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Emergenza bambini per il sisma

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span id="m_8517174163431701718docs-internal-guid-458211ce-1f56-de53-b510-70a202942ebd">Emergenza bambini nelle zone investite dal sisma. Ve ne sono almeno tremila che necessitano aiuti e la Croce Rossa lancia l’allarme: serve assistenza. Soffrono i più piccoli e soffrono gli adulti. La Stampa ha raccolto le voci di chi è sopravvissuto al terremoto: temono di essere dimenticati e non vogliono «vivere come fantasmi».

Le voci del terremoto

Le storie di chi ha perso tutto ma trova la forza di andare avanti. “Non vogliamo vivere come fantasmi, aiutateci a ricominciare”

C’è chi ha perso casa. Chi il lavoro. Chi gli amici. E devono ricominciare da zero. Ancora una volta, a distanza di pochi mesi. Qualcuno è fuggito: troppa la paura dell’Appennino che non smette di tremare. Nello trascorre le notti in una roulotte di seconda mano comprata su Internet. Rodolfo aspetta le tende e rifiuta le sistemazioni in albergo: «Perché noi non siamo mica in ferie», dice.

Da Amatrice a Norcia, tutti chiedono la stessa cosa: non vogliamo vivere come fantasmi, ridateci la speranza di ricominciare. Ecco le storie dei terremoti.

 

Roberto – Senza un tetto. Siamo come cani randagi  

Abbiamo bisogno di tutto ma soprattutto di una vita che torni alla normalità. Ecco, quello che chiediamo è un pizzico di normalità. Un concetto semplice ma per noi psicologicamente importantissimo. E per questo abbiamo bisogno di una casa per tenere insieme la famiglia. Senza un tetto, infatti, siamo solo dei cani randagi. Poi verrà il lavoro, ma senza un luogo dove stare non è vita. Questa è la nostra priorità. Una necessità che viene prima di qualsiasi altra cosa. Almeno per chi come me e la mia famiglia ha perduto la propria casa dopo il 24 agosto. E con l’abitazione tutti gli sforzi e i sacrifici di una vita per stare in quella casa. Dai primi giorni dell’emergenza sono passati più di due mesi. Purtroppo ora si ricomincia da capo. Anche le ipotesi iniziali e i primi rilievi sono da cestinare. È tutto da rifare. Verrebbe da pensare che due mesi sono stati gettati quasi al vento. Forse se subito ci avessero dato dei container o delle casette dove alloggiare oggi la situazione sarebbe meno pesante. Non so se esista un piano B per Amatrice, ma così è deleterio restare.

Luciano – Ho tre figli, si meritano un’altra scuola

In soli due mesi di Amatrice restano solo ricordi. Immagini straordinarie ma senza alcuna prospettiva, alcun futuro. Tutto è fermo a due date: 24 agosto e 30 ottobre. Tutti, chi più chi meno, hanno perduto qualcosa. Molti, soprattutto, ad Amatrice anche la vita. Ai più fortunati, a quelli che ce l’hanno fatta, a molti che non hanno perduto affetti, ora spetterà il compito di dare una prospettiva ai figli, alle nuove generazioni. Io di bimbi ne ho tre. L’ultimo, la sera del 24 agosto, era nato da appena dieci giorni. Gli altri vanno già a scuola. È a loro che si deve rivolgere l’attenzione dei più grandi e delle istituzioni.

Dovremmo chiederci, ad esempio, se la scelta di tenere le scuole ad Amatrice sia stata la soluzione giusta. È giusto tenere qui i bambini? Cosa fanno quando escono da scuola? Non era più naturale trasferirli in una scuola a San Benedetto creando intorno a loro una comunità di amici e di interessi? Io credo di sì. E credo che le istituzioni debbano fare una riflessione. Meglio fuori, infatti, che restare qui a respirare le polveri d’amianto.

Costantino – Strade chiuse. Sono prigioniero delle macerie  

Amatrice in questo momento ha tantissimi problemi, uno più grave dell’altro. Non c’è praticamente più nulla. E abbiamo bisogno di tutto. Di servizi, centri di assistenza, di accoglienza.

Ma la priorità, a mio avviso, rimane comunque la viabilità. Credo che il primo problema da risolvere sia proprio quello della circolazione delle auto. Amatrice è rimasta ferma intorno alla sue macerie ed è come prigioniera.

Dalla frazione di San Giorgio, dove vivo, non riesco nemmeno ad arrivare in nessun modo in centro. E come me tanti altri cittadini. E anche tutti quei mezzi e quei servizi che sono indispensabili, non solo per il trasporto delle merci ma anche per l’assistenza dopo il terribile terremoto.

La situazione è davvero drammatica e rende ancora più emergenziale una situazione che dire precaria è poco.

Rodolfo – Andare in hotel? Niente vacanza, c’è da sgobbare  

Da tre giorni dormo nella palestra comunale con mia moglie. Ci sono pochi bagni e tante brandine, ma almeno è sicura. La mia casa, secondo me, non è mica tanto lesionata. Ma lo diranno i tecnici, ovvio. Nel frattempo dormiamo fuori perché mia moglie è terrorizzata.

Andarcene sulla costa in un hotel a spese dello Stato? Neanche per sogno. In albergo ci si va a luglio e agosto, quando ci sono le ferie. Ora è tempo di andare al mare? Qui dobbiamo pensare a tenerci il lavoro e a ricominciare subito. Per fortuna, dove lavoro io, una rivendita all’ingrosso di cibi e bevande, a Norcia, il titolare è combattivo. Mi ha già telefonato: domani si torna a lavorare. Mi ha detto che è un macello, i pilastri del capannone sono di acciaio e hanno tenuto, ma le pareti di cemento sono cadute e hanno tritato la roba e i nostri furgoni. E vabbé, toglieremo le macerie e ripartiremo. Noi riforniamo tanti clienti della zona; se non lavoriamo noi, qui non mangia nessuno.

Nello – In roulotte con il mio gatto e il cane Victor  

Ho una ditta di movimento terra e un bar alle porte di Cascia. Il terremoto ha risparmiato niente. Casa mia era in cemento armato ed è sicuramente da abbattere. Ho visto lesioni in due pilastri, lesioni diagonali, molto brutte. Penso che non ci sia niente da fare. Nella nostra strada, che corre lungo il fosso di Cuccaro, evidentemente si sono scaricate le onde sismiche. Non c’è una casa di cemento armato che s’è salvata. Eppure erano state costruite bene, negli anni Settanta; c’era mio padre a seguire i lavori e lui era del mestiere. Non hanno risparmiato sul ferro o sul cemento.

Da domenica dormo con i miei genitori nel container-ufficio che avevo in cantiere. Sono andato con lo scavatore grosso, l’ho imbragato e me lo sono portato davanti casa. Ho fatto tutto da me; qui passano tanti soccorritori ma non si ferma mai nessuno. Si vede che hanno altre priorità…

Tramite Internet mi sono comprato per 1000 euro una roulotte usata che mi pare in buono stato, e domani me la vado a prendere. Poi si vedrà che fa il governo. Ma di andarmene via non se ne parla. Che faccio: mollo l’attività e scappo? E poi c’ho un gatto e un sanbernardo, Victor, che sono scossi. A chi li lascio?».

Giovanni – Io volontario e terremotato: un doppio choc  

Dal 2006 vivo nel paesino di Visso, in passato ho dato una mano in mille emergenze diverse. Stavolta, per la prima volta, sono un volontario che aiuta gli altri, ma anche un danneggiato. Accumulo due stress, non è una situazione semplice.

Mi occupo dei problemi di tutti, cerco di risolverli, ma so anche di essere nelle loro stesse condizioni. Tutte le strutture di Visso sono inagibili, tutti siamo rimasti senza casa.

Adesso vivo con la mia compagna e la sua famiglia nella struttura messa a disposizione dalla Croce rossa, dove diamo una mano agli abitanti che sono rimasti per occuparsi dei loro animali (anche se sono una minoranza) e dove assistiamo anche chi fa la spola tra il mare e il paese ogni giorno.

Sono qui al servizio di tutti e qui resterò. È a Visso che voglio tornare ad abitare quando l’emergenza sarà finita.

Diego – Ho perso il lavoro ancora prima di iniziare. Adesso aspetto che riapra il prosciuttificio  

Avevo finalmente trovato un lavoro, ma non ho mai cominciato. Lunedì doveva essere il mio primo giorno, mi avevano assunto in un prosciuttificio di Norcia. Poi è arrivata la scossa di domenica mattina, alle 7.40, e la mia vita è cambiata in un minuto.

Il prosciuttificio è andato completamente all’aria. Mi ha telefonato il titolare e mi ha detto che per il momento non sa neppure lui che cosa succederà. Mi ha detto di aspettare notizie.

E adesso bisogna far fronte a un danno non solo per l’azienda ma anche per l’intera economia di Norcia. Dicono tanto del turismo religioso e sarà anche vero. Ma sono i prosciutti che noi vendiamo in tutto il mondo a far vivere le famiglie di qui.

E con il lavoro, come tanti, ho perso anche la casa. Da poco vivevo in quelle popolari: completamente distrutte, non hanno retto proprio. Adesso sono tornato a vivere a casa di mia madre. Lesionata anche quella, ma non distrutta.

Così ieri attraverso un sito internet abbiamo comprato una roulotte, che ci hanno già consegnato. Sono stati davvero onesti. L’abbiamo fatta mettere nel nostro giardino, così almeno ieri notte non abbiamo dovuto dormire in macchina. Da domani si vedrà. Una cosa è certa: io da qui non me ne vado. Aspetto che riapra il prosciuttificio. Speriamo…

Marina – Ora vogliono toglierci pure i pompieri  

Ormai sentiamo anche la più piccola delle scosse. Io e la mia famiglia ad agosto abbiamo perso la casa. E con l’abitazione anche la nostra attività commerciale. Ora abbiamo perduto anche un’altra casa che ci era stata messa a disposizione da chi ne aveva una in più. Siamo ormai senza niente. Ma soprattutto siamo senza prospettive per il futuro. Un futuro dove ormai l’unica cosa che conta è la vita. Per questa ragione, la prima preoccupazione è la sicurezza. Per noi e per i nostri figli.

L’ultima scossa, infatti, pare aver creato problemi di sicurezza anche nei centri che ospitano i soccorritori. C’è chi avanza l’ipotesi di spostare per ragioni di sicurezza anche i Vigili del fuoco a Cittareale, ma noi non possiamo restare senza di loro. È indispensabile che si trovi un’altra soluzione.

In queste condizioni chi ci aiuta se anche i pompieri vanno via? È vero Amatrice e Cittareale distano soltanto venti chilometri. Una distanza certamente superabile, ma in condizioni normali. Qui, però, non ci sono strade. Ma soprattutto non ci sono più condizioni normali.

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