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Castellammare di Stabia

La rivolta dei clan a Tripoli guidati dall’ex premier Ghwell

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A Tripoli scoppia la rivolta con i clan guidati dall’ex premier Ghwell che attaccano i principali ministeri e assediano il governo del premier Sarraj. L’azione è una sfida all’Italia, sostenitrice del premier, che pochi giorni fa aveva riaperto l’ambasciata. Roma teme l’escalation e si consulta con gli alleati, ma Ue e Usa preferiscono mantenere un profilo basso sulla crisi in atto.

Milizie all’assalto di Sarraj: attacco ai ministeri di Tripoli

Sfida all’Italia: il blitz dell’ex premier Ghwell dopo l’apertura dell’ambasciata

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n assalto al governo di Fayez al-Sarraj e una sfida aperta all’Italia. L’ex premier libico Khalifa al-Ghwell cerca di prendere il controllo dei ministeri in una Tripoli al buio e sempre più nel caos. Ha dalla sua parte milizie islamiche protagoniste della rivoluzione contro Gheddafi e l’appoggio di potenze straniere, come il Qatar, da sempre mentore dei Fratelli musulmani.

Ed è riuscito a portare nel suo campo anche importanti tribù della Tripolitania, scontente di un esecutivo voluto dall’Onu e dall’Occidente ma che non è riuscito a imporsi sul terreno.

Per l’Italia è una doccia fredda. L’ambasciata è stata riaperta tre giorni fa, il tricolore issato di nuovo nella capitale. A qualcuno ha dato fastidio e i giochi si sono riaperti per Ghwell. L’ex premier ha guidato la Libia occidentale fra il 2015 e il 2016, con un governo a forte componente islamica. È stato costretto a lasciare la capitale lo scorso maggio, dopo l’insediamento di Al-Sarraj. Non si è dato per vinto e già quest’estate è riapparso in città. Il 15 ottobre ha lanciato un tentativo di golpe, abortito. Ora è tornato alla carica, proprio alla vigilia di un importante accordo che dovrebbe frenare il flusso di migranti dalla coste libiche verso quelle italiane.

Ghwell è sotto sanzioni internazionali e in teoria rischia l’arresto. Ma da mesi risiede, libero, all’Hotel Rixos e da lì guida una rivolta strisciante. Ieri ha mosso i suoi uomini e si è presentato al ministero della Difesa, 15 chilometri a Sud del centro della capitale. Altri miliziani sono entrati nel ministero della Giustizia e del Lavoro. Non è stata un’azione armata, più un tentativo di cacciare i funzionari e delegittimare Al-Sarraj. In serata però, hanno raccontato testimoni da Tripoli, si sono sentiti scambi di arma da fuoco. E le forze fedeli ad Al-Sarraj avrebbero ripreso il controllo dei dicasteri.

Anche l’ambasciatore italiano Giuseppe Perrone ha ridimensionato la portata dell’attacco. «Non mi risulta alcun golpe in atto» ha precisato. Ma la situazione, ieri a tarda sera, era molto confusa. Ghwell rivendicava il controllo dei ministeri «del Lavoro, dei Martiri e della Difesa». È quella zona, dove c’è anche una base militare occupata dai suoi miliziani, che suscita le maggiori preoccupazioni. Secondo fonti libiche, il generale Paolo Serra, consigliere militare dell’Onu nel Paese, sarebbe stato portato via dal ministero dalle forze governative e condotto alla base di Abu Sitta, dove di solito risiede anche Al-Sarraj.

Il premier legittimo non era in città e Ghwell ne ha approfittato, ha minacciato l’Italia e sostenuto che la liberazione di Sirte dall’Isis «non è merito di Al-Sarraj», ma suo. La capitale del Califfato in Libia è stata riconquistata lo scorso dicembre dalle milizie di Misurata, con l’appoggio anche delle nostre forze speciali. Ghwell, originario di Misurata, ha buoni rapporti con alcuni gruppi in città. E soprattutto l’appoggio, sempre secondo fonti libiche, di un altro misuratino con un ruolo chiave nel controllo militare della capitale, Abdul Rahman al-Swehli.

Al-Swehli guida l’Alto consiglio di Stato, l’ex Parlamento di Tripoli trasformato in una sorta di Senato con poteri consultivi in base alle nuove istituzioni libiche nate dagli accordi di Skhirat. Al-Swehli è figlio di uno dei leader della resistenza anti-italiana degli Anni Venti, è legato agli ambienti vicini ai Fratelli musulmani, filo-turchi e ostili all’Italia. È questo il punto debole di Al-Sarraj. A Tripoli agiscono decine di fazioni armate e la loro lealtà non è mai assicurata. Le interferenze straniere sono potenti. E nelle ultime settimane è cresciuto il malcontento per la scarsità di benzina, la mancanza di gas per il riscaldamento, i tagli all’elettricità. La luce manca fino a 16 ore al giorno, una situazione intollerabile.

Ghwell si è posto come alternativa ad Al-Sarraj anche nella gestione dei servizi di base. Il 5 novembre ha «inaugurato» una centrale elettrica ad Al-Khoms, una città a metà strada fra Tripoli e Misurata sotto la sua influenza. Avrebbe cercato abboccamenti con l’Est del Paese e l’ex «premier di Tobruk», Abdullah al-Thani. E anche il generale Khalifa Hafar, padrone della Cirenaica, sarebbe disposto ad accordi tattici con lui pur di entrare a Tripoli e realizzare il suo sogno di «unificare la Libia», cioè diventare il nuovo raiss. Haftar è appoggiato dal Cairo e da Mosca ed è stato ricevuto tre giorni fa a bordo della portaerei russa Admiral Kuznetsov.

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