La città di Castellammare di Stabia è teatro di un aspro dibattito politico innescato dalla comparsa di alcuni manifesti che raffigurano la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a testa in giù. Un’immagine potente e sinistra, che non è passata inosservata e che ha suscitato la ferma e immediata condanna del sindaco, Luigi Vicinanza.
Il primo cittadino ha espresso tutto il suo sdegno in una nota dura, che traccia una linea invalicabile tra la legittima contrapposizione politica e l’utilizzo di un’iconografia che rimanda a uno dei momenti più bui e violenti della storia italiana.
“Una cosa sono le idee, le posizioni politiche e il confronto democratico; un’altra sono l’utilizzo di squallide immagini che rievocano un passato buio della nostra storia e che non deve tornare”, ha dichiarato Vicinanza.
Il riferimento, neanche troppo velato, è all’immagine della fine di Benito Mussolini a Piazzale Loreto. Per il sindaco, associare una simile sorte, anche solo simbolicamente, all’avversario politico odierno – in questo caso la Premier – è un atto che esula completamente dai canoni della democrazia.
Vicinanza ha proseguito sottolineando la natura di questo gesto, definendolo un attacco alla civiltà del dibattito pubblico: “Il confronto democratico è altro: la violenza simbolica non è dissenso, è solo mancanza di rispetto e degrado culturale”.
Secondo il sindaco, quindi, non si tratta di critica, di satira o di legittima protesta, ma di un atto che abbassa il livello del confronto, introducendo elementi di odio visivo e di minaccia simbolica che avvelenano il clima sociale e politico.
La conclusione della dichiarazione di Luigi Vicinanza è lapidaria e non lascia spazio a interpretazioni, bollando l’accaduto con un giudizio morale netto: “Una vergogna”.
L’episodio di Castellammare di Stabia riaccende i riflettori sulla pericolosa tendenza a superare i limiti del rispetto nel dibattito politico, trasformando l’avversario in un nemico da annientare, anche solo attraverso “squallide immagini” che mai dovrebbero trovare posto nel lessico di una democrazia matura.





