Nel suo editoriale su La Stampa, Giampiero Massolo scrive: Il fermo del dissidente Alexei Navalny «stride con il nostro concetto di libertà democratiche. Va riaffermata con forza la nostra identità e compattezza occidentale, con una condanna politica e la determinazione a controbilanciare passo passo le mosse russe». Un consiglio per il dialogo con Mosca arriva dall’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, che a Paolo Mastrolilli dice: «Putin non è Hitler. Negoziare con lui, a condizioni precise, è nell’interesse di tutti».
Per reagire l’Occidente deve unirsi
C
he fare con la Russia di Putin? Il fermo in piazza del dissidente Navalny, solo l’ultimo e neppure il più significativo tra gli episodi di soffocamento del dissenso, stride con il nostro concetto di libertà democratiche; le condotte spregiudicate in politica internazionale, da ultimo il cinico assedio di Aleppo, fanno apparire impossibili forme di collaborazione, almeno come noi le intendiamo; i tentativi di ingerenza anche cibernetica nei meccanismi della nostra vita democratica, più o meno conclamati, sono sotto gli occhi di tutti; il disegno di una sorta di internazionale delle forze populiste e antisistema europee con riferimento a Mosca sembra sempre più delinearsi.
L’Occidente è stato doverosamente fermo sui principi, ha provato a reagire, in particolare dopo l’annessione della Crimea e la guerra ibrida in Ucraina, con lo strumento – spuntato rispetto alla resilienza russa – delle sanzioni. Ha tentato in parallelo un reset dei rapporti, prima con Obama e le sue politiche di inclusione e ora con le logiche transnazionali di Trump, rapidamente frustrate tuttavia dalle accuse di collusione con ambienti russi di parte dello staff presidenziale in campagna elettorale.
Tutto, almeno finora, inutilmente: continuiamo ad essere messi di fronte ad una sequenza di fatti compiuti. Discutere sui torti e le ragioni (le incertezze e contraddizioni del campo occidentale e l’ossessione russa di vedersi riconosciuto il diritto di cogestire il mondo con gli americani entrano in questo quadro almeno in egual misura) è tutto sommato poco utile. Meglio concentrarsi su alcuni punti fermi per cercare di definire una prospettiva. Esiste davvero una minaccia russa? Abbiamo gli strumenti per incidere sui comportamenti di Mosca? Cosa possiamo fare come comunità occidentale?
Sotto il profilo della minaccia, la Russia non lo è sul piano strategico, per dimensioni economiche inferiori ai livelli del G7, ulteriormente ridimensionate dai bassi prezzi del petrolio, e per arsenale militare, considerando difficilmente impiegabile nella realtà quello nucleare e già molto sotto pressione nei vari teatri di crisi quello convenzionale. Può influire sui singoli scenari geopolitici, come dimostra il caso siriano e forse un domani anche quello libico. Continua nei suoi tradizionali tentativi di condizionamento delle dinamiche occidentali, replicando con l’ausilio significativo delle tecnologie comportamenti tipici dell’era sovietica. Nulla, insomma – ed è un primo punto – che un Occidente determinato e forte nei suoi convincimenti non possa bilanciare.
Possiamo mutare le sue condotte? Escluso, anche nel nostro caso, il ricorso alle armi, va preso realisticamente atto che, al di là dei mezzi politico-procedurali di riprovazione e condanna propri della comunità internazionale, non disponiamo della possibilità di incidere in modo efficace. A meno, ovviamente – ed ecco un altro punto – di non ricercare caso per caso, scenario per scenario punti di convergenza d’interessi che contengano e incanalino comportamenti russi, altrimenti pronti a tracimare.
Che prospettiva allora? Va riaffermata con forza – il terzo punto – la nostra identità e compattezza occidentale: non possiamo trascurare le preoccupazioni degli alleati Est europei, direttamente esposti alle turbolenze russe. Sarebbe un cuneo insostenibile in Europa, a tutto vantaggio di Mosca e del suo interesse a dividerci. Senza contare che una pericolosa spirale involutiva potrebbe scattare, oggi come oggi, anche al di là di ogni calcolo e volontà politica. E bisogna tenerne conto, per poterlo evitare.
In definitiva, dunque: condanna politica, determinazione a controbilanciare passo passo le mosse russe, ricerca delle cointeressenze possibili, compattezza alleata. Mosca non è un nemico credibile, ma sicuramente un avversario pericoloso, per ragioni politiche prima ancora che militari. A noi il compito di reagire, senza demonizzazioni, ma con fermezza.
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lastampa/Per reagire l’Occidente deve unirsi GIAMPIERO MASSOLO
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