci permette di fare un breve bilancio di ciò che è successo nel nostro Paese in questi ultimi mesi. Se è vero che l’Italia è stata uno dei Paesi più colpiti in Europa da questa pandemia da coronavirus, mi sento di affermare che la montagna è il territorio più ferito dal punto di vista sanitario e anche sotto l’aspetto economico. In particolare la mia Regione, la Valle d’Aosta, ha subito e sta subendo delle conseguenze pesantissime, essendo la nostra economia legata al turismo invernale. Un turismo che dipende totalmente dagli spostamenti dalle altre Regioni o dagli altri Stati e l’esiguo numero di residenti non potrebbe mai garantire un minimo sostegno, come invece avviene per tutti gli altri territori del nostro Paese.
Questo dato di fatto ha spinto il nostro consiglio regionale e il presidente della Regione a legiferare secondo le competenze che ci permette il nostro statuto speciale di autonomia, indispensabile, come avevano già ben chiaro i nostri Padri costituenti, per adattare e rimodulare anche le norme nazionali ed europee ad un territorio particolare ed unico rispetto al resto del Paese.
Mi dispiace però dire, signor Presidente, che il suo Governo ultimamente non ha compreso tutto ciò, in un momento oltretutto molto delicato, dimostrando poca sensibilità verso la mia Regione ed una scarsa conoscenza della realtà alpina valdostana.
L’impugnativa della legge della Regione Valle d’Aosta sull’emergenza Covid mi ha sorpreso soprattutto nella sua rapidità. Tale impugnativa diventa ancor più difficile da capire nel momento in cui in un altro territorio alpino, la Provincia autonoma di Bolzano, è in vigore una legge praticamente identica che – ne sono assolutamente contento – il Governo non aveva ritenuto di impugnare, creando un evidente e insopportabile – per noi valdostani – ingiustizia e diversità di trattamento. Ciò è difficile da giustificare. Rilevo altresì un paradosso; la legge, considerata dalla consulta pericolosa per la salute, da quando è in vigore, ha visto un miglioramento della situazione sanitaria nel territorio. Oltretutto la Valle d’Aosta è tra i primissimi posti a livello di campagna vaccinale.
Più in generale, signor Presidente, in occasione della fiducia al Conte-bis, le avevo sottoposto alcune questioni importanti – dall’idroelettrico, ai trasporti, ai tunnel – e prioritarie per la Valle d’Aosta e purtroppo non vi è mai stato neppure il modo di affrontarle.
La mia posizione in questa prestigiosa Aula sarà sempre quella ispirata dai princìpi del Movimento al quale appartengo, l’Union Valdôtaine, un’autonomia nata dalla lotta della Resistenza al nazifascismo, dall’europeismo più convinto e soprattutto da un federalismo integrale contrario a qualsiasi rigurgito di neonazionalismi e anche a modifiche della nostra Costituzione e del suo Titolo V in senso centralistico.
Mi auguro quindi che l’attività del Governo sia in futuro caratterizzata da una diversa e più convinta attenzione alla montagna, alle regioni a statuto speciale e, in particolare, alla Valle D’Aosta.
Ci sono temi ben precisi, che ho già sottoposto e che spero siano seriamente presi in considerazione. Dopo un anno, devo confessare che la mia fiducia si è incrinata. Una mia conferma alla fiducia, appunto, sarà condizionata dalla volontà del suo Governo di accettare le nostre richieste in un nuovo e autentico spirito di collaborazione e rispetto reciproco. Noi valdostani siamo un popolo numericamente molto piccolo, ma che nei secoli ha sempre portato ben alta la fiaccola delle nostre libertà e della nostra identità e a questo non potremo mai rinunciare. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Drago. Ne ha facoltà.
DRAGO (Misto). Gentile Presidente, cari senatori e senatrici, Governo, oggi siamo chiamati ad esprimere la fiducia all’intera compagine governativa, premier incluso, con valutazioni scevre da personalismi. Comincio pertanto con l’evidenziare come non vi siano state particolari attenzioni nei confronti della scuola, nel suo discorso. Ieri ed oggi abbiamo assistito ad una mera enucleazione di “ho fatto” e “farò”, senza alcuna evidenza di svolgimento temporale, senza mettere in dubbio nulla. Ma qual è stato l’operato di questo Governo? Quale l’ordine di priorità? Se la scuola fosse stata considerata realmente ai primi posti, oggi non si sarebbe trovata in queste condizioni: disorientata, senza certezze e con essa migliaia di studenti, famiglie, docenti e personale ATA. Presidente, senza alcun riferimento personale, mi permetto di elencarle io l’ordine. Dopo i tamponi, prima del rientro a scuola per docenti alunni e personale ATA e/o somministrazione del vaccino; attivazione di convenzioni con mezzi di trasporto privato e strutture anche paritarie; rientro dei docenti immobilizzati, oggi ulteriormente penalizzati nel dover gestire la DAD non da casa, ma da scuola, senza poter tornare nei propri territori; eliminazione del vincolo quinquennale; estensione dei decreti firmati dal Ministro dell’istruzione, che hanno permesso il rientro dei docenti fuori sede nelle aree terremotate del Centro Italia: e per gli altri territori? Sicilia esclusa. Immediata immissione in ruolo di docenti già vincitori di concorso; stabilizzazione dei precari, con corso-concorso (siamo in pandemia, in una situazione di emergenza). Presidente, che dire della famiglia? Non ho avvertito nelle sue parole un minimo accenno al grave problema demografico che attanaglia l’Italia. Nel recovery plan intendete dare spazio a quel progetto espresso tramite una mozione depositata in questo ramo del Parlamento e firmata solo dai colleghi seduti negli scranni di fronte al mio? Si parla tanto della tutela dell’ambiente, del creato, obiettivo ovviamente condivisibile, ma cos’è il creato senza le creature? Se la famiglia non viene aiutata, se non nascono più bambini, chi pagherà i debiti che contrarremo con il recovery plan? Cominciamo col destinare almeno lo 0,9 per cento del PIL nazionale annuo alle politiche familiari, estendiamo il congedo parentale da zero a tre anni di età del bambino, rivediamo il sistema di calcolo ISEE, prevediamo una quota capitaria ad alunno, lasciando libera la famiglia di scegliere l’iscrizione del proprio figlio nella scuola che riterrà rispondente al progetto educativo che i genitori ritengano auspicabile per i loro figli. Difendiamo i papà e le mamme, tali biologicamente e psicologicamente, mantenendo l’atavica dicitura di “mamma” e “papà”, anziché “genitore 1” e “genitore 2” (Applausi). La natura è così perfetta ed armonica che l’evoluzione del linguaggio per un neonato passa attraverso la cosiddetta fase della lallazione, ripetendo naturalmente “mam-ma, pa-pà”. Scusate se è poco.
Concludo facendo cenno alla mia amata terra, la Sicilia, evidenziando come ancora si attenda l’attuazione azione completa dello Statuto regionale siciliano. La Sicilia sostiene solo spese, a fronte di scippati introiti per IRPEF ed IVA a credito diversamente distribuiti.
Completiamo l’iter sulle zone franche montane. Occorre investire sulle infrastrutture interne, compreso il famigerato Ponte sullo Stretto. Signori, costruiamo ponti ed abbattiamo muri: non sono parole mie. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.
RAUTI (FdI). Signor Presidente, Governo, colleghi, professor Conte, per un mese l’Italia è stata ostaggio dei vostri litigi fino allo strappo della settimana scorsa da parte di una forza della sua maggioranza. Lei avrebbe dovuto rassegnare subito – e ripeto subito – le dimissioni, invece ha traccheggiato, ha preso tempo, si è dato da sé una sorta di mandato esplorativo per trovare qua e là i numeri che la puntellassero, appellandosi ad una maggioranza purché sia, anche se non politica, ma solo appena matematica (sempre se l’avrà). C’è chi ha parlato di trasformismo, ma io nel suo caso non scomoderei un pezzo di storia parlamentare; parlerei piuttosto di accanimento terapeutico e di un bisogno prevalente di mantenere in piedi se stesso e un suo Governo.
Questo suo interesse prevalente è dimostrato anche dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio (e spiegherò perché) che rappresenta il colpo di grazia per intere categorie. Lei non ha sentito il bisogno compulsivo, al quale ci aveva abituati, di una delle sue dirette invasive per spiegare (mentre avrebbe dovuto) se il 2021 sarà l’anno del ritorno delle libertà personali e della normalità e neppure per spiegarci quella proroga dello stato di emergenza fino al 30 aprile. Non lo ha fatto, perché era troppo impegnato a fare la conta di Palazzo; invece avrebbe dovuto dire agli italiani come e quando lei e il suo Governo intendono passare dalle restrizioni e dal proibizionismo a comportamenti prudenti sì, ma mirati alle esigenze di vivere e di lavorare convivendo con il virus. Del resto, neanche qui ha indicato un futuro, una via di equilibrio tra il diritto alla salute e il diritto alle libertà personali violate.
Lei è alla sua seconda crisi di Governo. Non è un tecnico, non nasce come politico, non è un eletto dal popolo; è passato dall’anonimato a Palazzo Chigi di colpo e si conferma come uno Zelig della politica, ovvero un qualcosa capace di adattarsi a qualsiasi stagione e a qualsiasi maggioranza raccogliticcia e risicata purché sia e lo ripeto. Lei ha definito questa crisi incomprensibile. Ciò che appare davvero incomprensibile è non ammettere da parte vostra il fallimento totale dell’Esecutivo nella gestione della pandemia e le gravi responsabilità sull’attuale crisi economica, che rischia di trasformarsi in uno smottamento sociale senza precedenti.
Lei ha vantato successi; ha raccontato, Presidente, un’Italia che non c’è, che non è sangue e non è carne. Allora glieli racconto io alcuni dei suoi grandi successi: siamo il Paese che registra più decessi percentuali, che ha la peggiore caduta del PIL (meno 10 per cento) e che ha dato meno ristori (non il 75 per cento chiesto da Fratelli d’Italia). Siamo quelli che hanno usato la didattica a distanza più a lungo di tutti e non abbiamo consentito a tutti di tornare a scuola in sicurezza. Avete chiuso palestre, bar, ristoranti, ma avete continuato ad assiepare sui mezzi di trasporto la gente come sardine. E, tra un’omissione di verbali del CTS e qualche scandalo sanitario, sui quali sorvolo, avete tentato di fare i primi della classe nella campagna vaccinale, che però adesso subisce una pericolosa battuta di arresto che mette a rischio la somministrazione dei richiami della seconda dose.
Non avete fatto ancora i decreti attuativi della legge di bilancio; avete sperperato quasi 150 miliardi in dieci mesi per bonus e mancette senza risultati apprezzabili e intanto le imprese muoiono, le partite IVA chiudono e voi vantate successi.
Signor Presidente, non parlerei neanche di successi in campo europeo, perché per la sua bozza di recovery plan, tardiva e senza idee, le hanno tirato le orecchie persino il commissario Gentiloni e lo stesso senatore Monti, che pure voterà la fiducia. Bruxelles ha bocciato la sua bozza e l’autorevole testata tedesca “Frankfurter Allgemeine Zeitung” (FAZ) ha scritto testualmente che Conte spende in base a calcoli politici e clientelari. Non convincono i microprogrammi generici, che usano le risorse senza fare investimenti, e anche il recovery fund non è una bacchetta magica, perché comunque c’è un prestito da rendicontare e da restituire entro il 2056, che, se speso male, significa un MES lungo trentacinque anni. A proposito di Europa, le comunico che esiste anche un vasto centrodestra europeo e che è europeista chi difende i diritti dei popoli e l’interesse nazionale, non chi difende gli interessi di Bruxelles. (Applausi). Questa è la differenza con i veri europeisti.
Le rivolgo una sola domanda, signor Presidente del Consiglio, per chiederle se non sente il bisogno intimo e personale, oltre che di dignità politica istituzionale, di sottoporre al giudizio degli italiani… (Il microfono si disattiva automaticamente) l’operato suo e del suo Governo. Lei non lo sente, ma lo sente quell’Italia, che ha detto che deve correre (e questo lo vogliamo tutti). Non vedo però in lei, signor presidente Conte, né lo spirito, né il passo dei nostri gloriosi bersaglieri, ma vedo in lei la palude della politica. Se lei oggi la sfanga – e sottolineo il verbo sfangare, perché di questo si tratta – al massimo potrà galleggiare, mentre l’Italia continua a sprofondare. L’Italia invece merita, oggi più che mai, un Governo patriottico e forte, una coalizione solida, in grado di portare la nazione fuori dalla crisi e di ricostruirla pezzo per pezzo, con rabbia, con amore e con orgoglio. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore De Bonis. Ne ha facoltà.
DE BONIS (Misto-MAIE-It 23). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, oggi siamo qui non per distruggere, ma per costruire. L’edificio che vogliamo costruire non deve poggiare le sue fondamenta sulla sabbia, bensì sulla roccia. Il confronto dialettico è segno di vitalità e di ricchezza, ma è salutare se viene fatto con spirito propositivo, volto a migliorare l’azione di Governo e non certo a demolirla e a distrarla da quegli obiettivi, che oggi sono assolutamente indispensabili per una reale ripresa del nostro Paese. Da un anno l’Italia, come l’Europa e il mondo intero, è stata travolta da uno tsunami sanitario, che ha messo a dura prova la tenuta economica e sociale del nostro vivere civile. Famiglie, imprese, lavoratori, giovani e anziani si pongono domande, a cui spesso è difficile dare una risposta. Intere categorie di lavoratori sono messe in ginocchio e attendono con trepidazione di sapere che ne sarà di loro.
I primi che hanno risposto alla chiamata alle armi sono stati i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, i tecnici e i volontari, che hanno messo la propria vita al servizio del Paese e hanno illuminato le nostre speranze. Lo hanno fatto per salvare la nostra nazione, nel rispetto delle misure imposte dal Governo, che si è ritrovato ad affrontare ciò che mai nessuno si sarebbe aspettato e lo ha fatto al meglio, pur se con qualche imperfezione, ottenendo risultati incoraggianti rispetto al dilagare della pandemia e ricevendo anche il plauso dell’Europa. Tutti gli altri provvedimenti adottati per tamponare la conseguente crisi economica, dai decreti rilancio, al decreto ristori, alla legge di bilancio per il 2021, sicuramente hanno dato sollievo, ma rispetto alle gravi perdite che il settore economico ha subito, ritengo che andasse fatto di più, ad esempio prendendo come criterio non solo i codici Ateco, ma anche la perdita di fatturato delle aziende.
La sfida che abbiamo dinanzi oggi è quella del recovery plan: abbiamo l’occasione di dare all’Italia lo strumento non solo per tamponare le perdite, ma per rimettersi davvero sulla strada della ripresa e di uno sviluppo sostenibile. Il piano nazionale di ripresa e resilienza, approvato dal Governo e migliorato sensibilmente nell’ultima versione, traccia gli obiettivi, le riforme e gli investimenti che l’Italia vuole realizzare con i fondi europei del Next generation EU. Certamente si sono verificati dei ritardi nella sua stesura, ma queste mancanze non possono giustificare una crisi di Governo, in un momento come questo.
Nel luogo che è il cuore la nostra democrazia dobbiamo decidere come vogliamo affrontare tali questioni epocali: possiamo decidere di rottamare, di distruggere, di far saltare il banco e ritornare al punto di partenza; oppure possiamo scegliere di costruire e partire da qui, possiamo scegliere di usare questa Assemblea come luogo privilegiato del confronto.
In questi anni, alcune volte ho espresso pareri critici verso l’azione di Governo, ma ho sempre interpretato il mio mandato come servizio alla Repubblica e a tutti i suoi cittadini. Questo spirito di servizio mi impone oggi di lavorare alla costruzione e non alla distruzione.
Chiedo alla Presidenza di consegnare la restante parte del mio intervento affinché resti agli atti e annuncio che voterò la fiducia al Governo. (Applausi).
PRESIDENTE. La Presidenza l’autorizza in tal senso.
È iscritto a parlare il senatore Crucioli. Ne ha facoltà.
CRUCIOLI (M5S). Signor Presidente, colleghi, in questi giorni ho molto insistito con il mio Gruppo parlamentare per avere questo breve spazio, appena due minuti, perché ritengo doveroso che sia rappresentato al Presidente del Consiglio, a quest’Assemblea e a tutto il Paese anche il punto di vista di quella parte del MoVimento 5 Stelle che oggi voterà la fiducia solo perché pienamente consapevole del maggior danno che patirebbero i nostri concittadini nel caso in cui questo Governo dovesse cadere.
Voteremo, sì, voteremo, ma con estrema preoccupazione, sia per l’eterogeneità delle forze a cui lei, Presidente, chiede supporto, sia perché abbiamo colto in alcuni passaggi del suo discorso – pur in gran parte condivisibile – accenni che riteniamo di eccessiva fiducia nei confronti dell’Unione europea.
Con questo voto favorevole, signor Presidente, intendiamo spronarla a tener conto che l’interesse del Paese è riposto, oltre che nella reputazione che lei è riuscito a conquistare presso i nostri partner europei, soprattutto nella determinazione con cui saprà indicare in Europa la direzione giusta da percorrere, sapendo anche dire dei no, ove occorresse.
Il superamento del Patto di stabilità europeo, la prosecuzione in forma strutturale dei programmi di acquisto dei titoli di Stato da parte della BCE e la rinuncia alle forme di prestito con condizioni eccessivamente penalizzanti sono alcuni dei temi che il suo Governo dovrà porre come obiettivi di tutte le forze che la sosterranno.
Viva l’Italia e viva l’Europa, se in Europa gli interessi dei cittadini verranno prima di quelli della finanza. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bini. Ne ha facoltà.
BINI (PD). Signor Presidente, Presidente del Consiglio, membri del Governo, colleghi e colleghe, ho riflettuto a lungo sulle parole da usare per intervenire in merito alla fase complessa che stiamo attraversando.
Ho pensato all’anno che abbiamo alle spalle, il 2020, con il Covid, il dramma dei tanti malati, dei tanti morti, della nostra straordinaria sanità in affanno, dei cittadini chiusi in casa, dei lavoratori e degli imprenditori in difficoltà economica, dei bimbi che hanno rinunciato alla scuola e alla socialità. Ho pensato alla fine di questo anno e a quello che si è aperto da poco, con ancora troppi malati, con ancora troppi morti, ma con due elementi di speranza nuovi: il primo, il vaccino e la straordinaria campagna vaccinale, che abbiamo il dovere di organizzare e monitorare al meglio e che potrà darci maggiore sicurezza di salute per noi e per i nostri cari, soprattutto quelli più fragili. Un grande investimento dello Stato sulla nostra salute. Il secondo, le risorse del recovery plan, i progetti di finanziamento, la possibilità di investire tanti fondi come mai prima in materie strategiche per il nostro benessere presente e futuro.
In questo quadro, in questo scorrere di immagini, da febbraio 2020 ad oggi (meno di un anno, ma lunghissimo per ricchezza e quantità di avvenimenti), si inserisce la crisi di Governo: inattesa, sbagliata nei modi e nei tempi.
I motivi per cui la ritengo sbagliata sono evidenti, senza bisogno di grandi spiegazioni, nel mio ripercorrere i fatti dell’ultimo anno. In un contesto come quello che stiamo attraversando e abbiamo attraversato, possiamo permetterci una crisi di Governo? La risposta migliore alle inevitabili difficoltà che stiamo affrontando, anche ai limiti che possiamo avvertire nell’azione di Governo, è davvero l’apertura di una crisi? La mia risposta è no, assolutamente no.
Non perché la pandemia comporti una sorta di sospensione della politica, lo voglio dire agli amici di Italia Viva, non perché si debba rinunciare alla critica o alla discussione: no, non è questo. Certo non pensa questo il Partito Democratico. Dal segretario Zingaretti, al capo delegazione Franceschini, ai Capigruppo è venuta a più riprese la richiesta di correzione all’azione di Governo e, soprattutto, la proposta di un patto di legislatura rinnovato, che fosse in grado di definire un orizzonte strategico di priorità da portare avanti, non basato sulla gestione dell’emergenza, ma sulla rinascita.
Abbiamo chiesto e ottenuto l’apertura di un confronto e di una verifica. Quella sarebbe stata la sede giusta dove trovare maggiore collegialità, dove chiarire e risolvere i problemi, dove proseguire il cammino di Governo in maniera rinnovata. La scelta di Renzi è stata quella di staccare semplicemente la spina. Appare, per queste ragioni, una scelta sbagliata, incomprensibile e inaccettabile. (Applausi).
Ora speriamo davvero che il nuovo cammino che ha proposto il presidente Conte parta su basi nuove, a cominciare da una ritrovata centralità del ruolo del Parlamento. All’appello del presidente Conte aggiungiamo la nostra voce e il nostro auspicio che quanti si riconoscono in un’identità riformatrice ed europeista uniscano il loro apporto al lavoro del Governo.
È un appello chiaro e trasparente, pronunciato nella sede istituzionale propria da chi non si barrica dietro maggioranze numeriche, ma chiede alla coscienza di tutti, in un momento decisivo per la comunità nazionale, una scelta di generosità, di responsabilità e di impegno. È il tempo dei costruttori, come ricorda il presidente Mattarella.
Il Partito Democratico, fin dall’inizio di questa esperienza di Governo, si è messo in questa logica e abbiamo subito, per questo, anche le critiche di qualche osservatore, che chiedeva al Partito Democratico un ruolo più muscolare. Noi, però, pur senza rinunciare mai alle nostre idee e ai nostri valori, sapevamo bene che quello che serviva, nell’interesse del Paese, era l’impegno quotidiano a tenere insieme le diverse sensibilità, promuovere la collegialità, superare ogni rischio di divisione.
Anche nelle ultime settimane, il segretario Zingaretti e i nostri Ministri non hanno lasciato nulla di intentato per evitare questa crisi pericolosa, immotivata e inopportuna. Non ci saremmo voluti trovare a vivere questo momento: non per timori di equilibrio o di assetti, ma perché è quanto di più lontano da quanto il Paese si aspetta e ci domanda.
Ora, però, è il tempo del coraggio e noi non faremo mancare il nostro contributo. Le voteremo la fiducia, presidente Conte, convinti che, d’ora in poi, il cammino del Governo, come lei si è impegnato a fare, sarà condiviso in modo più intenso con la sua maggioranza, che la sostiene lealmente, ma che vuole essere sempre più coinvolta nella responsabilità di Governo in una fase così difficile.
Vorrei concludere con un pensiero di gratitudine profonda al presidente Mattarella: gratitudine per l’equilibrio, la saggezza, il rigore con cui assicura al Paese il servizio del suo mandato. A lui, alla sua costante attenzione al bene comune, noi ispiriamo la nostra azione e le nostre scelte. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Saccone. Ne ha facoltà.
SACCONE (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghe e colleghi, abbiamo registrato oltre 80.000 morti, 2 milioni di contagiati, 400.000 imprese che hanno chiuso i battenti e il crollo del PIL (meno 11 per cento) e dei consumi. A tutto ciò, signor Presidente del Consiglio, si aggiunga che abbiamo avuto un incremento dei nuovi poveri e delle persone che non fanno più ricorso alle cure mediche.
Questa, purtroppo, è per tutti noi la fotografia spietata di quello che c’è fuori da questo Palazzo: il Paese reale. Ed è surreale la fotografia di questo Palazzo, che è costretto a parlare di una crisi al buio di cui non si comprendono i contorni. Questa crisi al buio getta nello sconforto l’intero popolo italiano, che già è in ginocchio per le questioni economiche e anche a livello psicologico tende a reagire con grande difficoltà.
Mi rivolgo soprattutto al presidente Renzi. Lo chiamo Presidente perché è stato Presidente del Consiglio e forse più di tutti noi dovrebbe possedere i due requisiti fondamentali per chi governa un Paese: credibilità e affidabilità. Questo significa essere uomini di Stato. Penso che l’immagine che stiamo dando con questa crisi non solo all’Italia, ma anche – anzi, soprattutto – ai Paesi membri dell’Unione europea in questo momento pandemico non soddisfi il rispetto di questi due criteri. Mi metto nei panni di un cittadino tedesco, che magari deve tassarsi maggiormente per aiutare l’Italia, e vede che la risposta di questo Paese è una crisi al buio.
Detto questo, mi pare che in questo Palazzo aleggi da troppi anni una sorta di sindrome di Medea. Ricordate la tragedia greca in cui la mamma ammazza i figli pur di dare un colpo e fare male al padre? Non ci interessa sapere chi sia la madre e chi il padre; noi democratici cristiani non permetteremo che i figli siano il popolo italiano.
Presidente Conte, noi siamo l’UDC. Mi permetta di rivolgermi al direttore Mentana, che nei giorni scorsi diceva che il Paese pende dalle labbra di Cesa. A lui dico: caro direttore, ce ne fossero di democristiani in giro, in quanto democratici cristiani è sinonimo di buon senso, equilibrio e senso dello Stato. Questo noi siamo e con questo spirito abbiamo affrontato il suo Governo Conte 1, con una maggioranza gialloverde, e il suo Conte 2, con una maggioranza giallorossa, mai in modo pregiudiziale. Abbiamo sempre votato no alla fiducia, ma sempre abbiamo posto al centro del nostro agire l’interesse del Paese. Lo abbiamo fatto quando si è trattato di votare lo scostamento, quand’anche le abbiamo chiesto, signor Presidente del Consiglio, di porgere in modo costruttivo un ponte verso l’opposizione perché siamo in fase di guerra (ci sono non palazzi che crollano, ma persone che muoiono). Lì l’abbiamo criticata, perché ci sarebbe bisogno di un dialogo costruttivo nella diversità delle posizioni. Ciò avrebbe magari agevolato i 167 decreti attuativi fermi sul tavolo.
Signor Presidente del Consiglio, siamo consapevoli delle enormi responsabilità che ricadono su tutti i membri seduti sul banco del Governo, ma allo stesso tempo vi chiediamo di non chiudervi a riccio perché tanti dei vostri provvedimenti, anche condivisibili, non hanno avuto quell’atterraggio sperato nelle case degli italiani e nelle aziende perché magari non hanno avuto la capacità di essere immediati. I ristori hanno dignità se si assumono parametri adeguati e non aleatori. Penso, almeno, al fatturato delle aziende, che dà dignità al ristoro, come accaduto in Germania e in altri Paese europei.
Signor Presidente, abbiamo colto in modo positivo alcuni aspetti della sua relazione, tra cui il tema dell’Europa.
Finalmente questo Governo ha messo nell’alveo naturale la nostra collocazione filoatlantista senza se e senza ma, e soprattutto filoeuropeista. Come ci ha insegnato De Gasperi, solo con più Europa, con un’Europa più solidale si può uscire da queste crisi.
Non nascondo poi l’aspetto della legge elettorale, signor Presidente del Consiglio. Come tutti sanno in questo Parlamento, noi siamo per il proporzionale. Attenzione, a tutto il Parlamento dico che noi non temiamo le elezioni; noi siamo l’UDC, signor presidente Conte, nel 2008 andammo da soli, non ci piegammo a nessun invito e andammo da soli alle elezioni, quindi figurarsi se le temiamo. Non vogliamo però che il Paese cada nella palude per altri mesi e confidiamo, come ha detto anche qualche collega che mi ha preceduto, nella saggezza del Presidente della Repubblica. Nel 2008 lo slogan dell’UDC era il seguente: i nostri valori non sono in vendita. Per noi questo è centrale.
La famiglia, di cui tutti parlano e si riempiono la bocca, bisogna aiutarla. Noi abbiamo profondo rispetto di tutte le forme di famiglia, non siamo intolleranti ma chiediamo che in questo Paese nessun bambino debba chiamare suo padre o sua madre genitore uno e genitore due, perché nel periodo della pandemia la famiglia è stata l’ammortizzatore sociale più importante. Valorizziamolo, non accantoniamolo e non strumentalizziamolo.
Come abbiamo fatto finora, noi non voteremo la fiducia al suo Governo, ma in modo non pregiudiziale, come abbiamo fatto sempre, la ascolteremo e ci assumeremo le nostre responsabilità quando lei presenterà provvedimenti per il bene comune nell’interesse generale.
Permettetemi di concludere con una straordinaria canzone che Francesco De Gregori scrisse nel 1979, nel periodo buio della Repubblica: «Viva l’Italia con gli occhi asciutti nella notte scura, viva l’Italia, l’Italia che non ha paura». (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Centinaio. Ne ha facoltà.
CENTINAIO (L-SP-PSd’Az). Signor Presidente, innanzitutto nel bailamme di confusione politica a cui stiamo assistendo in queste ore il Presidente del Consiglio ci deve togliere un dubbio che sta un po’ assillando circa un milione di partite IVA agricole. Abbiamo infatti saputo che ha deciso di fare anche il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di questo Paese e visto che l’agricoltura insieme all’agroalimentare hanno una cubatura pari a circa il 25 per cento del nostro PIL, le chiediamo se ha intenzione di fare il Ministro a tempo perso o a tempo pieno e soprattutto auspichiamo che quel Ministero non entri nella logica delle spartizioni e delle promesse di posti che voi state facendo ai colleghi senatori pur di votarvi la fiducia (Applausi).
Signor Presidente del Consiglio, abbiamo ascoltato il suo intervento e siamo sinceramente senza parole, perché ne ha spesa buona parte parlando di legge elettorale e di riforma dei Regolamenti parlamentari. Signor Presidente del Consiglio, visto che in questi mesi ha tolto alle Aule parlamentari il potere legislativo a suon di DPCM, abbiamo paura che adesso decida di toglierci anche la prerogativa di poter lavorare, visto che, come lei ben sa essendo avvocato e laureato in giurisprudenza, il potere di decidere sui Regolamenti parlamentari e la legge elettorale è del legislatore. Vogliamo evitare che lei prenda come modello quei Paesi che sono un esempio della maggioranza che la sostiene: penso alla Cina e al Venezuela. (Applausi). Le chiediamo quindi di mantenere la democrazia e soprattutto un atteggiamento di rispetto nei confronti del Parlamento: parli delle cose di sua competenza, visto che non è tanto in grado di farle (Applausi).
Avvocato Conte, ascoltando il suo intervento ero molto allibito, perché lei mi è sembrato una sorta di Arturo Brachetti della politica. Mi riferisco a quell’illusionista che si cambia d’abito alla velocità della luce e lei ci è sembrato l’Arturo Brachetti della politica. Poi ieri, ascoltando il suo intervento alla Camera (ma l’ho riascoltato anche oggi), mi è venuto in mente che quando ero bambino c’era la pubblicità di un giocattolo.
Mi riferisco ai Playmobil, che erano degli omini di plastica. Presidente, c’era una pubblicità che si chiamava millevite Playmobil: un omino lo potevi trasformare in tanti personaggi. (Applausi). Presidente, vuoi il Premier populista e sovranista? Si cambia ed è a disposizione di una maggioranza giallo-verde; cambi idea e vuoi il Premier europeista e amico della Merkel? Basta un sorriso e ti accontenta. Arriva il momento del Premier sceriffo? Eccolo indossare i panni del leader con Salvini e via ai decreti sicurezza, ma – meglio ancora – vuoi il premio scafista? Diventa amico di Carola Rackete. (Applausi). È un Premier per tutte le stagioni, signor Conte: liberale, ma socialista; quota 100 prima sì, ma poi no; sulla TAV sì, no, forse. Non si è capito niente. Sulle concessioni balneari prima mi si diceva di andare avanti e poi andiamo da Gentiloni per dirgli di mandarci una lettera dall’Europa così almeno facciamo un passo indietro. Prima è fan di Trump e poi di Biden e così via e potremmo andare avanti per ore.
Presidente, detiene il record che verrà ricordato nel guinness dei primati. Mi riferisco al record del trasformismo. Nemmeno Crispi e Depretis sono riusciti a fare tanto. (Applausi). Nel nostro Paese lei detiene questo record. Nella storia moderna mondiale è peggio ancora: non c’è un Premier che sia passato automaticamente da una maggioranza a un’altra. Sa dove e quando è successo? Nel Comune di Milano negli anni Ottanta con Pillitteri, che passò da una maggioranza un’altra. È successo solo lì. Quindi, lei rappresenta un record e ci renderà orgogliosi di avere un Premier recordman. Presidente, il problema è che questo record lo porta avanti con un motto: Francia o Spagna purché se magna. (Applausi). Lega, MoVimento 5 Stelle, PD, LeU, Italia Viva, responsabili, costruttori, socialisti e senatori a vita con un solo e unico programma: la cadrega. (Applausi).
Signori, dovete andare a casa perché il vostro tempo è finito. Questo Governo è nato il 5 settembre 2019 e avete raccontato agli italiani e anche al Presidente della Repubblica – dire le bugie al Presidente della Repubblica non fa bene – che siete nati perché dovevate evitare l’aumento dell’IVA perché noi, che eravamo cattivi, avevamo fatto cadere un Governo che doveva evitare l’aumento dell’IVA. L’aumento dell’IVA l’avete evitato; andate a casa. (Applausi).
Signori, perché siete ancora lì? In realtà, non era l’aumento dell’IVA, su cui milioni di italiani vi hanno creduto. La verità è che non bisognava permettere agli italiani di votare, non bisognava far vincere le elezioni a Salvini, non bisognava dare i pieni poteri ai cattivoni della Lega, che lo chiedevano con delle lezioni e non come lei.
A questo punto mi rivolgo ai colleghi di Italia Viva. Non volevate dare i pieni poteri a Salvini con il voto, li avete dati a Conte senza voto. Glieli avete concessi, regalati. Cari colleghi, noi ci abbiamo messo un anno e quattro mesi per renderci conto di chi era realmente Conte. Italia Viva ci ha messo un anno e cinque mesi. I prossimi magari ci metteranno un anno e sei mesi, ma poi arriveranno ad avere la stessa opinione che abbiamo noi del presidente Conte. Presidente Conte, magari saranno i costruttori a diventare i cattivoni di turno, ma a questo punto la domanda che ci facciamo è: costruttori o traditori? (Applausi). Lo dico con tutto il rispetto per il Parlamento e per chi sta seduto in Parlamento: questa è una democrazia parlamentare e, quindi, le maggioranze si fanno e si decidono in Parlamento.
Ma, signori colleghi della sinistra, non possiamo pensare che se c’è una transumanza da destra a sinistra si tratta di costruttori e se c’è una transumanza da sinistra a destra si tratta di traditori. Ricordo che si dava dei traditori a Razzi e Scilipoti; mi rivolgo ai colleghi del MoVimento 5 Stelle che nella scorsa legislatura erano seduti in questo Parlamento, i quali a quei due colleghi gliene dicevano di ogni tipo. Se Razzi e Scilipoti erano dei traditori, allora sono altrettanto traditori coloro che passano da qui e si vanno a sedere insieme alla vostra maggioranza. In caso contrario, sono parlamentari che scelgono liberamente. (Applausi).
Dovete andare a casa, Presidente. Avete fallito su tutto, anche nella comunicazione, Presidente, con un balletto di dichiarazioni, esternazioni, DPCM e scelte folli di “arcuriana” memoria. Passerà alla storia, forse più di lei, perché penso che Arcuri abbia fatto più danni di lei (e ce ne vuole). (Applausi). Le ricordo alcune sue frasi. 25 ottobre: chiediamo ulteriori sacrifici agli italiani, sono misure necessarie per un Natale sereno. E tutti: vai, che bello, almeno Natale lo passeremo con i parenti. 18 dicembre: dobbiamo rafforzare il regime di misure necessarie anche in vista della ripresa delle attività di gennaio. Mi hai chiuso prima, perché mi hai detto che dovevo stare aperto per Natale, ma a Natale mi chiudi (e va bene) dicendomi che poi a gennaio apriremo. L’ha detto lei, non l’ha detto Centinaio o il cattivone di Salvini. 11 gennaio: sta arrivando un’impennata di contagi, dobbiamo fare dei sacrifici. Ma alura, alura vogliamo dare una linea a questo Paese o siamo al mercato? O siamo a inventarci tutte le volte una conferenza stampa all’ora di cena, così almeno andiamo a rompere le scatole alle famiglie italiane? (Il microfono si disattiva automaticamente) …un disastro sanitario ed economico. E voi, Presidente, che cosa avete fatto?
Un dato della CGIA di Mestre: 423 miliardi di mancati incassi nel 2020. I ristori previsti da marzo per le imprese chiuse sono pari a 23 miliardi di euro: il 7 per cento, un’elemosina, siamo i peggiori. E le dico, Presidente: sa perché non ci fidiamo di lei, visti questi dati, e sa perché le sue promesse ci fanno arrabbiare, e tanto? Perché lei, Presidente, il 26 marzo 2020 disse alle aziende italiane che nessuno sarebbe rimasto indietro. (Applausi). L’ha promesso al Paese, Presidente. E invece Confcommercio, in data 28 dicembre 2020, ci dice che nel 2020 hanno chiuso oltre 300.000 imprese; abbiamo perso il 17 per cento delle imprese del commercio, dell’abbigliamento e delle calzature, il 12 per cento degli ambulanti, il 10 per cento dei distributori di carburante, il 21 per cento dalle agenzie di viaggio. E visto che ha fatto il fenomeno a parlare di turismo, spieghi cosa sono le agenzie di viaggio al ministro Franceschini, che non conosce neanche la differenza tra un’agenzia di viaggio e un tour operator! (Applausi). Abbiamo perso il 14 per cento di bar e ristoranti e quasi il 30 per cento del settore della cultura e dello sport. E a questi si aggiungono 200.000 professionisti e partite IVA; quasi mezzo milione di persone. A questo punto, presidente avvocato Conte, è per quel quasi mezzo milione di persone che io le direi, per mezzo milione di volte: vada a casa. Vada a casa! (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Santangelo. Ne ha facoltà.
SANTANGELO (M5S). Signor Presidente, signor presidente Conte, Governo, colleghe, colleghi, onorevoli cittadini che ci ascoltate da fuori (durante il mio intervento a voi mi rivolgerò più volte), oggi è stata una giornata molto intensa. Da stamattina ho ascoltato tutti gli interventi, anche quelli dei colleghi dell’opposizione. Naturalmente l’opposizione fa il suo mestiere; pur non condividendo i toni di alcuni interventi, è naturale che esprimano il loro parere, anche in disaccordo, come è giusto che sia.
Però non posso fare a meno di citare due interventi. Il primo è quello del senatore Gasparri, che è fissato con il Movimento 5 Stelle. È strano, senatore Gasparri, perché le stelle sono motivo di ispirazione, fanno sognare e spesso indicano anche la via, mentre a lei fanno venire gli incubi. (Applausi). Quindi, non so, veda un po’ lei. Poi c’è una domanda che è rimasta in sospeso – e magari cercherò io di dare una risposta – del senatore Romeo, il quale diceva al presidente Conte: «chi sarà mai lei, presidente Conte? E perché è così difeso?». Glielo spiego io: perché è il Presidente del Consiglio più amato dagli italiani. Questa è la verità.
L’Italia sta attraversando un indubbio momento di difficoltà; una difficoltà così grave non si vedeva dal periodo dell’ultima guerra; quello che stiamo affrontando è un qualcosa che va anche al di là della guerra. I numeri anche in questi giorni sono drammatici; i contagi sembrano lentamente diminuire, ma sono ancora molto elevati e così anche il numero dei morti.
Sono sincero e dico a voi, cittadini che ci ascoltate, ma anche a voi colleghi, che l’ultima cosa che mi sarei aspettato di fare oggi e che mi sarei augurato di fare è parlare di una crisi di Governo, di un meccanismo che difficilmente riusciamo a spiegare all’interno di quest’Aula, all’interno di questi palazzi, e che difficilmente riusciamo a spiegare ai cittadini che stanno fuori di qui. È chiaro che un Governo formato una maggioranza eterogenea va avanti anche con una serie di difficoltà, ma ritengo che il lavoro fatto da questa maggioranza abbia conseguito risultati più che apprezzabili. In un momento così difficile, l’Italia ha saputo intervenire in maniera celere per bloccare quest’epidemia. Sul piano vaccinale l’Italia è stata tra i primi ad intervenire: siamo la Nazione che in Europa ha il più alto numero di vaccinati ad oggi, e questo è un dato che abbiamo avuto grazie all’azione fatta dal ministro Speranza e grazie all’azione di questa maggioranza. (Applausi).
Poi vi sono le misure economiche contro la crisi, più di quaranta provvedimenti per contrastare l’epidemia e più di 100 miliardi sono stati previsti nei quattro scostamenti che abbiamo già votato (un altro lo voteremo nei prossimi giorni, per circa 32 miliardi). Queste sono solo alcune delle misure che questa maggioranza ha consentito al Governo di portare avanti per dare delle risposte immediate ai cittadini che stanno fuori.
Abbiamo anche varato delle misure – chi non vuole continuerà a non vederle comunque – che danno una visione innovativa a questo Paese. Mi riferisco ad esempio al superbonus, con la possibilità di rinnovare il patrimonio edilizio privato degli italiani (Applausi), per migliorarlo anche dal punto di vista statico. Queste sono misure che hanno dato boccate d’ossigeno enormi a comparti come quello dell’edilizia, che va da Nord a Sud.
Colleghi, questa volta non ho motivo di andare contro le opposizioni, perché questa crisi è stata voluta dalla maggioranza, e non riesco a comprenderne la reale motivazione. In questi giorni e anche nei mesi precedenti ho avuto un ottimo rapporto con i colleghi di Italia Viva: abbiamo lavorato bene nelle Commissioni e ci confrontiamo continuamente. Ma questa crisi, non so se voluta da tutta Italia Viva o soltanto da una persona, è realmente incomprensibile. Credetemi, non è che fuori la gente non abbia capito (Applausi); la gente ha capito bene che sono modalità e strategie che non si adattano alla gravità del momento storico che stiamo vivendo.
Allora andiamo avanti, e fa bene il presidente Conte ad aprire ad una maggioranza che sia la più ampia possibile, perché l’eccezionalità del momento merita di rompere gli schemi e di fare dei ragionamenti più ampi possibile.
No, non è il mercato delle vacche, quello che c’era anni fa in questi palazzi; non è quello. (Commenti). Stiamo parlando di un momento storico assolutamente eccezionale, che come tale deve essere trattato. Il cambiamento è già iniziato, grazie al lavoro di questa maggioranza. Considerate che in questi giorni si sta svolgendo un processo, «Rinascita Scott», che è la più grande operazione antimafia dai tempi del Maxiprocesso. Approfitto di questo breve spazio per esprimere la mia gratitudine, a nome mio, di tutto il Gruppo e di tutti gli italiani, al procuratore Gratteri per l’eccezionale lavoro che sta portando avanti. (Applausi).
Voglio ringraziare anche il ministro Speranza per la risposta che ha dato alla Moratti; come se potessero esserci delle priorità nel somministrare il vaccino da assegnare alle Regioni sulla base del PIL, come se i ricchi dovessero vaccinarsi prima dei più poveri. (Applausi). Ha risposto bene, Presidente.
Mi accingo a concludere. Signor presidente Conte, le ho già espresso la mia personale vicinanza e il mio appoggio e lo faccio anche a nome di tutto il MoVimento 5 Stelle, tutto, in un blocco unico. Chiudo citando un libro che invito tutti a leggere, «Il profumo della speranza», scritto da un giovane poliziotto trapanese, adottato quando era in fasce e che, arrivato a un certo punto della sua vita, ha sentito l’esigenza di ritrovare le proprie radici; è questo un tema, quello della ricerca delle proprie origini, che dobbiamo affrontare, Presidente. L’autore ha fatto da solo un percorso che l’ha portato, un po’ come i salmoni, controcorrente, a ritrovare le proprie origini e a ritrovare i propri genitori biologici in Brasile.
Signor Presidente, mi piace concludere così: lei sta dando gli italiani quel profumo di speranza per una ripartenza che deve assolutamente esserci. Presidente Conte, vada avanti, non si volti, che dietro di lei ci sarà tutto il MoVimento 5 Stelle, tutta la maggioranza, ma soprattutto c’è il popolo italiano. Vada avanti! (Applausi. Commenti).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marilotti. Ne ha facoltà.
MARILOTTI (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, Presidente del Consiglio dei ministri, colleghi, la crisi politica causata da Italia Viva è senza dubbio intempestiva e inopportuna per il momento che sta attraversando il Paese. I cittadini ci chiedono soluzioni, non tentennamenti, e noi abbiamo il dovere di superare quanto prima questa situazione di incertezza.
Questa crisi può essere comunque l’occasione per una ripartenza con un patto di legislatura che ponga alla base del rilancio dell’azione di Governo alcune imprescindibili misure strutturali legate alla tenuta economica del sistema Paese, ma anche per un maggior impegno della coalizione progressista e riformista nel campo dei diritti civili e delle persone fragili.
Innanzitutto, non possiamo perdere il treno del recovery fund, il programma Next generation EU varato dall’Unione europea, che destina 209 miliardi di euro dei 750 totali, pari al 28 per cento, all’Italia, con l’esplicito mandato di promuovere lo sviluppo sostenibile, di ridurre le diseguaglianze sociali e territoriali, di sostenere l’innovazione tecnologica e accrescere la competitività.
Coesione, diseguaglianze, sviluppo sostenibile e tecnologico richiamano la nostra attenzione sul Mezzogiorno e sulle isole. Vent’anni fa abbiamo perso l’occasione di inserire l’area mediterranea all’interno delle reti transeuropee, fondamentali per la realizzazione del mercato unico europeo.
Da allora, anche per effetto del combinato disposto dei mutamenti geopolitici avvenuti nell’area mediterranea, conseguenti ai nuovi venti di guerra dopo l’11 settembre 2001, sono peggiorate tutte le condizioni economiche e sociali del Mezzogiorno. Con i parametri scelti per attribuire le risorse – disoccupazione, reddito procapite, forte emigrazione giovanile e spopolamento, perdita accumulata di PIL – 111 dei 209 miliardi di euro sarebbero riconducibili al Sud e al sistema insulare.
È interesse dell’Europa riattivare le politiche euromediterranee. È interesse dell’Italia che il Mezzogiorno possa contribuire alla ricchezza nazionale. Serve che le risorse siano prioritariamente indirizzate a bloccare il crescente divario infrastrutturale tra Regioni meridionali e settentrionali d’Italia. Colmare il deficit di reti stradali, ferrovie veloci, infrastrutture portuali e autostrade del mare, è essenziale per mettere a sistema un territorio oggi frantumato con aree costiere, porti e aree interne reciprocamente inaccessibili.
Serve che le infrastrutture siano funzionali alla rigenerazione urbana, alla mitigazione dei rischi naturali, ad un rilancio delle vocazioni turistiche culturali di terziario avanzato. Sarebbe necessario promuovere attività economiche in armonia con la natura dei territori. Tali interventi strutturali dovranno anche fornire un contributo decisivo alla mitigazione del rischio sismico e idrogeologico.
Non meno importanti sono gli investimenti sulle infrastrutture tecnologiche e scientifiche, come l’Einstein Telescope, che potrebbero offrire un’occasione di sviluppo e al contempo contenere la fuga di giovani e creative menti.
Aggiungo un richiamo, per me imprescindibile, alla questione dei diritti civili; la ritrovata coesione della maggioranza deve passare con un rilancio dell’azione di Governo e del Parlamento su temi che attendono da anni soluzione.
La questione dello ius soli non è più rinviabile ed era già stata posta da alcune forze di governo al momento del Conte 2. Ora va ripresa e messa all’ordine del giorno.
Uguale attenzione va posta sulla trasparenza degli atti custoditi dallo Stato e fin qui secretati e dunque non disponibili per la consultazione da parte dei cittadini. Serve trasparenza, servono procedure snelle per l’accesso e tempi certi affinché… (Il microfono si disattiva automaticamente). …amministrativi secretati siano resi pubblici e oggetto di un confronto tra le forze sociali politiche di maggioranza e di opposizione.
Io credo che sia arrivato anche il momento di risolvere il tema delle persone fragili affinché sia loro garantita adeguata tutela e assistenza. A oltre quaranta anni dalla cosiddetta legge Basaglia, sedici dall’approvazione della legge sull’amministrazione di sostegno, gli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione sono ancora anacronisticamente abusati nel nostro ordinamento. È arrivato il momento di sanare questo vulnus.
Con questo auspicio rinnovo la fiducia affinché lei, Presidente del Consiglio, possa andare avanti, «Fortza Paris», che tradotto dalla lingua sarda in italiano significa «avanti insieme». (Applausi).
PRESIDENTE. Sospendo la seduta fino alle ore 17,30 per la sanificazione e convoco subito la Conferenza dei Capigruppo.
(La seduta, sospesa alle ore 16,29, è ripresa alle ore 17,30).
PRESIDENTE. La Conferenza dei Capigruppo ha approvato il calendario dei lavori fino al 26 gennaio.
Domani, alle ore 10,30, sarà ricordato dalla Presidenza l’ex senatore Misserville, recentemente scomparso. I Gruppi potranno intervenire per tre minuti ciascuno.
Seguirà la deliberazione dell’Assemblea sulla questione pregiudiziale presentata, ai sensi dell’articolo 78, comma 3, del Regolamento, sul decreto-legge recante ulteriori disposizioni di contenimento del Covid-19 e di svolgimento delle elezioni per l’anno 2021, presentato giovedì scorso al Senato.
Sempre domani, alle ore 16, la Presidenza commemorerà l’ex senatore Macaluso, venuto a mancare questa mattina. I Gruppi potranno intervenire per tre minuti ciascuno.
Sarà poi discussa la relazione sullo scostamento dall’obiettivo di medio termine, per il cui voto è prevista la maggioranza assoluta dei componenti del Senato. I tempi sono stati ripartiti tra i Gruppi per complessive due ore e trenta minuti, incluse le dichiarazioni di voto, oltre agli interventi del relatore e del Governo.
L’Assemblea tornerà a riunirsi martedì 26 gennaio, alle ore 16,30, con comunicazioni del Presidente sul prossimo calendario dei lavori che sarà definito dalla Conferenza dei Capigruppo, convocata per le ore 15 dello stesso giorno.
Ripresa della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri (ore 17,32)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Renzi. (Brusio). Scusate, c’è troppo brusio. Ne ha facoltà.
RENZI (IV-PSI). Signor Presidente del Senato, signor Presidente del Consiglio dei ministri, onorevoli colleghi, questo luogo esige e merita rispetto e la sua valutazione, signor Presidente, rispetto al fatto che questa crisi è incomprensibile impone a noi di Italia Viva e a me personalmente di prendere al volo l’opportunità e di dirle, guardandola negli occhi, che cosa ha portato ciascuno di noi in questi mesi ad allontanare il proprio cammino dal cammino del Governo.
Quando una storia volge al termine vale la pena dirsi le cose senza che rimanga niente in sospeso: noi pensiamo che il suo Governo non sia il governo più bello del mondo, non sia – come lei ha detto – il governo migliore del mondo; pensiamo che per la drammaticità della pandemia e per la tragedia in corso ci sia bisogno di un governo più forte. Noi non pensiamo che davanti alla tragedia che questo Paese sta vivendo e che lei ricorda puntualmente qui e altrove possa bastare la narrazione politica del «gli altri Paesi ci copiano, siamo un modello».
Non è stata aperta ancora una crisi istituzionale, perché lei non si è dimesso al Quirinale, ma ci sono tre crisi grandi, enormi e drammatiche, che sono aperte da tempo e non certo per colpa sua, signor Presidente. La prima è la cisi economica: l’Italia è il Paese messo peggio di tutti dal punto di vista della caduta del PIL nell’anno 2020, con una diminuzione del 10 per cento, e le previsioni ottimistiche del Ministero dell’economia e delle finanze, che prevedono una crescita del 6 per cento, sono smentite innanzitutto dalla Banca d’Italia, che per il 2021 prevede una crescita dimezzata rispetto a quella dell’Esecutivo. Abbiamo dunque un record negativo: siamo i peggiori al mondo nell’economia.
C’è un secondo elemento drammatico, ovvero la crisi sanitaria. I nostri infermieri, i nostri medici e il nostro personale sono straordinari, ma l’Italia è il Paese al mondo che ha il peggior rapporto tra popolazione e decessi per Covid. Questo porta a fare una riflessione: non può bastare la narrazione del «come siamo stati bravi» o dell’«andrà tutto bene». Occorre investire di più in sanità, farlo meglio e farlo adesso.
Il terzo e ultimo punto, che voglio citare, tra i tanti, riguarda il fatto che abbiamo il record negativo nella crisi educativa e scolastica. Non se ne parla mai in modo strategico e compiuto e quando ho provato, insieme ai miei colleghi, nel marzo 2020, a proporre di organizzarsi per tempo per ripartire con la scuola, c’è stato un coro unanime, nel dire che quello non era il momento. Il dato di fatto è che l’Italia è il Paese che ha mandato i propri ragazzi a scuola meno di tutti gli altri in Europa.
Questi tre record negativi sono macigni, che non sono entrati nel suo discorso, signor Presidente del Consiglio. Mi sarei aspettato da lei un elenco ambizioso: non titoli o un sommario di punti aperti, ma un grande sogno per il futuro del Paese, una visione, un orizzonte. Non abbiamo chiesto a lei di essere accontentati con qualche posto, ma le abbiamo detto: apriamo in Parlamento un grande dibattito su quello che deve essere il futuro del Paese e poi facciamolo davvero. Signor Presidente del Consiglio, lei ha avuto paura di salire al Quirinale il giorno dopo le dimissioni, non perché abbia messo al centro il destino del Paese, ma perché ha scelto un arrocco istituzionale, che spero sia utile per lei e per il Governo, ma che temo sia dannoso per le istituzioni.
Ha chiesto chiarezza, trasparenza, franchezza e, come vede, la accontento. Lei dice che i cittadini non capiscono e che, anzi, non capisce neanche lei. Signor Presidente, non faccia torto alla sua intelligenza, di cui ho stima. Sono mesi che, in quest’Aula, le stiamo chiedendo, con rispetto, una svolta. Nel mese di maggio, il ministro Bonafede, che siede alla sua destra, è stato oggetto di una mozione di sfiducia, che condividevamo. Signor Presidente del Consiglio, lei si è alzato, in quest’Aula, e ha chiesto alla maggioranza un gesto di responsabilità e noi l’abbiamo seguita. Nel mese di luglio mi sono alzato da questo banco e ho chiesto che il mese di agosto fosse dedicato soltanto a discutere del recovery plan, ma non siamo stati seguiti e non siamo stati accontentati e, anzi, quando nel mese di dicembre è arrivata una bozza indecente del recovery plan in Consiglio dei ministri e noi abbiamo detto che non era il caso di parlarne, un Ministro del suo Governo ha detto che Renzi è come Orban, perché vuole bloccare il recovery plan.
Nel mese di settembre, dopo le elezioni regionali, Italia Viva – ma non solo – ha utilizzato queste parole: cambio di passo e salto di qualità. Nel mese di novembre ci siamo incontrati due volte a Palazzo Chigi e la sua ospitalità è stata straordinaria come sempre e ci siamo detti di fare un tavolo politico entro il mese, per chiudere i problemi aperti. Nel mese di dicembre le abbiamo scritto una lettera di quattro pagine, a cui non ha mai risposto. Nel mese di gennaio abbiamo mandato al Partito Democratico e agli altri partiti della coalizione un elenco, con i 30 dossier principali.
Signor Presidente, non faccia torto alla sua intelligenza, ma neanche alla nostra. Sono mesi che vi chiediamo di cambiare e che vi chiediamo una svolta. Non è vero che siamo stati impazienti o irresponsabili, forse siamo stati fin troppo pazienti. C’è bisogno di dirsi le cose in faccia, in modo liberatorio e tranquillo. Lei ha detto che non è questo il momento di una crisi: l’hanno detto in tanti e l’hanno detto anche i miei amici, al bar. La comunicazione è passata: questo non è il momento per aprire una crisi. Io la rispetto, signor Presidente, ma questo è il momento per guardarci dentro, veramente e fino in fondo, e decidere. Lei, che conosce il greco meglio di me, sa che questo è un kairos, un momento opportuno, perché ora o mai più si può fare la discussione.
Chi dice che durante la pandemia non si può parlare di politica nega tra le libertà costituzionali rimosse in questo periodo persino quella doverosa di occuparsi del bene comune. Ora ci giochiamo il futuro, non tra sei mesi.
Presidente, ora o mai più perché c’è un nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America. Oggi è l’ultima notte in cui Donald Trump dormirà nella stanza di Lincoln; da domani si apre una pagina nuova, con Joe Biden, con il multilateralismo, con un uomo che guida gli Stati Uniti avendo una grande passione per l’Europa e per l’Italia.
Signor Presidente, ora o mai più perché qualche giorno fa, ad Alula, la città recentemente visitata dal Ministro degli esteri, si sono siglati accordi impressionanti nel mondo arabo che hanno segnato la svolta, in particolar modo per la Libia. Non se ne parla più; la Turchia è diventato il Paese principale che guida il futuro della Libia, e non noi.
Signor Presidente, ora o mai più perché, qualche giorno fa, mentre noi litigavamo e discutevamo, Macron e Merkel hanno chiuso un accordo con le istituzioni europee assieme alla Cina, e noi, che eravamo stati quelli a firmare per primi, tra mille polemiche, il progetto One Belt One Road, non siamo entrati neanche nella partita.
Signor Presidente, ora o mai più perché la Brexit ora gioca la sua sfida. Che sogno sarebbe permettere ai ragazzi più giovani di poter finalmente immaginare un grande investimento sulle università, sugli istituti che sono oggi messi in difficoltà dalla mancanza dell’Erasmus nel Regno Unito. Quanto sarebbe bello fare delle nostre università il centro di attrazione. Quanto sarebbe bello discutere di giovani e di futuro e non soltanto di beghe interne.
Ora o mai più perché questo è l’anno del G20, è l’anno del Cop26.
Ora o mai più, Presidente, perché adesso vanno rimandati i ragazzi a scuola. In questo senso, abbiamo fatto una piccola proposta, non abbiamo fatto discorsi: abbiamo suggerito di iniziare la settimana prossima e di dare le 476.000 dosi della Pfizer agli insegnanti delle scuole medie superiori e inferiori, che sono 435.000; iniziamo a dire che la scuola è il punto da cui riparte un Paese, non i banchi a rotelle: 461 milioni di euro buttati via, signor Presidente.
Ora o mai più per l’economia, perché se continuiamo con una logica – che, purtroppo, ha impegnato in parte anche la legge di bilancio – di piccoli e micro interventi, non usciamo dalla crisi. Abbiamo il 160 per cento di debito; i ragazzi sono chiusi in casa e pagheranno il conto di questa crisi più di tutti gli altri. Quale Next generation EU, se non siamo in condizioni di lasciare ai nostri figli nient’altro che montagne di debito.
Ora o mai più per il MES. Signor Presidente, investiamo 2.700 euro a testa per la sanità; la Germania 5.100: ci sarà o no un collegamento tra queste due cose?
L’aver detto no al MES a giugno ad oggi è costato 564 milioni alla comunità nazionale. Sto pensando a tutto il piano Amaldi, il piano ricerca che, ad esempio, in tanti ricercatori hanno chiesto di poter finanziare. Sto pensando a tutti gli investimenti che possiamo fare per la medicina territoriale, ma anche per la medicina personalizzata, per l’innovazione tecnologica. O lo facciamo ora o non tornerà mai più. Scusate se uso un tono aulico, ma saremo maledetti dai nostri figli se non investiamo ora sulla scuola, se non investiamo ora sulla sanità.
Permettetemi di dirvi che questi sono temi politici; potete essere d’accordo o meno, ma è di questo che abbiamo discusso fino ad oggi: dell’intelligenza artificiale, non dell’abolizione della povertà; della lotteria degli scontrini, non delle città del futuro; della logica NIMBY, non di come fare dei green jobs, dei lavori verdi, la possibilità di far crescere l’occupazione; di chi deve comprare il Monte dei Paschi di Siena appoggiandosi a quegli stessi consulenti che vent’anni anni fa hanno già combinato sufficienti pasticci, non del terzo settore e dell’economia sociale.
Signor Presidente, di questi temi vorremmo parlare con lei: del turismo (ne cito soltanto uno e poi mi fermo perché voglio arrivare alla parte politica).
In tutto il mondo – chi gira il mondo, anche adesso, o comunque lavora con le istituzioni internazionali lo sa – ci si sta preparando a un rimbalzo enorme sul turismo, perché, dopo che la gente è stata tenuta in casa per un anno e mezzo, quando tra sei mesi, tre mesi – speriamo prima possibile – i vaccini consentiranno di tornare alla normalità, ci sarà una molla di investimenti sul turismo pazzesca.
Oggi abbiamo la mancanza di un grande investimento su questi settori. Abbiamo chiesto che il Next generation EU potesse investire di più.
Chi perde oggi? Qualcuno dice Conte, Renzi, Italia Viva.
Mi viene in mente quella pagina de «I Malavoglia» – sicuramente lei la conosce meglio di me – quando lo zio Crocifisso riceve la notizia che nella battaglia qualcuno del Paese, Luca, è morto, e lo speziale dice: ma insomma, alla fine abbiamo perso una battaglia, è una brutta faccenda, e gli viene chiesto chi ha perso: io, noi, tutti, cioè l’Italia. E in quel momento Campana di legno risponde dicendo di non aver perso nulla. Ebbene, è la stessa cosa che sta avvenendo oggi.
Sembra che la discussione riguardi le singole persone: io non ho perso niente. Noi non abbiamo perso niente, signor Presidente, ma è l’Italia che sta perdendo la cosa peggiore da perdere, che è la più grande occasione, più del piano Marshall.
Le poltrone, i posti, gli incarichi passano, si perdono e si riprendono; le opportunità mai più. Ecco perché dico: adesso. Ecco perché, presidente Conte, le chiedo: facciamo un grande investimento sul futuro. (Applausi). Ecco perché, presidente Conte, le chiedo: faccia un passo in più. Più che chiederlo adesso, le ho chiesto in passato: faccia un passo in avanti. Non trasformi tutto soltanto in una mera distribuzione di incarichi.
Presidente Conte, non lo dico con ironia: io capisco che lei arrivi alla politica, di fatto, al primo incarico, da Presidente del Consiglio ed è ovviamente una grande responsabilità. Ella, però, ha mancato tutta quella parte di politica che è la gavetta, che è l’impegno, che sono le battaglie vinte e perse. Lei, probabilmente, immagina che la politica sia davvero l’arte difficile del governo, che è difficile, nonostante le ironie di qualcuno, è molto difficile.
In questa arte del governo, però, signor Presidente, non possiamo limitarci ad attribuire una poltrona all’uno e all’altro per tenere in piedi una maggioranza. Lo dico perché lei ha dato, ad alcuni colleghi dell’opposizione, che lo hanno detto sui giornali, e anche a qualcuno di noi, l’idea di preoccuparsi in questo momento più di piazzare qualcuno al posto giusto.
Devo dire che lei non ha mai mancato di rispetto a me. Quando sono venuta a trovarla, ha chiesto, con grande gentilezza, se ero interessato a degli incarichi internazionali; e io le ho detto, con altrettanta gentilezza, di no, per un motivo molto semplice: che in questo momento non è in ballo il destino personale di Tizio, Caio e Sempronio. In questo momento, è in ballo il futuro del Paese.
Io capisco che facciate fatica ad accettarlo. Capisco che facciate fatica ad accettarlo, ma quando due donne si dimettono dall’incarico di Ministro e lo fanno con la storia di Teresa Bellanova, sindacalista, senatrice, Ministro della Repubblica, voi dovreste avere rispetto per chi abbandona una poltrona in cambio di un’idea! (Applausi). Quando Elena Bonetti fa ritorno all’università lasciando il Parlamento, compie un atto enorme, che nella storia repubblicana non veniva fatto, da una squadra, dal 1990! E andate a studiare la storia e chi erano quei Ministri che si dimisero.
E quando questo gesto nobile diviene oggetto di ironie, presidente Conte, stiamo perdendo di vista la realtà. Lei, infatti, signor Presidente, ha fatto l’opposto. Lei ha cambiato la terza maggioranza in tre anni pur di restare dov’è. Lei, signor Presidente del Consiglio, ha governato con Matteo Salvini, che oggi so essere il punto di riferimento del progressismo. Ma lei è stato il Presidente del Consiglio che ha firmato i decreti Salvini sull’immigrazione; che ha firmato quota 100. Poi, è diventato europeista: io ne sono felice e orgoglioso.
Adesso si si accinge alla terza maggioranza diversa. Ci risparmi, però, la frase “l’agenda Biden è la mia agenda”, dopo aver detto “l’agenda Trump è la mia agenda”. Presidente Conte, rispetto agli Stati Uniti d’America lei rappresenta l’Italia. Non cerchi di avere un atteggiamento provinciale per il quale, a seconda del capo, lo accontenta dicendo che la nostra agenda è la loro agenda.
Noi dobbiamo avere un atteggiamento profondamente diverso. Se lei va all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e rivendica il suo sovranismo con la tesi, per me discutibile, che il sovranismo sia in Costituzione (ma è una mia opinione), lei non può puoi venire a dire che vuol fare il leader anti sovranista. Se lei va alla scuola di formazione della Lega con Armando Siri a dire che lei è populista, non venga a dire che adesso può governare con una maggioranza antipopulista.
Signor Presidente del Consiglio, lei non può cambiare le idee per mantenere la poltrona. Abbia la forza di fare una cosa diversa: lanci un messaggio profondo al Paese. Racconti che c’è uno spazio per tutti noi. (Applausi). Questo spazio per tutti noi, maggioranza e opposizione, è uno spazio che non può essere cancellato dal fatto che un partito è al 2 per cento.
Ho sentito autorevoli leader dire che la impopolarità impedisce di parlare. Come può uno con bassa popolarità portare le sue idee? Questa è la trasformazione finale della politica in reality show. Questa è l’idea che il consenso prevale sulle idee. Questa è l’idea che tu non puoi parlare perché non hai il consenso. (Applausi).
Quando poi scopri che, quando chiedi una cosa sui servizi segreti, ti dicono di no la prima volta, la seconda, la terza, ma alla quarta ti dicono di sì. Non sono i sondaggi a governare un Paese.
Signor Presidente, io ho tre cose da dirle in conclusione. La prima è che lei ha scelto, del tutto legittimamente, una strategia. A fronte di una nostra richiesta di politica, a fronte di una richiesta di parlare dei giovani, dell’innovazione, del turismo, della tecnologia, ha scelto di arroccarsi e di venire in Parlamento.
Qualche collaboratore zelante del suo staff ha dimostrato che lei utilizza la comunicazione istituzionale da Palazzo Chigi, con i soldi pagati dal contribuente, per attaccare gli avversari politici (a meno che non sia davvero un caso di hacker, il che sarebbe una cosa gravissima). Lei, signor Presidente, ha scelto di giocare la carta dell’attacco sull’altro in nome della irresponsabilità. Chi è irresponsabile? Chi le chiede di parlare di politica e le offre uno spazio concreto per ragionare del futuro del Paese o chi dice di no ai soldi per la sanità con la stessa forza con cui diceva no ai vaccini, all’Euro e alla TAV e oggi ci spiega l’importanza della sanità, dell’europeismo e delle infrastrutture? (Applausi).
Signor Presidente del Consiglio, lei può venire in Parlamento e trovare la maggioranza; vediamo se arriverà a 161 voti. Ci sono stati dei momenti nella storia repubblicana in cui questa maggioranza non è stata trovata. Mi rivolgo agli amici e compagni del Partito Democratico. Nel 1987 il Capogruppo della Democrazia Cristiana (si chiamava Mino Martinazzoli), di fronte a un Governo della non sfiducia, disse queste parole: «Non stiamo al gioco, insomma. E ci viene fatto di chiedere, piuttosto, se la vostra gremita ed esuberante compagnia sia, poi, così allegra e spensierata o se non avverta la nostalgia di qualche cosa di impegnativo che la rassicuri. Io credo che la politica è altrove e che, prima o poi, dovrete tornarci. Noi vi aspettiamo lì».
Penso che questa sia la discussione. Se volete una chiacchiera astratta sui grandi temi, fatela; se volete dare risposte concrete agli italiani – ed è il secondo punto – fate presto. Volete andare avanti con una maggioranza raccogliticcia davanti al più grande piano per il futuro del Paese? Vi auguro che sia almeno maggioranza, raccogliticcia lo è di sicuro. Ripeto, vi auguro che sia maggioranza, ma fate presto perché non avete tempo da perdere.
Passo al terzo e ultimo punto. Ci hanno detto: se ve ne andate perderete tutto. Sì, e lo diciamo guardandovi negli occhi perché per noi, a differenza di altri, la politica non è cambiare le idee per mantenersi nella stessa poltrona. (Applausi).
C’è un punto fondamentale su cui mi voglio soffermare con grande chiarezza ed è il seguente. Quando quest’estate i ragazzi di Italia Viva andranno alla scuola di formazione politica riceveranno un messaggio da Teresa Bellanova, Elena Bonetti e Ivan Scalfarotto: quando si fa politica si può anche rinunciare a una poltrona, ma non si può rinunciare a un’idea. (Applausi).
Signor Presidente del Consiglio, mi auguro che nei prossimi giorni e settimane lei metterà al centro le idee e non lo scambio di poltrone, perché il Paese in questo momento non si merita un mercato indecoroso. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore La Russa. Ne ha facoltà.
LA RUSSA (FdI). Signor Presidente, devo cambiare tutto il mio intervento perché non ho bisogno di fare critiche a questo Governo, visto che se le fanno da soli.
Io mi rifaccio integralmente alla critica a questo Esecutivo fatta da chi ha fondato, voluto e imposto, con una manovra bellissima, il Governo del MoVimento 5 Stelle più tutti gli altri che, fino a quel momento, nei confronti del Governo giallorosso (e quindi del MoVimento 5 Stelle), dicevano peste e corna.
Signor Presidente del Consiglio, non ho bisogno di aggiungere neanche una parola per manifestare la mia contrarietà a come lei ha gestito non solo il Covid, ma anche tutte le vicende legate alla politica, all’economia e ai diritti degli italiani da quando è Presidente del Consiglio, peraltro, in buona parte, anche nella sua prima versione.
Tuttavia, devo ammetterlo, lei è in realtà un uomo di successo, per carità; anzi, un perdente di successo, ma pur sempre di successo (però è un perdente), perché non ha vinto le elezioni (anzi, per la verità non vi ha neanche partecipato, non ha comprato il biglietto della lotteria), ha perso la scommessa del Governo con Salvini e – lo abbiamo sentito – la fiducia di Renzi, di chi ha inventato questo Governo.
Ha perso anche la faccia non presentandosi dimissionario dopo che due Ministri si erano dimessi e le è stato tolto l’appoggio. È un perdente di successo, che ha colorato sé stesso di ogni colore, di più colori di quanti ne abbia attribuiti in tempo di coronavirus alle povere Regioni italiane.
Ora ci dice che vuole voltare pagina, signor Presidente del Consiglio. Capisco che è in tutt’altre faccende affaccendato, che non ha bisogno di sentire critiche perché lei ha già il suo ego e non ha bisogno di ascoltare noi, come non ha mai fatto in questi mesi, ma io glielo dico lo stesso. Lei dice di voler voltare pagina con i valori – dice lei – della politica alta, quella che a me piace molto, quella politica per passione e non per interesse, quella politica che rigetta ogni tipo di scelta per pura convenienza e opportunismo. Tuttavia, signor Presidente del Consiglio, le debbo dire che in realtà lei sta dando ragione – e non avrei mai pensato di doverlo credere – a quello che dichiarò il presidente degli Stati Uniti Reagan, a cui io non ho mai creduto quando diceva che si riteneva che la politica fosse il secondo mestiere del mondo e diceva di essere arrivato a rendersi conto che era fortemente somigliante al primo mestiere scelto dall’umanità.
In realtà il suo intervento, al netto del falso trionfalismo e degli immancabili buoni e irraggiungibili obiettivi per il futuro, è solo un misero tentativo di convincere qualche senatore in cerca d’autore, o forse di risorse per il mutuo della casa da pagare, a voltare le spalle agli elettori che lo hanno mandato qui e a darle quei voti che lei spera siano sufficienti a farla galleggiare ancora. Lei ha cercato in tutto il suo intervento di fare una captatio benevolentiae che è presente in ogni sua parola, alla ricerca di bisognosi, altro che di costruttori; bisognosi quantomeno di tornare o di restare il più a lungo possibile in Parlamento. Lei ha cercato disperatamente di offrire dignità a chi, se la votasse, avrebbe solo il disgusto che si riserva i traditori; disgusto, badi bene, che in cuor suo e in cuor vostro riservate anche voi a chi cambia bandiera.
Lei ci ha provato, ma non è riuscito a dividere il Centrodestra e ha fatto appello ufficialmente a chi, secondo la sua visione, potrebbe rappresentare culture politiche importanti da aggiungere ai postcomunisti, ai poststalinisti, ai grillini e prosperini che già la votano; si rivolge a liberali, popolari, autonomisti, socialisti e a chi più ne ha più ne metta, tutti insieme. Tuttavia non solo noi di Fratelli d’Italia, che ci definiamo patrioti, non sono la Lega, che lei dice di non volere come la volpe con l’uva, ma anche Forza Italia, Toti, Lupi, Quagliarello, Cesa, la più socialista di tutti i presenti qui, cioè Stefania Craxi, le hanno detto di no. Tutti, come per altri motivi le ha detto invece il suo amico Mastella che poi è venuto a farle da spalla, le hanno detto qualcosa del tipo: ccà nisciuno è fesso, come ha detto esattamente Mastella.
Lei sa bene però che in ogni caso non arriverà a 161 voti; in ogni caso lei non raggiungerà quella maggioranza degli aventi diritti al voto e questo nonostante il soccorso poco comprensibile dei senatori a vita, che rischiano così di dare ragione a quelli che vorrebbero abolire l’articolo della Costituzione che consente loro di essere in quest’Aula.
La verità è che lei – mi ascolti su questo passaggio, signor Presidente del Consiglio -, fallito ogni tentativo di trovare sponda sufficiente in chi è all’opposizione di questo Governo, per continuare a vivacchiare avrà bisogno di tutti o di parte dei 18 senatori del Gruppo di Italia Viva.
Presidente del Consiglio, avvocato Conte, la sfido a dichiarare nella sua replica che, se per caso, superasse i voti del centrodestra – non credo ciò avverrà – grazie ai senatori renziani – che siano uno, due o tutti e 17 – lei non accetterà quei voti dopo ciò che ha sentito da Renzi e si dimetterà. Non ho sentito, infatti, nessuno di questi 17 esprimere opinioni diverse. Sarebbe possibile se l’avessero fatto in maniera trasparente; non l’hanno fatto e allora la sfido: lei deve avere 161 voti o almeno un voto in più del centrodestra senza i voti dei renziani o lei deve dimettersi.
Avvocato Conte – la Meloni l’ha definito avvocato d’ufficio; in realtà, da avvocato è diventato carceriere degli italiani – senza questa minima maggioranza di 161 prevista per molte votazioni, a partire da quella di domani sullo scostamento di bilancio, lei pensa davvero di ottenere dal Presidente della Repubblica l’assenso perché lei continui a fare con questi numeri il Presidente del Consiglio? Non manco certo di rispetto ricordando che Mattarella non diede nel 2018 l’incarico al centrodestra e a Salvini perché non aveva la certezza che ci fosse una maggioranza in Parlamento che sorreggesse quel Governo di centrodestra.
Non dico nulla di nuovo e non manco di rispetto se ricordo che tutti i giornali di pochi giorni fa hanno interpretato il pensiero del garante della Costituzione attribuendogli l’intenzione secondo cui, in presenza di una crisi, l’unica strada sarebbero state le elezioni. Lei pensa davvero che il Presidente della Repubblica si smentirà per continuare a farla vivacchiare? Lei non ricorda che l’ultimo Governo di centrodestra di Berlusconi l’8 novembre del 2011 batté le opposizioni sul rendiconto del bilancio dell’anno precedente con i voti che non rappresentavano però la maggioranza assoluta e andò al Colle e si dimise, come gli aveva chiesto il Presidente della Repubblica di allora. Era il 12 novembre del 2011 e aveva avuto 309 voti alla Camera.
Presidente, per questo credo che lei, ammesso che possa avere un voto in più del centrodestra, dovrà dimettersi subito. La strada maestra è ridare la voce al popolo; la strada maestra è sentire cosa pensano gli italiani del suo Governo e che Governo vogliono. Credo che lei dovrà dimettersi subito se non raggiunge quel livello, anche nella malaugurata ipotesi che superasse di un voto il centrodestra più tardi. Tutto si può avere nella vita; si può anche vincere avvalendosi del tradimento altrui. Si può far finta di credere che un giorno ciascuno debba rispondere agli elettori che l’hanno mandato qui e un altro giorno che la Costituzione garantisca a tutti di pensarla anche all’opposto, ma a tutto c’è un limite. Presidente, questo limite lei l’ha superato; questo limite era invalicabile e questo limite la deve portare a rassegnare le dimissioni al termine di questa giornata di lavori. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Errani. Ne ha facoltà.
ERRANI (Misto-LeU). Signor Presidente, colleghe e colleghi, presidente Conte, ho apprezzato e condiviso la sua scelta di venire in Parlamento, l’unica strada per fare un dibattito chiaro e trasparente. Ma ho anche apprezzato la sua scelta di evitare il duello, perché il problema che abbiamo davanti è un problema politico, non uno scontro tra persone. Lei ha parlato a tutti – sottolineo questo aspetto – dei problemi gravi che sta vivendo il Paese. Ciò che conta di più non è tanto il nostro giudizio che siamo e rimaniamo convintamente in maggioranza. Giudizio motivato: questa crisi è un atto grave e irresponsabile. Ciò che conta di più è che fa la cifra del giudizio su chi ha aperto questa crisi è il corto circuito che si è realizzato nel Paese. Questo è il problema. E vorrei dire al senatore Renzi che questo corto circuito non è frutto della comunicazione, ma è la sostanza di un Paese che non può comprendere, a fronte di oltre 80.000 morti e di una crisi economica drammatica, l’apertura di una crisi. Non lo può comprendere. (Applausi).
Sì, la politica non è un reality. Ma la politica è progetto e valori. La politica non è l'”io”, ma è il “noi” e non si può ridurre a manovra e ad azzardo. Anzi, in un momento di discussione difficilissimo come questo, la politica, quella con la “P” maiuscola, sa lavorare alla sintesi e alla capacità di affrontare i problemi. Andava tutto bene? No. Come lei sa, presidente Conte, io ho sottolineato in diversi passaggi che non andava tutto bene, anche se qui nessuno può fare lezioni, perché ci siamo trovati in una situazione inedita. Ho già detto tante volte che nessuno si può comportare come colui che ha la verità in tasca. Ma il paradosso è che ciò accade proprio nel momento in cui si stava lavorando a fare un salto di qualità; e le condizioni c’erano. Lo dico anche ai colleghi di Italia Viva, che vivono come noi la difficoltà di questa situazione. C’erano le condizioni per fare un salto, c’erano i segnali. Avevamo cambiato e migliorato il recovery plan, ma qualcuno ha deciso di aprire la crisi, con tutto ciò che questo significa sul piano internazionale (basta leggere la rassegna stampa).
Quale dovrebbe essere lo sbocco di questa crisi al buio? Fare finta che non sia successo nulla? Guardate, non è un problema di ripicche o di rancori; temo che il problema sia più serio. La domanda che ci dobbiamo fare è: se noi rispondessimo che non è successo nulla, lo capirebbe il Paese? È questo il problema. Non è che, di fronte a un’azione politica che destruttura e smonta, si può far finta che non sia successo niente; in discussione c’è la credibilità della politica. Dunque io questa crisi la voglio prendere sul serio. Ed è evidente che per risolverla non si può dare mandato alla manovra politica, ma – come ha detto lei, Presidente – qui occorre un rilancio, con un chiaro progetto politico.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mirabelli. Ne ha facoltà.
MIRABELLI (PD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, noi voteremo la fiducia al suo Governo, al nostro Governo, innanzitutto – voglio andare controcorrente – per quello che è stato fatto in questi sedici mesi (Applausi), per come, primi in Europa, abbiamo affrontato la pandemia, ma anche perché questo Governo ha restituito credibilità all’Italia in Europa, le ha riconosciuto un ruolo.
Questo è il Governo che ha ridotto le tasse sul lavoro e che ha cambiato i decreti sicurezza, riaffermando i diritti umani e civili. (Applausi).
È il Governo che oggi ha saputo e sa organizzare una campagna vaccinale che ci vede all’avanguardia in Europa. Parto da qui, non solo perché è giusto, ma anche perché capisco che l’opposizione – che spesso è abituata ad agitare e a sottolineare soltanto i problemi – nasconda ciò che abbiamo fatto, ma non capisco – lo dico davvero ai senatori di Italia Viva – come sia possibile per una forza che ha condiviso e sostenuto questi interventi non riconoscerli, non rivendicarli con orgoglio. Sono stupito si parli coi toni che ho ascoltato di un’esperienza di governo di cui si è stati protagonisti, misurandosi insieme con una tragedia sanitaria, economica e sociale senza precedenti. Per un anno l’abbiamo fatto.
Tra l’altro inviterei, di fronte alla drammaticità della pandemia, a smettere di sbandierare e usare come un randello il fatto che siamo il Paese con più morti nel mondo (Applausi); in primo luogo perché non è vero, in secondo luogo perché in quel dato è compreso il peso preponderante di una sola Regione, la Lombardia, dove la mortalità, in rapporto sia alla popolazione, sia ai contagi, è tre o quattro volte più alta rispetto alle altre Regioni, segno che chi non ha saputo curare non è stato solo – né soprattutto – il Governo.
Signor Presidente del Consiglio, voteremo la fiducia anche perché nelle sue parole e nei suoi impegni abbiamo ritrovato una comune consapevolezza della necessità di un salto di qualità; consapevolezza che non tutto è andato bene (non è vero che lei ha detto che questo è il migliore dei governi possibili); consapevolezza che scontiamo ancora troppi ritardi e troppe lentezze, che serve un patto di legislatura che ci consenta di dare una prospettiva al Paese e di fare le riforme. Bene, è quello che anche il PD aveva chiesto. Abbiamo ritrovato molte delle nostre proposte e osservazioni nel recovery plan presentato alle Camere, che siamo sicuri miglioreranno ulteriormente il Piano.
Questo Paese non meritava l’apertura di una crisi in piena pandemia.
Vede, senatore Renzi, la crisi non risolve neanche uno dei problemi che lei ha elencato. Le persone che vivono tante incertezze e tanta insicurezza di fronte alla pandemia e alle incognite sul futuro non capiscono; non capiscono una politica che, anziché discutere di come unirsi per affrontare le emergenze della crisi, discute di crisi politica e di distinguo.
È un problema di tutti, non solo di chi ha aperto la crisi, perché evitare di allontanare i cittadini dalla politica e dalle istituzioni è compito di tutti ed è responsabilità di tutti. (Applausi).
Questa maggioranza è nata tra diversi e tra avversari, ma è nata per evitare che l’Italia fosse portata lontano dall’Europa. La difesa della collocazione europea, che ci ha consentito di ricostruire una credibilità in Europa, è ancora un collante decisivo per la coalizione di Governo; non ne vedo altre, in questo Paese, di coalizioni con la stessa chiara e trasparente opzione europeista. Certamente non lo è il centrodestra, con buona pace di Forza Italia. Non basta: ha ragione, Presidente. O, meglio, non basta più quel collante.
Il nostro voto favorevole di oggi è il voto di una forza, certo, responsabile, che non si accontenta, però, della governabilità in se stessa, ma vuole, insieme a lei e alle forze di maggioranza, raccogliere l’opportunità che ci viene data per cambiare questo Paese, per superare i limiti atavici dell’Italia e della sua pubblica amministrazione, della giustizia civile e penale, che devono essere riformate subito.
Serve un patto di legislatura per fare questo. Abbiamo bisogno di una maggioranza politica coesa, larga, per affrontare la crisi economica e sociale che il virus – non certo il Governo, come qualcuno lascia intendere – ha prodotto, non solo in Italia ma in tutto il mondo.
Serve una maggioranza politica per guidare il recovery fund e l’azione di Governo, per ridurre le diseguaglianze non per favorire chi sta meglio, per non lasciare nessuno indietro, nessuno da solo (non per vaccinare prima i più benestanti, come è stato proposto da un assessore lombardo), difendere il lavoro, pensare ad una economia green, innovare il Paese.
Serve un Governo capace di più, di mettere velocemente a terra provvedimenti e finanziamenti. So che su questo si sono costruiti una sintonia e un percorso comune. È bene quindi riprendere i lavori per un patto di legislatura ed è giusto chiedere da domani a chi vuole dare un apporto di unirsi, di esserci per dare un contributo al Paese. È giusto chiedere di essere parte di questa sfida a chi non pensa che antieuropeismo e sovranismo siano una strada che può dare un futuro a questo Paese. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Ronzulli. Ne ha facoltà.
RONZULLI (FIBP-UDC). Signor Presidente, senatori, onorevoli membri del Governo, la missione principale di una classe politica, tanto più se al Governo, è progettare il futuro delle prossime generazioni. I politici illuminati sono quelli con una visione di lungo periodo, che non guardano solo ai sondaggi o al consenso popolare. Sappiamo che in politica sono fondamentali le parole, buone magari per raccogliere qualche voto in Parlamento o fuori, ma poi c’è la realtà; una realtà che prima o poi bussa alla porta di chi se la dimentica o prova a raccontarla diversamente.
Ieri ha fatto un appello alla dignità della politica, ha parlato di voltare pagina, di una prospettiva da costruire. Sono espressioni nobili, dichiarazioni di buona volontà, che sarebbero da apprezzare se non fossero solo declamazioni.
Apprezzeremmo l’idea di una svolta se comportasse l’onesto riconoscimento degli errori che avete commesso e delle cose che non avete fatto e soprattutto delle occasioni che non avete sfruttato.
Dopo mesi tragici, all’improvviso si era intravista una luce; a metà del 2020 l’Europa si accorge finalmente di essere un popolo e mette a disposizione il piano Marshall del XXI secolo. E invece cosa fa il Governo? Niente, assolutamente niente. (Applausi). L’Italia dopo un anno di questo Governo ha due primati fra i grandi Paesi del mondo: è quello con il più alto tasso di mortalità per coronavirus – oggi si registrano ancora 603 morti – e quello con le peggiori previsioni di crescita del PIL.
Si è discusso tante volte in questi mesi se dovessero prevalere le ragioni della salute o quelle dell’economia. Voi avete risolto il dilemma, avete fatto peggio di tutti in un campo e nell’altro. (Applausi). Questo è il bilancio del vostro Governo.
Per tali ragioni riteniamo che non possa continuare, comunque vada, la raccolta di voti che tentate di fare oggi in questa Camera. Infatti, mentre costringeva il Parlamento a lavorare con il pallottoliere, la Commissione europea ha bocciato la proposta di recovery fund presentata dal Governo italiano. Sono inutili oggi i suoi appelli ai liberali e agli europeisti quando nella realtà questo Governo ha adottato solo politiche dirigiste, assistenzialiste (pensiamo al reddito di cittadinanza) (Applausi), giustizialiste e stataliste, quando nella sua maggioranza c’è chi lavora per introdurre una patrimoniale.
La fiducia al Governo non è un referendum sull’adesione all’Unione europea o all’euro. Io mi preoccuperei dello scarso europeismo che alberga nel principale partito di maggioranza, quello che ha posto un veto sul Meccanismo europeo di stabilità (MES), negando il potenziamento del nostro sistema sanitario nel bel mezzo di una pandemia e che ha offerto sponda alle manifestazioni antieuro o a sostegno dei gilet gialli; noi non l’abbiamo dimenticato.
Forza Italia, grazie alla guida di un uomo di Stato, come il presidente Berlusconi, ha seguito la linea della responsabilità, quella da lei citata più volte oggi. Responsabilità ha significato votare gli scostamenti di bilancio; responsabilità è aver annunciato che voteremo i provvedimenti per gli italiani, a partire dal prossimo decreto Ristori, sperando però che questa volta arrivino veramente nelle tasche degli italiani. (Applausi).
A questo proposito, non ci è sfuggito che questa mattina si è corretto, ammettendo che quanto fatto dal Governo finora è ampiamente insufficiente e non paragonabile alle perdite subite. Responsabilità è presentare questo progetto per il recovery plan (Applausi). È stato un lavoro serio, concreto, che abbiamo messo a disposizione degli italiani. Abbiamo un piano molto dettagliato, che si muove su tre grandi direttrici: riforma del fisco, della pubblica amministrazione, della giustizia. C’è poi tutta la parte sul lavoro, sui giovani, sul Sud, sulla sostenibilità ambientale, sulla digitalizzazione. Vede, presidente Conte, qui ci sono le risposte che gli italiani si aspettavano da mesi. (Applausi). Qui ci sono le soluzioni che avreste dovuto dare voi. Infine, responsabilità significa chiedere una profonda e netta discontinuità, che non può essere realizzata dal suo Governo, ma soltanto da un Governo di centrodestra unito, forte, serio, concreto, che proponiamo alla guida del Paese. (Applausi). E invece, da parte vostra abbiamo sentito solo un elenco di titoli e di presunti successi. Questo Governo non ha avuto una visione e pecca di gravi carenze. Penso al piano vaccini: lo sa quanti anziani chiamano i medici di famiglia e i pronto soccorso per sapere quando potranno essere vaccinati? Visto che le piacciono tanto le conferenze stampa, perché non ne ha fatta una per spiegare dove, come, quando e da chi saranno vaccinati? (Applausi). Avete preso coscienza che quest’Aula è il cuore della democrazia parlamentare soltanto oggi, perché avete paura di andare a casa e questa è la verità. (Applausi). A questo punto, la domanda è legittima, presidente Conte: non starà sfruttando questa crisi per rafforzare il suo consenso personale e la sua posizione politica, nel tentativo di fondare un suo partito? Se ha tempo, nella replica, per favore, me la dedica una risposta su questo? Perché agli italiani non interessa sapere questo, ma quando arriveranno gli aiuti, vorrebbero aiuti per le donne perché possano conciliare lavoro e famiglia, per i giovani affinché non lascino il nostro Paese, affinché non siano abbandonati a loro stessi gli anziani, per esempio. Serve ancora una riforma del fisco che ha promesso da tanto tempo, serve riaprire i cantieri e invece stiamo ancora aspettando i commissari. Gli italiani vogliono sapere come e quando potranno mandare i figli a scuola, la grande dimenticata del suo discorso, e invece eravate concentrati a colorare le Regioni. (Applausi).
Presidente Conte, la storia non si scrive in una notte, mentre si è inseguiti dagli spettri di una maggioranza in frantumi. Ora, a disastro fatto, lei supplica aiuto. Noi l’aiuto lo daremo sempre agli italiani, ma mai a questo Governo. Lo ribadiamo con forza: serve un Governo in grado di decidere, di offrire al Paese la via per uscire non da questa crisi politica, ma dalla crisi economica e sanitaria che ha colpito l’Italia. (Applausi). E allora, presidente Conte, di essere aiutati lo possono chiedere solo gli italiani che soffrono e che devono essere aiutati. Aiuto non lo può chiedere lei che è seduto su quella poltrona per dare aiuto e non per riceverlo. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bagnai. Ne ha facoltà.
BAGNAI (L-SP-PSd’Az). Signor Presidente, sono stato colpito, nel discorso tenuto questa mattina dal Presidente del Consiglio, da alcune espressioni che mi hanno veramente interessato per la loro improntitudine, direi. Ne cito un paio.
Cito: «un costante e serrato dialogo con tutti i livelli istituzionali»: basta fare una rapida ricerca su Google per vedere che non solo il governatore Zaia, Fedriga, il presidente Tesei, ma perfino il presidente Bonaccini ha lamentato pubblicamente l’assenza di interlocuzione con questo Governo e il presidente Bonaccini è affine a questa maggioranza, motivo per il quale io ho grande stima per lui, per questo suo coraggio politico, come lui del resto ha grande autostima di sé.
Cito: «C’era una forte spinta ideale, un investimento di fiducia». Ma insomma, diciamocelo: quale spinta ideale? L’ideale era solo unirsi contro Matteo Salvini; l’ideale era impedire agli italiani di esprimersi con il voto. (Applausi).
Quindi è chiaro che con un ideale puramente negativo l’investimento di fiducia ha avuto un rendimento negativo, come tanti altri investimenti di questi tempi, ma non è un dato inatteso. Noi avevamo avvertito i nostri ex alleati sui rischi che correvano affidandosi a un personaggio ambizioso e spregiudicato.
Il momento della verità è arrivato con il recovery fund. «Crescentem sequitur cura pecuniam», dice Orazio; lo dice oggi l’«Handesblatt»: «Wo sich das Geld mehrt, folgt die Sorge nach» (tradotto per gli astanti: all’arrivo del malloppo è iniziata la lotta per la spartizione). Molti miliardi, nessun progetto: così titola il principale quotidiano economico tedesco. E quindi non solo gli italiani, ma anche i vostri fratelli europei, eure Brüder, non hanno fiducia in voi, perché vedono che la vecchia politica si spartisce il malloppo, corre a spartirselo ignorando chi dovrà restituirlo, cioè gli italiani. E quindi la sfiducia è motivata, perché, per citare un altro poeta, abbiamo di fronte a noi un Governo «dai piedi di balsa, inventore di una storia falsa» che campa su una menzogna. (Applausi).
La menzogna sottostante alla narrazione del Governo è l’idea che prima della crisi pandemica tutto andasse bene nel migliore dei mondi possibili, la cosiddetta Europa, e che a questa la cosiddetta Europa abbia risposto nel modo migliore, dando prova di solidarietà e riconfermandosi come il migliore dei mondi possibili. Quindi dobbiamo essere europeisti; cioè, non buoni, ma buonisti; non arrivati, arrivisti; non giusti, giustizialisti; non europei, europeisti: tutto è ideologia qua dentro. (Applausi).
Ma anche qui ci vuole poco a smentire questa narrazione truffaldina, no? Del resto il meccanismo è sempre quello: se siete così bravi, perché vi terrorizza il voto? E se prima tutto andava bene, perché ora si afferma l’esigenza di cambiare le regole?
Ex multis, il 21 novembre scorso il presidente Ursula von der Leyen ci faceva sapere su Twitter che nessuna regola dovrebbe ostacolare il tentativo dei governi di pompare euro nell’economia; nessuna regola dovrebbe farlo. Quindi, ancora oggi, riconosceva l’esistenza di un problema con la governance del migliore dei mondi possibili, il mondo europeista. Non andava tutto bene e sarebbe stato sorprendente, considerando in che mani siamo: nelle mani della stessa von der Leyen, che da ministro del lavoro della Repubblica federale tedesca, il 23 agosto 2011, si univa alla richiesta finlandese di ipotecare il Partenone, una richiesta che alla Finlandia non ha portato benissimo. Siamo nelle mani di chi ha ritardato una risposta unitaria forte dell’Europa aspettando che la pandemia gli arrivasse in casa: questo è un dato oggettivo e se ne è scusata la stessa von der Leyen.
Quindi le cose non andavano bene e lo dicono i numeri: nel mondo europeista le cose non andavano bene. Torno a mettere i numeri a verbale: secondo le ultime stime della Banca d’Italia nel 2020 il PIL è diminuito del 9 per cento, raggiungendo il livello del 1998, ma in questo balzo all’indietro di ventidue anni voglio attirare la vostra attenzione su un punto. Il Covid ovviamente ha dato un contributo importante, ma non poi così determinante, perché nel 2019, anno pre-Covid, il PIL era al livello di quindici anni prima, al livello del 2004. Quindi, già da prima della crisi l’arretramento del Paese era di quindici anni e già prima della crisi ci sarebbero voluti venti anni per tornare al livello del PIL del 2007, nel meraviglioso mondo europeista delle regole. Questo era il mondo del 2019.
Vi do un’altra evidenza palpabile di che cosa sia l’europeismo di cui qui si parla e di che cosa siano le regole e le riforme. Tra il 1960 e il 2011 gli investimenti pubblici in questo Paese sono cresciuti dell’1,7 per cento medio all’anno. Mantenendo questa crescita, tra il 2012 e il 2019 avrebbero dovuto raggiungere circa 44 miliardi di euro malcontati; invece nel 2019 gli investimenti sono stati di 28 miliardi di euro. Per trovare un valore così basso bisogna risalire fino al 1978. Sì, avete sentito bene: bisogna risalire all’anno del sequestro di Aldo Moro per avere un livello così basso di investimenti pubblici in Italia, ma da quei tempi il PIL è raddoppiato. Come possiamo pensare di sovvenire al bisogno di infrastrutture di un’economia che ha raddoppiato di volume con una fornitura di infrastrutture che poteva essere forse adeguata a quarantatré anni fa?
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cioffi. Ne ha facoltà.
CIOFFI (M5S). Signor Presidente, perché siamo qua? Ce lo dice l’articolo 1 della Costituzione: la sovranità appartiene al popolo, ricordiamolo. Siamo qua per essere il popolo, cittadini che prestano il loro cuore e la loro testa al servizio del popolo. Un popolo composto da cittadine e cittadini che vivono da anni in una condizione di compressione della loro capacità di spesa, colpiti da un sistema in cui, per troppi anni, la politica ha abdicato di fronte alle logiche della mano invisibile di cui parlava Smith. Peccato che il mercato perfetto non esista. Ed è per l’asservimento a quella oramai superata concezione che fallisce il suo teorema. Fallisce perché non tiene conto dei desideri e delle sofferenze dell’uomo; una concezione che, più che utopica, è distopica, visto che prevedeva la mobilità perfetta di quella che Sanders definisce classe lavoratrice.
Gli uomini e le donne non sono macchine o numeri; sono l’essenza profonda del nostro agire e della nostra responsabilità. Siamo noi quando andiamo al mercato, siamo noi quando siamo fuori da questo palazzo; siamo noi quando ci scontriamo con il dolore e la gioia della nostra esistenza.
Quanto dolore c’è fuori, ma anche quanto amore. Ecco, dobbiamo sentire nelle nostre vene fluire quel dolore e quell’amore per capire cosa dobbiamo fare, a partire dal rispetto e dall’amore dell’uno per l’altro come, ci ricorda il Vangelo di Marco, e per quell’amore che permette di essere al servizio del popolo. È su questo concetto che possiamo e dobbiamo evolverci. (Applausi). Dobbiamo sentire fluire quel dolore, quello sgomento che sentono i cittadini per riportare al centro dell’azione il senso di fratellanza.
La fase storica che stiamo vivendo porta ad accentuare l’astio, la contrapposizione, figlia di quella logica turbo-liberista che ha dominato non solo l’economia, ma la vita stessa delle persone.
Un popolo che soffre come può essere felice? Non lo sentite dentro di voi il dolore, il dolore della gente? E noi siamo qui a parlare di un problema di stabilità, che si intreccia e nasce dall’ego-ismo, anzi dall’egotismo che, come dice la Treccani, è quella atteggiamento psicologico che consiste nel culto di sé e nel compiacimento narcisistico e raffinato della propria persona e delle proprie qualità (Applausi); quell’ego che tanto fa e tanto disfa, quell’ego distruttore che non fa altro che esaltare il senso dalla vanità, decisamente il mio peccato preferito, come diceva un vecchio film. È su quella vanità che si fonda la certezza incrollabile della propria verità. Ma, allora, tenetevi le ghiande e lasciateci le ali: noi siamo oltre quella verità; sentiamo sulle nostre spalle il peso di quella grande massa di persone che combatte con la propria fatica quotidiana e si è allontanata dalla voglia di volare come un gabbiano.
Come non ricordare la fatica di Michele, un mio amico ingegnere passato nel fuoco del Covid, una delle tante partite IVA che combatte quotidianamente con il rallentamento delle commesse, con il rallentamento della catena dei pagamenti, come tanti di quei liberi professionisti che hanno di fronte l’aumentare dell’insicurezza per il sostentamento delle proprie famiglie. Oppure come Antonio, fantastico chitarrista jazz che, come tanti lavoratori dello spettacolo dal vivo – dagli scenografi agli impresari – non riesce più a lavorare. Oppure come mio cugino Franco, anche lui ingegnere libero professionista, morto di Covid solo una settimana fa. (Applausi). È in onore di tutte queste persone e di tutti coloro che hanno difficoltà che tutti noi dobbiamo ricordare qual è il ruolo di un parlamentare.
L’ho già detto: per servire il popolo bisogna sentirsi popolo, interpretarlo ed avere il coraggio di attuare e proseguire l’azione che si sta portando avanti. (Applausi). È un atto d’amore che si fa quando si sente cittadini nelle istituzioni che torneranno alla loro vita, alla loro fatica quotidiana, una volta finito il mandato. È un ciclo, una catena, un cerchio, il cui punto di partenza è uguale al punto di arrivo.
È la natura che ci fa capire quanto sia un sistema circolare.
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