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Valentina Milluzzo, morta per ”infezione” d’obiezione di (in)coscienza

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Valentina Milluzzo, 32 anni, incinta di due gemelli, alla diciannovesima settimana di gravidanza, era stata ricoverata all’ospedale Cannizzaro di Catania alla fine di settembre in seguito alla dilatazione dell’utero. Dopo un paio di settimane qualcosa non va. Ha forti dolori, ha la febbre alta, collassa. La temperatura corporea è di 34 gradi, la pressione arteriosa è bassa e uno dei due feti avrebbe sofferto una crisi respiratoria per cui bisognerebbe intervenire per cercare di rimediare alla sepsi che minaccia la vita di Milluzzo estraendo il feto in sofferenza ed invece, ecco la lapidaria risposta che avrebbe dato il medico che avrebbe dovuto e potuto intervenire: “Fino a che è vivo io non intervengo”, solo quando il cuore del feto si ferma sarà estratto e a nulla, sempre a quanto riportato dall’Ansa, sarebbero valse le urla di dolore della donna ne un’altra ecografia che mostra la sofferenza fetale anche del secondo gemello. La risposta del medico sarebbe stata la stessa. La donna viene portata in rianimazione. Il 16 muore. Da qui la doverosa inchiesta del procuratore Carmelo Zuccaro dopo la denuncia ricevuta in base all’articolo 9 della legge 194 che recita: 

“L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo”.

M

a leggiamo ora come ha riportato la notizia l’Ansa:

Muore dopo aborto due gemelli, inchiesta (Mimmo Trovato)

A Catania a quinto mese gravidanza. Pm, atto dovuto dopo denuncia

Valentina Milluzzo morta per ''infezione'' d'obiezione di (in)coscienza
Valentina Milluzzo morta per ”infezione” d’obiezione di (in)coscienza

La Procura di Catania ha aperto un’inchiesta sulla morte di una 32enne impiegata di banca deceduta il 16 ottobre scorso, dopo 17 giorni di ricovero nell’ ospedale Cannizzaro per delle complicazioni alla 19/ma settimana di gravidanza avviata con la procreazione assistita in un’altra struttura. La donna, incinta di due gemelli, nati morti, era sposata con un trentenne, ed era alla prima gravidanza. Anche il ministro della salute Beatrice Lorenzin ha deciso di inviare gli ispettori all’ospedale.

Il fascicolo della Procura è stato attivato, come atto dovuto, dopo la denuncia dei familiari della donna che nella loro ricostruzione dei fatti parlano di un medico che si sarebbe rifiutato di estrarre i due feti, quando sono entrati in crisi respiratoria, perché obiettore di coscienza.

Il procuratore Carmelo Zuccaro ha disposto il trasferimento della salma in obitorio, bloccando i funerali che erano stati organizzati nel paese del Catanese di cui la donna era originaria, e il sequestro della cartella clinica. La magistratura disporrà l’autopsia dopo avere identificato il personale in servizio che sarà indagato, come atto dovuto, per omicidio colposo per potere eseguire l’esame medico legale.

Dalla Procura si conferma il contenuto della denuncia, ma si sottolinea che “questa è la prospettazione dei fatti esposta dalla famiglia, che dovrà essere verificata”. Ma per questo occorrono un’analisi attenta della cartella clinica e l’esito dell’autopsia.
A riferire il contenuto dell’esposto presentato alla Procura è il legale della famiglia, l’avvocato Salvatore Catania Milluzzo. “La signora al quinto mese di gravidanza – sostiene il penalista – era stata ricoverata il 29 settembre per una dilatazione dell’utero anticipata. Per 15 giorni va tutto bene. Dal 15 ottobre mattina la situazione precipita. Ha la febbre alta che è curata con antipiretico. Ha dei collassi e dolori lancinanti. Lei ha la temperatura corporea a 34 gradi e la pressione arteriosa bassa. Dai controlli – aggiunge – emerge che uno dei feti respira male e che bisognerebbe intervenire, ma il medico di turno, mi dicono i familiari presenti, si sarebbe rifiutato perché obiettore di coscienza: ‘fino a che è vivo io non intervengo’, avrebbe detto loro. Quando il cuore cessa di battere viene estratto il feto e mostrato morto ai familiari. Due di loro possono avvicinare la donna che urla dal dolore e grida continuamente ‘aiuto’. Viene eseguita una seconda ecografia – continua nella ricostruzione il penalista – e anche il secondo feto mostra delle difficoltà respiratorie. E anche il quel caso il medico avrebbe ribadito che lo avrebbe fatto espellere soltanto dopo che il cuore avesse cessato di battere perché lui era un obiettore di coscienza”.
Il secondo feto, secondo la denuncia, non è mostrato ai familiari. E un medico li avvisa che “le condizioni della donna sono gravissime perché la sepsi si è estesa, con una setticemia diffusa”. La donna sedata è portata in rianimazione, “e i familiari – osserva l’avvocato Catania Milluzzo – riferiscono di averla vista con dei cerotti sulle palpebre che le chiudevano gli occhi”. Poi domenica 16 ottobre la notizia del decesso.

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vivicentro/CATANIA – Morire di ”infezione” d’obiezione di (in)coscienza
ansa/Muore dopo aborto due gemelli, inchiesta (Mimmo Trovato)

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