Il Tribunale accoglie la richiesta di verificare la costituzionalità della legge che vieta l’eterologa alle coppie lesbiche, la Corte Costituzionale si esprimerà a breve
A pochi giorni dal Gay Pride che si è svolto contemporaneamente in più città italiane, arrivano alcuni segnali di apertura nei confronti di coppie LGBT che intendono formare una famiglia.
Il Tribunale di Pordenone, infatti, ha accolto la richiesta di una coppia di donne lesbiche che avevano chiesto di verificare la costituzionalità delle norme che attualmente vietano in Italia l’accesso alla procreazione medicalmente assistita alle coppie di donne. Sul procedimento si pronuncerà a breve la Corte Costituzionale: se dovesse stabilire che quelle norme violano la Carta, aprirebbe di fatto la possibilità alle donne lesbiche unite civilmente di effettuare l’eterologa in Italia. Parti importanti della legge 40 sono già state smontate dai giudici perché violavano i diritti fondamentali delle persone.
Alla coppia, riferisce il Corriere della Sera era stato rifiutato la fecondazione eterologa (cioè l’inseminazione di una delle due donne con il seme di un donatore) dal Servizio per i trattamenti di procreazione medicalmente assistita (pma) presente nell’Azienda sanitaria 5 di Pordenone.
Le donne avevano a quel punto richiesto al giudice di superare il rifiuto chiamando in causala Corte Costituzionale. Il giudice ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione. Secondo l’avvocata della coppia, Maria Antonia Pili, «sarà ora la Corte Costituzionale a pronunciarsi su tale discriminazione basata esclusivamente sull’orientamento sessuale delle persone, ormai intollerabile anche nel nostro Paese dati i precedenti sia legislativi sia giurisprudenziali intervenuti in tale ambito».
In altri paesi europei come Spagna, Francia, Regno Unito, Olanda e Danimarca, l’eterologa è aperta anche alle coppie lesbiche o alle donne non sposate. E infatti sono alcune centinaia le donne lesbiche o single italiane che vanno all’estero per quello che è stato ribattezzato «turismo procreativo». Dopo la fecondazione assistita realizzata all’estero con lo sperma di donatori, le donne tornano in Italia dove danno alla luce i bambini senza di solito dichiarare che sono stati concepiti con l’eterologa. La coppia di Pordenone ha chiesto di poter effettuare la stessa procedura in Italia, come attualmente è possibile solo per le donne che sono in coppie eterosessuali (in quel caso il padre è per legge genitori del nascituro anche se non ha legami genetici con lui). Sarà adesso la Consulta a stabilire se il divieto di accesso all’eterologa per le donne lesbiche contenuto nella legge 40 sia incostituzionale.
N
on sarebbe nel caso la prima volta che i giudici abrogano delle parti della norma sulla fecondazione assistita, approvata nel 2004 e poi sottoposta a referendum. La legge 40 è stata infatti uno dei provvedimenti più contestati della storia repubblicana, tanto da essere messa in discussione nei tribunali, da quelli di primo grado fino alla Corte Costituzionale e la Corte europea dei diritti di Strasburgo per ben 33 volte. I giudici hanno eliminato 4 misure contenute nella norma: il divieto di produrre più di tre embrioni e di crioconservarli, l’obbligo contemporaneo di impianto di tutti gli embrioni prodotti (su cui è intervenuta appunto la Consulta nel 2009), il divieto di diagnosi preimpianto e di accesso alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche e, appunto, il divieto di fecondazione eterologa, nel 2014 . Finora è rimasta in vigore la parte che esclude la fecondazione assistita per i single e le coppie lesbiche.
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