(
Adnkronos) –
Primo caso umano di aviaria in Australia.Si tratta, informa il Dipartimento della Salute di un “bambino che ha contratto l’infezione in India ed è, poi, rientrato nello Stato di Victoria”.
I sintomi risalgono a marzo.Il virus dell’influenza aviaria è stato rilevato successivamente attraverso ulteriori test su campioni influenzali positivi, effettuati per rilevare ceppi di virus nuovi o di interesse, come parte di un programma di sorveglianza potenziata. Il tracciamento dei contatti, informano le autorità sanitarie, non ha identificato ulteriori casi di influenza aviaria collegati a questo.
Il bambino aveva sviluppato “una grave infezione”, ma adesso “non sta più male e si è ripreso completamente”, si legge nella nota.Gli esperti precisano che “non ci sono prove di una trasmissione” del virus in corso “nel Victoria e la possibilità che si verifichino ulteriori casi umani è molto bassa”. Sebbene il caso vittoriano sia dato dal virus H5N1 ad alta patogenicità, non è lo stesso ceppo rispetto a quelli che hanno causato epidemie negli Stati Uniti fra le mucche da latte e il caso umano nel lavoratore del settore lattiero-caseario, precisano gli esperti.
Questa, informano infine i funzionari sanitari, è anche “la prima volta” in assoluto “che l’H5N1 viene rilevato in Australia, in una persona o in un animale”. La segnalazione del primo caso umano di influenza aviaria H5N1 in Australia, in un bambino che si è contagiato in India, dice all’Adnkronos Salute il virologo dell’università Statale di Milano Fabrizio Pregliasco, dimostra “una sensibilizzazione e la capacità di individuare infezioni che a oggi sono un po’ come il proverbiale ago nel pagliaio.Vediamone anche l’aspetto positivo”.
L’invito è a “rafforzare la sorveglianza” anche perché, ammette, la notizia “inquieta”. Il potenziale pericolo rappresentato dal virus H5N1 per l’uomo “di certo inquieta”, sottolinea l’esperto.Fa pensare, precisa, “soprattutto il passaggio in Australia, quindi in un contesto territorialmente distinto dal resto del mondo.
Un Paese che pone grande attenzione agli aspetti riguardanti l’importazione di animali o di alimenti da altri territori”.Non solo. “Il caso in realtà, da quanto si apprende, è stato individuato in un bimbo dall’India e anche questo inquieta – riflette Pregliasco – perché in quei contesti la capacità, la sensibilità dei sistemi di sorveglianza non ha le stesse caratteristiche” che in altre aree del mondo. “L’elemento di preoccupazione è un po’ questo, ossia che l’H5N1 sia ancora più diffuso di quanto non si pensi, non si dica e non si sia rilevato ad oggi.
Invece – ribadisce il virologo – è un elemento che deve farci rafforzare a livello globale le attività di sorveglianza”. Il caso umano di infezione di influenza aviaria A H5N1, segnalato in Australia “non c’entra nulla con l’epidemia in Usa” e, dice all’Adnkronos Salute l’epidemiologo Massimo Ciccozzi, “ipotizzo che possa trattarsi di una passaggio volatile-uomo visto che il bambino ha contratto l’infezione in India dove l’aviaria c’è come nel Sud Est asiatico”. “Nel 2003 quando ci fu l’epidemia di aviaria, in Turchia si ammalarono molti anziani e bambini che vivevano a stretto contatto con i polli.La buona notizia è che questo caso registrato in Australia a marzo non ha poi portato ad altri contagi nel Paese.
E’ una influenza temporanea, dovuta probabilmente al contatto con un animale contagiato”. L’influenza aviaria e i rischi che potrebbe rappresentare anche per la salute umana, commenta all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, “negli ultimi mesi, sono ormai all’ordine del giorno della cronaca infettivologica”.Io credo che sia arrivato il momento di alzare ulteriormente il livello di attenzione”: gli ospedali dovrebbero avere a disposizione test specifici per diagnosticare eventuali infezioni da virus H5N1 e andrebbe approvato il nuovo piano pandemico. “Le notizie che stanno uscendo con una certa costanza – ragiona l’esperto – dovrebbero non dico allarmare, ma quantomeno invitare ad alzare l’attenzione su quello che è un fenomeno ormai globale.
Siamo di fronte a un’infezione, quella da virus aviario negli esseri umani, che ha avuto origine nel Sudest asiatico, ha raggiunto il continente nordamericano e adesso l’Australia, passando per l’India.In pratica, non ci sono aree del mondo che non siano interessate da questo patogeno”.
Riguardo al caso australiano, “non è chiaro da che parte il bambino abbia contratto l’H5N1, però mi pare che si comprenda molto bene come sempre di più questa infezione faccia parlare di sé”.Pertanto “credo sia giunto il momento di fare un passaggio importante che è quello diagnostico”.
Concretamente, Bassetti ritiene opportuno “che gli ospedali di tutto il mondo si attrezzino per avere sistemi di diagnosi del virus H5N1.Siccome è un microrganismo che come stiamo vedendo può colpire l’uomo, quando si è di fronte a un’infezione respiratoria di cui non si capisce quale possa essere l’aziende eziologico, credo andrebbe presa in considerazione l’ipotesi di avere a disposizione tra i test anche quello per l’H5N1.
Almeno negli ospedali di riferimento”. Di aviaria “mi pare che sia giusto parlarne sempre di più, ma anche attrezzarci”, è il monito dell’infettivologo. “Mi risulta che il nuovo Piano pandemico italiano è stato preparato – ricorda – ma non ancora approvato definitivamente, non è stato ancora mandato alle Regioni.Spero e mi auguro – auspica Bassetti – che tutte queste notizie stimolino chi di dovere a lavorare anche su questo punto”. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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