Iran, la rivolta che può cambiare il Medio Oriente

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Gli investimenti nei conflitti per procura in Medio Oriente nel mirino dell’opposizione. I fondi finiscono nelle tasche dei combattenti sul modello del Partito di Dio di Beirut

BEIRUT – È uno degli slogan che si sentono nei video inviati in Rete dai manifestanti: «Non per Gaza, non per il Libano, non per la Siria, la mia vita per l’Iran». Ed è una delle ragioni che hanno spinto migliaia di persone nelle piazze in tutto il Paese. Gli ingenti investimenti nelle guerre per procura in Medio Oriente. Soldi che, secondo l’opposizione, avrebbero potuto migliorare, e di molto, le condizioni di vita degli iraniani. Non ci sono cifre ufficiali, ma dalla fine del 2011, quando le primavere arabe si sono trasformate in un confronto fra Iran e alleati sciiti contro le potenze sunnite allineate con l’Occidente, decine di miliardi sono affluiti in tutta la regione per sostenere la politica di influenza della Repubblica islamica.

Il fronte più importante è stata la Siria. Banche a partecipazione statale hanno aperto almeno due linee di credito a favore del governo di Bashar al-Assad, una pari a 3,6 miliardi di dollari nel 2013 e l’altra di un miliardo nel 2015. Questi soldi sono stati usati da Damasco anche per acquistare petrolio e gas, in parte dallo stesso Iran, dopo che l’Isis e altri gruppi jihadisti si erano impadroniti dei giacimenti nella Siria orientale. Ma sono solo una parte degli aiuti. A partire dal 2013 un «ponte aereo» fra l’Iran lo scalo di Mezzeh, a Sud-Ovest della capitale siriana, ha rifornito di armi e munizioni alle milizie sciite a fianco del regime. Un sostegno nell’ordine delle centinaia di milioni di dollari.

Altri soldi sono stati spesi per pagare gli stipendi ai combattenti sciiti, soprattutto iracheni e afghani. Il salario medio è stimato in 300 dollari al mese, il numero dei combattenti, esclusi quelli libanesi di Hezbollah, fino a 50 mila. Si arriva così a circa 180 milioni all’anno. Altre spese sono state sostenute per l’addestramento, il trasferimento di armi e combattenti, aiuti alle famiglie con parenti caduti al fronte. Stesso tipo di sostegno, anche se in scala più limitata, è toccato alle milizie sciite in Iraq. Parliamo di circa 100 mila uomini. Sono però milizie-partiti, con fonti di finanziamento locale, e quindi i trasferimenti iraniani riguardano armi e addestramento. Non miliardi all’anno come in Siria, ma centinaia di milioni.

Il modello per tutta questa operazione è stato l’Hezbollah libanese, la prima milizia addestrata dai Pasdaran, già alla metà degli Anni Ottanta. Anche se i legami politici sono strettissimi, il Partito di Dio libanese è però riuscito a rendersi indipendente, soprattutto dopo la guerra con Israele del 2006. Dispone di una rete di aziende, istituti finanziari, e una raccolta efficiente di «elemosine», anche da parte di ricchissimi imprenditori libanesi. Gli aiuti diretti dall’Iran sono stimati da un minimo di 60 milioni di dollari all’anno a un massimo di un miliardo, ma si situano nella parte bassa della forchetta. Sono aiuti in «natura». Cioè armi e componenti missilistiche che passano dall’Iraq e la Siria, lungo il famigerato«corridoio sciita».

Il modello Hezbollah è stato replicato, in misura ridotta, con la milizia Ansar Allah degli Houthi in Yemen.

I servizi occidentali sostengono che alcune decine di addestratori iraniani e libanesi sono riusciti a eludere il blocco saudita e unirsi ai guerriglieri yemeniti per fornire assistenza per la produzione missilistica e addestramento militare. Dall’Iran sarebbero anche giunte forniture di parti di missili, poi lanciati su Riad e altri obiettivi in Arabia Saudita. Molto più organica la collaborazione invece con gruppi estremisti, in questo caso sunniti, a Gaza. Fino al 2012 Hamas riceveva, secondo i servizi israeliani, almeno 100 milioni all’anno in finanziamenti diretti e in «natura» (armi). Il flusso si è più che dimezzato dopo che il movimento legato ai Fratelli musulmani si è schierato contro Assad in Siria. Gli aiuti si sono indirizzati allora, fino a 70 milioni annui, alla Jihad islamica, una formazione ancora più estremista, che lancia regolarmente razzi dalla Striscia verso Israele.

vkvicentro.it/CRONACA
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