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Adnkronos) – Resta difficile, per i fumatori tradizionali, “arrivare all’obiettivo della cessazione: ben il 68% non ha mai provato a smettere di fumare, solo il 31,4% afferma di averci provato” e appena “il 12,2% si propone di smettere di fumare entro 6 mesi.Ben il 15,5% afferma di non voler assolutamente smettere”.
E’ l’istantanea scattata dal 36.esimo Rapporto Italia dell’Eurispes, pubblicato oggi, nella scheda dedicata ai Centri Antifumo e alla Lilt, Lega italiana per la lotta contro i tumori, le principali strutture sul territorio che portano avanti la lotta al fumo fornendo importanti strumenti a sostegno della disassuefazione da fumo. Sul ruolo dello Stato, il report evidenzia che “qualora fosse scientificamente provato che esistono prodotti senza combustione meno dannosi, rispetto a quelli tradizionali, l’82% dei vaper” ritiene che dovrebbe “essere permesso ai cittadini di essere informati.Secondo il 62,7%, inoltre, lo Stato dovrebbe considerare l’utilizzo della sigaretta elettronica tra i fumatori che, altrimenti, continuerebbero a fumare in ogni caso”.
Inoltre, per “il 91,9% dei fruitori di tabacco riscaldato, lo Stato”, se nel caso fosse scientificamente provata l’esistenza di prodotti senza combustione meno dannosi rispetto a quelli tradizionali, “avrebbe il dovere di promuovere campagne di informazione ed è altrettanto alta la percentuale di quanti vorrebbero una riduzione della tassazione su tali prodotti (90,1%)”. Il 71,6% degli intervistati sostiene che “sarebbe giusto anche incentivare tali prodotti sottoponendoli a meno divieti e limitazioni rispetto a quelli tradizionali e, solo una minoranza, preferirebbe un atteggiamento neutrale attraverso l’applicazione delle stesse norme vigenti per i prodotti tradizionali (39,4%)”.E ancora, secondo il report, “l’85% dei consumatori di prodotti a tabacco riscaldato” sostiene che i fumatori, che continuerebbero a fumare, dovrebbero essere “incoraggiati dallo Stato e dalle Istituzioni sanitarie a considerare il passaggio a prodotti a tabacco riscaldato (45,9% ‘probabilmente sì’ e 39,1% assolutamente sì’).
In aggiunta, “ solo l’1,5% non utilizzava alcun prodotto prima di utilizzare tali prodotti e il 79,5% afferma di aver abbandonato le sigarette tradizionali dopo essere passati ai prodotti senza combustione”. Attualmente sono attivi nel nostro paese 244 centri antifumo; accanto ad essi c’è la Lilt, articolata in 106 associazioni provinciali e circa 400 ambulatori.L’Eurispes — si legge nel documento – ha voluto fornire in uno studio dedicato una fotografia aggiornata di quella che è la realtà concreta dell’offerta di queste strutture, la maggioranza delle quali (64% del totale) hanno un numero di assistiti che non supera i 50 pazienti. Quasi tutti i centri antifumo e le Lilt che hanno risposto al questionario adottano delle terapie farmacologiche a contrasto della dipendenza.
Spesso non si prevede un contatto duraturo nel tempo con il paziente, per cui il dato – precisano gli autori – non risulta rilevabile una volta completato il percorso presso la struttura.In alcuni casi, infatti, manca un follow up che accompagni il fumatore anche dopo gli incontri iniziali e, di conseguenza, il paziente interrompe la terapia o ricomincia a fumare. “Solo 2 strutture parlano di trattamenti efficaci fra l’80% e il 100% dei pazienti – conclude la scheda – Per quel che riguarda l’opinione dei responsabili delle strutture riguardo il potenziale dei prodotti alternativi nel ridurre il rischio rispetto ai prodotti tradizionali del tabacco, meno della metà è contrario, mentre la maggioranza si divide tra coloro che sono favorevoli, coloro che sono favorevoli ma, in concreto, non consigliano l’utilizzo di tali prodotti e, infine, coloro che sono possibilisti”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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