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’Italia continua ad avere dei problemi sul fronte economico ma anche la Germania non ride visto che sono appena 54 i migranti assunti. Per la cancelliera Angela Merkel è un campanello d’allarme sugli umori del Paese e reagisce convocando i leader delle maggiori imprese private. Il ministero delle Finanze tedesco prevede intanto che l’anno prossimo ci saranno oltre centomila disoccupati. Si tratta del dato più alto dal 2013, che si lega al massiccio flusso di migranti arrivati negli ultimi mesi.
Ma leggiamo ora cosa scrive oggi, su la Stampa, Marco Zatterin che così ci spiega perché la mancata crescita preoccupa più del deficit.
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La crescita allarma più del deficit MARCO ZATTERIN
I partner di Bruxelles finiranno per farsi una ragione dei conti italiani che rischiano di non tornare come previsto. Ci sarà un negoziato con strappi e titoloni sino a dicembre, poi è facile che Roma ottenga l’ossigeno che le occorre per tentare l’ennesima strategia anticiclica, visto che l’euroregola della stagione recita che «aiutare è più utile che punire». Ci si appiglierà al fatto che il deficit fluttua fuori rotta per colpa della crescita mancata, non per imperizia fiscale del governo. Per questo la Commissione Ue farà in modo di chiudere un occhio. Ma non potrà rinunciare a interrogarci sui perché della ripresa che fatica, sulle riforme non completate e le medicine non ingurgitate.
Il portolano del bravo premier è nelle raccomandazioni che ogni anno la Commissione e le capitali negoziano quasi parola per parola per attribuirsi un percorso economicamente più virtuoso e prospero. A parte la Bce che lamenta il basso tasso di attuazione degli scenari disegnati, a fare le pulci al meccanismo di governance economica europea c’è solo il rapporto periodico con cui Bruxelles ricorda – in genere senza trarne le conseguenze – cosa si doveva fare e non si è fatto. I governi preferiscono tacere, sperando che le cose si mettano a posto da sole, cosa che raramente succede. Tirano il più possibile a campare cercando di minimizzare le turbolenze che minano i consensi.
Le poche voci europee che parlano dietro le quinte in queste ore estive non si concentrano sugli sbandamenti da «zerovirgola», quanto sulle azioni che avrebbero dovuto evitarli. Guardano all’Italia dove l’instabilità contabile è spiegata con la crescita svanita. Poi ribadiscono che ci sono parecchi motivi dietro a un pil cronicamente più debole degli altri. Soprattutto, una manutenzione non fatta da tempo che invoca vendetta: l’apertura dei mercati e delle professioni regolamentate, l’intervento sulla pubblica amministrazione e dei servizi pubblici, l’introduzione di una piena concorrenza nei trasporti come nel pubblico impiego e nelle concessioni, la lotta all’evasione come alla criminalità organizzata, un’azione completa di snellimento della giustizia civile, per non parlare delle (troppe) banche.
Poche righe delineano le ragioni di una economia deficitaria. La nostra. I tecnici europei potrebbero punirci, però proveranno a evitarlo. Non è tempo. Pensano che il governo dovrebbe intervenire oliando gli snodi intorno ai quali gira l’economia oltre che invocando più margini di spesa per investimenti e manovre incentivanti. Attaccare il rapporto deficit pil dal denominatore, perché questo è il modo più duraturo ed efficace per salvarsi, a loro modo di vedere e non soltanto.
È un discorso che ha senso e che, tuttavia, rischia di essere inficiato dalla debolezza dell’Unione che soffre l’effetto Brexit, i migranti, i populismi e la sicurezza che si sfibra. Problemi comuni che offriranno a Roma una sponda anche nella cancelliera Merkel, che molto farà per non avere un caso politico italiano (e francese) di qui al voto tedesco dell’autunno 2017. Abbozzerà nei limiti del possibile in nome della stabilità politica/economica, ma non tesserà trattative formali su questioni troppo pericolose per le partite interne e preelettorali. Un dialogo sui migranti potrebbe slittare verso i bond comuni. Il Diavolo, per Berlino.
Con Londra che ritarda l’eurodivorzio, i ventotto devono affrontare un altro anno di grande incertezza politica. La paralisi. Matteo Renzi potrà approfittarne per incassare degli «zerovirgola» in più di spesa. Copriranno il male senza curarlo, riflettono a Bruxelles. Nel maggio 2017 la Commissione ritirerà fuori le raccomandazioni ed è immaginabile che i servizi non saranno stati liberalizzati davvero, che aprire un’impresa resterà un incubo e che la ricerca sarà sottofinanziata. Dunque è presumibile che il pil si ripresenterà rachitico e, se non sarà ripartito il Pianeta, l’Italia soffrirà ancora. Pensate alla crescita debole da anni, è l’appello. Non agli «zerovirgola» che servono solo a tirare a campare. E neanche tanto bene.
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