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Alitalia, il governo pensa a due commissari: Gubitosi e Laghi

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In un’intervista il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio assicura che il governo “non salverà” la compagnia che “sarà venduta al miglior offerente”.

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ROMA – Per un momento Graziano Delrio rimette il camice, come un medico sconfitto da un’operazione troppo complicata. «Siamo stati al capezzale di Alitalia. Abbiamo fatto un’enorme fatica per convincere gli azionisti a mettere sul piatto due miliardi di euro. Forse non erano abbastanza, ma all’università mi hanno insegnato che un paziente grave va intubato e portato in rianimazione. Al resto si pensa dopo». La valanga di no al referendum ora preclude altre cure. L’Alitalia è un malato al quale il governo può offrire solo palliativi. «Indietro non possiamo tornare. Qualcuno si è convinto ci sarebbe stato l’ennesimo salvataggio pubblico. Lo dico chiaramente: non ci sarà».

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Non c’è alcun margine per un ripensamento, perché il piano dei privati proceda comunque?  

«

Se mi guardo indietro e penso al tempo speso per ottenere l’accordo di tutti, direi proprio di no. Ringrazio Etihad e le banche per l’impegno, ma non è bastato».

È rimasto sorpreso dall’esito del referendum? Si è chiesto cosa ha spinto migliaia di persone a dire no al salvataggio dell’azienda che gli dà lavoro?  

«Avevo percepito un brutto clima, ma credevo che alla fine gli allarmi sarebbero stati presi sul serio. Abbiamo parlato il linguaggio della verità, e non è servito. I dipendenti sono sfiduciati, si sono convinti che questo sarebbe stato l’ennesimo piano che non avrebbe cambiato nulla».

Ora che accade?  

«Il nostro intervento servirà ad evitare il fallimento. L’azienda verrà venduta al miglior offerente come sta accadendo con l’Ilva. Ma se prima del referendum c’era la garanzia di una nuova ricapitalizzazione, ora il rilancio diventa molto più complicato. Alitalia è indebolita dall’esito del referendum e i concorrenti non faranno regali».

Quanto stanzierete per gestire la transizione?  

«Il decreto di correzione dei conti appena entrato in vigore mette a disposizione 300 milioni di garanzie pubbliche. La cifra a disposizione per far volare gli aerei è quella, se sarà necessario stanziare altro lo valuteremo. Ma ripeto: si tratterà solo di accompagnare l’azienda o parte di essa verso un altro azionista privato».

E se non dovesse arrivare? Si andrà alla liquidazione?  

«Non si torna indietro, nemmeno nel peggiore degli scenari».

Detto da lei fa una certa impressione: di recente ha espresso dubbi anche sulla cessione di una quota di Trenitalia.  

«Il paragone non si pone. Se dieci anni fa mi avesse chiesto “privatizzerebbe per intero Alitalia?” le avrei risposto “forse no”. Ma oggi la realtà è diversa. Quello aereo è un settore fortemente liberalizzato e molto competitivo. Lo Stato non può rimettersi a fare l’imprenditore».

Avete preclusioni su una possibile vendita a Lufthansa?  

«Nessuna preclusione, ma le decisioni spettano agli azionisti. La palla è nelle loro mani».

Il governo cosa può fare in questa fase?

«Cercheremo di tutelare nel migliore dei modi tre cose: il bene del Paese, quello dei lavoratori e dei contribuenti. Non vogliamo la messa a terra degli aerei, perché sarebbe un danno per il turismo e le aziende italiane: Alitalia è ancora il secondo vettore per numero di passeggeri. Ci faremo carico dei costi sociali di una ristrutturazione, ma tenendo bene a mente che non sarà possibile garantire gli ammortizzatori sociali del passato. Cercheremo infine di far sì che la gestione commissariale duri il meno possibile, perché finirebbe per innescare una dinamica complicata con l’Europa. Le regole in questo senso sono molto chiare».

Qual è l’orizzonte per la vendita?  

«Al massimo sei mesi».

Oggi il primo vettore per passeggeri trasportati in Italia è Ryanair: Etihad vi accusa di non aver fatto abbastanza per tutelare l’ex compagnia di bandiera dalla sua concorrenza sleale. Dicono che in Francia o Germania non gli sarebbe stato concesso tanto spazio.  

«Noi tuteliamo gli interessi del Paese, la connettività e il turismo. Easyjet quest’anno porterà a Napoli un milione di passeggeri: lei crede non sia un mio preciso dovere preoccuparmi dello sviluppo del Mezzogiorno? Dovrei fare le barricate contro le low cost?»

Alitalia lamenta soprattutto i sussidi concessi dagli aeroporti minori a quelle compagnie.  

«Nel 2013 abbiamo scritto linee guida molto chiare e i gestori aeroportuali fanno dei bandi europei: perché Alitalia non partecipa? Se a Favignana è esploso il turismo, lo si deve al fatto che l’aeroporto di Trapani opera regolarmente. La verità è che la politica del governo sta funzionando, e che se in Francia e Germania Ryanair non è altrettanto forte è perché Air France e Lufthansa hanno fatto meglio il loro lavoro».

Twitter @alexbarbera

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