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Assegno a famiglie in difficoltà: evitare che si trasformi in incentivo a lavoro in nero

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ROBERTO ROSSINI, ACLI: “UN BEL SUCCESSO DOPO ANNI DI BATTAGLIA”  

«

Siamo molto contenti: si conclude con successo una battaglia iniziata nel 2013. Abbiamo ottenuto una formula che è molto, molto vicina al modello che avevamo proposto». Parla Roberto Rossini, presidente nazionale delle Acli e portavoce dell’Alleanza contro la Povertà.

Vicina, ma non identica. È la risposta definitiva al problema della povertà in Italia?

«I dati dicono che circa 4,5 milioni di cittadini sono in povertà assoluta. Con le risorse disponibili per il REI copriamo un povero su tre. Come sappiamo, la misura non riguarda chi non ha figli o non rispetta altre condizioni. Per noi il REI dovrebbe andare al cento per cento dei poveri, a prescindere dalle categorie. Ma sappiamo che c’è un problema di risorse economiche».

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Non c’è il rischio che parte degli aventi diritto non sappia nemmeno dell’esistenza di questa misura?  

«Il rischio c’è. In passato abbiamo visto che c’erano persone potenzialmente interessate ma non a conoscenza. Servirà una informazione molto capillare e mirata alle situazioni sociali che effettivamente hanno bisogno. Per far sapere che il REI c’è, e come ottenerlo, sarà importante il ruolo degli enti locali, dei patronati e anche di tutti gli strumenti che metteremo come terzo settore a disposizione. Ma è importante anche che i criteri di valutazione burocratici siano più semplici possibile. Il governo si è impegnato a varare i provvedimenti attuativi in tempi brevi».

Insomma, un giudizio positivo?  

«Il giudizio è positivo sul disegno che si sta configurando. Ma la misura ancora non è universale: deve riguardare tutti i poveri. Secondo i nostri calcoli servirebbero a regime 7 miliardi; per ora è importante che esista un fondo per la povertà, e che si sia partiti. Poi quel disegno va applicato, riempito nel giro di 3-4 anni, e deve avere la capienza economica necessaria».

DOMENICO MASI, SOCIOLOGO: : “LA METÀ DEI POVERI RESTERÀ ESCLUSA”  

Non nasconde il suo scetticismo, il sociologo Domenico De Masi. «Mi pare un meccanismo con tantissime complicazioni e condizioni da verificare – spiega – ci vorrà un esercito di impiegati per farlo funzionare. E poi mi chiedo: se in Italia ci sono 4 milioni di persone che non sanno come campare e questo provvedimento riguarda solo la metà, per gli altri poveri che facciamo, li lasciamo fuori dalla porta senza mangiare?»

Professore, ci faccia capire meglio la sua tesi.  

«Nel dibattito di oggi si parla di molte misure che nonostante abbiano molti nomi, sostanzialmente possono essere divise in due grandi categorie: il reddito di cittadinanza e il reddito minimo. Il primo assicura a tutti i cittadini la somma giudicata minima per vivere, il secondo riguarda solo quelli che non arrivano al valore minimo, cui viene data la differenza. Il Rei sta in questa categoria. La controindicazione del reddito di cittadinanza è che in nome della semplicità la misura premia anche i ricchi o chi non ha bisogno. Ma per far funzionare il reddito minimo bisogna stabilire limitazioni e controlli molto complicati e costosi».

È il caso del Rei.  

«Eh sì: bisogna avere dei figli, non superare un limite di reddito, impegnarsi a un buon comportamento civico, accettare le proposte dell’ufficio dell’impiego, e altro ancora. E serve qualcuno che controlli, faccia le verifiche e così via. E poi c’è un problema di equità e di solidarietà, che un governo di sinistra dovrebbe tenere sempre presente. Nel REI, le risorse sono sufficiente solo per circa la metà della platea di poveri. E gli altri poveri che faranno? Restano a guardare? Mi sembra assurdo. Un paese come l’Italia non può non trovare i 2 miliardi “mancanti”».

ALESSANDRO DE NICOLA, ECONOMISTA : “ATTENTI A NON SCORAGGIARE CHI È IN CERCA DI UN POSTO” 

«Ferdinand von Hayek, il grande economista e filosofo, diceva che una società liberale, può certamente prendersi cura delle “vedove e degli orfani”, in un contesto di vera Great Society. L’importante – spiega Alessandro De Nicola, editorialista e presidente della Adam Smith Society – è che questi sussidi non interferiscano sull’attività economica o prevedano una redistribuzione dei redditi».

E nel caso del provvedimento del governo Gentiloni, che valutazione dà?  

«In linea di massima, non darei un giudizio totalmente negativo. Ma mi chiedo se il REI rispetti alcune condizioni chiave. La prima è se non configura una “trappola”, nel senso che il bonus mensile diventa un disincentivo a cercare lavoro. Sarebbe opportuno ad esempio ridurre nel tempo l’assegno, o che comunque il beneficiario dia alla società una prestazione in cambio. C’è il precedente del vecchio servizio civile, e quello, meno positivo, dei Lavori socialmente utili».

E poi?

«Mi convince poco il fatto che i criteri per la concessione siano un po’ tagliati con l’accetta. In un paese come l’Italia, con così tanto lavoro nero, c’è il rischio di concedere il REI a chi pur avendo un Isee di 10mila euro riesce a farne figurare solo 2.700, e di tagliare fuori chi ne denuncia 3.400. E infine: un governo serio, una volta varato questo provvedimento di spesa, immediatamente dopo indica la spesa pubblica corrispondente che viene diminuita».

E dunque, visto che queste sue condizioni non sono state previste, la sua conclusione su questa norma?

«Il mio giudizio è negativo, ma non totalmente negativo, come ad esempio è stato per l’abolizione dei voucher».

vivicentro.it/economia
vivicentro/Assegno a famiglie in difficoltà: evitare che si trasformi in incentivo a lavoro in nero
lastampa/Rischi e vantaggi dell’assegno per i più deboli ROBERTO GIOVANNINI

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