Le squadre di soccorso scavano nella neve per cercare chi è rimasto intrappolato nelle rovine dell’hotel Rigopiano di Farindola travolto da una slavina innescata dal sisma. Si tratta di 33 persone, tra morti e dispersi, inclusi quattro bambini. Un testimone racconta che gli ospiti erano pronti a partire, aspettavano solo lo spazzaneve. Si tratta di una tragedia che dimostra quanto l’imponderabile – spiega Antonio Scurati – è ancora in grado di azzerare la modernità.
Trappola mortale nell’hotel spazzato via
L’albergo alle pendici del Gran Sasso distrutto dalla valanga dopo le scosse di terremoto: 4 morti e 30 dispersi di cui 4 bambini. “Erano pronti a partire, aspettavano lo spazzaneve”. Il datore di lavoro di un superstite: “Ho dato l’allarme, non mi credevano”
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ue uomini si inginocchiano stremati, subito aiutati dagli alpinisti della Guardia di Finanza, arrivati quassù alle 4 di mattina dopo cinque lunghe ore di marcia. Sono loro, i due sopravvissuti che hanno dato l’allarme. Alle 17,40 Giampiero Parete chiama il suo datore di lavoro, il ristoratore Quintino Marcella «aiutami è caduto l’albergo». La slavina ha travolto l’hotel e le vite di 35 persone, 22 ospiti, 8 dipendenti, il gestore e qualche visitatore non registrato. Al momento il bilancio è di quattro morti, due sopravvissuti e trenta dispersi. Ma ci vorranno tre ore perché si attivino i soccorsi. «Non mi prendevano sul serio, in prefettura mi dicevamo che era tutto a posto in hotel. Mi sono attaccato al telefono, tempestando tutti i numeri di emergenza fino a che non mi hanno creduto». E le ore perse a queste temperature si trasformano in numeri esponenziali. Quando lo trovano Giampiero Parete è stremato, stordito, ma continua a chiamare la moglie e i due bambini rimasti intrappolati. «La mia famiglia è lì vi prego…». È in ipotermia e viene immediatamente avvolto nelle coperte e preparato per il trasporto a Pescara, in ospedale. Devono arrivare gli elicotteri, l’unico modo per fare in fretta. Le colonne dei soccorsi sono ancora bloccate a più di sei chilometri in attesa di turbine e di piccoli gatti delle nevi per fare strada in questa giungla di ghiaccio e alberi divelti.
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Qualche luce appare da quel che rimane dell’albergo, e le voci dei soccorritori gridano forte i nomi degli ospiti, ma è solo l’eco, crudele, che risponde, indebolendo, ora dopo ora, la speranza. Poco prima delle 10 un elicottero porta sul posto altri Vigili del fuoco. Faticosamente, insieme, gli uomini della Guardia di Finanza, del soccorso alpino, della polizia aprono un varco tra i cumuli di neve alti anche cinque metri e arrivano all’ingresso. La hall, dove si erano rifugiati gli ospiti in attesa di andare via nel pomeriggio appena avessero pulito le strade, è invasa da macigni di neve, alberi, pietre e ghiaccio.
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Bruno Di Tommaso, direttore dell’hotel, non era lì mercoledì pomeriggio, al suo posto il nipote di Roberto Del Rosso, che gestiva il resort. «L’avevo sentito alle 16 per sms, era preoccupato per la tanta neve. Tutto lo staff era radunato al bar, mentre gli ospiti si trovavano nella hall perché stavano per andare via».
In mattinata due uomini vengono estratti da quell’inferno di ghiaccio, morti. Poche ore più tardi un altro cadavere viene trasportato all’obitorio di Pescara. Non si danno nomi per rispetto delle famiglie che pregano insieme e attendono una buona notizia. I papà di Stefano e Francesca, fidanzati alla loro prima vacanza, si inerpicano sulla montagna. «Erano felici… sono là sotto … speriamo ancora…», I singhiozzi che danno un ritmo doloroso alle parole.
Si continua a cercare, nonostante un’altra slavina caduta a metà mattina abbia ulteriormente complicato i soccorsi. Verso le 14 ricomincia a nevicare, diventa difficile arrivare anche a Farindola, il paese a valle di Rigopiano. Da Penne la strada invasa dalla neve è diventata stretta come un sentiero di montagna.
Walter Milan, del soccorso alpino e speleologico, spiega che stanno dividendo l’area della valanga in zone più piccole, sondandole palmo a palmo». Non ci si arrende al silenzio, dentro ci sono anche quattro bambini, ma la corsa contro il tempo è disperata. Si scava con le pale e anche con le mani. Si spera che si siano formate delle sacche d’aria «protettive». Ma è il gelo il grande nemico. I cani abbaiano e annusano alla ricerca di tracce di vita.
«Gran parte della struttura è completamente trasfigurata. È stata spostata di diversi metri proprio dalla forza d’urto della valanga», spiega Milan. Il canalone che porta all’albergo dalla cima della montagna come una pista da bowling. La neve che fa strike di vite. «La stessa valanga prima di schiantarsi contro l’albergo – spiega l’esperto – ha raso al suolo anche un bosco nei pendii superiori, quindi potete immaginarne la forza. La neve, trascinandosi verso valle porta con sé legname, alberi, a volte pietre, quindi acquisisce una forza ancora maggiore. Basti pensare comunque, per dare un’idea, che un metro cubo di neve può arrivare a pesare una tonnellata circa. Per cui immaginate un fronte lungo 300 metri che capacità distruttiva può avere».
Chi riesce ad arrivare di fronte a questo disastro se ne rende conto benissimo, della forza distruttiva. E si chiede anche come mai non sia stata prevista visto che le nevicate di questi giorni sono state eccezionali, come dicono tutti. E l’albergo era sommerso dalla neve. Come mai le persone non sono state fatte andare via in tempo? Il sindaco di Farindola ha atteso tutta la notte insieme ai soccorritori e all’ingegnere Viola, che ha avuto la delega dal prefetto, e spiega che gli ospiti erano pronti per andare via, con le valigie fatte, ma che «mercoledì mattina non è stato possibile farli scendere a valle perché serviva una turbina per pulire la strada». «Abbiamo fatto domanda alla Provincia per averla». Era prevista per le 15. Sarebbe arrivata solo alle 19. Troppo tardi. Una spiegazione che riempie di rabbia i parenti che attendono nel campo sportivo di Penne assistiti da un team di psicologi. La procura di Pescara indaga per disastro colposo e omicidio colposo plurimo. «Morti perché mancava una turbina»? «Morti perché serve una domanda in carta bollata per avere uno spazzaneve? Ma che Paese siamo?». Non capiscono, non possono capire, mentre la vita dei loro cari è appesa a un filo che si fa sempre più sottile ogni minuto.
Il padre della responsabile del centro benessere dell’hotel racconta di aver sentito l’ultima volta la figlia alle 16, un solo sms. «Dalla mattina chiedevano di essere sbloccati, avevano paura dopo le scosse di terremoto, erano circondati dalla neve, chiedevano che venisse pulita la strada ma gli hanno risposto che c’erano altre priorità».
«Si continua a lavorare tutta la notte», assicura il capo Dipartimento della protezione civile Fabrizio Curcio. «Ci sono persone che stanno lavorando al limite del possibile».
vivicentro.it/cronaca
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