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Draghi-Merkel: tregua nell’anno delle elezioni francesi e tedesche

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arco Zatterin definisce la svolta di Berlino, con Mario Draghi e Angela Merkel che chiudono la porta all’idea di “una moneta a due velocità”, una “tregua” che prelude a “una controffensiva nell’anno delle elezioni francesi e tedesche potenzialmente fatali per l’Unione”.

Una tregua con Francoforte per riscrivere le regole Ue

SuperMario e Frau Angela sono pronti a fare squadra. Guideranno la riscossa degli europeisti contro la deriva scissionista

La controffensiva è avviata. Nell’anno delle elezioni francesi e tedesche potenzialmente fatali per l’Europa, Angela Merkel e Mario Draghi abbozzano le nuove tavole della legge dell’Unione e della sua moneta, firmano una tregua e tornano a chiedere una rivoluzione del governo economico continentale.

Chi sa cosa hanno in mente racconta che la cancelliera tedesca e il presidente della Bce pensano che l’euro sia «irreversibile», ma riconoscono che non potranno difenderlo all’infinito se non risponderanno concretamente alla crescente furia populista. Nasce qui l’esigenza di ricette che rendano la comune valuta stabile, dunque credibile sino in fondo. Non solo. E’ netta la convinzione comune che si debba preservare l’unità ormai a Ventisette, dare un comando serio all’Eurozona, con politiche di bilancio che si facciano rispettare e stimoli ben mirati che favoriscano gli investimenti e rilancino l’occupazione. Davvero, questa volta.

Il silenzio pesante caduto dopo l’incontro di Berlino, il primo bilaterale dal gennaio 2016, è gravido di significati. «Si parla quando si deve parlare», dice una fonte che frequenta Francoforte, e «adesso è ancora presto». Così ora si lavora e basta. Il presidente della Bce e la cancelliera concedono di essere i candidati più forti per guidare la riscossa della maggioranza silenziosa che ancora non s’è convinta a buttare via l’Ue. Fra i due non vi sono mai stati scontri alla luce del sole, anzi la tedesca ha in diverse occasioni fatto da sponda all’italiano, anche quando i suoi ministri lo attaccavano. Ora serve un patto per ripartire, suggellato dalla passione per l’Europa che sgorga dalla consapevolezza della pericolosità delle alternative.

Dicono che si sono accordarti per fare squadra, parlano di una «tregua», circostanza che sarà facile verificare, basterà misurare i toni prossimi venturi del fumino Wolfgang Schaeuble, il ministro delle Finanze che ha preso a bacchettare la Bce come se il nemico fosse lei. Frau Merkel deve vincere le elezioni e riprendersi entro l’autunno il consenso che il socialista Schulz sembra averle rubato, senza offrire il fianco ai populisti di Afd. L’obiettivo è lo stesso per tutti, Draghi compreso. Battere l’ascesa degli estremismi, garantire la sicurezza dei cittadini e dei confini, rimettere armonia in un ordine globale sempre più incerto. Come? Tornando a un’Europa che si dimostri motore di soluzioni e non sia vista come la madre di tutti i problemi.

Questione di linguaggio e di strategie. In televisione c’è chi fa spettacoli di prima serata per dire che l’euro ha reso la casa Ue più povera di quanto non sarebbe stata per colpa della crisi. Merkel e Draghi concordano che sia necessario spiegare con determinazione come si sarebbe stati senza, ricordare che la moneta unica, e la sua prospettiva, hanno contribuito ad una crescita aggiuntiva di oltre dieci punti dagli Anni Ottanta. Senza l’Unione saremmo a rischio, è il messaggio, come lo saremmo se il libero scambio fosse imbrigliato «alla Trump» o «alla Le Pen».

La strana eurocoppia insegue un nuovo modo di raccontare le cose europee, multilaterale e locale allo stesso tempo, ma anche nuove cose europee. Draghi è apparso poco entusiasta per il ritorno in voga dell’opzione più velocità, se non altro perché non la trova comprensibile allo stadio attuale. La rassicurazione di Frau Merkel sui cerchi concentrici che non riguardano l’euro deve averlo rassicurato: non pensa a due monete. Effetto analogo deve averlo fatto l’apertura confermata ad un rafforzamento dell’Unione con cui dimostrare che sono stati i buchi nell’architettura a renderla inefficace e non il progetto in quanto tale che, se completato, avrebbe potuto funzionare.

Ecco l’intesa della coppia. Ricalibrare le istituzioni e far rispettare le regole. «La colpa del dissenso è la cattiva gestione del Patto di Stabilità e non il Patto di Stabilità», osservano fonti della Cdu, il partito della cancelliera. Detto fatto. Angela Merkel intende seminare il suo pensiero, che si spinge sino alle cooperazioni rafforzate per Difesa, Migrazioni e Sicurezza, negli incontri preparatori per il vertice per i 60 anni dell’integrazione europea in programma il 25 marzo a Roma. In cambio, la Bce potrà amministrare senza disturbo eccessivo il suo stimolo a non violare le regole. Le ultime parole della Bundesbank sulla politica di Francoforte indicano che Draghi potrebbe avere meno disturbi tedeschi nei prossimi mesi.

L’idea è di gestire l’ordinario sino al voto in Germania a settembre, nella speranza che in Francia non ci siano brutte sorprese. Nel frattempo, si potrebbe provare a programmare il futuro a breve. Un’Europa più forte e inclusiva, più vicina alle esigenze dei cittadini e ai loro problemi reali. Si può ripartire da Roma. Rafforzando l’arsenale di misure comuni e riducendo i lacci alla loro attuazione. «Rafforzare la governance economica dell’Unione e, soprattutto, dell’Eurozona», dicono nel partito della Merkel. Ecco «la fine della fine». Non si lascia, si raddoppia. Però in modo più democratico e comprensibile.

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