Sequestro da 40 milioni di euro, all’amministratore di fatto, di Unigroup spa

Sequestro di 40 milioni all’amministratore di fatto di Unigroup spa, accusato di estorsione aggravata dal...

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Sequestro di 40 milioni all’amministratore di fatto di Unigroup spa, accusato di estorsione aggravata dal metodo mafioso, art.513-bis e 416 bis, c.p.

Su proposta della Procura della Repubblica di Catania, i Finanzieri del Comando Provinciale di Catania, in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (Scico), hanno eseguito un provvedimento di applicazione di misura patrimoniale, emesso dal Tribunale etneo, Sezione Misure di Prevenzione, finalizzato al sequestro di attività commerciali, immobili, beni mobili registrati e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di circa 40 milioni di euro, riconducibili a Roberto Cappuccio, 54 anni, ritenuto, amministratore di fatto, di Unigroup spa.

Le indagini <<sono consistiti nella messa a sistema del vasto compendio indiziario a carico di Cappuccio tratto dall’esame di documentazione bancaria e contabile, dalle evidenze di atti pubblici e scritture private, dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e, da ultimo, dalle intercettazioni eseguite nell’ambito della citata operazione “Beta” della Dda peloritana. I complessi accertamenti patrimoniali – scrive la Finanza – eseguiti hanno permesso di tracciare analiticamente il profilo soggettivo di Cappuccio, di ricostruire il complesso quadro di imprese da lui di fatto gestito individuandone gli asset patrimoniali illecitamente accumulati nonché l’acquisizione di beni privati con risorse finanziarie di provenienza illecita. Al descritto profilo soggettivo di Cappuccio è, tra l’altro, corrisposta – evidenziano gli investigatori – una cospicua “sproporzione” complessiva di oltre 40.000 euro delle attività economiche possedute, da Cappuccio e dalla sua cerchia familiare, rispetto ai redditi dagli stessi dichiarati al fisco a partire dal 1997>>.

Si sarebbe quindi reso protagonista anche di una serie di compravendite immobiliari tramite Unigroup e a favore della Family Group srl (con sede in Siracusa, SR, esercente l’attività di bar e somministrazione di alimenti e bevande, attiva dal 2015) altra società considerata sotto il suo controllo. I beni oggetti del sequestro sono costituiti da due fabbricati, tra i quali una villa di dieci vani e piscina, 32 rapporti bancari, un’automobile, e le società Unigroup, Be.Ca e Family Group (con sede in Siracusa (SR), esercente l’attività di “agenti e rappresentanti di altri prodotti alimentari e tabacco).

Cappuccio è stato ritenuto dal Tribunale, amministratore di fatto, dell’Unigroup Spa con sede in Melilli in provincia di Siracusa, che distribuisce prodotti alimentari a bar, esercizi pubblici, ristoranti e grande distribuzione. È anche considerato dai Magistrati contiguo alla famiglia mafiosa catanese dei Santapaola-Ercolano.

A sottolineare i rapporti esistenti tra l’imprenditore e la criminalità organizzata era stato anche il Tribunale del Riesame di Messina, poiché Cappuccio già negli anni Novanta avrebbe acquisito partecipazioni in un’impresa riconducibile al clan Bottaro-Attanasio, grazie alla parentela con Ernando Di Paola, pregiudicato per mafia.

Era imputato di tentata estorsione aggravata dalla finalità mafiosa unitamente ad altri soggetti appartenenti a Cosa Nostra etnea operanti nel territorio di Messina fino al settembre 2015. Nello specifico, Cappuccio era stato rinviato a giudizio per aver, nella qualità di socio della “Cooperativa Italiana di Catering” (azienda italiana che opera nel settore della ristorazione collettiva, commerciale, catering perciò operazioni di approvvigionamento e rifornimento in massa di cibi e bevande pronti che viene effettuato da apposite organizzazioni nell’ambito di comunità, compagnie di trasporto, riunioni, cerimonie, ecc. eventi fieristici, utilizzando diversi brand e contando numerose filiali commerciali). Partecipe a varie società italiane ed estere affini alla ristorazione, aveva preso parte a una serie di condotte intimidatorie, unitamente ad appartenenti al sodalizio mafioso, finalizzate a porre in essere un forzato recupero crediti nei confronti di una società commerciale fornitrice della stessa cooperativa.

Il Tribunale di Messina, nel riesaminare l’ordinanza applicativa della misura cautelare emessa nei suoi confronti aveva rigettato la richiesta dell’imputato, evidenziando come lo stesso, anche sulla base di riscontrate dichiarazioni di collaboratori di giustizia, avesse intessuto questi rapporti economici di cointeressenza con i citati clan e si avvalesse pertanto del rapporto privilegiato con la criminalità organizzata di stampo mafioso e della correlata capacità intimidatoria per affermarsi nel mercato delle forniture alimentari della Sicilia orientale in posizione dominante. Ha ritenuto che Cappuccio ha usufruito della forza intimidatrice delle cosche per affermarsi sul mercato, ricambiando Di Paola con il supporto negli affari imprenditoriali di quest’ultimo «attraverso la fornitura di merci, la collocazione dei suoi prodotti e la concessione di garanzie indispensabili per il rilascio di fideiussioni bancarie».

Il 54enne, figurava quindi tra i 30 destinatari di misure restrittive personali indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, estorsione, corruzione, trasferimento fraudolento di valori, turbata libertà degli incanti, esercizio abusivo dell’attività di giochi e scommesse, riciclaggio e reati in materia di armi. In tale contesto, emergeva, a carico del soggetto destinatario dell’odierna misura patrimoniale, la sua contiguità al clan Santapaola-Ercolano.

Sulla base, dunque, di una pluralità di elementi indiziari gravi e concordanti, il Tribunale di Catania ha ritenuto l’imprenditore Roberto Cappuccio soggetto gravato da pericolosità sociale qualificata in quanto dedito allo svolgimento di attività illecita riconducibile alla fattispecie delittuosa dell’illecita concorrenza con minaccia o violenza (art.513-bis c.p.) avvalendosi delle condizioni previste dalle associazioni di tipo mafioso (art.416 bis c.p.).

In una nota, pubblicata da La Sicilia di Ct, l’avvocato del Cappuccio fa presente che: L’imprenditore di Siracusa Roberto Cappuccio, coinvolto nell’operazione “Beta” coordinata dalla Procura di Messina, oggi è un uomo libero e il provvedimento di sequestro dei suoi beni è stato disposto dal Tribunale di Catania. La difesa di Cappuccio sottolinea che il provvedimento si basa su dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, rese una decina di anni fa e alle quali il tribunale penale di Siracusa non ha creduto, emettendo, in quella circostanza, una sentenza di assoluzione nei confronti dell’imprenditore siracusano che oggi è imputato per l’operazione “Beta”. Tra le imprese sequestrate, la Family Group spa, con sede a Siracusa, come la Be.Ca.srl mentre l’impresa Unigroup, con sede a Melilli, prosegue la propria attività d commercio all’ingrosso in amministrazione controllata. Errata dunque la notizia dell’arresto (avvenuto in realtà nel 2017), notizia che era stata pubblicata sulla versione cartacea de La Sicilia della provincia di Siracusa.

Adduso Sebastiano

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