EDITORIALE Il Napoli risorge, la Fiorentina si sbriciola: 3-0 per gli azzurri e finale di Supercoppa raggiunta

La nostra analisi al termine di Napoli - Fiorentina terminata con la vittoria degli azzurri che volano in finale di Supercoppa

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Nel nostro editoriale post Napoli – Fiorentina, semifinale di Supercoppa Italiana, per spiegare la gara tra azzurri e gigliati potremmo utilizzare un film iconico – diretto da Elio Petri – che vinse il Gran Prix per la migliore pellicola al Festival di Cannes nel 1972. Attore protagonista uno straripante Gian Maria Volontè, colonna sonora affidata al maestro Ennio Morricone. Il titolo, poi, sarebbe passato definitivamente alla storia del cinema italiano: “La classe operaia va in paradiso”.

La trama ci racconta dei turbamenti di un operaio dapprima assuefatto ai ritmi asfissianti della vita in fabbrica, poi improvvisamente catapultato nella protesta alla ricerca di un’esistenza più equa e dignitosa. Alla fine, il proletario ribelle, tornato al lavoro dopo un periodo di scontri, racconta d’aver vissuto un sogno dal messaggio evocativo: lui – e tutti i suoi amici manovali – erano finiti in Paradiso.

Editoriale Napoli – Fiorentina: le premesse

Deve averla sognata a lungo, una serata così, Walter Mazzarri. Lui che era venuto, al posto di Garcia, giurando a più riprese di aver studiato a memoria il Napoli di Spalletti e di averne appreso ogni minuzia, dicendosi pronto a voler ripristinare quei principi di gioco che avevano fatto bello e vincente il Ciuccio nella passata stagione.

Il campo, poi, ha detto cose diverse. Non sapremo mai se Walter Mazzarri, a quelle dichiarazioni proferite in più conferenze stampa, credesse davvero o meno. Quello che abbiamo saputo per certo – e a cui ci è toccato abituarci – è che il Napoli dello Scudetto stravinto non sarebbe più tornato né tanto meno sarebbe riuscito il buon Walterone a riportarlo in vita.

Troppe storie tese, troppi episodi avversi, troppi problemi manifestatisi dentro e fuori dal terreno di gioco. No, l’intento dell’ex salvatore della Reggina, per quanto nobilissimo, ormai era palese a tutti che sarebbe rimasto solo un miraggio.

Toccava scavare nel fondo per scovare una soluzione. Toccava probabilmente abituare la squadra a fare cose diverse, senza frustarne i nervi nel tentativo di replicare una parentesi che – per quanto stupenda – aveva ormai matchato col tramonto.

La richiesta di usare la difesa a 3

Lo hanno provocato per settimane, Walterone. “Mister, e se il Napoli tornasse a giocare a 3?”. Domande simili si sono sentite spesso, dalla stampa, nell’ultimo mese. E Walterone, coerente col suo proposito, aveva sempre detto a chiare lettere di declinare l’invito.

Poi, a un certo punto, qualcosa nella coscienza deve essersi mosso per forza.

Il Napoli che parte alla volta dell’Arabia Saudita, per disputare la Supercoppa Italiana, arriva sicuramente come la meno attrezzata tra le 4 per la vittoria finale.

Ci arriva trascinandosi dietro mesi interi di bruttezza, incertezza, confusione, mancanza di equilibrio, pochezza nelle idee e fragilità non solo espressa nelle fasi di gioco, ma pure nei nervi dei suoi addetti ai lavori.

Il calcio però sa essere stranissimo. Perché per quanto brutto anatroccolo tu possa essere, la possibilità di risalire la china è sempre lì, dietro l’angolo.

Walterone in Arabia non ci è andato per fare vacanza. Sa, che questa Supercoppa, forse può essere l’ultima possibilità della vita per alzare un altro trofeo, dopo la Coppa Italia vinta 12 anni fa col suo primo Napoli.

Di fronte, in semifinale, c’è Vincenzo Italiano con la sua Fiorentina: due autentiche bestie nere per il Napoli del recente passato.

Il racconto della gara

E così, forse all’ultima curva, Mazzarri abdica a quanto dichiarato finora e fa l’esatto opposto: 3-4-2-1 di partenza, con Di Lorenzo braccetto di destra, Mazzocchi e Mario Rui a tutta fascia e Politano con Kvara più tornanti che autentiche ali. Il resto sono gli uomini che sabato scorso hanno battuto, al fotofinish, la Salernitana.

Italiano probabilmente non se l’aspettava, il Napoli consegna senza troppi complimenti il possesso palla alla Viola e si protegge con linee strette e compatte.

Alla Fiorentina va sì il possesso del pallone per la maggior parte del tempo, ma le idee – in compenso – si annebbiano. Stavolta non è il Napoli sfilacciato, lungo e mal posizionato in campo, che nel goffo tentativo di abbozzare un’aggressione alta – fatta coi tempi sbagliati – cadeva nel tranello di Biraghi e compagni, come nell’1-3 per i toscani dello scorso Ottobre.

Stavolta, nella trappola, ci finisce la Fiorentina. Perché il Napoli accetta ben volentieri che siano gli avversari a condurre le operazioni, ma quando la palla viene recuperata – se la Viola non è perfetta nelle preventive – gli azzurri scappano via.

La perla di Simone per il vantaggio Napoli

Un blitz, uno solo ma fatto con i tempi perfetti. Quello che al 22esimo tramuta Juan Jesus in rifinitore e sfama l’appetito insaziabile del Cholito Simeone.

La Fiorentina è sotto, 1-0 per gli azzurri. E se un varco buono era difficile trovarlo prima, ora che il Napoli è in vantaggio – per Italiano and company – la strada si fa più che in salita.

Perché il Napoli su quel goal fulmineo ci costruisce la sua partita, fatta di agonismo, attenzione, ordine e pragmatismo.

Doti che riportano alla memoria il primo Napoli di Mazzarri, quello a cui Walterone aveva giurato di voler rinunciare ( e forse, non ci credeva manco lui). A volte ritornano, verrebbe da dire.

Ai toscani, restano solo due episodi.

Un goal giustamente annullato a Beltran per contestuale fuorigioco di Bonaventura e un rigore procurato assai furbamente ( ed è un eufemismo) da Ikonè e fallito da lui stesso.

Della serie: la Giustizia Divina esiste.

La Fiorentina resta tatticamente al tappeto per tutta la ripresa: anche Italiano è più costretto a buttarla sul mischione che capace di offrire uno spartito migliore di quello di Mazzarri, tutto solidità e garra che pare quasi di vedere l’Atletico Madrid.

Il possesso palla resta sempre marcato di forti tinte viola, ma permane sterile e inoperoso, a confronto di un Napoli che difende con una compatta linea di 5 e lascia le briciole ai rivali gigliati.

Il tempo scorre, la vittoria si avvicina.

Editoriale: I due morsi di Zerbin che chiudono Napoli – Fiorentina

Il Napoli la azzanna con due morsi di un encomiabile Alessio Zerbin: l’ex Frosinone prima fa 2-0, schiantandosi letteralmente con la testa in faccia al palo; poi fa doppietta e 3-0 appena 3 minuti dopo, con una fuga per la vittoria che termina con un destro perfetto sul palo lungo difeso da Terracciano.

E’ finita: è il Napoli la prima finalista di Supercoppa.

Editoriale Napoli – Fiorentina: le considerazioni finali

Quasi 2 mesi dopo il suo ritorno, paradossalmente sembra essere proprio questo di stasera il primo vero Napoli del Mazzarri Bis.

Fedele a quelli che sono i dettami di campo che hanno fatto le fortune del tecnico di San Vincenzo: compattezza, concretezza e pochi fronzoli.

E chissà che non possa essere proprio questa, al di là di come andrà questa Supercoppa, una possibile chiave di svolta per la restante parte della stagione azzurra: niente più scimmiottamento spallettiano ma tanta efficacia senza badare all’estetica.

A pugni e denti stretti, per un attimo sembra di rivedere il Napoli di Grava e Aronica.

E se per la proposta di gioco questo non può che essere un regresso – o comunque sia un cambiamento quantomai drastico – quantomeno torna a pulsare il sangue nelle vene e il cuore batte forte.

Il Napoli deve ripartire da lì. Si deve aggrappare all’anima.

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