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Castellammare di Stabia

Libia, riaperti i rubinetti del greggio

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La Libia riapre i rubinetti del greggio e gli equilibri cambiano completamente. Perché a far tornare le petroliere nei porti libici è il generale Haftar, l’uomo forte del governo di Tobruk, contrario a quello guidato da Al-Sarraj e riconosciuto dall’Onu. Gli uomini di Al-Sarraj hanno chiarito che non agiranno contro Haftar.

Le mani di Haftar sul petrolio: “Adesso lo venderemo all’estero”

Via libera della National Company Oil, i terminal nella zona di Ras Lanuf tornano operativi. Le milizie di Misurata voltano le spalle a Sarraj: non faremo nulla contro il generale

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EIRUT – La petroliera maltese SeaDelta, partita da Trieste, era in arrivo la scorsa notte al terminal di Ras Lanuf. Sarà probabilmente la prima cisterna a essere riempita con il greggio della Cirenaica che ora può di nuovo disporre di un punto di esportazione. Anzi quattro. Perché tutti i porti della Mezzaluna del petrolio libica sono nelle mani di Khalifa Haftar. L’uomo forte di Tobruk ha sempre più consensi e si prepara a incassare i dividendi del suo blitz. Il presidente della National oil company (Noc), Mustafa Sonallah, ieri è andato in visita al terminal di Zueitina e ha dato il via alle operazioni per riprendere le attività.

Blitz preparato  

La campagna del greggio procede spedita. Non è costata neppure un soldato ad Haftar. Era stata preparata da un’azione diplomatica sotterranea che ha portato dalla parte del generale i leader locali e isolato Ibrahim Jathran, capo della Guardia petrolifera e dal 2012 padrone della Mezzaluna. La sua milizia, a forza di tasse, era ormai invisa alla popolazione locale e a chi voleva fare affari con il petrolio. Haftar, nato nella regione, ad Adjabiya, con contatti personali in loco, era ben informato. Tutto era pronto e la velocità con cui il capo della Noc ha approvato l’operazione la dice lunga.

Sonallah ha precisato che «le squadre tecniche hanno iniziato a fare una stima dei danni e di ciò che bisogna fare per revocare lo stato di forza maggiore e riprendere le esportazioni al più presto». La «forza maggiore» era stata dichiarata lo scorso marzo dal governo libico di unità nazionale (Gna) guidato da Fayez al-Sarraj, quando i combattenti dell’Isis avevano attaccato i terminal di Sidra e Ras Lanuf. Allora erano state le milizie di Misurata ad aiutare la Guardia petrolifera di Jathran a respingere all’attacco. Poi l’Isis era stato costretto alla ritirata e intrappolato nel centro di Sirte, dove resistono ancora un centinaio di jihadisti.

Rassicurazioni

Il blocco dei terminal ha quasi azzerato le esportazioni di greggio. E la Libia ha bisogno di vendere 800 mila barili al giorno per far funzionare la macchina dello Stato, 500 mila dipendenti. Ora la ripresa dell’export è questione di giorni. Gli introiti, in base agli accordi del 2015 con l’Onu, dovrebbero andare alla Noc, che poi dovrebbe girarli alla Banca centrale libica e infine al governo. Ma quale? A Bengasi in teoria c’è ancora un ex premier, Abdullah al-Thani, vicino al generale, che lunedì si è detto pronto a «lavorare per rimettere in funzione i porti». Haftar ha però voluto rassicurare Usa e Ue che non vuole mettere le «mani sul petrolio». La sua azione è mirata «a liberare i porti dalle mani di una banda di miliziani che ha bloccato le esportazioni provocando enormi perdite all’economia». Il timore è che gli introiti finiscano comunque in mano ad Haftar, o al Parlamento di Tobruk presieduto da Aguila Saleh, che ieri ha promosso Haftar al grado di Maresciallo di campo. Al-Sarraj ha l’appoggio internazionale ma il suo appello alle milizie alleate perché intervenissero contro il generale è caduto nel vuoto. Ieri ha chiesto una «riunione urgente fra le parti in conflitto». Il Consiglio presidenziale, massimo organo esecutivo di Tripoli, è diviso. Due dei nove membri, Ali al-Qatrani e Fathi al-Majbari, hanno espresso la loro contrarietà a «qualsiasi intervento militare» contro Haftar. La notizia è stata data dal giornale online Al-Wasat, vicino agli Emirati arabi uniti, alleati del generale assieme all’Egitto.

Misurata e i parà  

Fonti di Tobruk ribadiscono poi che i capi delle milizie di Misurata, i più potenti alleati di Al-Sarraj fino a ora, sono contrari ad azioni contro Haftar. E sono pronti ad accordi più ampi con il generale. A Misurata stanno per arrivare i parà della Folgore a protezione dell’ospedale da campo che dovrà curare i feriti nella guerra contro l’Isis a Sirte. La guerra del petrolio, con i 48 miliardi di barili di petrolio libico che aspettano un nuovo padrone, è appena cominciata.

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