I dati Eurostat-2018 sull’occupazione vedono ultima la Mayotte regione francese africana preceduta dal Meridione d’Italia. La Sicilia supera anche la Guyane.
Occupazione e sviluppo, soltanto l’Africa fa peggio del Sud d’Italia
Quattro su cinque delle Regioni con il tasso di occupazione più basso in Europa sono nel Sud Italia con meno della metà delle persone tra i 20 e i 64 anni che ha un lavoro a fronte del 73,1% medio in Ue.
I dati Eurostat riferiti al 2018 sono impietosi con la regione peggiore in graduatoria che è la Mayotte, regione d’oltremare francese che è in Africa vicino al Madagascar, con il 40,8% delle persone tra i 20 e i 64 anni al lavoro. Segue subito dopo la Sicilia con il 44,1%, la Campania con il 45,3%, la Calabria con il 45,6% e la Puglia con il 49,4%. Il livello di occupazione medio dell’Italia si aggira intorno al 63%, quindi meglio della Grecia che ha il 59,5% ma che tuttavia ha un minor divario tra le regioni rispetto a noi. Due esempi del gap tutto italiano nord-sud: l’Emilia Romagna è la regione più virtuosa con il 74,4%, insieme a Bolzano al 79%. Trenta punti più della Sicilia.
Fanno meglio gli altri Paesi dell’Unione Europea, come la Spagna è salita al 67% dal 59,9% del 2014 mentre l’Italia nello stesso lasso di tempo è passata dal 59,9% al 63%.
Tra le Regioni nelle quali lavora la più alta percentuale di persone (nella fascia tra i 20 e i 64 anni) c’è quella che ospita Stoccolma con l’85,7% (l’intera Svezia è all’82,6%).
A portare il Belpaese in fondo alla classifica ci sono anche le scarse opportunità lavorative riservate alle donne. In Italia, tra i 20 e i 64 anni lavora il 53,1% delle donne contro il 67,4% medio in Ue (il 75,8% in Germania). Ma anche qui ci sono differenze enormi tra Regioni. L’Emilia Romagna conta il 66,9% delle donne occupate (superiore alla media Ue), la Sicilia solo il 31,5%. In Campania sono occupate il 31,9% delle donne in età da lavoro, in Calabria il 33,5% e in Puglia il 35,6%.
Il Mezzogiorno arranca pure sul fronte infrastrutture e lavoro ma anche su quello dell’educazione: nelle regioni del Sud – secondo i dati Eurostat riferiti al 2018 – le persone che hanno al massimo il diploma di terza media sono il 32,7% di coloro che hanno tra i 30 e i 34 anni a fronte del 16,4% medio in Ue (36,2% nelle isole) mentre coloro che in questa fascia di età hanno una laurea sono appena il 21,3% (il 20,9% nelle Isole) contro il 40,7% medio in Ue (27,8% il dato medio italiano).
In Italia è alta anche la percentuale dell’abbandono scolastico con il 14,5% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non sono in un percorso scolastico né in uno formativo a fronte del 10,6% medio in Ue soprattutto a causa dell’alto tasso registrato tra i ragazzi sardi (il 23%) e siciliani 22,1%).
Il Sud si conferma poi al top per la percentuale di neet, ovvero le persone che non lavorano ma non sono neanche in un percorso di studio o di formazione. Se in Europa la percentuale dei giovani tra i 15 e i 34 anni neet è al 14,1% in Italia è al 24,8% soprattutto a causa degli alti tassi nelle regioni del Sud (35,5%) e delle Isole (39%).
Al top c’è la Sicilia che risale in senso negativo al 41,8 superando anche la regione francese della Guyane (una regione francese d’oltremare, situata sulla costa nord-orientale del Sudamerica) scesa al 39,2%.
Il Mezzogiorno è indietro anche nella formazione: secondo i dati Eurostat riferiti al 2018 le persone che hanno al massimo il diploma di terza media sono il 32,7% tra chi ha tra i 30 e i 34 anni a fronte del 16,4% medio in Ue (36,2% nelle isole). Quelli che in questa fascia di età hanno una laurea sono il 21,3% (il 20,9% nelle Isole) contro il 40,7% medio in Ue (27,8% la media in Italia).
Ed è alta anche la percentuale dell’abbandono scolastico con il 14,5% dei giovani tra i 18 e i 24 anni che non hanno alcun percorso formativo a fronte del 10,6% che è la media in Ue. A guidare la classifica dell’abbandono ci sono le isole italiane, con i ragazzi sardi (il 23%) e i siciliani 22,1%).
L’opinione.
Come se ne esce ? Dicendoci la verità, senza ipocrisia, retorica, permalosità, campanilismi, ideologie, nostalgie, anacronismi e sofismi. È la corruzione interiore e culturale il cancro della nostra Nazione. La trasversale politica, corrotta da sempre, ha infettato conseguentemente lo Stato. Le Istituzioni hanno ormai al loro interno la corruzione. L’omertà concomitante è anche corruzione. Sono scomparsi i pesi e contrappesi, i controlli e i controllati, anzi addirittura divenendo questi ultimi i controllori. Le Regioni con il decentramento e il federalismo si sono viste forzosamente spalancare i portoni legalizzati della corruzione e della razzia. Con l’estorsione fiscale si fanno tutti lautamente mantenere insieme a pletore di codazzi. La mancanza di lavoro, il generale impoverimento e sottosviluppo sono i sintomi e gli effetti della corruzione. Il Sud e specialmente la Sicilia pagano oltremodo in quanto nei decenni sono stati assoggettati al bisogno, ammaestrati al clientelismo e voto di scambio, per essere usati come un bacino di voto. Sicché altro non sa immaginare il cittadino meridionale quando vota e persino neanche ci va a farlo. A tutto ciò si aggiunga, guarda caso, la parallela criminalità organizzata. Sembra infatti una sistematica simmetria: politica+corruzione+criminalità=Italia.
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