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Adnkronos) – A un anno dalla rimborsabilità della Profilassi Pre-Esposizione (PrEP), che permette di evitare l’infezione, la forma orale attualmente disponibile presenta criticità diverse: i pochi centri di riferimento, la limitata erogazione sul territorio, i rischi legati all’aderenza e allo stigma.Un primo passo sarebbe quello di aumentare la presenza e la distribuzione omogenea dei check-point community based, centri gestiti dalle associazioni, in collaborazione con i Comuni e con le strutture sanitarie territoriali, dedicati alla prevenzione dell’Hiv e delle altre malattie sessualmente trasmesse.
Questa è una delle sfide emerse in occasione della conferenza stampa “PrEP e Innovazione” che si è tenuta nell’ambito della 16esima edizione di Icar – Italian conference on aids and antiviral research, in corso a Roma presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. “I check-point community based in Italia sono una decina o poco meno, concentrati prevalentemente in alcune città e regioni – afferma Antonella Cingolani, copresidente Icar – Aumentare la presenza dei check-point significa poter raggiungere una più ampia fascia della popolazione che può trarre beneficio della PrEP.Da una parte bisogna dunque demedicalizzare la PrEP, in considerazione del fatto che si rivolge a persone sane, puntando sui checkpoint; dall’altra negli stessi checkpoint andrebbero inclusi gli infettivologi, il cui ruolo è certamente fondamentale”.
Concorda Daniele Calzavara, coordinatore di Milano Check Point.I checkpoint community based sono una cosa in più e non sono in contrapposizione con i centri ospedalieri”, chiarisce. “Sono la risposta territoriale per arrivare a più persone e per questo vanno favorito e sostenuti, anche economicamente, e non solo nelle grandi città”, aggiunge.
Serve dunque compiere un ulteriore salto rispetto alla sola approvazione della PrEP in Italia. “A causa del ritardo accumulato e degli ostacoli che permangono nell’accesso alla PrEP, siamo ancora molto lontani dagli standard di altri Paesi europei” sottolinea Cingolani. “Attualmente vi sono ancora problemi di diverso tipo – commenta Massimo Farinella, copresidente Icar – Anzitutto, persistono i costi di monitoraggi, visite e controlli contestuali alla PrEP; vi è poi un problema di aderenza, di stigma e di scarso coinvolgimento del territorio, visto che è accessibile solo nelle farmacie ospedaliere.Pertanto, con la Long Acting PrEP – conclude – si potrebbero colmare alcune di queste lacune, completando così l’offerta di una strategia preventiva per combattere la diffusione dell’Hiv come già approvato a livello europeo”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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