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I sindaci delle zone terremotate: votare per il referendum è impossibile

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l referendum non si rinvia: “Si va avanti”. Matteo Renzi spegne così le polemiche di una giornata aperta dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che in mattinata aveva detto: “Il governo non chiederà un rinvio, se dovessero farlo le opposizioni, valuteremo”. Resta il fatto che i sindaci delle zone colpite dal terremoto sono categorici: “Qui è impossibile organizzare le elezioni” tra le anagrafi che non esistono più, gli archivi sepolti e la popolazione sparsa tra alberghi e ricoveri di fortuna.

I sindaci dei comuni terremotati: “Impossibile organizzare il voto”

Lo scetticismo dei primi cittadini: “Le nostre priorità sono altre”. Uffici elettorali crollati, elettori sparsi sulla costa, sezioni inagibili

ROMA – Rinviare il referendum? A Roma si discute di convenienze elettorali, ma nei paesi colpiti dal sisma il tema ha una declinazione molto più concreta: qua l’anagrafe è crollata, lì non si riescono a organizzare le sezioni, gli stessi elettori sono sparsi sulla costa e chissà se e come riusciranno a votare.

«Il ministero ci ha chiesto se siamo in grado di garantire lo svolgimento regolare del referendum. A oggi dovrei dire di no, ma siamo gente coriacea e ci proveremo». Il sindaco di Tolentino, Giuseppe Pezzanesi, martedì ha partecipato a una riunione insieme agli altri primi cittadini della provincia di Macerata colpiti dal terremoto, al commissario Errani, al prefetto e al presidente della regione Marche: tra i temi in oggetto, anche la richiesta di verificare se, in quei territori, sia possibile svolgere la consultazione elettorale del 4 dicembre. Recuperare gli elenchi dell’anagrafe, predisporre le schede elettorali, organizzare la giornata, gli scrutatori, il personale militare, i seggi.

«Le sezioni si possono allestire anche in una tenda, quello è forse l’ultimo dei problemi, ma il punto più delicato di tutto il percorso mi sembra quello organizzativo», valuta il governatore marchigiano Luca Ceriscioli: «nella sola provincia di Macerata, su 50 comuni colpiti dal sisma, 35 hanno il municipio inagibile». Con tutto quello che contiene. Il che può voler dire tutto da rifare, e in un momento in cui – tra gestione degli sfollati e verifiche sull’agibilità delle strutture – le priorità sono altre e più urgenti.

Municipi inagibili  

«Noi non abbiamo ancora ripristinato l’ufficio dell’anagrafe, abbiamo i server scollegati, oggettivamente abbiamo difficoltà a rispettare i termini fissati dal Ministero dell’interno per caricare i dati nel sistema», spiega il sindaco di Norcia, Nicola Alemanno. Per capirci, fa un esempio, «ieri scadevano i termini per avvertire i nostri cittadini all’estero: noi non li abbiamo potuti rispettare. Non siamo in grado in questo momento di mantenere le scadenze fissate: se poi questo debba influire o meno sulla scelta del rinvio del referendum, questo non compete a noi decidere».

Altra regione, identica emergenza: nel Lazio, in provincia di Rieti, Accumoli vive l’incubo della terra che trema dal 24 agosto scorso. «Non abbiamo neanche gli uffici del comune, siamo sotto una tenda, si figuri i seggi elettorali», sospira il primo cittadino Stefano Petrucci. «Penso che non siamo abbastanza numerosi da condizionare la scelta di un rinvio o meno della giornata elettorale, ma è certo che qui abbiamo un problema oggettivo». Da diversi punti di vista: «La gestione, il personale, gli scrutatori… E poi la nostra popolazione è sparsa nel Centro Italia, io non so chi potrà venire a votare».

Lontani dai centri  

Stesso dubbio che ha Pezzanesi a Tolentino, considerato che dei suoi ventunomila concittadini «migliaia sono rimasti senza casa e oggi sono disseminati sulla costa, molti fanno sostanzialmente i pendolari da 50, 60 anche 70 chilometri di distanza, non so se per loro sarà facile venire a votare». Nel suo comune, gli elenchi dell’anagrafe sono stati risparmiati e sono ancora consultabili, «ma dobbiamo tenere in piedi 19 sezioni di voto, per metà nel centro storico che è compromesso», ricorda. «Onestamente e senza polemica – aggiunge – l’ipotesi di un rinvio non sarebbe stata male in un momento come questo». Ma, da Accumoli, il collega Petrucci chiede: «Rimandare a quando? Perché solo se si rinviasse a giugno o settembre dell’anno prossimo per noi potrebbe essere più semplice. Se fosse prima, ci troveremmo sempre nelle stesse difficoltà».

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