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uovo scontro nel governo sull’immigrazione: Minniti non si presenta al Consiglio dei ministri saltando così il chiarimento con Delrio e facendo trapelare voci di dimissioni. A soccorrere il titolare degli Interni è il presidente della Repubblica Mattarella che esprime “grande apprezzamento” per il suo lavoro.
Codice delle Ong, Minniti minaccia le dimissioni. Scudo del Colle per salvare il governo
Il titolare del Viminale diserta il Cdm: «Le regole stabilite devono essere rispettate». Critica l’area cattolica del Pd. Cresce la tensione nell’esecutivo. Renzi per la linea dura
ROMA – Lo scontro nel governo sull’immigrazione deflagra nel pomeriggio di ieri, quando il titolare dell’Interno Marco Minniti non si presenta a Palazzo Chigi per la riunione del Consiglio dei ministri.
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Salta dunque il chiarimento con il collega dei Trasporti Graziano Delrio, fortemente voluto dal premier Gentiloni. Per tutto il pomeriggio si rincorrono voci di dimissioni di Minniti, che non accetta deroghe al codice di condotta per le Ong emanato dal Viminale: chi non ha firmato non dovrebbe accedere ai porti italiani con le navi cariche di migranti. Ma i porti e la Guardia costiera li gestisce Delrio, convinto che, in ogni caso, non si possa negare l’attracco. Il 5 agosto due unità della Guardia costiera avevano prelevato in mare dalla nave Prudence di Medici senza frontiere (che non ha firmato il codice) 127 migranti, poi sbarcati a Lampedusa. Un episodio che ha acceso lo scontro. «Le regole stabilite non valgono se poi chi ha la responsabilità in mare non le fa rispettare», spiegano dagli Interni. Delrio non è il solo ad esprimere dubbi, anche pubblicamente, sulla linea dura voluta da Minniti. Nell’ala cattolica del governo e del Pd da giorni covano malumori.
Per questo il ministro dell’Interno non va a Palazzo Chigi e parte una lunga opera di mediazione per convincerlo a restare al suo posto. Nel pomeriggio il Quirinale fa trapelare «grande apprezzamento» per il lavoro di Minniti. Dal Colle si sottolinea il valore del codice di condotta per le Ong, condiviso con «larga convergenza parlamentare». Parole di sostegno assai inusuali, soprattutto per un presidente della Repubblica che non vuole entrare nella dinamica politica e parlamentare. Ma il messaggio di Minniti alle più alte cariche dello Stato è netto: senza un sostegno esplicito le dimissioni sono inevitabili. «Non si può vacillare proprio adesso che gli sbarchi iniziano a calare». Mattarella e Gentiloni si sentono e concordano la linea. Poco più tardi è il premier a schierarsi a difesa del ministro. Fonti di Palazzo Chigi ricordano come «i risultati sul fronte del contrasto del traffico di essere umani dalla Libia e del fenomeno migratorio cominciano ad arrivare». Questo grazie all’azione «di tutto il governo, in particolare del Viminale, ma anche delle strutture che stanno dando attuazione al codice per le Ong».
In tarda serata la fase più acuta della crisi sembra rientrata, ma i focolai non sono spenti. Sull’uso dei porti per le Ong “ribelli” ancora non c’è accordo tra Minniti e Delrio, e anche nel Pd serpeggiano dubbi sulla linea dura (compresa Maria Elena Boschi, mentre Renzi è sulla linea più decisa). Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, ospite di In Onda, difende le Ong: «Far passare il messaggio che sono quasi una promanazione degli scafisti è un errore. E non possiamo chiedere loro di essere il braccio operativo del governo. Ma si devono rendere conto che l’Italia sta facendo uno sforzo. Bisogna arrivare a un punto di intesa». Orlando definisce «giuste» le scelte del governo. «Ma non siamo davanti a un’invasione o un’emergenza».
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