Strangolamento di Voghera: Elisa Roveda tra desiderio d’amore e depressione post partum

Il caso di strangolamento a Voghera ha un autrice e un bambino: Elisa Roveda, 44 anni, ha strangolato e ucciso il figlio Luca

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Il caso di strangolamento a Voghera ha un autrice e un bambino: Elisa Roveda, 44 anni, ha strangolato e ucciso il figlio Luca, che avrebbe compiuto un anno a fine mese, intorno alle 9 dello scorso venerdi 14 luglio, proprio mentre si trovava da sola con lui.

“ Avevano faticato molto per avere questo bimbo” : queste le parole di una vicina di casa della madre assassina nel contesto di una famiglia che, secondo qualcuno, rappresentava “il ritratto della felicità”.

Un buco nero di un’ora, tra l’uscita di casa del marito, per andare al lavoro, e l’arrivo della nonna del piccolo Luca.

Sono bastati 60 minuti o forse meno perché si consumasse la tragedia familiare in via Mezzana, a Voghera.

Strangolamento di Voghera: Racconto di una tragedia annunciata

Elisa Roveda soffriva di depressione post partum. Aveva paura di guidare e per questo c’era sempre qualcuno con lei. Lo scorso venerdì, quando il marito Maurizio Baiardi è uscito per andare a lavorare, in casa sua in via Mezzana a Voghera era in arrivo la donna che l’aiutava con le pulizie e con il bambino.

La nonna Angela Cullaciati stava arrivando. Ma quando è entrata in casa Luca era già morto. Strangolato. Elisa si trovava sdraiata sul letto in stato confusionale. Il corpo del bambino era a fianco a lei. Angela ha constatato il decesso del piccolo di un anno e ha chiamato ambulanza e carabinieri. Il nonno Marco Roveda oggi dice che il genero non doveva andarsene: «Gli avevo detto di non lasciarla sola. Ha sbagliato». Roveda è stata arrestata. La salma del piccolo è stata trasferita all’Istituto di Medicina Legale dell’ospedale di Pavia per l’autopsia.

Ai carabinieri la donna ha detto una sola frase: «Ho ucciso mio figlio».

La storia di Elisa Roveda

L’appartamento di Voghera dove è avvenuto lo strangolamento del piccolo Luca è stato sequestrato. Luca avrebbe compiuto un anno il 30 luglio prossimo. «Aveva la depressione post partum», spiega una vicina. «Mio marito mi ha chiamato subito dopo le grida. È andato nell’appartamento, poi è scappato via», spiega. Per la diagnosi Elisa Roveda prendeva farmaci ogni giorno attraverso un’iniezione. «Un mese e mezzo fa aveva fatto la prima visita dai dottori», spiega Marco Roveda parlando della figlia. «Pochi mesi dopo il parto ha avuto un esaurimento. Non andava lasciata sola», aggiunge. Elisa Roveda lavorava part time presso un commercialista. Aveva sposato Maurizio Baiardi nel 2017 dopo una lunga convivenza. Dopo la nascita di Luca era andata in maternità. “Si sentiva sempre stanca”, raccontano i vicini parlando della depressione.o ucciso mio figlio»partum

Per questo la madre non si fidava a lasciarla sola. Il bambino lo volevano da 5 anni. «Aveva un esaurimento post parto, questo mi hanno detto. Ma Luca non lo doveva toccare. Magari a volte non dormiva, non guidava più, magari le dava fastidio il bambino. Aveva anche problemi a lavoro. Ma non si sfogava col bambino. Aveva paura a stare in casa, a volte dormiva dalla mia ex moglie pur di non restare sola», dice oggi il nonno del bambino. La relazione tra i due «andava bene, non si stavano separando. Convivevano da anni, erano sposati dal 2017. Avevano tanto voluto Luca, ma io glielo avevo detto. Non si fanno figli a 44 anni. I bambini bisogna averli da giovani».

Sulla figlia che aveva bisogno di aiuto Marco Roveda dice che «abbiamo cercato di intervenire. Io ho sempre detto a Maurizio, quando lo incontravo ogni sera, di chiamarmi qualsiasi cosa avessero bisogno. È andato a lavoro lasciandola sola».

La depressione post partum e i segnali per riconoscerla

Per la neo-mamma, come quella di Voghera, la nascita del bambino può suscitare una cascata di emozioni intense e contrastanti, che vanno dall’eccitamento e gioia, fino ad attacchi di rabbia e ansia, ma può anche sfociare in qualcosa che non ci si aspetta, come la depressione post partum che può portare anche allo strangolamento del proprio figlio appena nato.

Molte mamme “alle prime armi” sperimentano un malessere fisiologico chiamato “baby blues”, che spesso si manifesta dopo la nascita del bambino e che generalmente comprende sbalzi d’umore e crisi di pianto che si risolvono rapidamente. Altre neomamme vanno però incontro ad una più severa e duratura forma di depressione, nota come depressione post partum. Infine, ancor più raramente, dopo la nascita del bambino, si manifesta una forma estrema di depressione post partum nota come psicosi da post parto.

La depressione post partum non è una debolezza né un difetto caratteriale.

A volte è semplicemente una complicazione del parto. Se si va incontro a depressione post partum, un trattamento tempestivo può essere utile per tenere controllati i sintomi e riuscire a godersi appieno il proprio bambino.

Alberto Siracusano, professore ordinario di psichiatria all’università di Tor Vergata a Roma, spiega che i ritmi della società di oggi non aiutano le mamme. Che non vanno mai lasciate sole: «Non deve sentirsi isolata e sopraffatta». Per il professore i disturbi dell’umore dipendono da vulnerabilità specifiche della persona. Ma anche dai cambiamenti ormonali per il parto. «I veri fattori di rischio si possono valutare anche al momento del concepimento», spiega.

Siracusano spiega quali sono i segnali d’allarme: “Se ci accorgiamo che la donna ha meno interesse per il bambino, per i bisogni del piccolo e per i propri, potrebbe essere una forma di depressione”. Anche il senso di solitudine dopo il parto «può essere considerato un fattore di rischio». Così come il rifiuto di interagire con il bambino. “La mamma non va mai lasciata sola. Dobbiamo sostenerla e starle accanto. È importante che non si senta isolata. E non va colpevolizzata se vive male il fatto di essere mamma”.

E’ tristissimo venire a conoscenza ancora oggi di questi terribili episodi, di queste atrocità!

Solo l’amore, la comprensione e la vicinanza alle donne che dopo il parto vivono sentimenti di angoscia e solitudine può farsi che non dovremo più raccontare storie così agghiaccianti. Ce lo auguriamo…

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