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poco più di due mesi dalle elezioni la squadra della sindaca M5S di Roma Virginia Raggi perde pezzi importanti: fuori il capo di gabinetto, l’assessore al Bilancio, i vertici dell’Atac (l’azienda del trasporto pubblico), e dell’Ama (rifiuti). E’ il segno, racconta Iacopo Jacoboni, che il patto tra la giunta e l’establishment capitolino non regge. E che non reggono neppure i patti interni al M5S. Mattia Feltri ripercorre settanta giorni di amministrazione Raggi passati tra topi, rifiuti e pressioni esterne.
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La giunta Raggi perde pezzi: via Minenna e il capo di Gabinetto
Il 26 agosto arriva all’Anac la richiesta di un parere su tutte le nomine fatte secondo l’articolo 90 del Testo unico degli enti locali. Il 29 agosto ne arriva un’altra, centrata tutta sulla scelta, ex articolo 110, di Raineri, giudice in aspettativa, già a Roma con il commissario Tronca. La sua è la nomina più pesante, quella che per giorni ha agitato le cronache per il maxi stipendio da 193 mila euro. Anche lei come gli altri aveva ricevuto la bollinatura dell’avvocatura capitolina. L’Autorità di Raffaele Cantone però la vede diversamente e la boccia. Per un’incarico fiduciario – in sintesi – anche Raineri sarebbe dovuta essere nominata ex articolo 90. Il che avrebbe comportato un tetto al suo compenso. Mercoledì sera la decisione è presa: revocata la nomina di Raineri. Prima viene comunicato all’interessata, che non la prende bene. Poi, all’alba Raggi lo annuncia su Facebook. In quel momento iniziano le 24 ore più dure per i 5 Stelle.
Raineri, a sua volta, annuncia le sue dimissioni irrevocabili cercando di coprire la revoca: «La riduzione del mio stipendio non c’entra». Subito dopo segue Minenna che quasi aveva imposto Raineri in Campidoglio. «Anche in questo caso ho servito lo Stato» dirà elencando quanto fatto finora. L’addio di Minenna però è molto più duro da digerire, perché l’assessore è considerato una sorta di star, e aveva deleghe pesanti. Minenna è l’uomo che, sostenuto da un pezzo di direttorio (Luigi Di Maio e Carla Ruocco) ha costruito l’architrave della giunta. Dopo di lui lascia l’amministratore di Ama. Solidoro, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Milano, era sceso a Roma quasi come favore personale a Minenna. E infatti decide di conseguenza: «Dopo le dimissioni dell’assessore non ci sono più le condizioni».
Le partecipate restano senza «testa» e il Campidoglio precipita in un clima quasi lunare, tra i silenzi e la tranquillità di Raggi. «Andiamo avanti» dice forte delle sue scelte. Si è liberata di due presenze ingombranti. Raineri, contraria a inviare il parere a Anac, sospetta una manovra calcolata. Lo stesso confida ai suoi Minenna che individua nel giro più vicino a Raggi i mandanti. Un nome su tutti, quello di Raffaele Marra, vicecapo di gabinetto, figura resuscitata da un passato vicino a Gianni Alemanno, accusato di aver portato all’Anticorruzione la nomina della giudice su cui ora indaga anche la Procura dopo un esposto di FdI. Raineri e Minenna stavano lavorando proprio sull’ipotesi di un taglio agli stipendi garantiti ad altri quattro membri dello staff della sindaca e di Frongia e su cui hanno tirato dritto anche di fronte alla rabbia dei militanti. Pure Marra è ancora lì, nonostante Luigi Di Maio non lo voglia più tra i piedi. Segno che Raggi cerca la sua autonomia anche a costo di continuare a perdere pezzi.
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lastampa/ La giunta Raggi perde pezzi: via Minenna e il capo di Gabinetto ILARIA LOMBARDO
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