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Vivendi non si ferma: il piano del governo per Mediaset

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ivendi non si ferma: estende la scalata in Mediaset e fa sapere di essere salita al 28,8%. Oggi i vertici del gruppo francese sono attesi in Consob. In soccorso dell’azienda controllata dalla famiglia Berlusconi potrebbe arrivare il governo che ha già pronto un piano per fermare i francesi attraverso Telecom.

Vivendi sfiora il 30%. Mediaset in Consob: “Nessun contatto”

Oggi l’audizione dell ’ad transalpino de Puyfontaine. I titoli del gruppo televisivo sotto pressione: -13%

MILANO – Quasi un terzo del capitale di Mediaset parla francese. Vivendi ha comunicato ieri di essere salita al 28,8% del Biscione e di detenere – per effetto delle azioni proprie direttamente in mano a Cologno Monzese – il 29,94% dei diritti di voto. Basterebbe comprare uno 0,06% in più e per Parigi scatterebbe l’obbligo di lanciare un’offerta pubblica di acquisto su tutto il gruppo fondato da Silvio Berlusconi. Ma è un’eventualità che per il momento Vincent Bolloré non starebbe considerando.

In Borsa, dunque, l’effetto «dopante» degli acquisti di Vivendi è venuto meno e ieri il titolo che in un mese ha guadagnato quasi l’80% s’è sgonfiato un poco, anche dopo che alcune case di investimento hanno consigliato ai propri clienti di ridurre gli acquisti. Risultato: festa finita, titolo in ribasso del 12,4% a 4 euro tondi, con molti fondi che – in vista della fine dell’anno – chiudono la posizione e incassano la plusvalenza.

Il pallino resta ora ai due contendenti. Per Vivendi l’aria si fa più pesante ogni giorno che passa. Da Parigi attendono di capire cosa uscirà dai molteplici esami cui le loro mosse sono sottoposte: la Consob, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), la magistratura. Senza scordare il governo.

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Oggi l’ad Arnaud de Puyfontaine sarà a Roma, dove è stato convocato negli uffici della Consob, l’autorità che vigila sul mercato. Lo metteranno sotto torchio, sui perché e sui percome della scalata. Chiederanno conto di quei comunicati che, non richiesti, hanno preannunciato le mosse che, a distanza di ore, pochi giorni al massimo, si sono puntualmente avverate. De Puyfontaine dovrà dimostrare che la fama di raider che il suo presidente Bolloré si è conquistata negli anni non è applicabile tout court al caso Mediaset, per cui Vivendi ha un progetto strategico, la famosa Netflix europea per contrastare i colossi americani e cinesi. Un po’ di domande a Consob le ha suggerite ieri Marco Giordani, direttore finanziario di Mediaset, a sua volta convocato dagli «sceriffi» del mercato e sentito negli uffici milanesi della Commissione. Qui ha ripercorso le tappe di una storia che comincia ad aprile, con la firma degli accordi che a luglio Vivendi disattenderà: non vuole più rilevare Premium la tv a pagamento delle cui prospettive non è convinta. Tutto studiato in vista della scalata? Gli accordi, inoltre, stabilivano una salita reciproca del 3,5%, per arrivare al 5% in tre anni, giammai al 30%. Insomma, il Biscione si sente accerchiato e cerca tutele. E, giura Giordani, contatti recenti – dopo il gelido incontro di una settimana fa tra de Puyfontaine e Pier Silvio Berlusconi – «non ce ne sono stati».

Sulla strada dei francesi c’è poi l’Agcom, la quale dubita che Parigi possa controllare contemporaneamente tanto Telecom quanto Mediaset. Ma che il controllo di Telecom sia francese (formalmente Vivendi ha 4 consiglieri su 17 e nell’ultima assemblea ha dovuto contare sui voti dei fondi per ottenerne l’investitura) è tema dibattuto in Consob, come lo fu ai tempi della pirelliana Olimpia a cui, col 22%, fu riconosciuta solo una «significativa influenza», non il controllo. Ieri i tecnici di Consob e Agcom ne hanno dibattuto in un incontro di coordinamento. E poi c’è il governo. Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha ribadito che l’operazione francese «è giudicata negativamente», ha connotati «troppo opachi», ma ciò «non vuol dire che si facciano dei provvedimenti ad hoc», ha assicurato. I francesi assedianti sono a loro volta sotto assedio. Ma Bolloré studia già la via d’uscita, tra la vendita di Telecom a Orange (la ex France Telecom) e un accordo in extremis col Cavaliere, obiettivo mai perso di vista.

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