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Castellammare di Stabia

Uccidere istigando al suicidio: il caso Sciammarella-Micol

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a cronaca quotidiana ci ha ormai abituati a continui elenchi di morti e suicidio. Spesso incontestabili, altre volte inconfessabili ma sempre omicidi o suicidi chiari e diretti. Da un pò di tempo però cominciano ad emergere sempre più anche omicidi per istigazione per i quali si potrebbe usare l’espressione paradossale coniata anni fa per puntare il dito contro alcune sentenze incomprensibili di omicidi catalogati e chiusi come suicidio: “è stata/o suicidata/o”. Ebbene, come spesso accade, la realtà ha poi certificato come cosa reale quanto la mente umana aveva coniato per esprimere il proprio disagio e sconcerto difronte a situazioni non chiare: si può “suicidare” una persona ed ora capita anche di essere accusati e magari poi condannati per questo.

E’ accaduto a Francesco Sciammarella, 26enne di Paola (Calabria) dove conobbe – nel 2010 – Micol Scofano, 23 anni, studentessa di Medicina, e si introdusse nella sua vita. Una relazione che, per tre lunghi anni, sarebbe andata avanti in un’atmosfera di continue vessazioni ed offese tendente a sminuire e a distruggere nell’intimo la ragazza con continui deprezzamenti sulla sua bellezza (nonostante il fatto che la stessa bella lo era veramente) ed anche della sua intelligenza (anche qui fuori dalla realtà perché Micol, fino a che ebbe a conoscere Sciammarella, era una brillante studentessa in Medicina). Ed è in questo continuo sfiancamento operato dal ragazzo sulla psiche di Micol che la procura ha ritenuto di vedere la prova dell’omicidio da lui commesso spingendo la ragazza all’estremo atto del suicidio quando, il 17 maggio del 2013, si gettò dal quinto piano di un palazzo al Trionfale (Roma) dove lui l’aveva convinta a seguirlo da Milano dove Micol, nel vano tentativo di sottrarsi al giogo di Francesco, si era trasferita. Per tutto questo, e dopo un’approfondita analisi della psiche di Sciammarella e di Micol,  il pubblico ministero Francesco D’Olio ha chiesto il rinvio a giudizio di Francesco Sciammarella con l’accusa d’istigazione al suicidio ed anche di spaccio dal momento che è emerso che in alcune occasioni lui fornì alla ragazza della Ketamina.

In verità il caso non è l’unico del genere. E’ del 29 marzo scorso la sentenza emessa dalla prima Corte d’Assise nei confronti di Livio Bagarini, 28 anni, condannato a otto anni e sette mesi di carcere per aver spinto al suicidio, la fidanzata Francesca P., 33 anni e questo nonostante che, come appurato, il giorno del “suicidio” di Francesca il Bagarini non c’era, era tornato dalla madre. Non è stato lui quindi a stringere materialmente quel cappio al collo di Francesca. Ma è colpa sua se quella ragazza stremata da un rapporto infernale aveva deciso di morire in quel 14 febbraio del 2003, quando si impiccò alla porta della sua mansarda in corso San Maurizio.

Ora attendiamo di vedere come evolverà questo nuovo e similare caso e per foto, come sempre in questi casi che proteggono gli accusati più che le vittime ed i cittadini, non ci è dato di poter inserire foto di Sciammarella e nemmeno di Livio Bagarini, sebbene quest’ultimo sia stato già condannato per cui, sia l’uno che l’altro … come anche i TANTISSIMI ALTRI VOLTI PROTETTI (assassini, pedofili, violenti, truffatori ecc ecc dei  quali spesso capita anche di non conoscere nemmeno i nomi e/o di doverli cancellare per una mal usata legge alla privacy ed ancor peggio per il quasi recente “diritto all’oblio”) potremmo trovarceli accanto al bar, al parco o dovunque sia (e peggio ancora potrebbero trovarselo i nostri figli e le nostre figlie) senza che nemmeno si sappia qualcosa della loro pericolosità. AMEN! Ci adattiamo ad utilizzare una foto tratta dal web del tribunale di Roma.

 

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